venerdì 23 giugno 2017

House of cards - Stagione 3 (Netflix, USA, 2015)





Esistono alcuni titoli che, in un modo o nell'altro, a prescindere dal fatto che possano oppure no essere vicini per interessi ed approccio alla vita a chi ne usufruisce, finiscono per catturare quasi avessero la capacità di ipnotizzare: uno di questi è senza dubbio House of cards, o "L'altro Frank" - con riferimento a Frank Gallagher - come lo ribattezza il Fordino.
Personalmente ho sempre detestato la politica, e tutto quello che ne consegue: certo, nel corso della vita ho mentito, tradito e combinato casini come molti dei rappresentanti di governo di tutto il mondo, eppure ho sempre pensato che un certo tipo di attività palesemente e fallibilmente umane fossero e dovessero rimanere personali, più che legate alla carriera di chiunque, sulla carta, dovrebbe dedicarsi al benessere della gente, nel senso più generale e sociale possibile.
Eppure, nonostante il mio disgusto verso un certo tipo di dinamiche in generale, non sono ancora riuscito a volere male a quel gran figlio di puttana di Frank Underwood.
Neppure e soprattutto quando, come in questo caso, passa un'intera stagione a giocare in difesa mostrando quanto sia difficile, una volta arrivati in cima, mantenere la posizione ed evitare che qualcuno predatorio quanto noi possa minacciare il posto, il prestigio il quello che volete guadagnato con il sudore della fronte ed una vagonata di ombre da fare invidia al peggiore dei villains dei fumetti.
Dai conflitti con il leader russo a quelli con l'inseparabile compagna e fautrice di successi Claire, passando per il duello con il Congresso e la candidata Dunbar, fino alla gestione degli uomini di fiducia come Remy e Doug, questo terzo giro di giostra si dimostra il più duro, per Underwood, passato dalla sua condizione ideale - quella dell'attacco - ad una decisamente più scomoda - la difesa forzata -: ma l'evoluzione è legata anche e soprattutto all'apprendimento, e la sopravvivenza ancora di più.
Dunque, assistiamo nel corso di questa terza stagione ad un'ulteriore evoluzione del Frank Underwood avido di potere che avevamo imparato al contempo a detestare ed amare nel corso delle prime due, e ad un trampolino di lancio per una quarta che si preannuncia da fuochi d'artificio, considerati gli eventi del season finale.
Quello che è certo, ad ogni modo, a prescindere da come si percepisca il main charachter, è che House of cards resta una delle proposte attualmente più avvincenti che il piccolo schermo possa offrire, dalle interpretazioni pazzesche di Spacey e della Wright alla tensione costante e continua: potrebbe essere definito un thriller, un political drama, un saggio critico sulle ombre dei corridoi del potere, una black comedy, e via discorrendo.
Ma il fatto è che House of cards è House of cards.
Ovvero una delle cose migliori che vi possano capitare per le mani parlando di piccolo schermo.
E se non volete ritrovarvi a fare i conti con "l'altro Frank", vi converrebbe davvero darmi ascolto.




MrFord




 

6 commenti:

  1. Pensa che è la stagione che ho trovato più scricchiolante, ma me la sono "bevuta" lo stesso in un attimo, mi piace il concetto di "L'Altro Frank" ;-) Cheers

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    1. L'altro Frank spacca, cazzo.
      Anche quando sembra di no. ;)

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  2. La terza è una delle migliori, anche se Frank è uno stronzo di prima categoria ;)

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    1. E' sicuramente un gran capo degli stronzi, eppure non si può non tifare per lui.

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  3. La terza stagione, da quel che ricordo, era piaciuta decisamente anche a me.

    Ora però siamo alla quinta - Ford, HELLOOO-OOOO?!? - che ho iniziato e già accantonato, visto che sta cominciando a stufarmi decisamente. Come tutte le classiche minestre riscaldate fordiane... ;)

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    1. E quando mai qualche serie non ti stufa, prima o poi!? ;)

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