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sabato 31 marzo 2018

Fordina Unchained - Ti "mamo" due volte






Oggi è uno dei due giorni più speciali dell'anno, per me.
Due anni fa, anche se sono in anticipo rispetto a quel primo pomeriggio, ti affacciavi in questo mondo pronta a sconvolgere il mio mondo: questo perchè, come spesso mi è capitato di affermare, raccontare, scrivere, per uno stronzo come me avere una figlia significa, in quache modo, trovare la donna della propria vita senza tutte le complicazioni che i legami sentimentali comportano.
E' come se tutto l'amore che un uomo possa provare per una donna fosse privato delle dinamiche e dei casini del sesso, delle differenze, di qualsiasi cosa si possa vivere con l'altra metà del cielo: ed eccoci qui, dal mattino quando vuoi che sia io a venirti a prendere nel letto a quando mentre gioco con AleLeo ti siedi tra le mie gambe, come indecisa se seguire in tutto e per tutto tuo fratello o cercare di catturare totalmente la mia attenzione, dai baci mucca a tutti i tuoi no, che sai dire così bene e spero continuerai a rifilare a tutti quelli che vorranno, inevitabilmente, portarti via da me.
E so che un giorno arriverà quel momento, ma fino ad allora continuerò a pensare di essere io l'unico che vorrai vicino, che ti sostiene e sosterrà, ti prenderà in braccio anche solo per un capriccio, ti darà vinta quasi qualsiasi cosa perchè uno sguardo, un tocco della mano, un momento solo nostro è qualcosa che nessuna donna abbia mai conosciuto - neppure la mamma, figurati - riuscirà mai a regalarmi: e se ripenso al novembre scorso a Bologna, quando ti sei addormentata sul mio petto neanche fossi neonata, o alla furbizia che sfrutti per capire tutto e ancora ostinarti a dire solo qualche parola, o agli schiaffi che non esiti a mollare, penso che quello che ci attende sarà difficile e tosto ma anche incredibilmente pieno, e non posso essere altro che grato per quello che mi regali ad ogni sguardo.
Vorrei scrivere ancora, e ancora, ma credo che qualsiasi mia parola perda ogni significato rispetto a quelle che pronunci, pur se grazie ad una suggeritrice unica, in questo filmato.
Ti "mamo" anch'io, non hai davvero idea di quanto.
Buon compleanno, Patatina.



