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martedì 28 giugno 2016
Euro 2016: ottavi di finale - Parte III
Se dovessi parlare pensando da tifoso ed appassionato di calcio, quella di ieri potrebbe essere tranquillamente annoverata come una delle giornate migliori che potessi sperare di vivere.
Di fronte avevo gli ultimi due ottavi di finale dell'Europeo, Italia-Spagna ed Inghilterra-Islanda.
In entrambi i casi, le mie favorite partivano da outsiders.
L'Italia - che è giunta in Francia per questa competizione con una delle selezioni che ho meno amato nella vita ed un allenatore che non ho mai sopportato fin dai tempi in cui era solo un calciatore - e l'Islanda, vera e propria sorpresa del torneo, avrebbero dovuto realizzare due vere e proprie imprese, e le probabilità che entrambe riuscissero nell'intento erano davvero scarse.
Eppure, eccoci qui.
Personalmente, e nonostante i dubbi della vigilia, nutrivo diverse speranze per gli Azzurri opposti alla Roja, ormai incanalata nell'inevitabile parabola discendente di qualsiasi squadra di successo clamoroso come lo sono stati gli uomini di Del Bosque tra il duemilaotto ed il duemiladodici, che quattro anni fa ci annientò in una finale a senso unico.
Di fatto, la partita di ieri ha mostrato una verità anche cinematografica: l'Italia ed i suoi giocatori - allenatore compreso, e fatta eccezione solo per un elemento, lo scarpone insignito del numero dieci Thiago Motta, che ci ha graziati facendosi squalificare per il quarto di finale che ci aspetta sabato contro la Germania - avevano gli "occhi della tigre", gli spagnoli no.
Avrei voluto vedere, al gol di Pellè - molto simile a quello che chiuse la pratica con il Belgio un paio di settimane fa - i volti di tutti quei finti alternativi che quattro anni fa tifavano Spagna pur essendo italiani, giusto per il gusto di vederli sbugiardare le loro posizioni.
In casa Ford, in quel momento, si festeggiava con un abbraccio di famiglia ed esultanze scomposte del Fordino - poco conscio, a dire il vero, di quello che stava accadendo - a volume tale da svegliare la Fordina, che da parte sua ancora può contribuire soltanto con qualche "GU!" alla causa.
I ragazzi di Conte, per quanto tecnicamente di molto inferiori alle Furie Rosse, hanno condotto una gara strepitosa anche nei momenti di sofferenza, mostrando un carattere eccezionale, mangiandosi occasioni pazzesche - avrei pestato Eder più del Cannibale, in occasione del gol sbagliato in contropiede - e meritando l'accesso ai quarti di finale.
Da Buffon - bravissimo su Piquè - all'hobbit Giaccherini, tutti hanno dato il loro contributo pensando ed agendo da squadra: una cosa che rende onore al calcio e allo sport.
Allo stesso modo in serata ha rispettato la magia del campo e delle favole l'Islanda, una compagine che pare quasi Daniel LoRusso gettato nell'All Valley Championship in mezzo a tutti i membri del Kobra Kai e che ad oggi ha regalato il sogno più grande ad un popolo che si sta rivelando la mascotte di questo curioso Europeo.
L'Haka vichinga con la quale i giocatori islandesi hanno festeggiato la vittoria - meritata - sull'Inghilterra insieme ai loro tifosi è una delle fotografie più belle di un evento che era iniziato sotto il segno delle minacce dell'Isis e della violenza delle frange più estreme di alcune tifoserie.
Ed è sicuramente più bello così.
Quando, al rigore segnato da Rooney, Julez si è dichiarata dispiaciuta per un gol che avrebbe potuto tagliare le gambe agli islandesi Ragnar e soci hanno subito risposto da guerrieri: loro non mollano.
E mi sa tanto che, ormai, anche gran parte dell'Europa non molla con loro.
Non mi dispiacerebbe, antipatie personali a parte, che superassero la Francia per affrontarli a viso aperto e da combattenti leali in semifinale.
In quel caso, vincere o perdere sarebbe ugualmente un onore.
MrFord
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giovedì 23 giugno 2016
Euro 2016: terzo round
E così la fase a gironi di quest'ultimo Europeo di calcio si è conclusa.
Come si diceva in Senza esclusione di colpi, "adesso cominciano gli incontri seri".
Ma prima di analizzare i match che, a partire da sabato, costituiranno gli ottavi di finale ad eliminazione diretta, faccio un passio indietro per ricostruire un pezzo alla volta la situazione che ha chiuso gli otto gironi: si parte dalla Francia, che come era ampiamente prevedibile ha chiuso prima classificata pur non entusiasmando per nulla contro la Svizzera, onestamente seconda.
Tornano a casa l'Albania - che comunque per la prima volta nella sua storia ottiene un successo nel corso della fase finale di una competizione internazionale - e la Romania, una delle presenze più inconsistenti dell'Europeo.
Sorprende invece il Galles, che non solo passa il turno ma lo fa da primo della classe, mettendo dietro le sue spalle la più blasonata Inghilterra e la ripescata come migliore terza Slovacchia: Gareth Bale, per il momento, si rivela l'unica delle grandi stelle del calcio europeo a saper brillare in questa competizione insieme ad Alvaro Morata, che speriamo non rechi un dispiacere ai suoi sostenitori da ormai ex giocatore della Juventus tra qualche giorno.
Nel terzo girone, a parte il prevedibile passaggio del turno di Germania e Polonia, sorprende l'Irlanda del Nord, una delle grandi outsiders della vigilia, come la già citata Slovacchia passata al ripescaggio: i tedeschi, forse i candidati più autorevoli alla vittoria finale, non mi hanno comunque ancora davvero stupito, e resto convinto che, in caso di passo falso o eccessiva confidenza, possano essere battuti.
Con il girone D abbiamo invece avuto una almeno sulla carta amara sorpresa: la Croazia, in forma fisica strepitosa, supera i Campioni d'Europa uscenti della Roja e si piazza prima, spingendo gli spagnoli agli ottavi proprio contro l'Italia, in una rivincita anticipata della finale di quattro anni fa.
Alle loro spalle la Turchia ha tentato l'impresa di agguantare il ripescaggio battendo un'inutile Repubblica Ceca, non riuscendo nel miracolo. Ma non avrebbe fatto strada comunque.
L'Italia, invece, dopo la sorprendente prova contro il Belgio e la meno convincente ma solida opposta alla Svezia, infarcita di seconde linee - non me ne voglia Conte, che ha più volte dichiarato che la squadra è composta da ventitre elementi -, poco motivata e simile alla peggiore Nazionale possibile - quella che, del resto, mi aspettavo per questi Europei - ha ceduto all'Irlanda, pronta così ad agguantare l'ultimo treno per gli ottavi di finale mentre il Belgio rialzava la testa superando la Svezia.
Europeo da dimenticare per Ibrahimovic, e molti dubbi tornati a galla per gli Azzurri.
Le sorprese più grandi, però, giungono dal girone F: non solo il Portogallo di Cristiano Ronaldo agguanta alla disperata una qualificazione come ripescata, ma le prime due classificate sono risultate Ungheria e Islanda, probabilmente tra le meno quotate squadre della vigilia.
Felicissimo per entrambe, che finiranno per essere le mascotte del sottoscritto nei prossimi giorni.
