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lunedì 19 agosto 2019

White Russian's Bulletin


Si torna - purtroppo - dalle vacanze e con il rietro alla quotidianità riemerge anche il Bulletin, pronto a portare in dono titoli che, appena prima della partenza, nel corso delle due settimane da spiaggia e nei primi giorni a casa dei Ford hanno animato - in misura ovviamente diversa - le serate del Saloon. In questo primo giro di giostra mi occuperò di tutto quello passato su questi schermi nei primi giorni di agosto e di mare, mentre lunedì prossimo sarà la volta di tutto quello che ha accompagnato il vecchio cowboy e la sua ciurma dalle onde alla più o meno cara e vecchia Pianura Padana una volta ancora.


MrFord



DOLOR Y GLORIA (Pedro Almodovar, Spagna, 2019, 113')

Dolor y gloria Poster

Sono da sempre un ottimo fan del Pedrone, un regista che, ai tempi della sua esplosione - parliamo ormai della Spagna sicuramente non di aperte vedute di trenta e più anni fa - fu senza alcun dubbio e a suo modo rivoluzionario, e che negli anni è riuscito a regalare molte perle al pubblico e alla critica: nel corso delle ultime stagioni, però, il suo nome - nonostante per quanto mi riguarda Julieta fosse valido - non ha mai fatto gridare al miracolo, tanto che io stesso ho finito per attendere diversi mesi prima di approcciare Dolor y gloria, che pure a Cannes era stato ottimamente accolto.
Fortunatamente, per lui e per noi, questo suo ultimo lavoro è senza dubbio una delle cose migliori dell'estate - e forse non solo -: sentito, molto emotivo ed emozionante - la sequenza del teatro con la rappresentazione della vita del regista è meravigliosa -, recitato alla grande dal vecchio protetto del Pedrone, Antonio Banderas, premiato nella succitata Cannes e ancora una volta in grado di mostrare quanto in realtà sia stato sottovalutato negli anni - Mulino Bianco a parte -, in grado di portare una volta ancora sullo schermo i temi cari all'autore - il rapporto con la madre, i dolori della crescita, quelli della povertà e del successo, gli eccessi e le cadute - prendendo ciò che Almodovar aveva raccontato in ottimi lavori come La mala educacion e Tutto su mia madre e portandoli, forse per la saggezza dell'età, ad un altro livello.
Questo è il Pedro che, ai tempi di Donne sull'orlo di una crisi di nervi e Carne tremula imparai ad amare, e questo è il Pedro che qualunque amante del Cinema non può che amare. 
Finale stupendo.




THE PRODIGY - IL FIGLIO DEL MALE (Nicholas McCarthy, USA/Canada, 2019, 92')

The Prodigy - Il figlio del male Poster

L'estate è sinonimo di horror, e come da buona tradizione in casa Ford abbiamo cercato di recuperarne qualcuno per rendere più leggere le ultime serate prima della partenza e le prime di vacanza: questo The Prodigy, gemellino di Brightburn per tematiche, svolgimento e finale, come il succitato presenta grossi difetti e ottime idee, che mescolati forse non portano al miracolo - anzi, per nulla - ma senza ombra di dubbio consegnano al pubblico un prodotto quantomeno interessante, lontano dalle schifezze che di norma vengono distribuite in sala specialmente nei mesi estivi, che più che far rabbrividire o saltare sulla sedia sconvolgono per la loro pochezza.
Anche in questo caso, e torniamo alle assonanza con Brightburn, si parla di famiglia, di possessione - anche se da un'altra angolazione -, di una potenza smisurata consegnata, se così si può dire, all'approccio e alla mente fragile e ad un tempo pericolosa di un ragazzino: buoni colpi di scena, e buone basi. Speriamo che il regista possa migliorare ancora.




