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lunedì 18 aprile 2016

Mr. Robot - Stagione 1

Produzione: USA Network
Origine: USA
Anno: 2015
Episodi: 10







La trama (con parole mie): un giovane ingegnere informatico, Elliot Alderson, solitario e disadattato, dipendente dalla morfina e lontano anni luce dal mondo e dalla vita normale dei suoi coetanei, è contattato da Mr. Robot, misterioso leader di una cellula rivoluzionaria che progetta di ribaltare il sistema dominato da banche, gruppi finanziari e multinazionali attraverso le moderne armi dell'hacking e della lotta "virtuale".
Superati i conflitti ed i dubbi iniziali, Elliot decide di entrare a far parte del gruppo e dare sostegno alla lotta di Mr. Robot grazie al suo talento ed al genio che lo contraddistinguono: ma la strada verso un nuovo giorno ed un nuovo mondo è lunga e certo non priva di ostacoli e momenti di difficoltà, siano esse dovute ai disequilibri di Elliot o ai pilastri di una società già saldamente formata proprio da quelli che sono - o sono destinati a diventare - gli antagonisti per eccellenza dell'hacker.











Fin dai tempi dell'apertura del Saloon, è capitato più di una volta di trovarmi di fronte a prodotti non solo ben accolti, ma in alcuni casi addirittura osannati dalle recensioni nella blogosfera e non, giunti su questi schermi spinti da un hype molto alto e rivelatisi delusioni cocenti: da The tree of life a It follows, passando per Innkeepers, alcuni piccoli e grandi cult figli della settima arte non hanno decisamente passato un buon quarto d'ora, dalle parti del sottoscritto, ma a memoria non ricordo una situazione analoga vissuta rispetto alle serie televisive.
Certo, ci sono stati titoli abbandonati senza alcun rimpianto - mi viene in mente lo sciapissimo Person of interest -, o altri finiti solo per dovere come Flashforward, ma a mia memoria non avevo mai provato una delusione ed uno sconvolgimento rispetto al successo riscontrato come per Mr. Robot, con ogni probabilità il serial più sopravvalutato - considerati l'insieme, le potenzialità e le ambizioni del prodotto - delle ultime stagioni: a prescindere dagli argomenti molto nerd e molto finto alternativi da pseudo rivoluzionari intellettualoidi che poco intrigano ed attraggono gli occupanti di casa Ford - non ricordo di una serie pronta a vantare il poco invidiabile record di avermi abbattuto con il sonno nel corso della visione di ognuno dei primi tre episodi tre -, ho trovato in Mr. Robot una mancanza di empatia dei protagonisti con il pubblico - un charachter come Elliot da queste parti si prenderebbe schiaffi in faccia e calci in culo dalla mattina alla sera -, una latitanza pressochè totale di ritmo - tre quarti d'ora che paiono quattro ore e mezza, una noia che mi ha fatto rivalutare in termini di scorrevolezza anche i più pesanti tra i miei cari mattonazzi russi -, un'atmosfera da fuori tempo massimo che grida anni novanta ad ogni piè sospinto ed una perenne sensazione da "vorrei ma non posso e me la meno pure" che ha reso davvero insostenibile la visione anche a fronte di alcune buone idee di fondo o delle sequenze più affascinanti.
Penso che quella di decidere di interrompere il rapporto dei Ford con Mr. Robot sia stata una delle decisioni meno sofferte rispetto al piccolo schermo di sempre, considerati poi i ritardi leggendari accumulati con le nuove proposte da sempre caratteristica del sottoscritto e la curiosità rispetto a prodotti certamente più vicini ai miei gusti di questo polpettone cybernerd incasinato e poco coinvolgente del quale non sentivo davvero la necessità: un peccato per il pur talentuoso Rami Malek - che preferisco ricordare come uno dei protagonisti del videogioco Until dawn, quello sì, davvero un supercult - e per l'idea di considerare la rivoluzione in rete come la nuova frontiera di tutte quelle che, nei decenni scorsi, sono state combattute per la strada o nella giungla, armati di megafoni o di fucili, con le azioni o con le parole.
Ma sinceramente, davvero poca carne al fuoco per permettermi di riconsiderare la decisione definitiva.
Mr. Robot è la delusione non solo dell'anno, ma del decennio, anche e soprattutto considerando il taglio dato alla serie, i premi raccolti - a posteriori, per quanto mi riguarda assolutamente da fantascienza - e l'enorme carico di aspettative dei suoi numerosi fan hardcore e degli autori stessi, che non possono certo negare di aver messo una certa presunzione nella loro creatura mascherandola - neppure troppo bene - da "rivincita dei nerd" assolutamente poco credibile, un pò come quei compagni di scuola pronti a piagnucolare alla fine di ogni compito in classe dandosi per spacciati salvo poi finire per essere sempre e puntualmente tra i quattro o cinque con i voti più alti.
Ora, non so se sia stato un problema di incompatibilità o di un punto di vista diverso da quello di tutti i radical e gli alternativi e i nerd pronti a sbavare drietro al signorino dal flusso di coscienza facile e sballato Elliot, ma sinceramente, avendo passato gli anni della scuola da un pezzo, ho finito per avere una riserva di pazienza molto più scarsa a fronte di chi piagnucola per portarsi a casa, alla fine, la sua brava medaglietta di primo della classe.
Vaffanculo, secchioncelli.
Vaffanculo, Elliot.
Vaffanculo, Mr. Robot.
Il Sistema non mi piace.
Ma non mi piace neppure il tuo sistema.