La situazione per gli imminenti ottavi di finale - che inizieranno questo sabato -, dunque, è la seguente: da un lato del tabellone si sfideranno Svizzera e Polonia - partita incerta ed interessante, simpatizzerò per la prima ma non disdegnerei il passaggio della seconda -, Croazia e Portogallo - sfida potenzialmente spettacolare, con i croati secondo me non solo favoriti, ma potenziali finalisti da questo lato della griglia dell'Europeo -, Galles e Irlanda del Nord - sfida tutta anglosassone, io sarò con Bale e soci anche per solidarietà con il mio compare Steve, che vanta origini proprio gallesi - e tra Ungheria e Belgio - nonostante i Diavoli rossi mi siano sempre piaciuti, il sostegno fordiano andrà tutto per tutone Kiraly e compagni -; dall'altro, invece, troveremo tutte le squadre più blasonate del continente: Germania e Slovacchia - i primi sono favoritissimi, ma non devono sottovalutare troppo la brigata di Hamsik -, Italia e Spagna - che oltre a mettere in scena la rivincita dell'ultima finale dell'Europeo, porteranno sul campo probabilmente la partita più dura tra quelle degli ottavi, nella speranza che gli Azzurri ritrovino la grinta della partita con il Belgio e tengano duro, perchè lo spirito della sfida con l'Irlanda di questa sera non fa presagire nulla di buono -, Francia e Irlanda - inutile dire che starò dalla parte dei figli dell'Isola di smeraldo contro gli odiati cugini d'Oltralpe - e per chiudere Inghilterra e Islanda - ed anche in questo caso, il tifo di casa Ford sarà senza ritegno indirizzato agli uomini del Nord, davvero troppo "Goonies" per non suscitare le mie simpatie -.
"Adesso cominciano gli incontri seri", citavo poco sopra.
Speriamo che, oltre ad esserlo effettivamente, siano anche il più possibile emozionanti.
MrFord
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lunedì 20 giugno 2016
Euro 2016: secondo round
Approfittando del giro di boa della seconda giornata - in realtà conclusasi sabato sera - di questi strani Europei di calcio, il Saloon torna a concentrarsi sul mondo del pallone - anche perchè, complici l'estate, i nuovi progetti per il blog e gli impegni lavorativi ed in famiglia, nonchè le partite della kermesse continentale qui presente, nell'ultima settimana ho visto un solo film, una cosa che non accadeva davvero da secoli -: si è ripreso, ovviamente, dal girone della Francia, che ha sfondato il muro albanese soltanto negli ultimi minuti di una partita non particolarmente brillante ed incoronato Payet come suo nuovo simbolo.
Dall'altra parte Romania e Svizzera hanno cercato più che altro di farsi meno male possibile, espressioni di un girone con tante potenzialità per ora inespresse.
Il gruppo B, al contrario, si è rivelato il più combattuto dell'Europeo: l'Inghilterra fatica non poco a domare il Galles - che meriterebbe comunque di passare il turno -, mentre la Slovacchia di un grandissimo Hamsik fa sprofondare una Russia che ha davvero mostrato pochino, per essere la prossima ospitante del Mondiale.
Nulla che, di nuovo, faccia strappare i capelli agli appassionati - e figuriamoci a chi non lo è -, ma senza dubbio uno scenario tra i più interessanti che si prospettano per i prossimi giorni della competizione.
Proseguendo nelle sfide, si è vista la Germania Campione del mondo fermata sullo zero a zero dalla Polonia, che con ogni probabilità con i tedeschi accederà al turno successivo: dopo la non eccezionale ma solida prova contro l'Ucraina, per i panzer un passo indietro piuttosto netto.
Se dovessero continuare così, prima o poi troveranno una squadra più in forma pronta ad accompagnarli a casa. E non mi dispiacerebbe troppo.
La vera sorpresa è l'Irlanda del Nord, che non mi sarei aspettato di veder insidiare quantomeno gli ottavi come una delle possibili migliori terze classificate: è interessante quando, nelle rassegne calcistiche internazionali, squadre date per spacciate o comunque non blasonate finiscono per stupire in qualche modo il pubblico e gli addetti ai lavori.
Il girone D è quello che, probabilmente, si rivelerà più importante per l'Italia: Spagna e Croazia - nonostante gli incidenti legati alla tifoseria di quest'ultima - si contenderanno il primo posto come era ampiamente prevedibile dopo aver affossato Turchia e Repubblica Ceca, nella speranza che, agli ottavi di finale, il cammino degli Azzurri si incroci con quello della formazione meno in forma tra le due, quale che sia.
Personalmente, spero sempre in un momento quasi cinematografico e di vedere gli Azzurri incrociare la Roja in finale, in una rivincita di quel terribile ribaltone che chiuse gli Europei di quattro anni fa.
Ma vieniamo a fatti ancora più vicini alla nostra Nazionale, partita da grande sfavorita ed outsider - nonchè come una delle Italie meno amate anche dai tifosi di sempre - e finita a raccogliere consensi un pò ovunque, complici due vittorie forse non splendide - la seconda soprattutto - ma comunque convincenti: personalmente non ricordo una fase finale di un torneo di questo livello in cui la Nazionale abbia finito per qualificarsi con un turno di anticipo e soprattutto come prima del suo girone con questa facilità.
Il fatto che abbia segnato Eder, uno che non solo non avrei neppure schierato, ma neppure da sbronzo marcio rischiato di convocare per la fase finale di un Europeo, oltretutto con un gran gol, la dice lunga su Antonio Conte: o l'ex tecnico della Juventus ha più culo di Arrigo Sacchi o il fatto di lavorare sulla squadra e non sul talento - anche perchè, al momento, in Italia non ne abbiamo così tanto - ha effettivamente pagato.
Nel frattempo, il Belgio ha ricominciato a fare il Belgio asfaltando l'Irlanda e prenotandosi per il passaggio del turno: i ragazzi di Wilmots hanno un gran talento, eppure non mi paiono per niente squadra. L'opposto di questa Italia operaia. Quasi come se Von Trier affrontasse Ken Loach.
Chiude la carrellata quello che, in termini di risultati, è stato il girone più noioso - tre pareggi su quattro partite disputate -, e che, alla vigilia dell'ultima giornata, rappresenta il più incerto: l'Ungheria, una delle compagini meno quotate del torneo, ha la possibilità di passare come prima classificata, mentre alle sue spalle si daranno battaglia l'Islanda, l'Austria ed il Portogallo di Cristiano Ronaldo, grande favorito della vigilia almeno rispetto alla qualificazione per gli ottavi di finale: la star del Real Madrid, in questo senso e con il rigore sbagliato contro l'Austria, è il simbolo di questo anomalo Europeo.
I grandi attaccanti - lui stesso, Ibrahimovic, Lewandowski e soci - sono ancora a secco, le squadre dal tasso tecnico più elevato non convincono, e a fare più strada paiono essere destinate molte nazionali "di bassa lega" - Italia inclusa -: sarà davvero così, o le stelle del pallone attendono solo il momento giusto per esplodere spazzando via una concorrenza solo apparentemente agguerrita?
I prossimi giorni saranno decisivi per una prima risposta, anche se il risultato lo si avrà soltanto il dieci luglio, quando le due squadre sopravvissute si batteranno per il gradino più alto del podio: il bello, però, ancora una volta, sarà il viaggio che porterà a quel momento.
E sono contento di potermelo godere con l'entusiasmo che da sempre mi conquista quando due calci ad un pallone diventano un modo per trasformare lo sport in un vero e proprio film.
MrFord
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giovedì 16 giugno 2016
Euro 2016: primo round
Come fu per gli ultimi Mondiali ed i precendenti Europei di calcio, il Saloon non poteva mancare all'appello al momento di buttare giù qualche impressione a proposito delle rassegne più importanti legate ad uno sport amatissimo dal sottoscritto, il caro e vecchio pallone.