LA BAMBOLA ASSASSINA (Lars Klevberg, USA/Canada, 2019, 90')

La bambola assassina Poster

Per restare nell'ambito degli horror estivi e soprattutto e per fortuna degli horror estivi che a loro modo sorprendono in positivo ecco il reboot del supercult - per gli amanti del genere - La bambola assassina, che all'inizio degli anni ottanta non solo originò un franchise decisamente fortunato ma regalò ai fan uno dei charachters più spassosi e divertenti mai creati, Chucky.
Il lavoro di Klevberg, nonostante, come per Brightburn e The prodigy non si parli di qualcosa di miracoloso, risulta molto godibile ed interessante per la gestione di Chucky e l'introduzione di una variante rispetto alle origini dello stesso: quella che, infatti, ai tempi era una maledizione guidata da un rituale magico operato da un serial killer e che conduceva l'anima dello stesso nel corpo senza vita del giocattolo qui è - cosa decisamente innovativa e interessante - una modifica di un chip voluta da un operaio sfruttato e licenziato.
Un'attualizzazione, dunque, in grado di mostrare che dalla realtà effettiva si possa passare ai film di questo tipo con molta più facilità di quanto non si possa pensare, e proprio a partire dalla realtà - più spaventosa di qualsiasi film di paura - si possa costruire qualcosa di abbastanza inquietante.




DOMINO (Brian De Palma, Danimarca/Francia/Italia/Belgio/Olanda, 2019, 89')

Domino Poster

De Palma è un altro dei vecchi leoni del Cinema americano che ho sempre particolarmente amato, in grado di unire una tecnica prodigiosa a quell'inquietudine nata dal voyeurismo che ricorda tanto Hitchcock: negli anni il buon Brian ha avuto una carriera piuttosto altalenante, fatta di cose molto interessanti ed altre assolutamente trascurabili.
Quando ho approcciato Domino, nonostante la freddezza nell'accoglienza, ho contemporaneamente sperato che si potesse trattare di un titolo appartenente alla prima categoria: peccato che, tecnica a parte, l'ultimo lavoro del regista sia un lento sprofondare in un baratro di logica, ridicolaggine e melò al limite dell'imbarazzo, e dallo script - pessimo, sinceramente non capisco come De Palma possa essersi fatto conquistare dal fascino delle motivazioni dietro il terrorismo in Europa - alla recitazione - Coster Waldau è ai minimi storici - nulla se non la fotografia e l'occhio del regista riescono a salvare una barca che pare nata e costruita per affondare.




BERSAGLIO DI NOTTE (Arthur Penn, USA, 1975, 100')

Bersaglio di notte Poster

Fortunatamente, a risollevare le sorti del thriller d'autore su grande schermo dopo il fallimento di De Palma, è giunto nel corso delle vacanze e su consiglio di mio fratello il mitico Arthur Penn, che grazie ad uno dei suoi lavori meno noti, un noir d'investigazione in pieno stile Marlowe con un Gene Hackman d'eccezione, ha riportato al Saloon il gusto per questo tipo di narrazione e prodotto.
Una vicenda a tinte fosche, storie d'amore destinate a fallire o, comunque, ad avere poche possibilità di sopravvivenza, scenari perfetti per la stagione - California e Florida - ma un'oscurità nascosta in piena luce del sole, grande ritmo, dialoghi serrati, un'anima loser di grande impatto.
E dalle parti in cui pare quasi di sentire lo scoramento dentro ed il sudore sulla pelle ad altre - come il confronto finale in mare - in cui la tensione e l'azione si incastrano alla perfezione, tutto funziona e rende l'idea di quanto il Cinema di genere, se realizzato con idee, talento e carattere, possa continuare ad impartire anche a distanza di decenni lezioni memorabili.


martedì 5 dicembre 2017

Il culto di Chucky (Don Mancini, USA, 2017, 91')