MrFord





"That's it, sir
you're leaving
the crackle of pigskin
the dust and the screaming
the yuppies networking
the panic, the vomit
the panic, the vomit
god loves his children, god loves his children, yeah!"
Radiohead - "Paranoid android" -





giovedì 24 gennaio 2013

Misfits - Stagione 4

 Produzione: E4
Origine: UK
Anno: 2012
Episodi: 8



La trama (con parole mie): al buon, vecchio Community Center le cose non sono più quelle di una volta. C'è un nuovo sorvegliante, un tipo tosto e ruvido che pare non avere alcuna intenzione di morire come tutti quelli che l'hanno preceduto, e accanto a Rudy ormai non c'è più nessuno dei ragazzi che assistettero alla tempesta che diede i poteri a loro e a molti altri in città: ora troviamo Alex il barista con il suo segreto inconfessabile, la riservata Jess ed il timido ed impacciato Finn, in attesa che una suora e la disinibita e priva di memoria Abbey non giungano a sconvolgere una realtà già di norma molto fuori dalla norma.
Per il resto avremo modo di incrociare il cammino di padri naturali e non, conigli assassini, acidi, psicopatiche dalla sete di vendetta ed un pò di rimembranze zombie legate a quello che è il nuovo, vecchio potere di Curtis.
Riusciranno i sempre più casinisti Misfits a reggere all'urto?




Ricordo quando, un paio d'anni fa in questo periodo, in casa Ford ci si divorò praticamente in un sol boccone le prime due incredibili, geniali, incontenibili stagioni di questa serie: fu una vera e propria rivelazione, un fulmine a ciel sereno portato a segno dal folle ed indimenticato Nathan e supportato da una colonna sonora pazzesca, personaggi perfetti, ironia, dramma, splatter, sesso e profonda intelligenza.
Poi, l'irreparabile - o quasi -: Robert Sheehan, il mitico ed appena citato Nathan, molla la serie confidando in un futuro attoriale che ancora pare non essersi concretizzato.
L'arrivo del Rudy di Joseph Gilgun nel cast parve poter almeno parzialmente distrarre gli spettatori dal fatto che la serie avesse ormai preso una brutta, bruttissima china, ma neanche il tempo di poter sperare comunque ed una manciata di episodi decisamente inferiori a quelli che avevano reso Misfits la rivelazione degli ultimi anni - e che finirono per portare alla dipartita di altri due tra i protagonisti, Simon e Alisha - diede al pubblico - e al sottoscritto - la certezza che le cose non sarebbero mai più state le stesse.
Ora come ora questa è una serie che si può guardare senza alcuna aspettativa, ma che resta confinata nello standard adolescenziale senza acuti che può offrire MTV, andando a rimpolpare le fila delle serie "sgonfiate" facendo compagnia ai vari Glee, True blood, Dexter: nomi che un tempo parevano intoccabili e che ora galleggiano malamente sull'onda di vecchi successi instillando il dubbio che forse sarebbe stato meglio chiudere baracca e burattini all'apice del successo piuttosto che continuare tirando i remi in barca.
Tanto per rendere bene l'idea, ero partito deciso per affibbiare anche alla creatura di Howard Overman le sonore bottigliate che ho destinato di recente anche al mio affezionatissimo Dex, ma ho trovato questa stagione così anonima per la maggior parte del tempo da risultare inadatta perfino rispetto all'idea di destinarle i miei colpi più duri: il vecchio Rudy - ormai l'unica colonna della serie - tenta disperatamente di tappare i buchi, ma nonostante l'utilizzo del promettente Finn come spalla poco resta dell'originalità che fu l'asso nella manica di questo titolo al suo esordio.
Gli autori non osano più - esempio lampante l'episodio dedicato al coniglio assassino, partito fortissimo e spentosi in una bolla di sapone -, si ride poco e male, sono ormai un ricordo lontano la componente horror così come quella davvero sconcia, i poteri dei protagonisti non vengono quasi mai sfruttati, le sottotrame sono a tratti imbarazzanti - la questione di Alex e del suo cazzo è davvero poca, poca roba - ed i nuovi Misfits non hanno neppure lontanamente il carisma degli originals.
Certo, il rapporto di Finn con il ritrovato padre e la sorellastra e la new entry Abbey risollevano almeno parzialmente il risultato complessivo, ma è evidente anche dal season finale con i quattro cavalieri dell'Apocalisse in BMX - copiatura spudorata del look del Simon del futuro che imperversò nel corso delle prime due stagioni - che ormai non si sappia più dove sbattere la testa, e che una chiusura repentina in questo momento suonerebbe come una ritirata cancellando, di fatto, anche il successo delle annate uno e due, assolutamente meravigliose.
Misfits si ritrova, dunque, prigioniera così come Simon ed Alisha di un paradosso temporale dal quale è pressochè impossibile fuggire, a meno di un miracolo giunto a salvare capra e cavoli e a ridare lustro ad un titolo che non avrei definito in altro modo se non imperdibile ridotto a mero riempitivo in attesa di altri decisamente più convincenti - qualcuno ha detto Spartacus!? -.
C'è una sola soluzione, per questo.
Un solo nome.
Nathan.
Senza di lui al timone - olandese, magari - di questa nave, siamo destinati ad un triste naufragio.