Papà


venerdì 31 marzo 2017

Fordina Unchained - Un anno dopo




Credo sia la prima volta, che inizio per tre volte un post, lo cancello e ricomincio.
Di norma, quando scrivo, sono un fiume in piena, non mi preoccupo troppo di quello che esce, se non che esca, ed il giorno prima della pubblicazione rileggo il tutto velocemente giusto per rifinire.
Ma questo, Becca, è un post diverso da tutti gli altri.
Oggi è il giorno del tuo primo compleanno, e come tre anni fa feci per tuo fratello, oggi tocca a te prenderti tutto il Saloon per festeggiare.
Amici e conoscenti me lo dicevano, quasi fosse un monito.
Ad uno che è sempre stato un vero stronzo - per quanto le bastonate in amore le abbia prese anch'io, come è naturale e giusto che sia - una figlia femmina cambia completamente l'esistenza.
E devo ammettere che è proprio vero.
Come quando adesso mi vedi entrare in una stanza, o arrivare al nido per portarti a casa in bicicletta - e quanto ti piace, con le braccia alzate come fossimo sulle montagne russe! - e gattoni a velocità impressionante e poi ti fermi con le mani protese e lo sguardo che pare già di una donna che sa quali corde pizzicare, per avere un uomo ai suoi piedi, per chiedermi - se così si può definire - di prenderti in braccio, ed io sono lì, a tua disposizione, e penso che sarà sempre così, anche quando non avrò più la forza di muovermi e tu e AleLeo, almeno spero, sarete al mio fianco per salutarmi un'ultima volta.
In un certo senso, anche quando alla ventesima sveglia notturna ti farei bere una bella boccia di sambuca per farti dormire dodici ore di seguito e lasciarci riposare, penso che tu sia, e non me ne voglia la mamma, la donna della mia vita: il percorso che proprio lei ha iniziato, con me, lo stai proseguendo tu ora, anche se non te ne rendi conto, anche se non te ne ricorderai, mentre a me resteranno per sempre negli occhi i tuoi balli scatenati, i tuoi riccetti - così diversi dai capelli liscissimi di Ale -, quegli occhi che certi giorni paiono azzurri come il mare ed altri ambrati come le foglie in autunno, quasi fossero un cocktail tra tutti quelli della famiglia, ed altri grigi, quel momento in cui, appena affacciata al mondo, con il cordone stretto intorno al collo apparivi violacea e senza voce, e ho dovuto combattere il terrore di vivere una seconda volta quello che era accaduto per la nostra piccola Agnese, rimanere saldo in attesa che mi gridassi: "Io sono qui".
Ed ora, dodici mesi dopo, posso dire che ci sei, eccome.
Ci sei con le risate fragorose che più di tutti tuo fratello riesce a strapparti, con le dita negli occhi ai tuoi compagni del nido - e non solo a loro -, con la mania per i telecomandi, i dvd dei cartoni animati usati come racchette da neve mentre ti muovi in tutta la casa ed i miei volumetti di Planetes - chissà perchè, poi, proprio quelli, tra tutti quelli che potresti avere a portata di mano -, con la furbizia tipica delle piccole donne, con i momenti in cui ti prendo in braccio, la notte, e piano piano ti abbandoni appoggiata al mio petto, ed io sogno il momento stupendo e dolorosissimo in cui dovrò accompagnarti da un altro uomo che prenderà il mio posto e, chissà, magari ti renderà madre a tua volta.
O a una donna, e non cambierebbe nulla, ai miei occhi.
Ora scherzo spesso e volentieri rispetto al fatto che probabilmente sarò molto geloso di te, quando sarai più grande - ed è curioso, perchè io geloso non lo sono affatto -, e mentre con AleLeo costruisco una complicità maschile quando ti guardo sento crescere qualcosa che va oltre qualsiasi sentimento abbia mai provato per qualsiasi donna, e di nuovo mi perdoni mamma, che ora mi starà mandando qualche maledizione ma che sa  bene cosa intendo, quanto abbiamo lottato per averti - ed avervi -, quanto ti abbiamo voluta, quanto è stato magico quella mattina di metà agosto duemilaquindici pedalare da Bellaria a Igea Marina per le beta, sentirsi dire dall'infermiera ai prelievi che secondo lei saremmo stati (ancora) genitori, e andare a ritirare i risultati nel pomeriggio con Ale che, alla nostra domanda "Sì o no?" rispose sicuro "Sì!".
Senza contare, comunque, che tutto questo non ti deve precludere e non ti precluderà la visione di tutti gli action movies del tuo vecchio, dei western, del wrestling e di tutto quello che mi definisce: dovessi diventare una Sly al femminile, non potrei che esserne felice.
Anche se l'importante, alla fine, è che tu possa essere felice per come sarai, qualsiasi cosa deciderai di fare.
E che, alla fine, io ci sarò sempre.
In fondo, per quanto "pop" e banale potrà suonare, tu sei la mia (e nostra) "ragazza magica".
Buon (primo) compleanno, Patatina.
Che anche per te sia l'inizio di un viaggio ben più lungo dei centotre che sogno per me.




