Visualizzazione post con etichetta Dustin Hoffman. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Dustin Hoffman. Mostra tutti i post

venerdì 12 dicembre 2014

Chef - La ricetta perfetta

Regia: Jon Favreau
Origine: USA
Anno:
2014
Durata: 114'





La trama (con parole mie): Carl Casper è un ex fenomeno della cucina da tempo accasatosi in un rinomato ristorante di Los Angeles ed in cerca di sfide e nuovi orizzonti. Quando un blogger e critico culinario critica aspramente il suo approccio conservatore, inizia per lui un viaggio che lo porta a tornare al punto di partenza della sua carriera, Miami, accanto all'ex moglie ed al figlio, con il quale non è mai riuscito a costruire davvero un rapporto.
La scelta di ricominciare grazie ad un food-truck percorrendo la strada che separa le due coste degli States rimetterà in gioco la sua passione per i fornelli, la volontà di mettere le basi per una nuova storia d'amore ed un rinnovato legame con il piccolo Percy: riuscirà Carl a mettere insieme gli ingredienti migliori per la sua nuova ricetta?
O la scommessa legata al ripartire dal basso scriverà la parola fine sulla sua carriera?








Personalmente, sono più legato all'atto del mangiare, che non a quello del cucinare.
Del resto, sono un predatore ingordo e dedito ai piaceri, spesso egoista e decisamente travolto dalle passioni: ho sempre pensato, al contrario, che la cucina fosse un'arte perfetta per le persone in qualche modo generose, intellettualmente o emotivamente.
Ho deciso di recuperare Chef su consiglio di una persona che ritengo se non generosa, quantomeno più in grado del sottoscritto di concepire il pensiero di qualcosa fatto per gli altri, e nel corso della visione ho avuto in mente Julez, che senza dubbio è l'essere umano più generoso che conosca - anche nei suoi difetti -, e dedicarmi a questa stessa visione è stato un vero e proprio piacere quasi fisico.
Osservare il percorso di Carl/Favreau - bravissimo nel dirigere, scrivere ed interpretare un charachter costruito con ogni probabilità sul suo stesso essere - attraverso l'arte culinaria - che è il suo terreno congeniale - e le peripezie in famiglia - decisamente più ostiche, ma non per questo meno soddisfacenti di una ricetta elaborata e ben riuscita - è stato un piacere in grado non solo di alimentare il bisogno di un film indie dal sapore decisamente Sundance, ma anche e soprattutto di una necessità fisica, legata al piacere di mangiare, ed osservare chi segue ispirazione ed istinto affinchè sia soddisfatta una delle voglie più antiche e primordiali di noi esseri umani: l'appetito.
Un appetito che non si contenta del riempire la pancia, ma che si concede perfino il lusso di scegliere la direzione da prendere non solo da parte del pubblico, ma dalla stessa direzione: Chef è senza dubbio un film dalle concessioni generose, per quanto, di fatto, prodotto di nicchia, eppure in grado di alimentare l'acquolina in chi si trova dall'altro lato della macchina da presa.
Favreau, sfruttando un cast d'eccezione per un titolo che dovrebbe essere una sorta di outsider semisconosciuto, riesce nella non facile impresa di dimenticarsi delle sue origini hollywoodiane e confezionare ad un tempo un prodotto onesto e piacevole, ritmato da una colonna sonora splendida e soprattutto pane e salame nell'affrontare tematiche che finiscono per essere note anche a chi non è avvezzo al successo ed al dorato mondo della cucina alternativa d'alto bordo.
Attraversando gli States più caldi e favoriti dal sottoscritto - e l'ideale linea Miami/New Orleans/Los Angeles - il main charachter tocca tematiche importanti come il riscatto, l'amicizia - splendido il rapporto tra Carl ed il suo vice interpretato da John Leguizamo - ed il legame unico che si crea, rinnova e costruisce tra padre e figlio, basato anche e soprattutto sul confronto, in grado di far crescere da entrambi i lati della barricata senza distinzione alcuna, esperienza da un lato ed energia dall'altro.
La cucina, di fatto una scusa legata, probabilmente, ad una delle attività collaterali dello stesso protagonista/sceneggiatore/regista, troppo abile con il coltello e tra i fornelli per essere soltanto un attore, rappresenta un punto di partenza per l'esplorazione dell'evoluzione di un uomo adulto trovatosi a mettere in gioco un ruolo lavorativo ma non solo nel nome non tanto di critiche piovute dall'esterno - quasi divertente la riflessione rispetto ai criticoni cresciuti nella blogosfera - ma della volontà di costruire qualcosa che vada ben oltre a quello che ci si potrebbe aspettare o alle crisi di mezza età imputabili per svariati motivi agli esponenti di sesso maschile - ottima l'idea di lasciare solo accennata la storia con la collaboratrice interpretata dalla Johansson, conquistata proprio con un piatto -.
Chef - e non voglio neppure pronunciarmi rispetto al pessimo adattamento italiano - è uno degli esperimenti più riusciti dell'anno per quanto riguarda l'alternativismo a stelle e strisce positivo, privo delle influenze che l'elitarietà cinematografica a volte induce nei suoi artisti più promettenti: ed è assolutamente interessante osservare l'uomo dietro la macchina da presa di Iron Man concentrarsi su un progetto low budget tenuto in piedi da favori chiesti agli amici - a tutti i livelli della settima arte - eppure in grado di regalare l'impressione che tutto avrebbe funzionato anche senza spinte, come un panino ben farcito e preparato con il piglio che si richiede ad un food-truck che si rispetti.
E qui al Saloon va bene così.
Pane, carne, il giusto condimento e quei momenti unici alla fine della serata, in bilico tra un drink e un sigaro.
Dove si andrà domani, chissà. Anche quando apparirà una concessione.
Nel frattempo, ce la saremo goduta davvero.




