domenica 14 agosto 2011

Control

Regia: Anton Corbijn
Origine: UK
Anno: 2007
Durata: 122'


La trama (con parole mie): la tormentata esistenza di Ian Curtis, leader dei Joy Division, uno dei musicisti più rivoluzionari ed amati del panorama inglese del passaggio dai settanta agli ottanta, nato in un sobborgo di Manchester, giunto alla ribalta giovanissimo ed altrettanto giovane, provato dalla malattia, la depressione, le responsabilità come padre e marito e dal successo giunto al suicidio.
Una ritratto elegante per una personalità complessa simbolo del cambiamento che portò la scena anglosassone dagli anni degli eccessi di Bowie ai tormenti degli anni ottanta vissuti sull'orlo del baratro.




Come avrete avuto modo di scoprire seguendo le Blog wars musicali scoppiate negli ultimi mesi tra il sottoscritto ed il mio antagonista Cannibale, non sono mai stato un grande fan degli idoli del rock giunti al suicidio, così come non ho mai fatto mistero della mia allergia - e parlo assolutamente a livello personale, nel senso che mi ci sento davvero distante anni luce - al suicidio stesso.
Approcciare, dunque, una pellicola di questo tipo, soprattutto se legata alla musica - incredibile, questo indubbio - di Curtis e dei Joy Division, che non passa proprio per essere la più allegra e spensierata del mondo, mi ha sempre lasciato perplesso, tanto che per anni questo film è rimasto ad attendere il momento propizio nelle profondità del mio hard disk esterno.
Cosa posso dire, dunque, ora che finalmente gli argini sono stati rotti?
Sicuramente Control è un buonissimo prodotto, ben girato e fotografato - tanto da farmi sorgere più di un dubbio a proposito della seguente opera dello stesso Corbijn, quella spazzatura di The american -, interpretato alla grande da Sam Riley - davvero identico a Ian Curtis - e ritmato - ovviamente - dai pezzi più importanti di una band che ha fatto la storia della musica britannica, eppure, rispetto alla consuetudine del biopic, che prevede una sorta di quasi immediata empatia tra il protagonista e lo spettatore, ho percepito una freddezza piuttosto pronunciata, cui si aggiunge, a mio parere, una sceneggiatura non sempre limpidissima che tende a mostrare senza troppi approfondimenti aspetti che sarebbero potuti divenire punti di forza della pellicola - come la malattia e la conseguente depressione di Curtis, lasciate in secondo piano rispetto ai suoi struggimenti legati al rapporto con la moglie e la giornalista di cui il musicista si innamorò negli ultimi mesi della sua vita - e che finiscono per essere semplicemente episodi.
Dopo un ottima partenza, dunque, mi sono ritrovato a prepararmi alla conseguente schermaglia con il suddetto mio antagonista a seguito di una parte centrale non sempre brillantissima, salvata, al contrario, da un crescendo finale girato come meglio non si poteva evitando sensazionalismi, ovvietà ed immagini volutamente sconvolgenti: l'approccio, dunque, "a sottrazione" operato da Corbijn di fronte alla parte dedicata al suicidio dell'artista è riuscito nell'intento di non appesantire la situazione anche e soprattutto rispetto ad un pubblico sulla mia stessa lunghezza d'onda, senza mitizzare esageratamente il personaggio e lasciando libero spazio all'uomo, che poi, a ben guardare, era più un ragazzo ancora spaventato dalle vicissitudini della vita.
Nonostante l'arroganza che lo contraddistingue nel corso di quasi tutta la durata del film, infatti, Ian Curtis non appare mai come un'entità lontana e stellare - come sarebbe piaciuto al Bowie che spesso e volentieri il nostro ascolta nella sua camera -, quanto più come un disadattato figlio delle strade in cui è cresciuto, è vissuto ed è morto.
E se il coinvolgimento da parte mia non è stato quello delle grandi occasioni, occorre comunque dire che, pur non essendo il meglio del suo genere, Control mantiere tutte le promesse della miglior tradizione dei ritratti cinematografici dei miti della musica.