MrFord


"You were working as a waitress in a cocktail bar
when I met you
I picked you out, I shook you up
and turned you around
turned you into someone new
now five years later on you've got the world at your feet
success has been so easy for you
but don't forget it's me who put you where you are now
and I can put you back down too."
The Human League - "Don't you want me" -


sabato 11 febbraio 2012

The Event - Stagione 1

Produzione: Nbs
Origine: Usa
Anno: 2010/2011
Episodi: 22



La trama (con parole mie): gli States nascondono un segreto piuttosto importante, celato da oltre cinquant'anni. Nella prigione di Inostranka sono infatti tenuti in custodia alieni dalle fattezze perfettamente umane - uniche differenze fisiche sono un maggiore utilizzo delle potenzialità cerebrali ed un invecchiamento decisamente più rallentato - giunti sulla Terra a seguito di un'avaria della loro nave.
Ma anche i suddetti nascondono un segreto niente male: una parte di loro, infatti, riuscita a sfuggire alla cattura, avvalendosi della proprie competenze tecniche, si è infiltrata a tutti i livelli della società umana, preparando il terreno per il momento della resa dei conti.
Momento che giunge nel corso del mandato presidenziale di Elias Martinez, che si troverà a giocare una partita a scacchi con la leader aliena Sophia, con il nostro pianeta sul piatto.
Nel frattempo, il giovane Sean Walker scopre che la sua promessa sposa Leila è in realtà figlia di uno degli extraterresti integrati nella società, e da quel momento inizieranno per lui i guai.