Ho sempre amato alla follia il personaggio di Chucky, uno degli alfieri dell'horror trash anni ottanta nonchè charachter perfetto nel mescolare crudeltà, terrore, ironia, risate grasse, linguaggio colorito e violenza incontenibile, rivale assoluto in questo dell'altrettanto mitico Freddy Krueger: tempo fa, qui al Saloon, avevo perfino dedicato una sorta di retrospettiva alla creatura di Don Mancini, recensendo tutti i film della saga e divertendomi a rivederli anche più di quanto non fosse accaduto per quelli, per l'appunto, più blasonati e legati al brand di Nightmare.
Alla notizia - ed avendo letto buone recensioni - del ritorno della bambola più folle del Cinema, avevo già immaginato una serata da rutto libero selvaggio e risate sguaiate un pò come era capitato, anche se non parliamo di horror, di recente con Thor: Ragnarok, pregustandomi già tutte le cattiverie che il buon Chucky avrebbe riservato alle sue vittime di turno: peccato, però, che non si sa neppure bene perchè, Mancini abbia deciso, nonostante la vena ironica sia ovviamente presente, di virare in una direzione decisamente più seriosa, quasi un tentativo di rendere il prodotto più oscuro ed "autoriale", risultando a conti fatti un pò troppo pretenzioso - anche se mi pare assurdo associare un termine di questo tipo alla figura di Chucky - e finendo per limitare troppo lo spettacolare protagonista pupazzo, in questo caso reso sulla carta ancora più forte da un nuovo potere che gli permette di trasferire la sua coscienza in più bambole contemporaneamente e perfino all'interno di persone viventi.
Peccato che l'insieme del lavoro, legato ad un fu piccolo Andy sempre più cresciuto e potenzialmente più pericoloso della sua nemesi ed agli internati in un istituto psichiatrico di media sicurezza - compresa Nica, che Chucky affrontò nel capitolo precedente del suo percorso cinematografico - non regga neppure per sbaglio in termini di logica anche spiccia - per quale motivo scegliere una cornice di questo tipo se a fronte di una struttura ipermoderna ed enorme troviamo soltanto cinque o sei persone tra personale e pazienti? -, ritmo e divertimento, restando a galla solo nei - comunque troppo rari - momenti in cui Chucky sproloquia e conducendo ad un finale che dovrebbe portare ad un nuovo capitolo addirittura, ma spero davvero che non sia così, con protagonisti il serial killer divenuto bambola e la sua ex ma neanche poi tanto moglie in versione umana - in questo senso andrebbe spezzata una lancia in favore di Jennifer Tilly, che ricopre il ruolo con grande ironia e sfruttando tutte le sue non proprio spiccate doti recitative -.
Una grossa delusione su tutta la linea, dunque, che giunge proprio quando, al contrario, mi aspettavo la definitiva consacrazione comedy di un characther dalle potenzialità illimitate, che necessiterebbe di un approccio in stile Ash vs Evil Dead e di un rilancio a tutti gli effetti, magari proprio attraverso una serie televisiva: dopotutto, a Chucky piace stare sotto i riflettori, e pensare che il suo posto possa essere in qualche modo "rubato" da un eccesso di presunzione degli autori e dalla figlia dell'attore che da sempre gli ha prestato la voce mi pare davvero uno spreco enorme.




MrFord



 

venerdì 25 aprile 2014

La maledizione di Chucky

Regia: Don Mancini
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 97'




La trama (con parole mie): la giovane paraplegica Nica vive con la madre Sarah in una grande casa isolata, fin troppo protetta dalla genitrice. Quando viene loro consegnato un pacco contenente la bambola "Tipo bello" che per anni è stata l'involucro dell'anima del serial killer Charles Lee Ray, ribattezzatosi Chucky, comincia per la ragazza un vero e proprio incubo. La madre, infatti, muore in un tragico ed apparentemente casuale incidente, e quando la sorella con al seguito tata, marito e figlia arriva per convincerla a mettere in vendita la casa e trasferirsi in un ricovero, per l'intera famiglia comincerà il gioco al massacro orchestrato proprio da Chucky, più spietato e cattivo che mai, nonchè legato a ricordi dei suoi tempi da umano proprio agli occupanti di quella casa.








