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martedì 10 dicembre 2019

White Russian's Bulletin



Tra gare di crossfit, impegni di famiglia, lavoro e stanchezza cronica che finisce, weekend escluso, per abbattermi sul divano ogni santa sera, il Bulletin torna dopo due settimane di silenzio portando in dono recuperi e nuove proposte da piccolo schermo, novità da grande, Maestri e registi alla prima esperienza dietro la macchina da presa, cult dei tempi che furono riproposti per i sabati sera Cinema con i Fordini. Insomma, un pò di carne al fuoco.


MrFord



IL METODO KOMINSKY - STAGIONE 2 (Netflix, USA, 2019)

Il metodo Kominsky Poster


La commedia "da terza età" è da decenni una solida sicurezza su piccolo e grande schermo, quando è ben scritta e condotta: Il metodo Kominsky, che pare la versione da casa di riposo di Californication, cavalca quest'onda alla grande anche con questa seconda stagione, prendendo con un sorriso sornione per il culo quel Tempo e quel decadimento fisico che prima o poi colpiranno anche i più forti e i più fortunati tra noi. 
L'alchimia tra Douglas e Arkin, ottimi protagonisti, è perfetta, i dialoghi brillanti, l'equilibrio tra commedia e dramma ben dosato: senza dubbio non saremo di fronte al titolo destinato a rivoluzionare il mondo del piccolo schermo, ma Il metodo Kominsky rappresenta una di quelle piccole certezze che, arrivati a fine giornata, possono garantirvi di addormentarvi sul divano soddisfatti di non aver perso tempo di fronte a qualcosa che non è valso la pena.




SCRUBS - STAGIONE 3 (ABC, USA, 2003)

Scrubs: Medici ai primi ferri Poster


Dopo anni di "silenzio", è tornato a fare capolino sugli schermi del Saloon uno dei Classici da piccolo schermo dei primi Anni Zero, Scrubs, perfetto per alleggerire ogni giornata pesante e, nonostante i quasi vent'anni di età, ancora spassoso nonchè nuovo mito dei Fordini, che adorano le avventure "del dottore giovane che fa arrabbiare il dottore pazzo", chiara allusione a Perry Cox, uno dei miei personaggi preferiti di sempre quando si tratta di piccolo schermo.
Una proposta sempre fresca e perfetta per le cene in famiglia, ormai diventate una specie di circo all'interno del quale i Fordini impazzano impedendo una visione impegnativa o anche solo vagamente tale: meglio, allora, fare un giro sulla macchina del tempo e tornare ai tempi in cui il buon J.D. veniva vessato continuamente da Cox, perfetto nel trovare sempre il nomignolo giusto per il suo protetto, nonchè per la sua vittima preferita.




THE IRISHMAN (Martin Scorsese, USA, 2019, 209')

The Irishman Poster


Scorsese, inutile dirlo, è un Maestro. Nel corso della sua carriera dagli anni settanta ad oggi ha regalato al pubblico titoli che hanno fatto scuola, e che sono diventate le basi del Cinema americano: Mean Streets, Taxi Driver, Toro scatenato, Fuori orario, Quei bravi ragazzi, L'età dell'innocenza, Casinò, The Aviator, fino al più recente The wolf of Wall Street sono esempi fulgidi della grandissima capacità di raccontare di un grandissimo autore che raramente ha deluso il suo pubblico - nel mio caso, porto ancora nel cuore la ferita dell'inutile Hugo Cabret - e solo di recente ha finito per lasciarsi andare a dichiarazioni buone più per la pubblicità ed il marketing che non per la settima arte vera e propria.
Assodato tutto questo, ho approcciato The irishman con il rispetto e la pazienza del caso - duecentonove minuti di film non sono proprio pochi -, considerati il livello indiscutibile dei talenti scesi in campo da una parte e dall'altra della macchina da presa: e per due terzi della sua impegnativa durata, ho pensato che il vecchio Marty si fosse fatto seppellire dalla nostalgia realizzando la versione amarcord del già citato Quei bravi ragazzi sfruttando le nuove tecnologie per ringiovanire i protagonisti - scelta pessima, per quanto mi riguarda: quando sei vecchio ti muovi come un vecchio, per quanto bravo tu possa essere in qualità di attore - e perdendosi in dialoghi e rimembranze di un'epoca che fu, forse addirittura anche per lui come narratore.
Poi, di colpo, nell'ultima ora il senso di tutto questo lavoro prende forma, e The Irishman diventa una riflessione profonda e commovente sul Tempo che ci porta via tutto, dalla salute a chi amiamo, dagli amici ai nemici, dai ricordi al mondo in cui abbiamo vissuto, progressivamente lasciato alle spalle dalle nuove generazioni. E anche il più glaciale degli assassini si ritrova a fare i conti con qualcosa che ha meno remore di lui.