MrFord

sabato 2 aprile 2016

Fordina Unchained

Questa volta comincio dalla fine.
Dal momento in cui Julez, domato l'uragano dell'euforia dei nonni riuniti, mi ha passato tra le braccia la nostra secondogenita, Rebecca Demetra, che avevo già tenuto nel percorso tra il bagnetto delle infermiere e sua madre in sala parto, senza avere di fatto la coscienza effettiva che fosse arrivata tra noi.
Comincio dalla sensazione così curiosa di avere di nuovo tra le braccia un piccolo essere vivente così leggero e delicato da sentire quasi più il peso delle mie braccia che lo sorreggono, abituato agli ormai tredici chili del Fordino, che spesso e volentieri prende ogni contatto fisico come un'occasione di lotta o dimostrazione d'affetto, scordandosi di rimanere fermo anche solo un secondo.
Lei, che è nata di giovedì, come suo fratello maggiore, alla trentottesima settimana più due, come suo fratello maggiore, di un centimetro "più corta" e di sessanta grammi più pesante, con le orecchie ed il naso che paiono le copie di quelle che rendono ancora oggi AleLeo il più bello della famiglia, ed occhi quasi chiusi alla Bud Spencer lontani da quei fanali spalancati e profondi come la notte del primogenito del Saloon.
La seconda esperienza in sala parto è stata molto diversa dalla prima, da una Julez ancora più cazzuta - nonostante lei continuerà a dichiarare il contrario -, questa volta indotta dall'ossitocina eppure pronta a lottare senza la peridurale, con urli più acuti ma meno imprecazioni, strette alle mie mani e morsi alle sbarre di sostegno che quasi parevano cedere, un'ostetrica forse meno appariscente eppure altrettanto brava rispetto a quella che ci aveva seguiti nella prima, fantastica odissea da genitori, quattro ore contro ventitre, la coscienza del fatto che, in qualche modo, eravamo stati resi più forti dal vissuto precedente.
Anche ora, tornato a casa e solo come ai tempi, con il Fordino deciso a voler rimanere a dormire dai nonni, un White Russian a prendere il posto del Southern Comfort di tre anni fa, mi pare di poter rimanere saldo, quasi le spalle dovessero diventare ancora più larghe e granitiche in modo da sorreggere e sostenere una vita in più, Julez pronta a considerare che questa volta non passerò la notte a piangere come allora.
Eppure, ai tempi non avevo dovuto trattenere le lacrime come quando Rebecca è stata portata tra le sue braccia, pelle su pelle, dopo aver tagliato per la seconda volta un cordone ombelicale - che mi è parso anche più tosto rispetto a quanto mi ricordassi -, o avuto un momento di puro terrore mascherato dalla migliore disposizione possibile all'incoraggiamento quando, al termine di una delle contrazioni decisive, la piccola Ford ha finito per uscire con la testa rimanendo in attesa, colorito violaceo e niente pianto, pronta a ricordarmi immediatamente il giorno terribile della perdita della nostra Agnese, prima che la forza e la determinazione di Julez e la bravura dell'ostetrica Ida - curiosa l'assonanza cinematografica - facessero il resto, liberando la voce già lirica di quella che tanti tra i miei amici hanno già definito "l'unica donna della mia vita".
Negli ultimi mesi ho passato spesso il tempo a scherzare a proposito del fatto di aumentare la portata dei miei allenamenti in modo da essere pronto a cambiare i connotati a tutti quelli che usciranno con lei, considerato quanto, da stronzo patentato, conosca la portata dei danni che noi maschietti siamo in grado di fare, esortando spesso e volentieri anche il Fordino a prepararsi a "prendere a pugni" ogni amico della sorella, o a pensare a quanto impegnativo sarebbe stato non solo proporzionare il tempo in modo da poter dedicare attenzioni ed impegno ad entrambi i piccoli Ford allo stesso modo, o al fatto che, solamente cinque o sei anni fa, avere la macchina ormai inagibile ai passeggeri a causa dei seggiolini potesse risultare quasi fantascienza.
Eppure, nel momento in cui Julez mi ha passato tra le braccia Rebecca ed Alessandro ha chiesto di poterla prendere in braccio insieme a me, cercando di accarezzarla il più dolcemente possibile, dopo aver ascoltato i suggerimenti di noi "grandi" a proposito di come rapportarsi con la più piccola della famiglia, ho pensato che fosse tutto lì: abbiamo vissuto tre anni meravigliosi con un bambino che, probabilmente, esprime il meglio di quanto i suoi vecchi potranno mai fare nel corso delle proprie vite, curioso di sentire, osservare, toccare la sua sorellina come fosse il tesoro più prezioso mai esistito, senza dimenticarsi di vivere la sua innocenza aspettando di giocare appena concluso un momento che da questa parte della barricata si vive come epico.
E noi siamo ancora più curiosi.
Io lo sono.
Ed ho ancora più voglia di essere la roccia contro la quale si infrangeranno le onde che la vita riserva a noi tutti, e che riserverà anche a loro.
E continuo a sperare che mi permettano di esserlo per il tempo più lungo possibile.
Il mio piccolo uomo e la mia piccola donna.
Gli unici per cui mi sembra di aver dato un senso alla mia vita di scellerato.
Gli unici per i quali sacrificherei qualsiasi cosa.
Gli unici depositari di tutto quello che posso e potrò mai dare fino in fondo.
E oltre me stesso.
Gli unici per i quali sono ancora qui, tre anni dopo, a bere e piangere.
E se ho sempre sognato di poter avere la possibilità di vivere in eterno, gli unici per i quali ha senso morire, e pensare che possano raccogliere tutto quello che ho dato, che ho e che avrò da dare.
Benvenuta, Rebecca.
E grazie.
E come cercherò di farti imparare da vecchio, incallito cinefilo, "io sono tuo padre".





MrFord
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