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martedì 7 novembre 2017

The Devil's candy (Sean Byrne, USA, 2015, 79')









E' sempre brutto rimanere delusi approcciando una pellicola.
Di norma, è una sensazione anche peggiore rispetto a quella di aver appena finito di guardare un film di merda, di quelli che senza dubbio non torneranno mai più a far parte della nostra vita, se non negli incubi cinematografici peggiori.
Una delusione è qualcosa di subdolo, sotterraneo, che quando meno te lo aspetti esce fuori e trasforma una potenziale serata di goduria in una noia mortale che vorresti lasciarti alle spalle il prima possibile.
The Devil's Candy, incensato quasi ovunque nella blogosfera e soprattutto da persone che ho sempre considerato autorità del Cinema di paura, firmato dallo stesso Sean Byrne del dal sottoscritto amatissimo The Loved Ones di qualche anno fa, atteso come uno di quei metal horror da volume al massimo, sangue a fiumi e terrore pronto a colpire si è rivelato, fatta eccezione per la buona prova di Ethan Embry - che avevo già apprezzato nell'apprezzatissimo Cheap Thrills -, davvero robetta, poco coeso ed incisivo in fase di scrittura, lento nel ritmo, incapace di trovare una linea guida che desse un senso all'intera operazione, che non si capisce se voglia essere inserita nel filone "satanista" del genere, in quello prettamente thriller, oppure cercare nella caotica follia dello psicopatico Ray una sorta di richiamo alla realtà che vede, a volte, menti decisamente contorte muoversi senza un criterio apparente nel mondo, mietendo vittime scelte in base a qualcosa di "oltre" - una cosa che potrebbe richiamare l'operato del Figlio di Sam, per intenderci -.
Un vero peccato per il sottoscritto, che da Byrne si aspettava qualcosa di potente almeno quanto l'esordio, e per la pellicola stessa, che invece di puntare esclusivamente sui legami forti della famiglia Hellman - una cosa rarissima quella di un rapporto, peraltro cementato da gusti musicali comuni, tra un padre ed una figlia adolescente - e sulla loro progressiva lotta per la sopravvivenza, preferisce inserire elementi apparentemente disturbanti come le voci che perseguitano Ray così come Jesse Hellman, l'inutile sottotrama - peraltro sviluppata superficialmente - della galleria d'arte "demoniaca" e passaggi legati alla follia dello stesso Ray che non si comprende bene dove si collochino tra realtà di narrazione e visioni del charachter.
L'impressione, qui in casa Ford, è stata quella di un tentativo clamorosamente fallito di portare sullo schermo la mitologia dell'horror disturbante degli anni settanta neanche fossimo all'interno di uno dei peggiori lavori di Rob Zombie: il fatto è che ai tempi, con il Vietnam a pesare sulle spalle degli States e la ferita aperta dei massacri della Manson Family, alcune suggestioni potevano anche funzionare, mentre ora, se mal gestite, paiono solo inutilmente provocatorie.
La mossa migliore, e questo va riconosciuto a Byrne, è quella di mantenere un discreto realismo nella parte più violenta della pellicola - soprattutto nel confronto tra Ray e gli Hellman nel finale -, in cui non abbiamo, almeno fino all'incendio, scene clamorose che non troverebbero riscontro nella realtà neanche per caso: in questo senso, la lotta sull'ingresso della magione tra l'invasore e Jesse funziona molto bene, dai proiettili sparati a vuoto e a caso da parte di qualcuno non abituato ad usare la pistola alla forza della disperazione che interviene nel momento in cui è in gioco la sopravvivenza propria e di chi si ama.
Troppo poco, però, per poter anche solo pensare di perdonare tutti i limiti - finale compreso - di una pellicola che risulta, purtroppo, molto wannabe cult, ma che dei cult veri, soprattutto quelli che l'hanno ispirata, non ha davvero nulla.




MrFord




martedì 8 luglio 2014

Cheap thrills

Regia: E. L. Katz
Origine: USA
Anno:
2013
Durata: 88'




La trama (con parole mie): Craig è un uomo sposato con un figlio piccolo, travolto dalla crisi e costretto ad abbandonare i suoi sogni di scrittore per un lavoro in un'officina che possa permettergli di sperare di far fronte alle spese. Quando anche quest'impiego viene meno, decide di consolarsi con una bevuta in solitario, incontrando in un locale Vince, suo vecchio compagno di liceo che non vede e sente da cinque anni. I due ricordano i bei tempi della band che avevano da giovani, e rimpiangono di non avere avuto le occasioni sperate: quando, però, per caso si imbattono in Violet e Colin, due ricchissimi milionari annoiati in cerca di svago per il compleanno della donna, le prospettive cominciano a cambiare.
La coppia, infatti, ha in mente di proporre ai due amici di divenire protagonisti di un gioco che prevede vere e proprie scommesse sulle loro imprese in cambio di somme di denaro sempre più cospicue: se, però, tutto avrà inizio come un passatempo goliardico, non è detto che la notte non metta sul piatto una posta sempre più alta.








