domenica 7 aprile 2013

Nanga Parbat - La montagna del destino

Regia: Joseph Vilsmaier
Origine: Germania
Anno: 2010
Durata: 104'




La trama (con parole mie): nell'estate del 1970 Karl Herligkoffer organizzò una spedizione volta a conquistare la parete più difficile del mondo per ogni scalatore, il volto più terribile del Nanga Parbat, una delle cime più temute ed ostili agli alpinisti, costata la vita in numerose occasioni a chi tentava l'impresa.
Al gruppo si aggregano i due fratelli Messner, Reinhold e Gunther, spiriti ribelli e veri e propri artisti dell'arrampicata cresciuti in Sud Tirolo: i rapporti complicati con lo stesso organizzatore ed i compagni non mineranno l'intraprendenza dei due, che saranno i primi a raggiungere l'obiettivo ignorando le regole e rischiando così tanto da ritrovarsi a lottare con la morte nel corso della discesa.
La cronaca drammatica dei fatti che videro un'impresa di successo divenire la cornice di una tragedia umana che nessuno dei suoi protagonisti avrebbe più dimenticato.




Al grande pubblico televisivo e forse anche cinematografico Reinhold Messner è noto principalmente per lo spot divenuto tormentone qualche anno fa di una certa quale nota acqua altissima e purissima, nonostante si tratti di fatto di uno dei grandi pionieri - se non il più grande - dell'alpinismo mondiale: lo scalatore sud tirolese, infatti, è stato uno dei padri fondatori delle imprese in quota senza l'ausilio di ossigeno e con un'attrezzatura più leggera, spesso e volentieri in solitaria, un esploratore delle vette come raramente sono vissuti, soprannominato "il re degli ottomila" per le sue numerose spedizioni sull'Himalaya, il tetto del mondo.
Nel 1970 Reinhold era giovane e poco conosciuto anche nel suo ambiente, e con il fratello Gunther sognava, un giorno, di poter vivere conquistando una vetta dopo l'altra, perfino la più terribile al mondo, quella del Nanga Parbat, una delle due peggiori sul pianeta per quanto riguarda la percentuale di mortalità rispetto ai tentativi di ascensione effettuati: la pellicola firmata da Joseph Vilsmaier ripercorre proprio gli eventi che condussero i fratelli Messner sulla vetta del Nanga dopo una scalata estenuante e rischiosa giocata sul metodo di "stile alpino" introdotto dal primo uomo ad averla conquistata un ventennio prima, l'austriaco Hermann Buhl, e alla discesa che costò la vita proprio a Gunther.
Onestamente, pur non essendo un appassionato di arrampicata, sono sempre stato affascinato dal confronto Uomo/Natura legato a questo tipo di impresa - mi accade lo stesso rispetto alle grandi traversate nautiche -, e nonostante in questo caso non ci si trovi al cospetto di un'opera solida come La morte sospesa, ma di un prodotto decisamente più televisivo nel taglio e nel target, devo dire di essermi decisamente goduto il racconto della sfida raccolta dagli uomini della spedizione organizzata da Karl Herlingkoffer e di aver affrontato il suo svolgimento senza patire troppo la mancanza di spettacolarizzazione che sarebbe stata tipica di un prodotto ad alto budget o una regia più "artistica".
Inoltre, il fatto che il fulcro della narrazione risieda nel rapporto tra i fratelli Messner ha reso il coinvolgimento del sottoscritto più intenso, considerata la familiarità con i sentimenti che si vivono rispetto a fratelli e sorelle ed ai legami di sangue che, spesso e volentieri, possono essere davvero compresi solo ed esclusivamente da chi sente pulsare quello stesso sangue nelle vene.
All'ossessione che Reinhold sviluppò per il Nanga Parbat e la volontà di ritrovare il corpo di suo fratello - perduto sotto una valanga sul ghiacciaio della parete Diamir e resistuito soltanto nel 2005 al mondo dopo almeno una dozzina di spedizioni di ricerca condotte da Reinhold stesso nel corso degli anni settanta - evidenziate dal finale si unisce un ritratto ottimo delle rivalità e delle dinamiche di potere all'interno del gruppo di alpinisti, diretti troppo rigidamente da Herlingkoffer e preda della sete di gloria per la conquista dell'ambita vetta - fratelli Messner inclusi, ovviamente -.
Certo, non è possibile parlare di pietra miliare del Cinema - il taglio è decisamente più adatto al piccolo schermo, una sorta di fiction di lusso -, eppure gli appassionati di questo sport troveranno sicuramente pane per i loro denti, ed anche il grande pubblico potrebbe apprezzare se non altro per la cronaca di eventi sicuramente emozionanti ed un ritmo che non lascia troppo spazio a pause che avrebbero minato la resa finale dell'opera: un lavoro da artigiani ben congeniato, assolutamente lontano da ogni velleità artistica eppure godibile e coinvolgente, e soprattutto in grado di mostrare un altro lato dell'eterna volontà dell'Uomo di superare continuamente i propri limiti pur giocandosi la vita in un duello estremo con la Natura.
Certo non sarà per tutti, ma del resto neppure scalare una cima di più di ottomila metri lo è.


MrFord


"That either way he turns - I'll be there
open up your skull - I'll be there
climbing up the walls."
Radiohead - "Climbing up the walls" -


4 commenti:

  1. E per far capire a tutti come sei messo a recensioni ricordo che hai visto questo film mentre ero in ospedale dopo aver partorito.... sono passati quasi 3 mesi!!!

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    1. Effettivamente hai ragione.
      Quasi quasi mi stupisco di me stesso. ;)

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    2. stai tirando fuori i fondi di magazzino, ford?
      sei ai saldi di liquidazione e whiterussian sta per chiudere i battenti? :D

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    3. Considerate le uscite di quest'ultimo perioso, non si può fare altro che rifugiarsi nei recuperi, no!? ;)

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