Se guardo indietro ai tempi in cui il mio rapporto con il Cinema era solo ed esclusivamente quello definito dall'intrattenimento, sono pochi i registi che, in tempi non sospetti in cui la passione da cinefilo non era ancora esplosa, già riuscivano a colpire il mio immaginario di spettatore: Kubrick a parte, uno di questi era senza dubbio Tim Burton.
Vissuto con grande emozione come penso molti degli adolescenti degli anni novanta tra Edward mani di forbice e Beetlejuice, ho (quasi) sempre finito per amare i lavori del buon Tim, fatta eccezione, forse, per Sleepy Hollow e il pessimo Planet of the apes: ripensando, poi, a quando confezionò quello che a mio parere è il suo lavoro più maturo, splendido e completo, Big Fish, non posso che provare un brivido lungo la schiena e nel cuore.
Peccato che, come molti altri mostri sacri, con l'età Burton abbia deciso di tornare su binari decisamente più commerciali e biechi di quanto non avesse mai fatto - e che, probabilmente, ai tempi della sua giovinezza lo portarono ad allontanarsi dalla Disney, dove mosse i primi passi -, inanellando una serie di opere di poco conto ed uno degli abomini d'autore più clamorosi dell'ultimo decennio, Alice in Wonderland.
Proprio a causa delle ultime fatiche del regista di Burbank, le mie aspettative per questo nuovo Miss Peregrine erano piuttosto basse, senza contare una durata sulla carta decisamente importante - quasi due ore e dieci - ed un target che, ormai, mi vede inevitabilmente troppo vecchio, così come i Fordini troppo giovani: visione alle spalle, purtroppo, non posso che trovarmi a confermare i timori della vigilia.
Non che, rispetto al già citato scempio in Wonderland, Miss Peregrine sia mal realizzato, ed ammetto che per i primi venti minuti ho finito addirittura per essere sorpreso in positivo: peccato che, di contro, risulti smaccatamente derivativo - Del Toro e tutti gli Orphanage del mondo dovrebbero ricordare a Burton che è sempre meglio avere idee proprie piuttosto che pescarle a piene mani da altri -, decisamente e come già anticipato troppo lungo, per nulla riconducibile allo stile del suo autore - fatta eccezione per le smorfiette di Eva Green, che fa di tutto per rendersi odiosa come l'ultimo Depp - ed incapace di smuovere qualsiasi emozione in uno spettatore, a prescindere dall'età.
Un vero peccato, perchè almeno per quanto riguarda i giovani protetti della "protagonista" gli spunti per fare bene non mancavano di certo, nonostante alla fine rimangano seppelliti sotto una quantità esagerata di compromessi con la grande distribuzione ed attori consumati pronti a pensare, ormai, solo ed esclusivamente al portafoglio - Samuel Jackson, meriteresti il famoso discorsetto dell'Ezechiele -.
Un film, dunque, che non lascia nulla, perde nettamente il confronto con il suo diretto concorrente del periodo - che pur non è niente di trascendentale - Animali fantastici e si inserisce a pieno titolo nel filone dei film teen di questi ultimi anni - da Hunger Games a Percy Jackson, passando per Il mondo di Jonas - abbracciando senza neppure opporre resistenza la loro inutilità, almeno per chi, come il sottoscritto, è stato abituato a pellicole di formazione di ben altro spessore e, soprattutto, ad un Burton che ora pare la pallida, pallidissima copia di se stesso.
MrFord