FROZEN 2 - IL SEGRETO DI ARENDELLE (Chris Buck&Jennifer Lee, USA, 2019, 103')

Frozen 2 Poster


Attesissimo dalla Fordina, accanita fan di Elsa e Anna, Frozen 2 era la visione "obbligata" da sala del Natale incombente, ennesima produzione monstre di Mamma Disney, colosso sempre più grande e sempre più potente, dentro e fuori dalle sale: morto di stanchezza al termine di una settimana impegnativa su più fronti e affrontato dopo una cena al ristorante greco, Frozen 2 mi ha messo duramente alla prova nonostante la durata, dandomi l'impressione di essere più un'accuratissima operazione di marketing globale che non una storia che gli autori avevano davvero l'esigenza di raccontare.
Certo, la realizzazione è perfetta, almeno due o tre dei pezzi della colonna sonora sono notevoli, le tematiche profonde ed interessanti - come giustamente Julez faceva notare al termine della visione, per molti versi ricorda la saga, comunque superiore, di Dragon Trainer -, le trovate visive funzionali, ma l'impressione è che manchi in una certa misura l'anima di un lavoro che è più figlio del mercato che non della narrativa, sia essa scritta o portata sullo schermo.
In un certo senso, Frozen 2 è come il Natale quando si scopre che quel vecchio signore che scende dal camino in realtà non esiste. Non si perdono la gioia e la curiosità per i regali che arriveranno, ma senza dubbio una buona parte della magia.




GROSSO GUAIO A CHINATOWN (John Carpenter, USA, 1986, 99')

Grosso guaio a Chinatown Poster


A fare visita ai Fordini per il loro più recente "sabato sera Cinema" è giunto nientemeno che Grosso guaio a Chinatown, cult totale che ha cresciuto con grande soddisfazione questo vecchio cowboy, portando gioia e grande godimento ad ogni nuova visione: divertissement tamarro firmato da John Carpenter ed interpretato da un bulgarissimo Kurt Russell, è un giocattolone costruito su scene cult che si susseguono una dopo l'altra, e che, come per i più recenti film con protagonista The Rock, ha colpito molto più la Fordina che non il Fordino, innescando una reazione contraria a quella di Frozen 2, visto la sera precedente. Curioso come, a volte, questi scambi portino i due piccoli del Saloon in direzioni opposte, alimentando il bello delle loro differenze. 
Per il resto, il bambino più grande della casa si è goduto l'ennesima visione delle peripezie di Jack Burton, con i combattimenti cinesi, le botte, le battute, le esplosioni verdi, i mostri e chi più ne ha, più ne metta: per quanto possa dirne Cannibal, di tamarrate di questo tipo, purtroppo, non ne esistono più, ed è una vera fortuna non solo averle vissute, ma permettere di viverle anche alle nuove generazioni.




L'IMMORTALE (Marco D'Amore, Italia/Germania, 2019, 116')