Quest'anno, complici la crisi della blogosfera, le minacce terroristiche e gli scontri tra facinorosi nascosti tra le tifoserie di diversi paesi e le forze dell'ordine francesi, è stato più difficile del solito decidersi a mettere da parte gli argomenti più pesanti per poter godere dello sport nella sua accezione migliore, eppure, alla fine, eccomi qui, a poche ore dal fischio di chiusura dell'ultima partita della prima tornata dei gironi che vedranno definirsi il tabellone eliminatorio della fase finale del torneo continentale - anche se il post sarà pubblicato con ventiquattro ore di "ritardo" -.
Un torneo che, fino ad ora, ha confermato che il calcio attraversa un periodo molto simile a quello della già citata blogosfera: squadre formate da superstar senza coesione o prive di talento, poche partite davvero interessanti e tante casualità.
Eppure, almeno per quello che si è visto, è stato premiato il carattere, lo stesso che, in mancanza d'altro, toglie le castagne dal fuoco un pò a tutti.
E se la Francia - nazione ospitante - si appresta pur non brillando e non essendo neppure lontanamente insopportabile come quella di Zidane, a primeggiare nel suo girone, la scena la rubano Svizzera ed Albania, con una sfida ricca di errori e ribaltamenti di fronte resa quasi poetica dallo "scontro" dei fratelli Xhaka, divisi dalla doppia nazionalità e tifati entrambi dalla madre pronta ad indossare sugli spalti una maglia divisa tra i colori dei due paesi.
Nel secondo girone sorprende il Galles di Bale, che non solo supera la Slovacchia, ma beffa Inghilterra e Russia bloccate da un pareggio oscurato dagli incidenti di Marsiglia, una vera e propria vergogna per lo sport e per i media pronti ad approfittare come avvoltoi della situazione: personalmente, per ora, considerato che non ho visto cose clamorose sul campo, non mi dispiacerebbe vedere proprio Galles e Slovacchia soprendenre i più blasonati avversari e proseguire nel cammino.
Alla Germania Campione del Mondo è toccato il compito di mantenere le aspettative che la vedevano favorita, e seppur non brillando, così è stato: per i tedeschi, probabilmente, sarà un gioco da ragazzi vincere il girone e confermarsi come una delle realtà più solide quando si tratta di competizioni internazionali. Polonia, Ucraina ed Irlanda del Nord dovranno lottare per le briciole.
Dal canto loro, le altrettanto pericolose per gli avversari Spagna e Croazia si sfideranno per il predominio in un girone che potrebbe essere molto importante per noi abitanti della Terra dei cachi, in termini di accoppiamenti per le eliminatorie: gli iberici, che hanno dominato le scene tra il duemilaotto ed il duemiladodici - e noi lo sappiamo bene -, sono in calo devastante, e forse la minaccia vera arriva da Modric e compagni, che potrebbero essere una delle sorprese dell'Europeo.
Il girone conclusivo, che ha visto l'Ungheria outsider del mitico portiere con il tutone Kiraly superare l'Austria che avrebbe dovuto essere una sorpresa ed il Portogallo fermato sul pareggio dall'Islanda - evidentemente, le "minacce" di Thor Bjornsson alias La Montagna all'indirizzo di Cristiano Ronaldo hanno sortito il loro effetto - mi fa ben sperare rispetto alle consuete squadre impreviste che mi ritrovo sempre a tifare in questi casi.
E veniamo a noi, o quantomeno a quella Nazionale che, radical o pane e salame, criticoni o facili all'esaltazione, alla fine porta ognuno di noi - anche chi tifoso non lo è per nulla - a seguire in qualche modo manifestazioni sportive come questa: personalmente, non ho mai amato Antonio Conte, come giocatore quanto come allenatore.
E ho trovato quest'Italia, almeno sulla carta, una delle peggiori di sempre: una Nazionale che si permette di lasciare a casa Bonaventura, Berardi e Totti ed affida il "dieci" a Thiago Motta la dice lunga sullo stato di salute anche calcistico del Nostro Paese.
Eppure, il Belgio delle belle speranze, costruito sulle spalle di ragazzi decisamente più giovani e talentuosi dei nostri "mediani", star delle squadre di mezza Europa, si è preso due schiaffi finendo per risultare davvero poca cosa, che sia per demeriti suoi o meriti tricolori: la certezza, per quanto ci riguarda, resta la difesa - da milanista, non posso che ammettere che il blocco juventino, là dietro, sia quello in grado di dare le garanzie migliori, graziato in questo caso da un Bonucci davvero oltre, anche rispetto al suo ruolo -, senza però che gli altri reparti abbiano sfigurato.
L'hobbit Giaccherini e l'espatriato Pellè firmano una vittoria inaspettata ed a suo modo entusiasmante, che non deve esaltare troppo - in fondo, anche agli ultimi Mondiali avevamo esordito vincendo - ma dare la giusta carica per affrontare una competizione che vede gli Azzurri decisamente come outsiders, neanche fossero l'ultima delle squadre "a sorpresa" che grazie alla tenacia e ad una forma fisica invidiabile in questo tipo di kermesse finiscono sempre per mettere in grande difficoltà le favorite.
Quella che ho vissuto durante Italia-Belgio non è la Nazionale strepitosa delle Notti Magiche, o quella del leggendario Baggio negli States, quella dell'Europeo buttato nel cesso nel duemila o del miracolo del duemilasei al Mondiale, e neppure quella di quattro anni fa, quando Balotelli ci illuse demolendo la Germania prima che la Spagna rimettesse le cose a posto con la spocchia dei grandi che mettono a tacere i piccoli.
Personalmente, da questo Europeo non mi aspetto granchè.
Ma non mi dispiacerebbe se l'Italia non fosse messa a tacere.
Piuttosto andarsene a testa alta, con la consapevolezza di aver dato tutto quello che si poteva dare.
E non importa chi ci troveremo di fronte, i calcoli sugli incontri determinati dalle classifiche degli altri gironi, o qualsiasi altra cosa.
Voglio pensare di poter lottare e godermi lo spettacolo dello sport.
Non della politica, delle minacce e della violenza al di fuori.
Di quella ce n'è abbastanza.
Quello che conta, è il brivido di quei novanta minuti all'interno dei quali tutto diventa possibile.
Come se fosse un film.
MrFord
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domenica 27 marzo 2016
Spring
Regia: Justin Benson, Aaron Moorehead
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 109'
Durata: 109'
La trama (con parole mie): il giovane Evan, californiano, perde nel giro di pochissimo tempo entrambi i genitori, ai quali era legatissimo, ed il lavoro sfogando la tristezza covata dentro nei lunghi mesi passati accanto alla madre malata. Finito nei guai anche con la Legge, decide di allontanarsi dagli States e prendersi un periodo per capire che direzione dare alla propria vita: giunto in Italia, e visitata Roma, si aggrega ad altri due ragazzi percorrendo la costa tirrenica: rimasto solo in una piccola località e trovato un impiego come contadino in cambio di vitto e alloggio, Evan conosce Louise, misteriosa sua coetanea con la quale inizia una storia travolgente fatta di sesso e complicità ma anche di tutti i presupposti per un innamoramento.
La ragazza, però, nasconde un segreto oltre ogni immaginazione: riuscirà Evan a convivere con lo stesso, e la storia a proseguire nonostante questo fardello?
La ragazza, però, nasconde un segreto oltre ogni immaginazione: riuscirà Evan a convivere con lo stesso, e la storia a proseguire nonostante questo fardello?
E' davvero curioso, sentirsi dall'altra parte.
Un pò come quando, da studente, invidi i tuoi genitori che lavorano, ed in men che non si dica ti ritrovi con un lavoro e pensi a quanto era bello, al contrario, passare la giornata tra scuola, amici e libri - risultati ed applicazione a parte -.