E così, anche per Chucky e la sua saga è giunto il momento del capitolo che - almeno per ora - pone la parola fine alla retrospettiva regalata al pupazzo più malvagio del Cinema horror - e non solo - qui al Saloon: in tutta onestà, benchè a livello visivo si possano notare grandi miglioramenti rispetto alla qualità da b-movies dei precedenti, ho trovato l'ultima fatica di Don Mancini troppo seriosa ed orrorifica nel vero senso "di genere" del termine per potermi davvero sentire conquistato dalla stessa.
Per la prima volta dai tempi del suo esordio, infatti, il bambolotto psicopatico non è riuscito, nel corso della visione, a strappare al sottoscritto neppure una sonora, cattivissima risata grazie al suo rinomato turpiloquio o ai rapporti quantomeno burrascosi con le sue vittime umane: a contribuire a questo risultato un'ambientazione in pieno stile slasher fin troppo cupa, all'interno della quale regala le soddisfazioni migliori soltanto il trucco che cela dietro le fattezze di un "Tipo bello" completamente restaurato il vero ed ormai profondamente deturpato volto del nostro killer di plastica preferito.
Non che il risultato sia poco apprezzabile, o che il personaggio abbia perso il suo carisma, ma l'impressione che ho avuto nel corso della visione è stata quella di vedere le potenzialità del piccoletto sfruttate con il freno a mano tirato neanche ci fosse stato chissà quale salto a livello di produzione e distribuzione: edulcorare un personaggio di questo calibro, fosse anche solo verbalmente, significa in qualche modo tagliare le gambe alla sua dirompenza, senza contare che il resto delle sue caratteristiche distintive - su tutte la fantasiosa varietà nell'arte dell'uccisione - non sono state affatto limitate dal ritorno all'horror più canonico di questo sesto capitolo.
Interessanti l'utilizzo nel ruolo di Nica della figlia di Brad Dourif, voce ed anima di Chucky, così come l'apparizione conclusiva di Jennifer Tilly, che nel quarto e quinto film prestò voce e corpo alla compagna del protagonista Tiffany, che, occorre ammetterlo, fa sentire la sua mancanza - soprattutto quando si tratta dei battibecchi con Chucky, che pare soffrire molto il ritorno alla "solitudine", e di creatività nelle uccisioni -: in questo senso il finale risulta la parte più interessante di questo La maledizione di Chucky, di fatto uno dei capitoli meno trash della saga ma, allo stesso tempo, forse quello di maggior transizione.
Un peccato per i fan hardcore del brand, ormai abituati al grottesco più comico che spaventoso in grado di rendere mitici personaggio e serie, che dovranno attendere l'eventuale settimo capitolo e, chissà, anche un ritorno del fu Andy, prima nemesi ufficiale dell'adorata bambola assassina: nel frattempo, passare il tempo con massacri come quello della ragazza alla pari o la rivelazione della "maschera" di Chucky potrebbe essere un buon diversivo.
Ma niente di più.



MrFord



"When there’s no more room in hell
then the dead will walk the Earth
and the living won’t have a prayer
cause it’s the dawn of the dead."
Murderdolls - "Dawn of the dead" -



sabato 1 febbraio 2014

La sposa di Chucky - La bambola assassina 4

Regia: Ronnie Yu
Origine: USA, Canada, Hong Kong
Anno:
1998
Durata:
89'
 




La trama (con parole mie): sono passati dieci anni dall'ultimo confronto tra Chucky ed il suo antagonista per eccellenza, Andy, e l'ex fidanzata del serial killer reincarnatosi nella bambola Tipo bello, Tiffany, finisce per mettere le mani sulle spoglie "di plastica" dell'amato, riportandolo di nuovo alla vita grazie ad un rituale voodoo. Il rapporto di coppia, però, non è idilliaco come lei vorrebbe, tanto che Chucky finisce per toglierle la vita costringendola ad incarnarsi a sua volta in una bambola.
Per l'improvvisata coppia di giocattoli animati si profila dunque l'idea di una sorta di "viaggio di nozze" che possa condurli al luogo di sepoltura delle spoglie mortali di Chucky, nella speranza che un medaglione dai grandi poteri possa aiutare entrambi a tornare tra gli umani a tutti gli effetti.