MrFord




"Ooh, now let's get down tonight
baby I'm hot just like an oven
I need some lovin'
and baby, I can't hold it much longer
it's getting stronger and stronger
and when I get that feeling
I want sexual healing."
Marvin Gaye - "Sexual healing" - 





lunedì 25 agosto 2014

Hook

Regia: Steven Spielberg
Origine: USA
Anno: 1991
Durata: 144'


La trama (con parole mie): l'avvocato Peter Banning, uomo di successo, rimane sconvolto quando Capitan Uncino, pirata proveniente dall'Isola che non c'è, fa irruzione nella sua quotidianità, ed in questa realtà, per rapire i suoi figli in modo da costringerlo a fare ritorno e darsi battaglia.
Uncino, infatti, soffre la solitudine e la noia, e ha intenzione di riportare a casa Peter Pan, suo storico nemico e rivale proprio grazie all'esca costituita dai suoi due pargoli: anni prima, infatti, Peter decise di abbandonare l'Isola per costruirsi un'esistenza accanto a Molly ed ai suoi vecchi amici umani, assumendo l'identità di Peter Banning e rimuovendo progressivamente tutti i ricordi del passato legati al luogo incantato in cui è nato.
Riuscirà il vecchio capo dei Bambini perduti a trovare la fantasia necessaria per sconfiggere Uncino e riprendere la sua famiglia?
E che ruolo giocheranno in tutto questo Rufio, nuovo leader che prese il suo posto, e Campanellino?
 




Questo post partecipa alle celebrazioni indette per onorare la memoria di Robin Williams.


 