L'immortale Poster


L'ultima immagine che gli spettatori di Gomorra avevano di Ciro Di Marzio detto l'Immortale, il personaggio cardine dell'intera serie - ancora più della sua nemesi nonchè fraterno amico Genny Savastano - era quella del cadavere del solitario criminale che sprofondava nelle acque del Golfo di Napoli, preludio ad una lotta che Gennaro avrebbe dovuto compiere da solo da quel momento in avanti. Marco D'Amore, che a Ciro ha prestato carattere e volto fin dal principio, prese a quel punto in mano il charachter che gli aveva dato la notorietà approfittando di un film da lui stesso diretto per realizzare una sorta di spin off di Gomorra che raccontasse l'infanzia dell'Immortale, cui più volte si era fatto riferimento nel corso delle stagioni del serial.
Il risultato è senza dubbio qualitativamente buono per essere di produzione nostrana - e per essere un titolo "di nicchia" e di genere -, ha dalla sua una certa energia, l'ottima trovata di tenere nascosto il dettaglio più importante per la pellicola stessa e la serie intera dalla campagna di lancio e di marketing, un finale che manderà in visibilio i fan di Gomorra ed un Ciro finalmente raccontato fin dai tempi della sua infanzia: d'altro canto, però, occorre ammettere che per chi non venisse direttamente dalla produzione Sky legata alla saga dei Savastano L'immortale risulterebbe godibile e fruibile solo in parte, e che lo stesso, in fondo, altro non è se non una "puntatona" della stessa riadattata al grande schermo per introdurre quelli che, senza dubbio, saranno i cardini della storia della quinta stagione. 
Per chi, come il sottoscritto, era legato alla figura di "Ciruzzo", è stato un ottimo antipasto per la stessa. Che, a questo punto, non vedo l'ora di affrontare.


domenica 23 dicembre 2012

Arma letale 4

Regia: Richard Donner
Origine: USA
Anno: 1998
Durata: 127'




La trama (con parole mie): Riggs e Murtaugh, inseparabili compagni e pilastri - si fa per dire - della Omicidi, non sono più due ragazzini. Lo stesso Riggs, da sempre il più folle e spericolato della coppia, comincia a perdere qualche colpo e pensare più alla famiglia che sta per mettere su rispetto al tentare di oltrepassare perennemente i suoi limiti: Lorna Cole, sua compagna da tempo, è infatti incinta, ed il dubbio se chiederle oppure no di sposarlo è la cosa che tormenta di più lo scombinato Martin, che si appoggia al sempre solido amico Roger per tutte le questioni che riguardino sparatorie e famiglia.
Questa volta la strada dei due, promossi quasi per caso capitani, si incrocia con quella della Triade cinese, che oltre ai traffici di clandestini vorrebbe "importare" negli USA i quattro boss più potenti di Hong Kong, catturati dalla polizia cinese e spediti a Los Angeles grazie ad un generale corrotto.
Inutile dire che i criminali dovranno fare i conti con quella che ormai è, di fatto, la famiglia allargata di Murtaugh - alle prese con il giovane detective Butters, suo futuro genero - e Riggs, pronta a prenderli dal primo all'ultimo a calci nel culo.