Devo ammettere che il ritorno in grande stile di Chucky e della sua saga sugli schermi del Saloon sta avendo il merito di risvegliare nel sottoscritto la voglia di riscoprire le grandi epopee dell'horror anni ottanta e novanta, da Venerdì 13 a Nightmare: prodotti spesso e volentieri sopra le righe, eppure in grado, anche a distanza di anni, di divertire ed intrattenere come la maggior parte delle proposte odierne può soltanto immaginare di fare.
Giunto al quarto dei titoli a lui dedicati, il bambolotto più malvagio della settima arte sperimenta per la prima volta un'avventura senza quella che è stata la sua nemesi storica, l'ormai non più piccolo Andy, divenendo dunque il protagonista indiscusso della vicenda e, almeno nella sua prima parte, la "vittima", neanche fosse una sorta di eroe positivo della stessa: fin dalle prime battute questo trashissimo titolo firmato Ronnie Yu - autore anche del divertentissimo Freddy vs Jason, per tornare al discorso di cui sopra - pare definirsi all'insegna dell'ironia - nera e non -, con tanto di citazioni dedicate ad alcuni "mostri sacri" - in tutti i sensi - del genere come Jason Voorhies, Michael Myers e Leatherface, proseguendo con omaggi a Classici come La moglie di Frankenstein - una vera e propria pietra miliare - presentati attraverso il consueto turpiloquio di Chucky, per la prima volta alle prese con le gioie ed i dolori - soprattutto questi ultimi - della vita di coppia.
In questo senso, l'idea vincente ed interessante di questo quarto film basato sui personaggi creati da Don Mancini è proprio quella di affiancare a Chucky una lei che possa in qualche modo tenergli testa arrivando a seminare - in tutti i sensi - quelli che saranno i fiori del quinto film dedicato alla sempre più instabile ed iraconda bambola: Tiffany - intepretata da una perfetta per la parte cagna maledetta Jennifer Tilly, che molti, soprattutto maschietti, ricorderanno per il ruolo in Bound - risulta dunque, di fatto, il fulmine a ciel sereno nell'esistenza fino a quel momento "tranquilla" di Chucky, lo squilibrio - anche positivo - introdotto da una storia sentimentale nel grande disegno di ogni scapestrato scapolo dedito agli eccessi da single senza freni. 
Una metafora della vita di coppia pronta a specchiarsi nella vicenda dei due giovani protagonisti "in carne ed ossa" vittime ed ostaggi delle due bambole, in fuga come novelli Romeo e Giulietta e ad un tempo pronti ad accusarsi a vicenda di follia nonchè degli omicidi commessi da Chucky e signora: curioso scoprire, nel ruolo della lei, una giovanissima Katherine Heigl sulla quale pesa la pressione del dispotico zio interpretato dal compianto John Ritter, ai tempi decisamente lontana dai fasti cui la destinò - almeno in parte - Grey's anatomy.
Un film divertente e di grana grossa come piace a noi del Saloon quando si considera di lasciare i neuroni a riposo, ironico quanto basta per non risultare spocchioso e sempre pronto ad omaggiare una delle epoche più importanti dell'horror - geniale la battuta che rimanda a Hellraiser a seguito del primo tentativo di omicidio dello sceriffo - che in cuor mio spero sempre di vedere in una nuova e, chissà, ancor più interessante veste: in questo senso, la conclusione di La sposa di Chucky potrebbe essere colta come un segno premonitore di un futuro - speriamo prossimo - ritorno dell'horror "come si faceva una volta".



MrFord



"I’d love it if you’d spin your head for me
or vomit a beautiful pea soup green,
so beautifully
across your stomach it said “HELP ME”
I gotta know will you marry me."
Murderdolls - "Love at first fright" -



sabato 11 gennaio 2014

La bambola assassina 3

 Regia: Jack Bender
Origine: USA
Anno: 1991
Durata:
90'




La trama (con parole mie): sono passati otto anni dall'ultima battaglia tra Andy e Chucky, rinato di nuovo sotto forma di pupazzo grazie al suo sangue entrato in contatto con l'impasto della plastica dei "nuovi nati" figli del marchio di "Tipo bello". Andy ora ha sedici anni, è passato da una famiglia all'altra ed è finito in una scuola militare nella speranza che la stessa possa raddrizzarlo e guidarlo verso un futuro costruttivo: e Chucky è sempre sulle sue tracce, anche se questa volta mosso solo ed esclusivamente dalla vendetta.
Il suo obiettivo per il cambio di corpo, infatti, è il giovane allievo della scuola Tyler, che Andy si troverà a difendere per evitare che l'ex serial killer tramutato in giocattolo possa riuscire a realizzare il suo agghiacciante progetto.