Oppure quando, da adolescente, immagini di avere non solo il mondo in mano, ma anche un'intelligenza ed una sensibilità che tutti quegli altri stronzi, vecchi o giovani che siano, non avranno mai e poi mai.
E' una sensazione che mi ha accompagnato praticamente per mano nel corso di tutta la visione di Spring, pellicola anomala ed affascinante che ha serpeggiato nella blogosfera nel corso degli ultimi mesi ammaliando grazie ad un setting a noi familiare, una fotografia splendida ed una regia che resta ottimamente in equilibrio tra lo sfoggio di tecnica del giovane e lo sguardo esperto del vecchio.
Del resto, sempre per restare legati alle tematiche che il film affronta, mi sono sempre sentito in bilico tra i due protagonisti: io sono da sempre un grande fautore dell'esperienza e della vita vissuta, e vorrei godermi ogni giorno il più a fondo possibile aggrappandomi alla possibilità che abbiamo con le unghie e con i denti per quanto più tempo sarò in grado di restare aggrappato, ma se qualcuno mi desse l'occasione di poter avere un'eternità per vagare, esplorare, imparare, viaggiare e chi più ne ha, più ne metta, metterei subito la firma.
Per usare paragoni da nerd appassionato di giochi di ruolo, potrei quasi pensare di essere un vampiro con un temperamento da lupo mannaro, o un lupo mannaro che sogna di essere un vampiro.
Ma non voglio divagare troppo scrivendo di quanto mi piacerebbe potermela spassare da queste parti fino alla fine dei tempi.
Vorrei scrivere a proposito di Spring, film dalle due anime, senza dubbio interessante, enormemente affascinante, in grado di comprendere l'una e l'altra parte della mia natura, eppure ancora e clamorosamente acerbo, figlio tanto della grande sensibilità dei suoi autori quanto degli eccessi e della voglia di stupire degli stessi.
Non sapevo cosa aspettarmi, dalla visione, ed ammetto che le bottigliate hanno finito per tentarmi con un bicchiere in più a più riprese, ma in questo senso devo dare merito ai registi di aver confezionato una piccola perla, per quanto grezza, che riesce ad affascinare come la sua protagonista tanto quanto a spingere ed insistere come il suo main charachter: certo, non tutto fila liscio come l'olio, a tratti la sceneggiatura è troppo facile e con il finale, secondo me, ci si gioca molto del coraggio mostrato soprattutto nella parte centrale dell'opera e sul lavoro - ottimo - operato sui cambiamenti fisici contro i quali lotta l'eterna fanciulla - indimenticabili, in questo senso, la sequenza nella cripta prima dell'ultima iniezione o lo scambio di battute, in italiano nell'originale, dei due turisti attoniti all'interno della chiesa -, ma può andare anche bene così.
Spring è un film di formazione, tanto per lo spettatore quanto per chi l'ha progettato, sognato, vissuto: ed è proprio con questo spirito che va affrontato.
Cercate di viverlo sulla pelle, sentirlo scorrere sotto di essa, osservarlo dall'alto, e da lontano, e poi immergervi come se foste in cima ad una scogliera nell'attimo appena prima di tuffarvi ed in quello appena dopo l'impatto con l'acqua.
In ogni viaggio ci sono giorni buoni, e giorni cattivi.
Come nella vita.
L'importante è non fermarsi, e mantenere la mente aperta come se avessimo tutto il tempo del mondo.
E come se ogni giorno fosse l'ultimo.
MrFord
"Love bites, love bleeds
it's bringin' me to my knees
love lives, love dies
it's no surprise
love begs, love pleads
it's what I need."
Def Leppard - "Love bites" -
"Love bites, love bleeds
it's bringin' me to my knees
love lives, love dies
it's no surprise
love begs, love pleads
it's what I need."
Def Leppard - "Love bites" -
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sabato 21 giugno 2014
Italia - Costarica
La trama (con parole mie): noi della Terra dei cachi non sappiamo proprio farci mancare niente, in termini di sofferenza calcistica - e non solo, ma questa è un'altra storia -.
Così, dopo l'infausto risultato di ieri sera che ha riaperto i giochi per l'Uruguay, abbiamo deciso di renderla ancora più difficile disputando una delle peggiori partite che la Nazionale di Prandelli abbia mai giocato e tornando a capo chino negli spogliatoi dopo essere stati battuti dal Costarica, che doveva essere la squadra materasso del girone e si è rivelata una sorpresona.
Da un lato, è anche meglio così.
Dall'altro, martedì contro l'Uruguay saranno cazzi da cagare, e dovremo giocarci il Mondiale come se fossimo già alla fase di eliminazione diretta.
Onestamente, alla notizia dell'assenza di Paletta in campo, pensavo anch'io che la partita contro il sorprendente Costarica si sarebbe rivelata una sorta di rilassante discesa dopo la tensione accumulata con gli inglesi: evidentemente, però, i nostri cari Azzurri sanno soltanto soffrire, sfoderando ottime prestazioni con avversari sulla carta di livello e sottovalutando clamorosamente le squadre non "di cartello" - in questo senso, dovremo fare attenzione all'eventuale incrocio con la Colombia agli eventuali ottavi di finale -.
La partita di oggi - anche se, tecnicamente, si parla di ieri pomeriggio - è stata una delle più brutte del Mondiale - battuta, probabilmente, solo dai pareggi di Nigeria e Iran nel primo turno e da quello più recente di Giappone e Grecia -, mal giocata - dall'Italia -, mai decollata, mai davvero emozionante.
Nonostante, infatti, un paio di fiammate da una parte e dall'altra, l'impressione è stata quella del tipico match di fine stagione, quando tutti i giochi sono fatti e resta giusto da onorare in qualche modo il campo: ora, non so se i Nostri pensassero che in Costarica non si sapesse neppure cos'è un pallone da calcio, ma la squadra che aveva - seppur con difficoltà - domato l'Inghilterra è apparsa immobile - anche se, alla fine, il buon Ciro è rimasto in panca - e priva di carattere e mordente.
Buffon, al rientro, non ha certo fatto gridare al miracolo, e quasi quasi mi ha fatto rimpiangere il buon Sirigu, che probabilmente ha molta più fame del Capitano.
La difesa - malgrado l'assenza del già citato Paletta - non è pervenuta: l'Abate di Natale, essendo stato piantato fuori stagione e in un clima che non gli è congeniale, deve aver toccato due palloni in croce, Chiellini e Barzagli hanno avuto il fiato corto per tutto il match, mentre D'Artagnan, ancora una volta, è stato l'unico a far vedere perlomeno una certa volontà.
Nel centro del campo abbiamo, purtroppo, perso la partita.
Marchisio, visibilmente appannato, non è stato all'altezza del primo match.
Pirlo, per quanto sia sempre Pirlo, era in una delle sue giornate in cui costa troppo fare il fenomeno.
Capitolo De Rossi: vedasi Marchisio.
Cadrega, il migliore degli Azzurri contro gli anglosassoni, ha tenuto fede al suo nuovo nome.
Ed è rimasto sotto il tavolo.
E poi c'è stato Thiago Motta.
Onestamente, ad un certo punto, dopo essermi chiesto se fosse in campo oppure no, ho creduto che Paletta avesse sfruttato un trucco in stile Diabolik per sostituirsi al centrocampista del Paris Saint Germain. O che i nostri naturalizzati di origine sudamericana avessero deciso di complottare per minare le già non troppo clamorose possibilità dell'Italia di proseguire nel suo cammino.
Comunque, complimenti: perchè il sempre attivo Thiago è il primo morto vivente a partecipare ad un Mondiale.