Il recupero della saga di Arma letale, da troppo tempo accantonata in casa Ford, è stato una goduria come non me ne capitavano davvero da un sacco di tempo.
Onestamente, penso di essermi addirittura perso, ai tempi, questo quarto film, già troppo concentrato ad entrare nel periodo buio che furono i miei anni da radical chic cinematografico tutto film d'autore e recupero di classici fondamentali con il minor divertimento possibile.
E invece devo ammettere che quest'ultimo - per ora - capitolo rappresenta forse in qualche modo e nella maniera migliore la summa di quella che è l'idea alla base delle avventure di Riggs e Murtaugh, coppia inossidabile e guascona di investigatori della Omicidi che, definitivamente abbandonate le cupe e violente - pur se stemperate dal loro rapporto sempre burrascoso - atmosfere del primo capitolo, si è focalizzata principalmente sulla connotazione ironica dell'azione e del poliziesco unite ad una forte componente legata al concetto di famiglia, da sempre al centro delle vite dei due protagonisti.
Alla già numerosa famiglia del burbero Roger si uniscono per quest'avventura non solo Leo Getz, accanto ai nostri per la terza volta, e la cazzutissima Lorna Cole, ormai compagna fissa di Riggs, ma anche il futuro genero ed apparente corteggiatore di Murtaugh - divertentissimo il siparietto in macchina con Riggs a buttare benzina sul fuoco tra il suo partner ed il giovane collega - Lee Butters, interpretato da un allora ancora poco noto Chris Rock.
A fare da contrappeso alla nutrita squadra dei "buoni" questa volta troviamo la Triade cinese, legata al traffico di esseri umani orchestrato dalle cosiddette "teste di serpente" - così vengono chiamati i responsabili dei viaggi in condizioni disumane di quelli che possono essere considerati come dei moderni schiavi - e capeggiata da un Jet Li nel quasi inedito ruolo del cattivo, pronto a sfoderare una serie di evoluzioni e calci rotanti da fare paura e a tenere testa ai due protagonisti - l'ormai un pò arrugginita "arma letale" Mel Gibson compresa - in più di un'occasione.
Il duello finale a mani nude - o quasi - che vede Riggs e Murtaugh opposti al loro piccolo ma agguerrito avversario è degno delle migliori perle action made in Hong Kong, così come da applausi è l'inseguimento in macchina con tanto di "surf urbano" con tavolino annesso - una dei passaggi a mio parere più riusciti dell'intero franchise, o almeno della sua parte più fisica: non mancano, inoltre, le battute e gli intermezzi comici poggiati principalmente sulle spalle di Joe Pesci e Chris Rock - roba grossolana e di bassissima lega, ma che continua a farmi pisciare sotto dal ridere in barba a qualsiasi pretesa di cultura o presunta tale - ed un lieto fine che pone l'accento sul già affrontato concetto di famiglia - in questo caso molto allargata - tanto caro al mitico Richard Donner - che continuerò a ringraziare in eterno, non fosse altro che per I Goonies e questa serie assolutamente indimenticabile -.
La curiosità di scoprire cosa si potrebbe combinare con un quinto capitolo - ovviamente orchestrato dalla stessa squadra vincente, e chissà, magari impreziosito da un ritorno alla sceneggiatura di Shane Black, creatore dei personaggi e penna dietro il primo film - con tanto di figlio cresciuto di Riggs è molta, specie se gestita con il piglio divertito che ha contraddistinto l'evoluzione di due insoliti e scombinati detectives che per passare da duri hanno preso una strada rischiosa ma impossibile da non condividere come quella dell'autoironia.
E a questo punto, posso proprio dirlo: non si è mai troppo vecchi per certe stronzate.


MrFord


"I seen ya, I seen ya, I seen ya walkin' down in Chinatown
I called ya, I called ya, I called but you did not look around
I pay my, I pay my, I pay my money to the welfare line
I seen ya, I seen ya, I seen ya standing in it everytime."
Smash Mouth - "Why can't we be friends" -



giovedì 13 dicembre 2012

Arma letale 3

Regia: Richard Donner
Origine: USA
Anno: 1992
Durata: 118'




La trama (con parole mie): Roger Murtaugh, dopo anni di onorato servizio, è finalmente ad una settimana dalla pensione quando il suo inseparabile e folle collega Martin Riggs combina un casino tale da far retrocedere entrambi al ruolo di semplici agenti di pattuglia a piedi.
I due, comunque, riusciranno ad inserirsi in un'indagine ad alto rischio che coinvolge un ex poliziotto divenuto un trafficante d'armi pronto a mettere in mano alle gang di quartiere di Los Angeles fucili automatici e proiettili "ammazza-sbirri" dal potenziale devastante.
Al cocktail già esplosivo Murtaugh/Riggs - con il loro sempre bistrattato socio Leo Getz - si aggiungerà l'agente della disciplinare Lorna Cole, donna cazzutissima pronta a dare filo da torcere a Riggs a suon di battute, colpi di arti marziali e numero di cicatrici: ovviamente, per i "cattivi", saranno cazzi amari.