In principio fu Lost.
La creatura di Abrams, già nel corso della sua programmazione, cominciò a sconvolgere i suoi fan ed il mondo del piccolo schermo rispetto a quello che sarebbe accaduto una volta che la parola fine sarebbe stata scritta sulle avventure dei naufraghi più famosi nell'universo delle serie televisive.
Dunque cominciarono a nascere proposte che, di fatto, si proponevano come l'alternativa - presente e futura - a Jack, Sawyer, Locke e soci: si cominciò con Heroes, partito discretamente e finito per diventare la caricatura di se stesso, dunque venne Flashforward, che dichiaratamente si presentava come, per l'appunto, il nuovo Lost, chiuso ingloriosamente dopo un'unica stagione fatta più di bassi che di alti, e infine, proprio in sostituzione di quest'ultimo, The Event.
Presentato in pompa magna grazie ad una campagna promozionale massiccia, già dai primi episodi questo poco incisivo prodotto mostrava il fianco ad un'impietosa comparazione con l'opera del mitico J. J. e della sua squadra e, a tratti, addirittura rispetto all'appena citato Flashforward.
Una trama trita e ritrita frutto di un mix non troppo riuscito dei vecchi Visitors e delle teorie della cospirazione e fobia del terrorismo figlie dell'undici settembre, un cast poco convincente fatto di ripescaggi dal mondo del piccolo schermo - interessante soltanto il lavoro di Zeljko Ivanek, caratterista già sfruttato in 24 e True blood -ed uno script progressivamente ridotto ad un caos disorganizzato frutto, probabilmente, di idee che fin dal principio risultavano poche e molto confuse.
Come se tutto questo non bastasse, ad aggravare la situazione troviamo il pessimo personaggio di Sean Walker, perfetto protagonista all-american style che da universitario qualunque riesce a trasformarsi in una sorta di agente segreto praticamente senza battere ciglio, passando dal panico per la sua ragazza scomparsa durante una crociera al sangue freddo di un killer in stile Jason Bourne con la stessa facilità con cui, dopo il primo cocktail, si passa irrimediabilmente al secondo - e così via -, la portatrice di contraddizioni Sophia - "dobbiamo uccidere questi umani, ma non dobbiamo rallegrarcene, è una questione di sopravvivenza della nostra specie", che mi sa tanto di scusa da gerarca nazista in versione radical chic - ed un plot che con il suo evolversi incappa in un difetto che, in genere, non affligge neppure le peggiori tra le serie tv: la noia.
Posso affermare con certezza, infatti, che The Event è stato uno dei rarissimi casi in cui neppure il crescendo comune per prodotti di questo tipo che conduce al sempre famigerato season finale è riuscito a catturare almeno quel minimo di curiosità che permette di seguire gli ultimi episodi senza dover fronteggiare palpebre calanti o il desiderio che possa arrivare il prima possibile l'ultimo episodio: testimone chiave del tedio suscitato da questo prodotto negli occupanti di casa Ford è la tempistica con la quale è stato portato a termine.
Iniziato parallelamente alla messa in onda nell'autunno 2010 ed abbandonato ripetutamente nel corso del 2011 - sfruttando blocchi di due/tre puntate per arginare i periodi di magra nell'ambito del resto dei serial tv - ha visto la sua fine giungere di fronte al divano fordiano soltanto in questo inizio 2012.
Nessuna singola stagione era mai riuscita in un'impresa di questo genere.
Flashforward o prodotti pessimi che fossero.
Non nego che il rischio di "cancellazione" sia stato assolutamente concreto, e direi che il fatto di essere giunti alla conclusione è legato principalmente alla struttura ridotta ad una singola annata: se la serie fosse stata confermata, probabilmente, a quest'ora sarebbe già caduta nel dimenticatoio degli abbandoni, come già fu per il succitato Heroes.
Tirando le somme, direi che l'unico a salvarsi e suscitare un minimo interesse potrebbe essere il reietto agente Lee, unico personaggio con una dimensione più sfaccettata rispetto alla monotonia che caratterizza il resto del cast.
Troppo, troppo poco per una proposta che avrebbe dovuto imporsi in un panorama ormai variegato e sempre più spesso supportato da qualità quasi cinematografiche come quello delle serie tv.


MrFord


"Up all night long
and there's something very wrong
and I know it must be late
been gone since yesterday
I'm not like you guys
I'm not like you."
Blink 182 - "Aliens exist" -


venerdì 13 gennaio 2012

American Horror Story - Stagione 1

Produzione: FX
Origine: Usa
Anno: 2011
Episodi: 12


La trama (con parole mie): la famiglia Harmon, per cercare di ricostruire i rapporti che legano i suoi membri dopo una crisi coniugale vissuta da Ben e Vivien decide di trasferirsi in California, acquistando a Los Angeles una casa magnificente ad un prezzo stracciato senza sapere che, in realtà, la stessa è più infestata della camera di Regan in L'esorcista.
Sarà l'inizio di una vera e propria sarabanda di incroci tra passato e presente che vedrà i coniugi, la loro figlia maggiore Violet ed il bambino in arrivo affrontare le loro paure nonchè le presenze inquietanti legate alle vittime che la casa ha mietuto nel corso dei decenni, dalla Dalia Nera alla coppia gay che occupò l'abitazione poco prima di loro.
Il tutto senza contare la molto presente vicina Constance, la sua invadente figlia Adelaide e l'inquietante Tate, che finirà per innamorarsi, ricambiato, di Violet. 