Nel corso della ripresa Prandelli prova a salvare il salvabile, gettando nella mischia Cassano - inutile quanto la sua convocazione: onestamente avrei preferito Giuseppe Rossi, o Destro, o Toni, o Gilardino, senza contare che, nel corso del secondo tempo, pensavo al fatto che Roberto Baggio oggi, cinquantenne, sarebbe riuscito a risultare più decisivo di Fantantonio, in campo -, Insigne - che verrà ricordato più per aver messo in mostra i tatuaggi togliendosi la maglietta prima di entrare in campo che per altro - e Cerci - volenteroso, ma poco utile -.
Per chiudere, proprio lui, always him, Mario Balotelli: in tutta onestà, io non riesco a farmelo stare antipatico, o dargli contro.
Che sia un cazzone è indubbio, ma chi non lo sarebbe a neppure venticinque anni con tutti quei soldi e quel successo?
Allo stesso tempo, però, mi pare abbia testa, e l'abbia avuta anche quando non si definì, pur se provocatoriamente, un fuoriclasse: non stiamo, infatti, parlando di Van Basten, il già citato Baggio, o chissà chi altro. Parliamo di un attaccante dalla grande forza fisica e dai discreti attributi tecnici.
Eppure, se allo stesso tagliamo i rifornimenti, difficilmente si arriverà da qualche parte.
Mi viene in mente Ibrahimovic, probabilmente quello che, nello stesso ruolo di SuperMario, è il migliore al mondo, per come stanno le cose oggi: si può essere un cannoniere incredibile, avere la dinamite nel destro, nel sinistro, in testa.
Eppure, quando manca la scintilla, tutto tace.
La scintilla non ce l'hanno tutti. Anzi, pochissimi sono così fortunati.
A questa Nazionale la scintilla manca.
Ma, del resto, lo sapevamo già.
Ma mancava anche nel 2006, e sappiamo bene come è finita.
Dunque, qui al Saloon si continua a sperare, confidando nel fatto che con l'Uruguay potremmo anche tirare fuori i cosiddetti stimolati da un avversario più prestigioso - principio sbagliato, ma se utile, perchè non sfruttarlo? - e che, comunque, non fosse altro che per la sofferenza, almeno gli ottavi, noi che siamo qui a tifare, li meritiamo eccome.
Se, poi, Paletta e Panettone Motta non dovessero essere in campo, tanto di guadagnato.
MrFord
P. S. Nel frattempo, stasera, la Francia ha silurato la Svizzera cinque a due.
Pare uno spettacolo, ma ho come l'impressione che appena i Bleus incontreranno qualcuno di serio, le cose saranno decisamente diverse.
Così, dopo l'infausto risultato di ieri sera che ha riaperto i giochi per l'Uruguay, abbiamo deciso di renderla ancora più difficile disputando una delle peggiori partite che la Nazionale di Prandelli abbia mai giocato e tornando a capo chino negli spogliatoi dopo essere stati battuti dal Costarica, che doveva essere la squadra materasso del girone e si è rivelata una sorpresona.
Da un lato, è anche meglio così.
Dall'altro, martedì contro l'Uruguay saranno cazzi da cagare, e dovremo giocarci il Mondiale come se fossimo già alla fase di eliminazione diretta.
Onestamente, alla notizia dell'assenza di Paletta in campo, pensavo anch'io che la partita contro il sorprendente Costarica si sarebbe rivelata una sorta di rilassante discesa dopo la tensione accumulata con gli inglesi: evidentemente, però, i nostri cari Azzurri sanno soltanto soffrire, sfoderando ottime prestazioni con avversari sulla carta di livello e sottovalutando clamorosamente le squadre non "di cartello" - in questo senso, dovremo fare attenzione all'eventuale incrocio con la Colombia agli eventuali ottavi di finale -.
La partita di oggi - anche se, tecnicamente, si parla di ieri pomeriggio - è stata una delle più brutte del Mondiale - battuta, probabilmente, solo dai pareggi di Nigeria e Iran nel primo turno e da quello più recente di Giappone e Grecia -, mal giocata - dall'Italia -, mai decollata, mai davvero emozionante.
Nonostante, infatti, un paio di fiammate da una parte e dall'altra, l'impressione è stata quella del tipico match di fine stagione, quando tutti i giochi sono fatti e resta giusto da onorare in qualche modo il campo: ora, non so se i Nostri pensassero che in Costarica non si sapesse neppure cos'è un pallone da calcio, ma la squadra che aveva - seppur con difficoltà - domato l'Inghilterra è apparsa immobile - anche se, alla fine, il buon Ciro è rimasto in panca - e priva di carattere e mordente.
Buffon, al rientro, non ha certo fatto gridare al miracolo, e quasi quasi mi ha fatto rimpiangere il buon Sirigu, che probabilmente ha molta più fame del Capitano.
La difesa - malgrado l'assenza del già citato Paletta - non è pervenuta: l'Abate di Natale, essendo stato piantato fuori stagione e in un clima che non gli è congeniale, deve aver toccato due palloni in croce, Chiellini e Barzagli hanno avuto il fiato corto per tutto il match, mentre D'Artagnan, ancora una volta, è stato l'unico a far vedere perlomeno una certa volontà.
Nel centro del campo abbiamo, purtroppo, perso la partita.
Marchisio, visibilmente appannato, non è stato all'altezza del primo match.
Pirlo, per quanto sia sempre Pirlo, era in una delle sue giornate in cui costa troppo fare il fenomeno.
Capitolo De Rossi: vedasi Marchisio.
Cadrega, il migliore degli Azzurri contro gli anglosassoni, ha tenuto fede al suo nuovo nome.
Ed è rimasto sotto il tavolo.
E poi c'è stato Thiago Motta.
Onestamente, ad un certo punto, dopo essermi chiesto se fosse in campo oppure no, ho creduto che Paletta avesse sfruttato un trucco in stile Diabolik per sostituirsi al centrocampista del Paris Saint Germain. O che i nostri naturalizzati di origine sudamericana avessero deciso di complottare per minare le già non troppo clamorose possibilità dell'Italia di proseguire nel suo cammino.
Comunque, complimenti: perchè il sempre attivo Thiago è il primo morto vivente a partecipare ad un Mondiale.
Nel corso della ripresa Prandelli prova a salvare il salvabile, gettando nella mischia Cassano - inutile quanto la sua convocazione: onestamente avrei preferito Giuseppe Rossi, o Destro, o Toni, o Gilardino, senza contare che, nel corso del secondo tempo, pensavo al fatto che Roberto Baggio oggi, cinquantenne, sarebbe riuscito a risultare più decisivo di Fantantonio, in campo -, Insigne - che verrà ricordato più per aver messo in mostra i tatuaggi togliendosi la maglietta prima di entrare in campo che per altro - e Cerci - volenteroso, ma poco utile -.
Per chiudere, proprio lui, always him, Mario Balotelli: in tutta onestà, io non riesco a farmelo stare antipatico, o dargli contro.
Che sia un cazzone è indubbio, ma chi non lo sarebbe a neppure venticinque anni con tutti quei soldi e quel successo?
Allo stesso tempo, però, mi pare abbia testa, e l'abbia avuta anche quando non si definì, pur se provocatoriamente, un fuoriclasse: non stiamo, infatti, parlando di Van Basten, il già citato Baggio, o chissà chi altro. Parliamo di un attaccante dalla grande forza fisica e dai discreti attributi tecnici.
Eppure, se allo stesso tagliamo i rifornimenti, difficilmente si arriverà da qualche parte.
Mi viene in mente Ibrahimovic, probabilmente quello che, nello stesso ruolo di SuperMario, è il migliore al mondo, per come stanno le cose oggi: si può essere un cannoniere incredibile, avere la dinamite nel destro, nel sinistro, in testa.
Eppure, quando manca la scintilla, tutto tace.