Poche settimane fa, come un fulmine a ciel sereno, la notizia della morte di Robin Williams - e del suo suicidio - ha scosso la blogosfera cinefila e non solo: l'interprete di cult come L'attimo fuggente e pezzi di Storia della televisione come Mork&Mindy, infatti, era tra i più amati dal pubblico, appassionato oppure no di settima arte, e lascia un vuoto davvero enorme legato anche ai personaggi che hanno reso così importante la sua carriera, che ho sempre trovato fin troppo poco riconosciuta soprattutto dagli addetti ai lavori.
Quando la scelta di ricordarlo grazie ad uno degli ormai noti "Celebration days" ha avviato l'organizzazione dello stesso, avendo in passato recensito il già citato Dead poets society, il pensiero è andato subito ad Hook, pellicola certo minore di Steven Spielberg che, però, non solo il sottoscritto ha sempre amato molto, ma che in qualche modo rende l'idea di tutto ciò che il buon Robin ha simboleggiato - e continuerà a simboleggiare - per il pubblico: un uomo dalla grande ironia e dirompente fantasia, capace di far toccare le stelle con un dito ed al contempo segnato da una profonda malinconia, una traccia di tristezza che, come una lacrima indelebile, rimane tracciata sul viso come una cicatrice anche nel pieno di una risata.
Il confronto tra il suo Peter Banning pronto a lottare per i propri figli e per ritornare Pan ed Uncino è quello dell'innocenza dell'infanzia e la sua energia contro i dubbi e le ombre dell'età adulta, ma anche della fantasia opposta al realismo - come fu, in precedenza, anche per il cult firmato da Peter Weir -: la sequenza della cena alla tavola dei Bambini perduti, una delle chicche della pellicola nonchè tra le più belle che possa ricordare della mia infanzia di spettatore con il duello verbale ed immaginifico tra Peter e Rufio ben rappresenta un titolo che, forse, non brillerà a livello di qualità complessiva ma che, di fatto, ha segnato la crescita della generazione del sottoscritto, e che mi pareva giusto riprendere tra le mani nel giorno in cui tutti ricordiamo il suo indimenticabile protagonista.
Interessante anche che anche il mio acerrimo nemico Cannibal Kid abbia scelto quest'oggi di recensire Hook, quasi a sottolineare i nostri ruoli all'interno della blogosfera, forse più simili a quelli di Peter e Rufio che non a quelli dello stesso Pan ed Uncino: in fondo, la fantasia e la voglia di esprimere la propria identità e passione uniscono sotto la stessa bandiera - ovviamente dei Bambini perduti - anche personalità diverse come le nostre, ed in fondo lo stesso Robin Williams era in grado con le sue espressioni, la mimica e quegli occhi quasi spiritati di dare voce a questa particolare energia.
Per questo, probabilmente, ci mancherà così tanto, e finiremo a rivedere le pellicole che l'hanno visto protagonista con la stessa gioia venata dalla malinconia che esprimeva con tanta forza.
Mi rendo conto di non stare scrivendo, di fatto, propriamente del film - ma potrebbe essere un bene, considerato che a sequenze splendide come quella già citata della cena con sfida di parole e alla parte
iniziale da favola dark vengono contrapposti passaggi forse eccessivamente zuccherosi, ed una Trilli interpretata da Julia Roberts che non è mai riuscita a convincermi -, ma poco importa: il Peter Pan ritrovato di Robin Williams è genio e sregolatezza, improvvisazione e goduriosa sovversività, dunque trasformare una "fredda" recensione in un omaggio sentimentale mi pare assolutamente un bene.
Per i ricordi che ho di questo film e della mia infanzia.
Per la fantasia e i Bambini perduti.
Per Rufio, Peter e anche per Uncino.
E, ovviamente, per Robin Williams.
Bangarang.
Vola in alto, Capitano.
Seconda stella a destra, e poi dritto fino al mattino.



MrFord



"Sono o non sono il Capitan Uncino?
E allora quando vi chiamo
lasciate tutto e correte
e fate presto perché
chi arriva tardi lo sbrano."
Edoardo Bennato - "Il rock di Capitan Uncino" - 






Salgono sui banchi per Robin Williams anche:

Bollalmanacco - Al di là dei sogni
Montecristo - Il mondo secondo Garp
Pensieri Cannibali - Hook
Scrivenny - La leggenda del re pescatore
Non c'è paragone - Good Morning Vietnam
Combinazione casuale - Jumanji
Director's Cult - Toys
Recensioni Ribelli - L'attimo fuggente
Solaris - L'uomo bicentenario
La fabbrica dei sogni - One Hour Photo
Viaggiando (Meno) - The Angriest Man in Brooklin
In Central Perk - Will Hunting - Genio ribelle

sabato 16 novembre 2013

Cane di paglia

Regia: Sam Peckinpah
Origine: USA
Anno: 1971
Durata: 118'




La trama (con parole mie): David Summer, giovane matematico americano, si trasferisce con la moglie Amy in un paesino della campagna inglese in modo da poter lavorare ad un importante progetto per il quale ha vinto una borsa di studio.
La popolazione locale, però, crea non pochi problemi e contribuisce alla crisi che sta andando incontro alla coppia: i ragazzi del posto, infatti, hanno tutti mire sessuali su Amy, che si sente trascurata dal marito, completamente assorbito dai suoi studi. 
Quando la donna viene violentata dai lavoranti assunti dalla coppia ed il matto del villaggio trova rifugio nella casa dei Summer braccato dagli stessi, desiderosi di linciarlo a seguito di un incidente che ha coinvolto una ragazzina, da timido professore David si trasforma in letale killer, rispondendo all'assedio degli uomini con una violenza inusitata.