L'ultima visione del terzo capitolo delle avventure di Chucky degli occupanti di casa Ford risaliva, probabilmente, ad una quindicina d'anni or sono, grazie ad una delle migliaia di vhs che mio fratello stipava con quanti più film passassero in tv, e senza dubbio in estate, nel corso di una delle "notti horror" che ci concedevamo ai tempi una volta finita la scuola.
Il recupero progressivo della saga dedicata al bambolotto più spietato del Cinema mi ha dunque riportato questo gioiellino trash come fosse un'operazione di profondo amarcord, a tratti inducendo il sottoscritto a pensare che possa trattarsi addirittura del migliore dei primi tre capitoli della stessa: lo spostamento in avanti di otto anni della vicenda, con un Andy adolescente alle prese con i primi turbamenti sessuali e la disciplina ed il bullismo della scuola militare nella quale è finito, uniti ai propositi di vendetta di un Chucky sempre più in spolvero - dai proiettili di vernice scambiati con munizioni vere al "piccolo stronzo" rifilato al giovanissimo Tyler, suo nuovo bersaglio per la reincarnazione - e ad un finale che è un vero e proprio cult del trash grazie al duello all'interno della giostra degli orrori del luna park posto non lontano dalla scuola - la scalata di Andy della montagna di scheletri finti ed il volo di Chucky dritto nella ventola sono pezzi pregiatissimi della Storia dei b-movies, in grado di aggiungere ulteriormente valore ad un franchise che ha fatto proprio della sua aura "di genere", per usare un eufemismo finto autoriale, una delle caratteristiche fondamentali del successo -, infatti, rendono questo terzo capitolo ancora più divertente e vitale, un vero piacere nell'ambito delle visioni per ragazzi "distorte" dalla macchina - o dal giocattolo - dell'horror.
Inoltre - ma questa è una caratteristica che ha impreziosito anche i due capitoli precedenti - le animazioni della bambola risultano assolutamente ben realizzate - per i tempi, e non solo -, e regalano a Chucky una mobilità ed una mimica invidiabili, perfetta cornice per un turpiloquio sempre più spassoso e di un carisma che anche molti mostri nati nel pieno degli anni ottanta continuano ancora oggi soltanto a sognarsi.
Prosegue dunque nel migliore dei modi l'avventura de La bambola assassina, che un capitolo dopo l'altro sta garantendo agli occupanti di casa Ford la giusta dose di divertimento, sangue e linguaggio da Saloon di cui necessitiamo da queste parti per fuggire dai malesseri della quotidianità e della vita moderna.
Interessante comunque notare come e quanto, nonostante di fatto sia il vero e proprio bad guy della vicenda, Chucky finisca per suscitare la simpatia ed il "tifo" del pubblico quasi come se ne fosse l'eroe, regalando anche rivincite - come quelle rispetto al barbiere della scuola o al direttore - che sotto sotto si finisce per sognare, non fosse altro per empatia con il charachter positivo, il giovane Andy.
Un'ultima curiosità è data dalla presenza, dietro la macchina da presa, di Jack Bender, che i fan di Lost impareranno ad apprezzare più di un decennio più tardi, qui ad una delle sue prime esperienze come regista: evidentemente, Chucky doveva averci visto lungo anche da questo punto di vista.


MrFord


"Too much too soon,
too bad for you man..
The wheels fell off the bandwagon
left you stranded there and no one cares
what will you do?"
Murderdolls - "Motherfucker see, motherfucker do" -


lunedì 6 gennaio 2014

La bambola assassina 2 - Il ritorno di Chucky

 Regia: John Lafia
Origine: USA
Anno: 1990
Durata:
84'




La trama (con parole mie): il piccolo Andy, separato dalla madre a causa dei dubbi che le forze dell'ordine e l'opinione pubblica hanno espresso rispetto ai loro racconti a proposito di Chucky, è costretto a trovare asilo presso una famiglia affidataria che ospita la giovane Kyle, adolescente non troppo tranquilla.
I problemi del bambino, però, non sono finiti, perchè il serial killer reincarnatosi nel pupazzo "Tipo bello" è pronto a tornare alla ribalta per completare l'opera che non era riuscito a concludere ai tempi del loro primo incontro.
Inizierà dunque una battaglia che vedrà Andy e Kyle opporsi a Chucky dalla casa dei loro genitori adottivi alla fabbrica di giocattoli che ha visto nascere proprio il modello del quale Chucky è, ormai, un esemplare "definitivo".