La scintilla non ce l'hanno tutti. Anzi, pochissimi sono così fortunati.
A questa Nazionale la scintilla manca.
Ma, del resto, lo sapevamo già.
Ma mancava anche nel 2006, e sappiamo bene come è finita.
Dunque, qui al Saloon si continua a sperare, confidando nel fatto che con l'Uruguay potremmo anche tirare fuori i cosiddetti stimolati da un avversario più prestigioso - principio sbagliato, ma se utile, perchè non sfruttarlo? - e che, comunque, non fosse altro che per la sofferenza, almeno gli ottavi, noi che siamo qui a tifare, li meritiamo eccome.
Se, poi, Paletta e Panettone Motta non dovessero essere in campo, tanto di guadagnato.
MrFord
P. S. Nel frattempo, stasera, la Francia ha silurato la Svizzera cinque a due.
Pare uno spettacolo, ma ho come l'impressione che appena i Bleus incontreranno qualcuno di serio, le cose saranno decisamente diverse.
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venerdì 20 giugno 2014
Saloon Mundial: leoni in gabbia e Cafeteros
La trama (con parole mie): continuano le partite legate al secondo turno dei gironi di qualificazione agli ottavi di finale dei Mondiali di calcio. Dopo i pesantissimi verdetti di ieri, oggi più che altro abbiamo assistito ad una serie di match che hanno ridefinito, in qualche modo, la geografia in vista del prossimo - e decisivo - giro di partite.
E se da un lato i padroni di casa del Brasile paiono essere favoriti anche dal Destino, per noi abitanti della Terra dei cachi le cose non si mettono, al contrario, così bene.
Quando penso al Camerun, torno subito con la mente a Italia '90 ed al mitico Milla, che fu uno dei mattatori di quel Mondiale trascinando i suoi compagni ben oltre le aspettative della vigilia.
I Leoni d'Africa, però, paiono essere ormai sdentati, e senza neppure troppa fatica finiscono in dieci, matematicamente eliminati dalla competizione e presi a silurate dai tosti croati, che potrebbero addirittura, nonostante la sconfitta all'esordio contro il Brasile, passare il turno.
Mentre, infatti, i carioca giocheranno l'ultima partita del girone contro gli ormai più che demotivati camerunensi, probabilmente assicurandosi il primo posto ed il conseguente vantaggio per gli ottavi, la Croazia si troverà a dare il tutto per tutto contro il Messico, sperando in una vittoria che potrebbe aprire a Mandzukic e compagni la strada per la seconda fase della competizione.
E se da un lato i padroni di casa del Brasile paiono essere favoriti anche dal Destino, per noi abitanti della Terra dei cachi le cose non si mettono, al contrario, così bene.
Quando penso al Camerun, torno subito con la mente a Italia '90 ed al mitico Milla, che fu uno dei mattatori di quel Mondiale trascinando i suoi compagni ben oltre le aspettative della vigilia.
I Leoni d'Africa, però, paiono essere ormai sdentati, e senza neppure troppa fatica finiscono in dieci, matematicamente eliminati dalla competizione e presi a silurate dai tosti croati, che potrebbero addirittura, nonostante la sconfitta all'esordio contro il Brasile, passare il turno.
Mentre, infatti, i carioca giocheranno l'ultima partita del girone contro gli ormai più che demotivati camerunensi, probabilmente assicurandosi il primo posto ed il conseguente vantaggio per gli ottavi, la Croazia si troverà a dare il tutto per tutto contro il Messico, sperando in una vittoria che potrebbe aprire a Mandzukic e compagni la strada per la seconda fase della competizione.
Nel girone accoppiato a quello degli Azzurri, invece, i Cafeteros colombiani superano di misura ma con efficacia la Costa d'avorio, trascinata - almeno apparentemente - da un sempre ottimo Gervinho, asso della Roma ed autore di un gol strepitoso.
Personalmente parteggiavo per gli africani, ma è ancora presto per pensare anche a come potrebbero mettersi le cose rispetto agli ottavi di finale: archiviata Giappone - Grecia, in programma tra poco, potremmo già avere un quadro più o meno definito di quale potrebbe essere l'eventuale avversaria dell'Italia tra una decina di giorni.
Il match clou della giornata è stato comunque, e senza dubbio, quello che ha visto opposte Inghilterra ed Uruguay. Un match non bello ma comunque spettacolare, che ha visto scendere in campo due formazioni determinate a tirarsi fuori dalla merda e dal rischio dell'eliminazione dopo le sconfitte patite all'esordio.
Peccato che i Leoni europei siano l'ombra della magnifica squadra giunta quarta a Italia '90 - che poteva contare tra le sue fila Seaman, Lineker, Platt e Gascoigne, giusto per citarne quattro -, conferma che i sudditi della Regina restino una delle più grandi incompiute del calcio figlio del Vecchio Continente, e dunque si ritrovino ancora una volta costretti ad inseguire, recuperare lo svantaggio e poi subire il colpo del KO sul più bello - proprio come era successo contro l'Italia -.
Per quanto la Celeste mi stia simpatica - e come potrebbe non piacermi una squadra guidata dal "Pistolero" Suarez e supportata da uno che si chiama Fucile!? - e possa contare su un attacco da paura - splendido l'assist di Cavani per il primo gol -, l'impressione è quella di una compagine stanca, lontana dalla furia che quattro anni fa sfiorò la finalissima.
Sulla carta, dunque, potrebbe essere un'avversaria abbordabile.
Ma si sa che a noi piace complicarci la vita.
E quando non ci si pensa sul campo, provvede il caso: per quanto, infatti, in rete si sia gioito della sconfitta degli inglesi ormai ad un passo dall'eliminazione, egoisticamente per noi sarebbero stati infinitamente meglio una vittoria degli uomini di Hodgson o, se volessimo essere molto esosi, un pareggio.
In questo modo, battendo domani il Costarica - sempre che ce la si faccia, ovviamente - avremmo raggiunto la matematica qualificazione agli ottavi.
Per come stanno le cose ora, invece, pur sperando di vincere contro i centroamericani, la tensione resterà alta perchè nell'ultima partita andremo al confronto proprio con l'Uruguay, mentre il Costarica se la vedrà con l'ormai priva di motivazioni Inghilterra: paradossalmente, perdendo in quell'occasione, potremmo giocarci il passaggio del turno con Uruguay e Costarica in base alla differenza reti.
Speriamo solo di non doverci arrivare con quel pensiero.
MrFord
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domenica 15 giugno 2014
Italia - Inghilterra
La trama (con parole mie): e così siamo giunti al tanto atteso esordio azzurro in questi Mondiali brasiliani. Di fronte all'Italia, un'Inghilterra che pare di tutt'altra pasta rispetto alla Nuova Zelanda che fu parte della debacle del 2010, alla quale i ragazzi di Prandelli - tranne uno - hanno risposto con lo stesso carattere che, due anni or sono, aveva spianato la strada per la finale degli Europei superando proprio gli uomini di Hodgson.
E' quasi incredibile anche solo da scrivere, ma devo dire di essere uscito piuttosto soddisfatto dalla prima sfida affrontata dall'Italia nel corso di questo Mondiale carioca.
Una partita, quella con l'Inghilterra, tosta, ricca di errori ma anche di spunti interessanti, che ha sprizzato carattere da tutti i pori e ha evitato quella noia che spesso e volentieri attanaglia lo spettatore quando la testa dei giocatori e dell'allenatore appare troppo concentrata su un conservatorismo che nuoce allo spettacolo del calcio: non siamo certo dalle parti dello show incredibile fornito dall'Olanda contro la Spagna - come molti nostrani telegiornali hanno dichiarato -, eppure l'Italia è apparsa solida ed unita, pronta ad affrontare la grande sfida che rappresenta una competizione come questa.