Non credo sia un mistero il fatto che Sam Peckinpah sia uno dei prediletti - almeno per quanto riguarda il Cinema USA - del Saloon, uno dei più grandi narratori ed interpreti della Frontiera come concetto, oltre che come luogo, e del Western.
Portano la sua firma Capolavori come Il mucchio selvaggio e vere e proprie poesie su pellicola - parlo de La ballata di Cable Hogue e Pat Garrett e Billy the kid -, nonchè uno dei cult assoluti del sottoscritto, L'ultimo buscadero, che ha un posto speciale nel cuore del vecchio Ford grazie ad un mitico Steve McQueen e ad un altrettanto leggendario passaggio legato al fatto di "tenere i cavalli".
Nel corso del viaggio - troppo breve, purtroppo - del durissimo Sam nel mondo della settima arte, però, trovò spazio anche questa parentesi di violenza decisamente oltre i limiti per il periodo, parente stretta del kubrickiano Arancia meccanica - come giustamente ha sottolineato Julez nel corso della visione - e dei di molto successivi Funny games firmati da Haneke: Cane di paglia, osteggiato dalla censura ai tempi e massacrato da montaggi troppo limitanti e numerosi - forse il solo Peckinpah conosce il segreto di quella che avrebbe potuto essere la sua versione -, è ancora oggi un film disturbante e cattivo, sottilmente ironico e mosso da una critica feroce che, per una volta, è diretta dagli States alla Vecchia Europa, e non viceversa.
Il giovane matematico David Summer, interpretato magistralmente da Dustin Hoffman soprattutto nella parte conclusiva - la sequenza dell'uccisione a sangue freddo a bastonate di uno degli assedianti della sua casa riesce ad anticipare la freddezza di Hannibal Lecter che finisce con il manganello uno dei suoi secondini ne Il silenzio degli innocenti -, personaggio tutt'altro che positivo - al pari di quasi tutti i protagonisti, dalla moglie Amy al gruppo di lavoranti, dal vecchio ubriacone Tom al povero Harry -, conduce lo spettatore in un viaggio attraverso i lati più predatori dell'essere umano, siano essi giudicabili eticamente giusti, oppure no.
E dalle frecciate neppure troppo velate al reverendo locale allo splendido, beffardo finale con quel "Non so la strada giusta" cui fa eco la risposta da brividi "Non fa niente, neppure io", l'audience finisce catapultata in un incubo a metà tra il grottesco ed il thrilling, The wicker man e il West sporco e sordido della suddetta Frontiera trasportato nella brughiera inglese - il confronto tra il Maggiore e gli assedianti di casa Summer ricorda la mitologia di un duello tra pistoleri vero e proprio -: Peckinpah si prende il suo tempo, libera l'inquietudine e non salva nessuno, chi per Destino - il bersagliato Harry - chi per una colpa - gli stessi Summer -, sfoderando una freddezza da entomologo senza dimenticare il lato malinconico che rese grandi i suoi Western, cullando il pubblico in una cornice a metà tra il bucolico e l'agghiacciante - la riunione della congregazione nella notte dell'esplosione della follia - fino all'escalation della parte finale, che vede Hoffman assoluto protagonista ed un uso del montaggio che ricorda i tempi migliori del regista - e di nuovo tornano i riferimenti a Il mucchio selvaggio -.
Un cult da pieno Ezechiele 25:17 che si apre a differenti interpretazioni e letture, ma che non lascia dubbio alcuno rispetto alla bestialità umana portata in scena dal granitico Sam, che con palle d'acciaio non risparmia nulla, neppure quando potrebbe: in fondo, se "homo homini lupus", ci sarà sempre da temere anche il can che dorme.
Di paglia o no.


MrFord


"You got to be crazy, you gotta have a real need
you gotta sleep on your toes and when you're on the street
you got to be able to pick out the easy meat with your eyes closed
and then moving in silently, down wind and out of sight
you gotta strike when the moment is right without thinking."

Pink Floyd - "Dogs" - 




Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...