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giovedì 26 aprile 2018

Hannibal - Stagione 2 (NBC, USA, 2014)




E' curioso come alcuni titoli di serie televisive, pur colpendo positivamente gli occupanti del Saloon, finiscano per riposare in attesa neanche fossero single malt da far invecchiare: di recente abbiamo riscoperto Ray Donovan, che inaugurò la sua presenza in casa Ford anni fa con la prima stagione per poi restare in standby ed essere recuperato con la bellezza di quattro stagioni viste in un anno, e a seguito di quest'ultimo si è deciso di riprendere anche un altro paio di titoli che, nonostante il "favore della critica", erano rimasti impietosamente fermi ai box.
Uno di questi è Hannibal, ispirato dai romanzi di Thomas Harris che al Cinema hanno regalato perle del calibro di Manhunter e Il silenzio degli innocenti, incentrato sulla figura dello psichiatra cannibale Hannibal Lecter e su quella della sua nemesi, Will Graham, interpretati da Mads Mikkelsen - fordiano ad honorem - e Hugh Dancy, pronti a prestare volto e follia a due lati della stessa medaglia in un prodotto complesso e diverso dai classici crime da piccolo schermo, curatissimo esteticamente - fotografia e taglio sono maniacali almeno quanto la cucina di Lecter - e poco disposto a fare concessioni allo spettatore, ma ugualmente entusiasmante, oltre che a livello estetico, per la tensione ed i riferimenti ad episodi già raccontati, pur se in modo diverso dai due filmoni citati poco sopra - ricordo benissimo la sequenza della sedia a rotelle infuocata fatta scivolare sulla rampa del garage in Manhunter, o i disegni a memoria di Lecter nella cella della struttura coordinata da Chilton -.
Il duello a distanza tra Hannibal e Will, giocato sia a livello mentale che fisico, sul dubbio e l'illusione, rende alla perfezione il rapporto che si instaura tra rivali che si ammirano, odiano e, in una certa misura, amano, quasi fossero una versione da studio psichiatrico di Joker e Batman, e l'equilibrio dell'uno fosse dato, inevitabilmente ed inesorabilmente, da quello dell'altro.
Ottimo il cast dei comprimari, che vede partecipazioni importanti come quella di Lawrence Fishburne, Gillian Anderson e Michael Pitt, splendide le cornici e le ambientazioni così come le ricostruzioni dei delitti di Lecter, talmente artistici nella loro messa in scena da risultare quasi estranei all'efferatezza degli atti compiuti dal folle psichiatra: osservando l'incedere della storia e l'ottima chiusura di stagione, personalmente aumenta il rimpianto non solo di aver atteso così tanto per proseguire questa cavalcata, ma anche che un titolo con potenzialità di questo livello sia stato interrotto con il finire della terza stagione, per la quale ovviamente ora in casa Ford l'hype è alle stelle anche perchè vedrà i protagonisti incontrare Donahue, il "Dente di fata" del di nuovo citato Manhunter di Michael Mann, personaggio cardine del romanzo Red Dragon - ovviamente sempre di Harris - riproposto in tempi più recenti in una pellicola decisamente lontana dal livello dell'originale o di questo serial.
Nel frattempo, ripenserò ai piatti in stile Masterchef estremo di Lecter - portati in scena e realizzati interamente da Mikkelsen, allenatosi con uno chef per l'occasione - così come a tutto quello che porterà la caccia nella prossima serie: in fondo, quando due menti e personalità così complesse e problematiche si scontrano, una tempesta è il minimo che ci si possa aspettare.
Se poi si riflette a proposito del fatto che quelle stesse menti siano figlie di nature predatorie, il gioco è fatto: non c'è niente di più affascinante, accattivante, sanguinoso, di uno scontro tra creature assetate - mentalmente, oppure no - di sangue.



MrFord



mercoledì 3 maggio 2017

Ghost in the shell




L'uscita in sala di Ghost in the shell in versione live action mi spaventava non poco, come del resto di norma accade rispetto a tutti i remake, reboot e chi più ne ha, più ne metta.
Il film d'animazione che faceva da termine di paragone in questo caso, infatti, non solo è oggetto di culto per almeno una generazione di fan del Fumetto e della settima arte, ma rappresentò, ai tempi della sua uscita, uno dei titoli imprescindibili per quanto riguarda gli anime, quando ancora il ruolo dei computer era decisamente molto più limitato e l'approccio decisamente più artigianale.
Considerate la mia opinione non alta della protagonista scelta - trovo la Johansson estremamente sopravvalutata come attrice e come superfiga - e le probabilità che il lavoro di Sanders potesse anche soltanto eguagliare il film "originale", l'odore di stroncatura si faceva più pesante di quello "di natura" che qui nella Pianura Padana sentiamo volenti o nolenti ad ogni periodo di concimazione: fortunatamente per me, almeno in parte, ho scoperto nel corso della visione di questo Ghost in the shell di non ricordare quasi nulla dell'evoluzione della storia, e dunque di avere la grande fortuna di affrontare il "nuovo" senza che l'ombra del "vecchio" potesse diventare necessariamente un peso.
Il risultato, però, non è stato troppo diverso.
Ghost in the shell è senza dubbio un film ben confezionato e prodotto, con ottimi effetti ed una serie di sequenze apparentemente d'effetto, il tipico incedere e la tipica chiusura da action "filosofico" che fa molto Batman di Christopher Nolan ed un cast, comunque, tutto sommato in parte: eppure è anche tristemente noioso a livello emotivo e cerebrale, e pur non pensando alla pellicola d'animazione o agli albi a fumetti che la ispirarono finisce per risultare l'ennesimo fratellino molto minore di Blade Runner - che ha di fatto influenzato tutta la fantascienza cyberpunk venuta da allora in avanti - del quale non si sentiva davvero la necessità, un giocattolone costruito a tavolino e decisamente senz'anima che spera nel successo commerciale in modo da sopperire a tutto quello che, a livello di cuore, non perviene nell'esperienza da spettatori.
Restano, almeno per il sottoscritto, le soddisfazioni di vedere un Kitano spaccaculi come ai suoi tempi d'oro da "violent cop" e qualche rimembranza di Minority Report - altro "figlio" di Philip Dick -, ma davvero poco altro: la sensazione, infatti, è che regista e sceneggiatori abbiano di fatto sperato che la presenza della Johansson finta nuda e gli effettoni potessero sopperire a dialoghi soporiferi e davvero troppo nerd per risultare fluidi, e da una quantità di spiegoni da cattivi dei fumetti - per l'appunto - da far invidia ad un qualsiasi cattivo dei fumetti.
Peccato, perchè se anche un vecchio fan colto da amnesia come il sottoscritto e privo di pregiudizi finisce per rimanere assolutamente indifferente - se non addirittura deluso - alla visione, non oso immaginare quanto possano essersi incazzati tutti quelli che, del lavoro di Oshii hanno fatto praticamente una religione.
Che avranno augurato agli autori il Kitano più cattivo possibile.



MrFord



 
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