Ma, più che parlare del colpo da biliardo di Marchisio - e del velo strepitoso di Pirlo, che prima della fine regala anche il brivido di una traversa colpita con una punizione in stile Holly&Benji -, vorrei cercare l'ispirazione nelle sfuriate sulla fascia destra dei due migliori in campo azzurri - con buona pace del mattatore Balotelli, sempre protagonista delle cronache -, Candreva e Darmian, ribattezzati per l'occasione - e da qui alla fine del Mondiale - Cadrega e D'Artagnan: fiato, cuore, voglia di fare, carattere.
Tutto quello che serve, dunque, per trasformare una partita in qualcosa che i tifosi ricorderanno, ed un Mondiale, magari, in una speranza da coltivare match dopo match.
Per quanto si possa ammirare la classe e la fantasia dei poeti del pallone, sono calciatori come loro che più toccano le corde del cuore di questo vecchio cowboy, gente che mette tutto per arrivare alla fine, e buttare dentro quella che può essere la palla decisiva - come il cross perfetto di Cadrega per la cresta di SuperMario che ha deciso l'incontro -: gente che tiene i cavalli, e lo fa con una passione tale da finirci in groppa conducendo la carica.
Non saremmo però la Terra dei cachi senza almeno una nota dolente, che nello specifico ha un volto - in grado di gareggiare per il titolo di giocatore più brutto da vedere dei Mondiali e con Nicholas Cage e Steven Seagal per quanto riguarda lo stato dei capelli - ed un nome: Gabriel Paletta.
Il bel fusto in questione, oltre a non prendere in considerazione l'idea di una bella rasata alla Einsenberg e a sembrare un cinquantenne navigato in barba ai suoi ventotto anni, è stato protagonista di una delle prestazioni più agghiaccianti che abbia visto produrre da un giocatore dell'Italia nella mia personale storia di spettatore dei Mondiali, peggiore perfino di quella di Pepe nel 2010.
Ma in casa Ford abbiamo saputo trovare il positivo anche in questo: i brividi e le risate maggiori sono stati regalati proprio dai momenti in cui il buon Paletta finiva in possesso palla - fortunatamente non così tanti -.
Forse Prandelli deve un favore a questo improbabile difensore, ma anche nella migliore delle ipotesi mi risulterebbe agghiacciante pensare che un giocatore di questo calibro possa fregiarsi della vittoria di un Mondiale quando gente come Baggio, Baresi o Maldini è riuscita soltanto a sognarlo.
La cosa interessante, però, è che - come era accaduto già agli ultimi Europei -, nonostante alcuni cambi discutibili come quello che ha portato l'ingresso di Thiago Motta, mentre ho apprezzato la scelta alcoolica di Barolo, nuovo nome di battaglia di Parolo, e scelte curiose - torniamo al succitato Paletta -, l'impressione sia quella che Prandelli abbia un progetto da portare avanti, e riesca a dare le giuste motivazioni ai nostri ragazzi, perfino quelli un pò più discussi e difficili come Balotelli, che nel giro di un paio di giorni riesce a passare dall'essere ultimo della classe a salvatore della Patria.
Comunque, il carisma è anche questo.
Un pò come non preoccuparsi tanto di gioire per una bella vittoria, quanto di zittire chi aveva dubbi.
Personalmente, io lo accetto così com'è.
E dovessimo continuare così, sarò ben contento di festeggiare il doppio in sua vece.
MrFord
E' quasi incredibile anche solo da scrivere, ma devo dire di essere uscito piuttosto soddisfatto dalla prima sfida affrontata dall'Italia nel corso di questo Mondiale carioca.
Una partita, quella con l'Inghilterra, tosta, ricca di errori ma anche di spunti interessanti, che ha sprizzato carattere da tutti i pori e ha evitato quella noia che spesso e volentieri attanaglia lo spettatore quando la testa dei giocatori e dell'allenatore appare troppo concentrata su un conservatorismo che nuoce allo spettacolo del calcio: non siamo certo dalle parti dello show incredibile fornito dall'Olanda contro la Spagna - come molti nostrani telegiornali hanno dichiarato -, eppure l'Italia è apparsa solida ed unita, pronta ad affrontare la grande sfida che rappresenta una competizione come questa.
Ma, più che parlare del colpo da biliardo di Marchisio - e del velo strepitoso di Pirlo, che prima della fine regala anche il brivido di una traversa colpita con una punizione in stile Holly&Benji -, vorrei cercare l'ispirazione nelle sfuriate sulla fascia destra dei due migliori in campo azzurri - con buona pace del mattatore Balotelli, sempre protagonista delle cronache -, Candreva e Darmian, ribattezzati per l'occasione - e da qui alla fine del Mondiale - Cadrega e D'Artagnan: fiato, cuore, voglia di fare, carattere.
Tutto quello che serve, dunque, per trasformare una partita in qualcosa che i tifosi ricorderanno, ed un Mondiale, magari, in una speranza da coltivare match dopo match.
Per quanto si possa ammirare la classe e la fantasia dei poeti del pallone, sono calciatori come loro che più toccano le corde del cuore di questo vecchio cowboy, gente che mette tutto per arrivare alla fine, e buttare dentro quella che può essere la palla decisiva - come il cross perfetto di Cadrega per la cresta di SuperMario che ha deciso l'incontro -: gente che tiene i cavalli, e lo fa con una passione tale da finirci in groppa conducendo la carica.
Non saremmo però la Terra dei cachi senza almeno una nota dolente, che nello specifico ha un volto - in grado di gareggiare per il titolo di giocatore più brutto da vedere dei Mondiali e con Nicholas Cage e Steven Seagal per quanto riguarda lo stato dei capelli - ed un nome: Gabriel Paletta.
Il bel fusto in questione, oltre a non prendere in considerazione l'idea di una bella rasata alla Einsenberg e a sembrare un cinquantenne navigato in barba ai suoi ventotto anni, è stato protagonista di una delle prestazioni più agghiaccianti che abbia visto produrre da un giocatore dell'Italia nella mia personale storia di spettatore dei Mondiali, peggiore perfino di quella di Pepe nel 2010.
Ma in casa Ford abbiamo saputo trovare il positivo anche in questo: i brividi e le risate maggiori sono stati regalati proprio dai momenti in cui il buon Paletta finiva in possesso palla - fortunatamente non così tanti -.
Forse Prandelli deve un favore a questo improbabile difensore, ma anche nella migliore delle ipotesi mi risulterebbe agghiacciante pensare che un giocatore di questo calibro possa fregiarsi della vittoria di un Mondiale quando gente come Baggio, Baresi o Maldini è riuscita soltanto a sognarlo.
La cosa interessante, però, è che - come era accaduto già agli ultimi Europei -, nonostante alcuni cambi discutibili come quello che ha portato l'ingresso di Thiago Motta, mentre ho apprezzato la scelta alcoolica di Barolo, nuovo nome di battaglia di Parolo, e scelte curiose - torniamo al succitato Paletta -, l'impressione sia quella che Prandelli abbia un progetto da portare avanti, e riesca a dare le giuste motivazioni ai nostri ragazzi, perfino quelli un pò più discussi e difficili come Balotelli, che nel giro di un paio di giorni riesce a passare dall'essere ultimo della classe a salvatore della Patria.
Comunque, il carisma è anche questo.
Un pò come non preoccuparsi tanto di gioire per una bella vittoria, quanto di zittire chi aveva dubbi.
Personalmente, io lo accetto così com'è.
E dovessimo continuare così, sarò ben contento di festeggiare il doppio in sua vece.