E così continua il revival della saga di Arma letale, tornata di gran moda di recente in casa Ford e riscoperta come rimedio per gli stress da rientro al lavoro e per il sangue amaro da quotidianità troppo arrembante: il terzo capitolo - che io, nella memoria ormai confusa da alcool e antidolorifici da tonsillectomia, pensavo fosse il secondo - riprende di fatto la formula che ha reso questo franchise vincente, nonchè un cult consolidato per almeno una generazione di spettatori, ovvero l'amicizia virile tra i due protagonisti Murtaugh e Riggs attorno alla quale ruotano tutte le vicende - d'azione e non - dello script.
Certo, rispetto al primo film si è persa ormai completamente la componente noir e violenta, sostituita da un impianto decisamente più fracassone e votato all'intrattenimento puro di cui è emblema il personaggio interpretato da Mel Gibson, completamente folle e votato alla cazzata per contratto - si veda, in questo senso, la sequenza con il cane da guardia, una delle più irresistibili ed imbarazzanti della carriera dell'attore e regista australiano -: nonostante questa "commercializzazione", comunque, il prodotto funziona e diverte sempre parecchio, grazie sicuramente anche al ruolo di parte seria della coppia di Murtaugh, alla macchietta che, di fatto, è Leo Getz/Joe Pesci e all'inserimento vincente di Rene Russo, protagonista con il già citato Gibson di una delle scene di "sesso" più note della storia recente della settima arte, nonchè già più volte citata e parodiata - chi non ha mai visto, Arma letale o no, quella sequenza del conteggio delle cicatrici che finisce con una scopata royale, in fondo!?!? -.
La scelta di affiancare una presenza femminile anche al caotico Riggs risulta azzeccata anche nell'ottica generale della saga, che ha una forte componente radicata nei concetti di famiglia e cura dei propri cari - i Murtaugh, di fatto, adottano sia Riggs che Getz -, e pone le basi per quella che sarà una delle sorprese più importanti - per quanto riguarda i personaggi - nel successivo quarto capitolo: c'è spazio inoltre per una riflessione legata alla depressione da pensionamento e alla sensazione che, una volta appeso al chiodo il lavoro - specie se si è così fortunati da averne uno che appassiona -, si possa avere una paura fottuta di non essere utili a niente e nessuno, e ad una sulla violenza nelle strade che, nelle grandi metropoli come Los Angeles, conduce ragazzi giovanissimi alla morte soltanto perchè mossi da un qualche ideale di gloria malriposto.
Ma non pensate che questo Arma letale 3 sia un film da introspezione o contraccolpi particolarmente profondi: il lavoro di Donner è quello di regalare al pubblico la sensazione di essere completamente a suo agio sul divano con snack, salsa piccante ed un bel bicchiere di robusto bourbon pronti a godersi ogni singola follia che i protagonisti riusciranno ad inventarsi per fare il culo al criminale di turno, specie se il malvivente in questione dovesse avere l'insana idea di spostare il "conflitto" su un piano personale.
Dunque troverete già pronte ed impacchettate una prima parte più votata all'ironia e al lato guascone del poliziesco ed una seconda all'interno della quale sarà l'azione a farla da padrona, con un finale ambientato in un cantiere di case in costruzione che permetterà al buon Riggs di sfoderare un altro dei suoi numeri, ed un epilogo che andrà ad omaggiare l'esordio del charachter di Murtaugh, con tanto di torta, candeline, famiglia al completo e vasca da bagno.
Senza dubbio, questi due sbirri apparentemente male assortiti, rappresentano una delle coppie cinematografiche migliori che il genere abbia mai regalato al suo pubblico, ed ora che mi ritrovo ad averli riscoperti difficilmente li abbandonerò, specie in quelle serate in cui sentirò il bisogno di sciogliere i muscoli e rilassarmi senza dover necessariamente rifare i connotati al sacco o a qualcuno a me sgradito.


MrFord


"If the night turned cold
and the stars looked down
and you hug yourself
on the cold cold ground
you wake the morning
in a stranger's coat
no-one would you see
you ask yourself, 'Who'd watch for me?'
My only friend, who could it be?
It's hard to say it
I hate to say it
but it's probably me."
Sting - "It's probably me" -


 

sabato 8 dicembre 2012

Arma letale 2

Regia: Richard Donner
Origine: USA
Anno: 1989
Durata: 114'




La trama (con parole mie): Riggs e Murtaugh, ormai partners affiatati e sempre più casinari, si ritrovano in mezzo ad un traffico che vede coinvolti alcuni diplomatici sudafricani nel pieno degli anni dell'apartheid. Pestati un pò troppi piedi politici, i due si ritrovano a fare da cani da guardia ad un esperto del riciclo del denaro sporco - l'ancor più casinista Leo Getz - che involontariamente con la sua presenza li riporterà sulle tracce degli stessi criminali.
I poliziotti avranno tutto il tempo di scampare ad almeno tre attentati a testa prima di riuscire a mettere alle strette i loro avversari, che si riveleranno essere non soltanto a capo di un traffico decisamente milionario, ma anche i responsabili dell'incidente che provocò la morte della moglie di Riggs, anni prima, evento che scatenò la vena più folle dell'indisciplinato agente.