MrFord

"In fear every day,m every evening,
he calls her aloud from above,
carefully watched for a reason,
painstaking devotion and love,
surrendered to self preservation,
from others who care for themselves.
A blindness that touches perfection,
But hurts just like anything else."
Joy Division - "Isolation" -

7 commenti:

  1. Secondo me sbagli a fare questa distinzione tra chi si è suicidato e chi no e ti parlo come una che lavora nel campo della pittura e del teatro.
    Anche se non considero il suicidio in maniera "romantica" come spesso viene considerato, fai un grande torto all'opera di tale artista.
    Un conto è la sua attività, un altro come lui sia morto anche perché spesso è proprio nell'attività artistica che risiede la sua parte più autentica, quella che gli consente la libertà.
    Disprezzeresti Van Gogh perché si è suicidato? O perché si è tagliato un orecchio?
    Bisogna andare oltre questo giudizio a priori. Secondo me questo è un tuo limite.
    Prova a guardare l'opera di un artista senza considerare il fatto che si sia suicidato.

    P.S.: Se ti dico questo, non è affatto per mala fede. Spero tu abbia capito questo.

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  2. Ho visto il film e l'ho amato meno di quanto invece ami Curtis.Difficile cimentarsi con la leggenda,e i Joy Division,la loro musica,i testi di Ian,soprattutto per chi ha amato profondamente il genere dark, lo sono. Il film tutto sommato è onesto,anche se concordo con te su certi vuoti di una sceneggiatura che poteva essere gestita meglio.Il fatto è,a mio modesto avviso,che quando si parla di certi miti,puoi dire e fare quello che vuoi,artisticamente parlando,tanto il fan vede solo quello che vuole vedere.A caldo è capitato anche a me:capolavoro.Poi,ci pensi, e al film dai un bel 6,5,mentre ai Joy Division un 10 che travalica l'arte e profuma più di vita.

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  3. Alma, tranquilla.
    Comprendo il tuo punto di vista, e ti assicuro che il mio giudizio rispetto al grande valore dell'opera di artisti incredibili come Curtis, Cobain o Van Gogh non è toccato dal fatto che abbiano scelto di suicidarsi.
    Personalmente, però, non potrò mai "empatizzare" con questa scelta, perchè da profondo amante della vita trovo davvero distante anni luce dal mio modo di godermi ogni giorno il fatto che ragazzi giovani e pieni di talento come, appunto, Curtis o Cobain, praticamente con il mondo ai loro piedi, scelgano di mollare.
    Continuerò a pensare che i dischi dei Joy Division e dei Nirvana sono stati importanti per la musica e le loro epoche, ma non riuscirò mai a sentirmi vicino ai loro autori.

    Blackswan, posso capire.
    Personalmente, per quanto riconosca il loro valore, non sono mai stato un fan hardcore dei Joy Division, forse troppo dark per i miei gusti. Eppure, nonostante il film non sia affatto male, pare appoggiarsi davvero troppo sulle spalle di Curtis e soci. E concordo alla grande con il fatto che, se ascoltata e vista da un altro punto di vista, anche musica come questa può produrre un "effetto vita" potentissimo.

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  4. Rivisto recentemente e sono d'accordo con te. Non è certo un capolavoro, ma devo ringraziare questo film perché mi ha fatto avvicinare alla musica dei Joy Division (di cui sono diventato un grande fan) che avevo sottovalutato in precedenza.

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  5. Alessandro, effettivamente la musica dei Joy Division rende il film più interessante di quanto non sarebbe stato senza, e, come nel tuo caso, può avere il merito di avvicinare nuovi ascoltatori ai loro lavori, certo lontani dai miei gusti "abituali" ma sicuramente di grandissimo valore.

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  6. e ancora una volta ti sei dovuto inchinare alle mie scelte cinematografiche e musicali. :)
    riguardo alla freddezza è vero, è presente e credo sia voluta. proprio come nella musica dei joy division, di cui il film è anche per questo aspetto perfettamente fedele

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  7. Mi sa tanto che il caldo ti sta dando alla testa, eh!? ;)
    Il film è carino, niente di più. Di sicuro molto meglio la musica dei Joy Division, se presa a piccolissime dosi!

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