A volte capita di doversi ricredere, in merito ad una serie tv, e a fronte ad un pilota molto esaltante o deludente giungere al termine della stessa con un'opinione completamente differente da quella di partenza.
A volte no.
American horror story, seguitissima ed ammirata come una delle proposte più interessanti ed avvincenti del 2011 del piccolo schermo si è confermata, dalle parti di casa Ford, come una delle più confusionarie, trite, ritrite, poco spaventose ed assolutamente inutili visioni dell'anno.
E così, come bottigliai selvaggiamente il primo episodio lo scorso ottobre, mi ritrovo ora, a stagione conclusa - e soltanto perchè a Julez non dispiaceva la visione, dato che fosse stato per me non sarei andato oltre il suddetto pilot - a randellare con un certo piglio gli autori e l'opera in toto, incostante e caotica come soltanto un prodotto privo di sceneggiatori validi può essere: neppure nei momenti in cui pareva che tutto potesse prendere una piega finalmente interessante - la rivelazione sul Rubber man, la parte dell'episodio finale in pieno stile Beetle Juice - le occasioni sono state sprecate malamente per concentrarsi sull'aspetto più cool e modaiolo della confezione, affidando il suo charme ad un'ottima Jessica Lange che, alla lunga, finisce per stancare nel suo continuo restare sopra le righe.
Nel corso dello svolgimento della stagione, inoltre, è stato curioso come gli interrogativi a proposito dell'evolversi della trama - fondamentali per ogni serie ben riuscita, e non solo - siano stati sostituiti dalle continue domande a proposito del successo avuto da questa creatura di Ryan Murphy e Brad Falchuk, che neppure la conclusione o l'annuncio della produzione della seconda stagione sono riusciti a fugare: cosa potrà mai avere di speciale American horror story?
La sensazione di paura trasmessa allo spettatore? Dubito, dato che nulla - ma proprio nulla - è riuscito a smuovermi, neppure dal sonno indotto dalle vicende da soap che coinvolgono i protagonisti.
Il cast in forma smagliante? Difficile, considerato che, tolta la succitata Lange ed i giovani Tessa Farmiga ed Evan Peters - che, tuttavia, non vanno oltre l'ordinaria amministrazione - la grintosa Connie Britton mostra la brutta copia della madre già interpretata nell'ottimo Friday night lights e l'inguardabile Dylan McDermott sfoggia un campionario di un'espressione e mezza, senza contare il tracollo di Denis O'Hare, passato dai fasti di True Blood ad un personaggio al limite del ridicolo.
Unica nota davvero positiva: Zachary Quinto nel ruolo di se stesso.
L'originalità del prodotto? Neanche per scherzo, considerato che siamo di fronte ad una serie di citazioni e scopiazzature così evidenti da far sembrare strano non passino segnalazioni luminose con il titolo del film citato - si spazia da Shining a Rosemary's baby, da La casa nera a Nightmare, fino ai video di Lady Gaga -.
L'affezione ai personaggi che ha costruito la fortuna di molte serie corali? Sfido chiunque a trovare anche solo lontanamente simpatico o accattivante uno qualsiasi dei protagonisti, irritanti quanto e forse più dell'agghiacciante Adelaide, meritevole di aver procurato il mio unico momento di gioia nel corso della stagione con la sua uscita di scena.
Dunque, per la prima volta, lancio una sfida che possa mettere un pò in difficoltà questa mia presa di posizione assolutamente ostile ad American horror story: prima che la seconda stagione possa confermare o smentire la mia opinione in merito, provateci voi.
Voi che l'avete amata, che avete provato un oscuro terrore dalla sigla - unica cosa davvero valida - ai titoli di coda, che non vedete l'ora possa essere il prossimo autunno per ricominciare a seguire le gesta degli Harmon e degli altri abitanti della casa più infestata di L. A., che l'avete trovata unica ed originale, fate un tentativo: datemi almeno una buona ragione per far compagnia alla signora Ford anche al prossimo giro di giostra e non lasciarla sola in balìa di tutto questo ciarpame da tubo catodico.