Alle spalle il successo clamoroso del primo episodio della sua saga, era davvero difficile per il vecchio, bastardissimo Chucky non tornare alla ribalta della cronaca con un secondo capitolo delle sue avventure, realizzato con mezzi a tratti più limitati del precedente, ugualmente di successo rispetto agli appassionati del genere e costruito su un'ossatura tipica per uno pseudo slasher di quel periodo.
Poco è cambiato, nella struttura della storia e nell'idea di base legata ai personaggi di Don Mancini, ed il passaggio a questo secondo capitolo dedicato alla "vendetta" del pupazzo malefico pare assolutamente naturale ed in linea con molte saghe horror del tempo, da Venerdì 13 a Nightmare.
Più che per la brillantezza della trama, dunque, o le invenzioni di regia, questo Ritorno di Chucky risulta divertente quanto il film precedente grazie di nuovo al suo vero protagonista, sempre più cattivo e sboccato nonchè pronto a sfruttare la sua ormai quasi natura definitiva di giocattolo per ingannare gli adulti e costringere il piccolo Andy a battersi praticamente da solo contro il serial killer reincarnato in "Tipo bello".
Curiose le presenze di Christine Elise - che i meno giovani tra noi ricorderanno in Beverly Hills 90210 - e di Grace Zabriskie, musa di David Lynch e terrificante madre di Laura Palmer, nel cast prima della loro "ascesa" - anche se, soprattutto per la prima, pare obiettivamente difficile parlare di impennata di successo -, ed interessante la battaglia che vede Andy e Kyle contrapposti allo scatenato Chucky nella fabbrica dei modelli comuni di "Tipo bello", che al sottoscritto ha ricordato il mai dimenticato cult Terminator ed il confronto finale tra Kyle Reese - pare quasi un omaggio all'eroe padre di John Connor -, Sarah Connor ed il primo, leggendario T-500.
Il resto scorre via senza troppo restare impresso nella memoria, intrattenendo l'audience come solo Chucky riesce a fare mantenendo quel curioso equilibrio tra horror e film per ragazzi che troverà la sua migliore espressione - se così possiamo definirla - nel terzo capitolo della saga: il grande merito di Mancini e dei registi chiamati a portare sullo schermo le gesta del pupazzo più cattivo del Cinema è e resta quello di non prendersi mai troppo sul serio, trasformando Chucky in un simbolo di irriverenza che forse farebbe un gran bene a molti pseudo horror attuali troppo impegnati a passare per clamorose invenzioni d'autore ed in realtà decisamente più figli di una tradizione che ha nel suo essere profondamente artigianale uno dei punti di forza maggiori.
Senza dubbio questo capitolo non verrà ricordato come il più brillante della saga, o sarà destinato ad un fato diverso dall'essere uno spassoso riempitivo per amanti del genere, eppure il pubblico, allora come ora, è riuscito a cogliere l'importanza molto pop di un personaggio di questo calibro sancendone il successo e permettendogli di continuare il suo viaggio attraverso i decenni, sempre pronto a perseguitare il povero Andy - si potrebbe considerare la loro come una delle più lunghe rivalità cinematografiche di tutti i tempi, quasi quanto quella del sottoscritto e il Cannibale - e a punire chiunque "tenti di fregarlo".
A conti fatti, a me basta anche solo questo.


MrFord


"I hate your voice and I hate your face
exterminate you from the human race
life’s a joke and the joke is on you
hey you, it’s true, you suck, fuck you."
Murderdolls - "Motherfucker I don't care" -



mercoledì 1 gennaio 2014

La bambola assassina

 Regia: Tom Holland
Origine: USA
Anno: 1988
Durata: 87'
 



La trama (con parole mie): il piccolo Andy Barclay vive con sua madre e sogna, come molti suoi coetanei, di possedere la bambola di "Tipo bello", il giocattolo più in voga degli ultimi anni.
Quando la stessa madre acquista da un ambulante un esemplare recuperato dopo l'esplosione di un negozio, inizia per loro un'avventura ben oltre l'incredibile: all'interno del pupazzo chiamato Chucky, infatti, ha trovato rifugio prima della morte l'anima del serial killer Charles Lee Ray, che grazie ad un rituale voodoo appreso in carcere è riuscito a scampare alla cattura e alla dannazione eterna.
Quello che Chucky non sa, però, è che il tempo passato all'interno del giocattolo potrebbe condannarlo ad un'eternità da bambola, a meno che lo stesso non riesca a completare di nuovo il rituale per entrare nel corpo della persona con la quale ha sviluppato la connessione maggiore, Andy.