Le prime volte che sentii parlare - o lessi - di Cheap thrills pensai a qualcosa di davvero low cost legato all'immaginario horror di lega molto bassa, senza troppi pensieri o risvolti profondi.
Proprio con questo spirito ho affrontato, dunque, la visione, che al contrario si è rivelata una delle più sorprendenti ed interessanti dell'anno, figlia di riflessioni che, se non coinvolgono tutti noi, lo fanno almeno per la maggior parte: chi può dirsi, infatti, davvero felice e pienamente soddisfatto del proprio lavoro? E chi ha avuto la possibilità di pagarsi la casa interamente, senza dover legare il proprio futuro ad una banca per una trentina d'anni? Alla fine del mese, chi non si fa calcoli in modo che tutto torni, procedendo senza pensare di poter arrivare al limite della carta di credito, o del livello di guardia del conto?
Argomenti come questi, probabilmente parte della quotidianità della maggior parte di noi, sono alla base di una delle riflessioni più crudeli ed attuali del panorama cinematografico di questa stagione, orchestrata da Katz con ironia ed ottima gestione della tensione, quasi si trattasse di un mix tra lo splendido Fuori orario scorsesiano e Henry pioggia di sangue.
Il confronto - impietoso - tra i due poveri cristi Craig e Vince e la coppia che segnerà il loro destino riesce nella non facile impresa di strappare risate da humour nero senza ritorno e suscitare pensieri che portino al confronto con la propria condizione e con se stessi: quanti di noi, infatti, colti alla sprovvista da una serie di proposte più o meno assurde, accetterebbero di rendersi ridicoli, o sfidare la sorte, per qualche soldo in più?
E, alzando la posta, cosa sareste disposti a fare per duecentocinquantamila euro?
Puliti, direttamente in mano vostra, pronti per essere portati a casa?
Tradireste il vostro compagno o compagna? Vi fareste tagliare un dito? Sareste disposti a superare limiti sociali, alimentari, di Legge?
Come se non bastassero domande in grado di far pensare a prescindere, una delle cose più interessanti di questo piccolo gioiello è legata alla figura di Violet e Colin, i due milionari pronti a mettere in atto una sorta di versione splatter di Una poltrona per due con i malcapitati Vince e Craig, assolutamente super partes come arbitri praticamente divini e quasi più "simpatici", con il passare dei minuti, dei veri protagonisti del gioco, pronti, con l'alzarsi della posta, a riscoprire vecchie ruggini e non lesinare colpi bassi e alle spalle dell'amico divenuto d'improvviso avversario nella corsa verso la tranquillità economica.
Osservando il tutto da un punto di vista più ampio, verrebbe quasi da pensare che lo spettacolo cui si assiste in questo Cheap thrills non sia altro che una rappresentazione di quello che è, oggi, il nostro mondo, dominato da una ristretta minoranza che, economicamente e socialmente, ha il potere ed i mezzi di soddisfare ogni suo desiderio - anche dettato dalla noia, pura e semplice - ed una stragrande maggioranza che finisce, neanche fossimo ancora nell'antica Roma, a lottare in un'arena differente da quelle all'interno delle quali perdevano la vita i gladiatori ma non per questo meno violenta e crudele.
Cosa resta, dunque, a tutti noi da questa parte della barricata?
Sperare di incontrare, un giorno, un Colin e una Violet ai quali consacrare noi stessi coltivando il sogno di tornare a casa senz'altro più ricchi - ma quanto effettivamente segnati, più nello spirito che nel corpo, come testimonia l'ottima chiusura? - o nell'arrivo di un nuovo Spartacus?
Le risposte sono poche e molto vaghe.
La certezza, invece, sono i conti, che difficilmente tardano a venire a riscuotere la loro fetta.
E non è detto che i soldi ripaghino tutto il sangue versato.



MrFord




"Cheap thrills all over the seat
cheap thrills, your kind of lovin' can't be beat
cheap thrills up and down my spine
I need it, I need it, 'cause it feels so fine, now."
Frank Zappa - "Cheap thrills" - 




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