MrFord


"There's a red worm crawling in my head
cut in half worm, in my blood he lies re
and I see him in my head
it's my nightmare, oh it's my dream
he's inside here silencing my screams
alone on a razor's edge
alone sliding on the razor's edge."
W.A.S.P. - "The horror" -

mercoledì 12 ottobre 2011

American horror (?) story

Produzione: FX
Origine: Usa
Anno: 2011
Episodi: 13 (e speriamo basti così)


La trama (con parole mie): gli Harmon, una molto poco felice famiglia di Boston, a seguito di un aborto patito da Vivien e del tradimento di Ben colto in flagrante da Vivien stessa, decidono di trasferirsi a Los Angeles per ricostruire la loro unione e rinsaldare il legame con la figlia adolescente Violet.
Per risparmiare a fronte della crisi, decidono di acquistare una villa infestata da chissà quali presenze inquietanti in vendita ad un quarto del prezzo delle case della zona, senza contare che tutto, a partire dalla loro poco equilibrata vicina Constance e dalla sua invadente figlia Addy, parrà muoversi per fare sì che i nuovi occupanti della casa vadano completamente fuori di testa.



O. Mio. Dio.
Questo è stato il mio primo pensiero al termine della visione del pilota di American horror story, una serie che prometteva scintille e che da qualcuno - vero, Cannibale!? - era stata addirittura paragonata a quella meraviglia di Twin Peaks.
Per aprire il post in maniera non troppo selvaggia, comunque, ho edulcorato l'effettiva versione del pensiero, che a ben ripensarci è stato "questa roba fa proprio cagare", senza se e senza ma.
Lo ferita lasciata dalla delusione di Harper's Island è stata riaperta, divaricata per bene e cosparsa di sale neanche fosse la più succulenta delle bistecche al sangue: tensione zero, inventiva sottozero, paura spedita dritta dritta in Siberia a godersi ottime temperature polari.
Per non parlare della logica, dimenticata a casa dai liceali Murphy&Falchuk che sfoderano un vero e proprio campionario di idee bislacche e strampalate pescando a ripetizione dall'immaginario horrorifico collettivo senza neppure fare il solletico al terrore vero, quello che, per intenderci, incuteva il buon David Lynch soltanto sfruttando la colonna sonora di Badalamenti ed il volto agghiacciante dello spauracchio Bob.
Qui, a fare da uomo nero, troviamo soltanto il ridicolmente truccato ex Russell Edgington di True blood, lontano anni luce dallo spessore del personaggio della serie dedicata a Sookie e soci, che piagnucola sulla spalla di Ben Harmon neanche fosse l'ultimo degli stronzi, ed una bambola neppure lontanamente del livello di Chucky chiusa in cantina ed animata in qualche modo da uno stronzetto adolescente sosia di Michael Pitt abbigliato in pieno stile Cobain. Quanta originalità!

Russell Edgington in versione "horror"...
... Ed il vero horror.
E proprio con il giovane Tate arriviamo all'apice della voglia irresistibile di sfigurare - senza trucchi - Murphy e Falchuk a bottigliate: nel racconto del ragazzo a Ben Harmon nel corso di una seduta di psicanalisi, il Michael Pitt dei poveri sogna di sterminare la gente che non gli piace in un normale giorno di scuola in pieno stile Columbine, e per farlo, smessi i panni di Cobain, decide di optare per quelli ben più appariscenti di Lady Gaga.

Tate è arrabbiato: Lady Gaga ha chiesto i diritti d'immagine per il trucco utilizzato nelle sue fantasie.
Si parlava di originalità, per l'appunto. 
Il tutto senza neppure citare i due gemelli in pieno stile Shining, l'irritante personaggio di Jessica Lange, la ridicola scelta della domestica con visione differenziata e l'assurdo pretesto della sua assunzione, la piccola e tremendamente fastidiosa Addy che "troverà sempre un modo per entrare in casa vostra" - e qui ci vorrebbe il Walt Kowalski di Gran Torino per dimostrare il contrario con un buon fucile -, l'uomo vestito in latex che pare una via di mezzo tra lo Storpio di Pulp fiction ed il padre/padrone de La casa nera, e chissà quali altre perle avranno in serbo gli scoppiettanti autori per questa serie che promette davvero di essere memorabile.
Una memorabile calamita per le bottigliate più feroci.
Dunque, rassegnatevi: la rabbia resta l'unico rifugio per lo spettatore, dato che di paura, qui, non c'è neppure l'ombra.
Neanche impegnandosi, ed andando a cercarla nella cantina di una casa stregata.

MrFord
"Ooh, there ain't no other way, baby, I was born this way
baby, I was born this way
ooh, there ain't no other way, baby, I was born this way
I'm on the right track, baby, I was born this way
don't be a drag, just be a queen
don't be a drag, just be a queen
don't be a drag, just be a queen."
Lady Gaga - "Born this way" -

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