Prima di iniziare il percorso che mi porterà a recuperare tutti i film dedicati alla saga de La bambola assassina, va necessariamente sottolineato un dato di fatto: fin dai tempi della prima adolescenza e della camera condivisa con mio fratello nell'allora casa Ford, ho sempre adorato alla follia il personaggio di Chucky. Ricordo quando, per un natale di qualche anno fa, regalai il modellino parlante con tanto di corredo di armi proprio a mio fratello, che ancora oggi lo custodisce gelosamente sullo scaffale dei dvd.
Chucky, al pari di Freddy Krueger e Michael Myers, Jason Voohries e Leatherface, rappresenta uno dei charachters più folli che l'horror sia mai riuscito a regalare al suo pubblico, ed in qualche modo il più irriverente e spassoso del novero, grazie al suo linguaggio sboccatissimo ed al piglio deciso.
L'esordio cinematografico del malvagio pupazzo - involucro per l'anima del serial killer Charles Lee Ray, interpretato da Brad Dourif, noto per le sue parti in Qualcuno volò sul nido del cuculo, Il signore degli anelli e L'ignoto spazio profondo -, come il resto dei titoli del franchise allo stesso dedicato, è un divertito e divertente miscuglio di trash, film per ragazzi e horror, un cocktail spesso e volentieri sopra le righe che ha il pregio di intrattenere senza alcuna pretesa grazie alla verve del suo protagonista, passato alla storia già dalla prima sequenza in cui si rivela al mondo - e nello specifico alla madre del piccolo Andy, che sarà il suo bersaglio, la sua nemesi e la sua vittima preferita negli anni e nei film a venire - insieme ad uno sproloquio degno dei migliori - o peggiori - Saloon della Frontiera.
Mescolando, dunque, elementi di norma scostanti tra loro - un serial killer bianco scampato alla morte e trasmigrato in una bambola grazie ad un rito voodoo, il linguaggio scurrile in bocca ad un giocattolo, il mondo dei bambini, lucido e sincero, opposto a quello degli adulti - il risultato, per quanto tecnicamente lontano da standard qualitativi anche soltanto decenti, riesce comunque a conquistare oggi come allora, quando riuscì nell'impresa di incassare più di dieci volte il budget iniziale, dando origine al successo del brand e del personaggio creati da Don Mancini.
Curioso come, se a volte si può parlare di film portati sulle spalle da un solo attore responsabile di una performance straordinaria, così importante da oscurare non solo i colleghi in scena, ma anche le parti tecniche e registiche, in questo caso è possibile applicare lo stesso metro di giudizio rispetto al personaggio di Chucky, doppiato senza dubbio alla grande da Dourif ma in grado di bucare lo schermo con il suo ghigno da spietato ed il suo carisma innato, in grado di renderlo - al pari di suoi compari "mostri" come quelli citati sopra - un piccolo gigante, una sorta di gremlin impazzito e rabbioso pronto a lottare con le unghie e con i denti - aggiungendoci armi a profusione ed una lingua da girone dantesco - per sperare di tornare umano - e adulto - proprio passando attraverso un bambino ed un pupazzo, simboli di infanzia e di innocenza.
In qualche modo, volendo fare gli autoriali a tutti i costi, si potrebbe quasi supporre che Mancini, nel creare questi personaggi, li abbia considerati come una sorta di metafora del candore che inevitabilmente si perde crescendo, rovinati dal mondo dei "grandi".
Ma dato che siamo al Saloon, e stiamo parlando di Chucky, preferisco optare per un commento più diretto, di pancia e lontano da qualsiasi interpretazione metafisica: non gustarsi questo film dal primo all'ultimo minuto è proprio da stronzi.


MrFord


"Fuck you, get out of my face.
white trash straight from outer space.
Kick the shit right out of you,
leave you in the rear view.
I've told you once before, you're gonna piss me off."
Murderdolls - "Mr. Motherfucker" -



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