Ci sono alcuni film che sono un vero e proprio toccasana.
Di recente, riscoprendo una delle saghe più emozionanti e divertenti dell'action tutta come quella di Arma letale, pensavo che i miei ricordi dei tempi avessero ragione e che soltanto il primo capitolo sarebbe stato degno di nota per quel sano intrattenimento tamarro di cui tutti noi ogni tanto necessitiamo: e invece ecco giungere a smentirmi un numero due che non compariva sugli schermi di casa Ford da millemila anni - non ricordavo neppure della presenza di Joe Pesci, figurarsi! - e che ha reso alla perfezione i suoi servizi di svago per un cervello reso un pò fiacco dalle recenti disavventure ospedaliere fordiane - e non parlo soltanto delle mie tonsille ormai nel paradiso delle parti del corpo estratte e buttate in un cestino -.
Ma torniamo alle avventure della premiata ditta Murtaugh e Riggs: con l'abbandono di Shane Black alla sceneggiatura, Donner cerca con questo bis di mantenere la narrazione sugli stessi binari del supercult che diede inizio alla storia pur concedendosi un'atmosfera decisamente più fracassona e scanzonata, affidandosi per questo ad un Mel Gibson così sopra le righe da rasentare in più occasioni il gigionismo estremo.
Quello che, però, è interessante, è che nonostante tutto l'insieme continui a reggere, e ad una vicenda assolutamente figlia dell'immaginario di genere anni ottanta - sparatorie come se piovesse, passaggi non proprio limpidi o troppo semplificati dello script - ritroviamo accostato addirittura un tema di grande attualità ai tempi, ovvero la protesta contro l'apartheid sudafricana, non ancora sconfitta dall'ascesa che avrebbe avuto non troppo tempo dopo Nelson Mandela.
Un risvolto, questo, in grado di dare spessore ad una proposta decisamente ricreativa ed al contempo far ripensare ai bei tempi andati - ricordo, in questo senso, Rambo III con gli USA a sostenere i talebani contro i sovietici, roba che ora sarebbe praticamente fantascienza - quasi fossero una sorta di limbo al quale tornare solo ed esclusivamente grazie a questo tipo di visioni.
Per il resto è tutto un botta e risposta tra i due protagonisti e la spalla aggiunta Leo Getz - che diverrà praticamente il terzo incomodo nei successivi due film del franchise -, battute sguaiate da amicizia virile, prove di forza e follia di Riggs - un personaggio più che mitico, il suo confronto con il capo è tornato ad essere uno dei miei cult totali - ed una robustissima dose di botte e proiettili come si conviene ad ogni proposta di questo genere che si rispetti.
Vi confesso che, addirittura, l'eccesso chiassone e da buddy movie con tanto di voli da finestre e containers di questo secondo giro di giostra è riuscito a sorprendermi a tal punto rispetto ai ricordi che avevo dello stesso da farmi pensare che non sia poi tanto distante - parlando di valore cinematografico - dal primo, e che Richard Donner sia riuscito a mantenere decisamente alto il livello del suo lavoro - parliamo, di fatto, di un mestierante del Cinema, benchè autore di un Classico come I Goonies -, tanto da alimentare nel sottoscritto la voglia di recuperare dopo quindici anni almeno anche i restanti due capitoli, sperando che anch'essi possano trasformarsi in piacevoli, caotiche, scombinate perle come questa.
Dunque, se siete in una di quelle giornate in cui pare non vi resti nient'altro se non ubriacarvi e sbattere la testa contro il muro - o entrambe le cose - un titolo come Arma letale 2 è sempre consigliato per riscoprire quelli che sono alcuni degli assoluti piaceri della vita.
Come i buoni, vecchi film d'azione: vecchi amici che non ti abbandonano mai.
Neppure quando per anni ti dimentichi di loro.
E sono sempre lì, pronti ad accorrere per pararti le chiappe.


MrFord



"He sang a song as on he rode,
his guns hung at his hips
he rode into a cattle town,
a smile upon his lips
he stopped and walked into a bar and laid his money down
but his mother's words echoed again:
Don't take your guns to town son,
leave your guns at home Bill,
don't take your guns to town."
Johnny Cash - "Don't take your guns to town" -



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