MrFord
domenica 25 maggio 2014
Buongiorno, notte
Regia: Marco Bellocchio
Origine: Italia
Anno: 2003
Durata: 106'
La trama (con parole mie): nel millenovecentosettantotto, alla vigilia del sequestro di Aldo Moro, uno degli eventi politicamente più importanti del novecento italiano, assistiamo all'analisi dell'impresa criminale e del suo lato umano attraverso l'esplorazione dei sentimenti della giovane brigatista Chiara, parte del commando incaricato di sequestrare il Presidente della DC e tenerlo segregato in un appartamento per l'occasione affittato nel cuore di Roma.
Il crescendo di avvenimenti all'esterno, l'influenza dell'etica partigiana e del giovane amico Enzo, l'indifferenza delle forze politiche dei tempi, decise a far diventare Moro una sorta di martire per la lotta al terrorismo, finiranno per influenzare e segnare per sempre non solo Chiara, ma anche l'inizio di una delle stagioni più buie della Storia del Bel Paese.
Questo post partecipa all'iniziativa That's 70's Day.

Ricordo bene i racconti dei miei genitori a proposito della tensione che avvolse l'Italia intera nei giorni del sequestro di Aldo Moro.
Quando ancora ero troppo giovane per interessarmi di politica ed affini, o avere un'idea precisa di quello che sarei stato, mi colpì pensare alla portata che ebbe anche sulla vita di tutti i giorni quel rapimento: in tempi più recenti, forse soltanto le morti di Falcone e Borsellino penso abbiano avuto un impatto mediatico e sociale pari o superiore.
Marco Bellocchio, regista storicamente appartenente ad un'elite autoriale di matrice decisamente di sinistra, poco più di dieci anni or sono decise di rappresentare quell'avvenimento epocale da par suo, scegliendo di percorrere la via non semplice della doppia condanna all'operato delle Brigate Rosse - fossero queste ultime guidate da poteri più alti, oppure no - e alla classe politica di allora, colpevole in egual misura di aver individuato in Moro un elemento perfetto per rappresentare il tipico agnello sacrificale, simbolo di un riscatto che, purtroppo, ancora non si è visto consumare in Italia.
La prima volta che Buongiorno, notte capitò dalle parti del Saloon ricordo lo sconvolgimento che provocò, dalla capacità di narrazione di un regista che allora non conoscevo così a fondo - avrei rimediato in seguito - ad una presa di posizione unica ed umana da parte di un Autore storicamente noto per essere vicino proprio alle posizioni politiche che mossero - almeno sulla carta - i rapitori di Moro, resi ciechi da un ideale travisato e trasformato in crociata - splendidi i confronti Herlitzka/Moro Lo Cascio/Mariano - ed incapaci di cambiare strada se non nei sogni di una giovane lottatrice perduta alla ricerca della parte razionale delle passioni.
Siano esse politiche, oppure no.
E dall'emozionante momento del pranzo con i partigiani alle schermaglie con Enzo - forse la voce del regista, che per bocca del suo personaggio afferma "Pensa a cosa accadrebbe se fosse gente di questo genere a governare" -, senza contare la terrificante litania di quel "La classe operaia deve dirigere tutto" ed i volti - presi da filmati di repertorio - dei politici italiani intenti a fingere cordoglio - da Craxi ad Andreotti, giusto per citare i due più noti -, o il toccante confronto tra la lettera che Moro scrisse alla moglie durante la prigionia confrontata a quella di un partigiano giustiziato dalle forze fasciste durante il secondo conflitto mondiale, tutto converge a testimonianza dell'avvenimento principe di un periodo oscuro - forse ancora più di quanto non siano gli incerti e precari giorni nostri - per l'Italia, un medioevo moderno segnato dal sangue e dal terrore, orchestrato dagli architetti degli estremismi - emblematica l'ammissione di Mariano a proposito della sua maniacalità religiosa dell'infanzia, quasi a testimoniare che chiunque navighi oltre certi confini finisca soltanto per avere bisogno di una scusa, e poco importa da cosa la stessa sia fornita -.
Il crescendo finale, drammatico alternarsi del sogno di Chiara - e di Bellocchio, viene da pensare - e la dura realtà, diviene così simbolo di una delle ammissioni di colpa più potenti del Nostro Cinema - almeno recente -, testimonianza di lucidità e partecipazione, elementi imprescindibili nell'impegno politico e determinanti per discernere nel momento in cui ci si trova a dover scegliere tra la politica stessa - forse l'espressione più alta dell'Uomo come animale sociale - e la più ancestrale e primitiva lotta all'ultimo sangue, portata in campo con uno spirito ben peggiore di quello selvaggio che la origina.
Da animale fatto e finito, mi rendo conto quanto possa essere preziosa la lezione dell'istinto, così come la più razionale di Bellocchio attraverso quello che è, senza dubbio, uno dei suoi lavori più riusciti: viviamo di pancia e passioni, che si parli di vita o di qualsiasi sua espressione - posizioni politiche incluse -, ma siamo e restiamo esseri pensanti.
E proprio per questo, giunge sempre il momento in cui una pausa può fare la differenza.
Una visione.
Un'illuminazione.
Un sogno, ancora una volta.
Quella virgola che separa il buongiorno dalla notte.
Che fu Moro. E che speriamo possa non esserlo mai più.
MrFord
Partecipano al raduno i nostalgici:
Montecristo
Non c'è paragone
Pensieri cannibali
Recensioni ribelli
Scrivenny
Solaris
The Obsidian Mirror
Viaggiando (meno)
Partecipano al raduno i nostalgici:
Montecristo
Non c'è paragone
Pensieri cannibali
Recensioni ribelli
Scrivenny
Solaris
The Obsidian Mirror
Viaggiando (meno)
"Remember when you were young, you shone like the sun.
Shine on you crazy diamond.
Now there's a look in your eyes, like black holes in the sky.
Shine on you crazy diamond."
Shine on you crazy diamond.
Now there's a look in your eyes, like black holes in the sky.
Shine on you crazy diamond."
Pink Floyd - Shine on you crazy diamond" -
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lunedì 3 marzo 2014
Storie maledette
Produzione: Rai
Origine: Italia
Anno: 1994 - In corso
Episodi: 72
La trama (con parole mie): incentrata su vicende legate a realtà finite in tragedia ed affrontate, con successo più o meno chiaro, dalla Legge, Storie maledette nasce da un'idea della giornalista Franca Leosini, e si preoccupa, puntata dopo puntata, di raccontare dal punto di vista dei colpevoli quanto degli innocenti avvenimenti drammatici nati dall'ignoranza come dalla crudeltà, dalla vendetta come dal puro e terrificante istinto omicida.
Situazioni e persone della porta accanto divengono così personaggi quasi cinematografici, che la realtà ed i fatti riportano - spesso con il sangue - alla quotidianità che viviamo giorno dopo giorno: indagini ed approfondimenti partono dunque dalle carceri all'interno delle quali scontano la pena i pronunciati colpevoli che rivelano quasi sempre sfumature in grado di solleticare comunque il ragionevole dubbio.
Rispetto alla consuetudine del Saloon di dedicarsi, accanto ai film e ai romanzi, alle serie tv, ritaglio uno spazio simile a quello che regalai alla mitica Blu Notte qualche anno fa concedendo un post a quella che, a conti fatti, è e resta una trasmissione televisiva: Storie maledette.
Creata nell'ormai lontano novantaquattro dalla giornalista Franca Leosini ed incentrata su inchieste giornalistiche finalizzate ad un faccia a faccia girato in carcere con i dichiarati colpevoli, questa serie è entrata quasi per caso nelle vite degli occupanti di casa Ford guadagnandosi in poco tempo un notevole rispetto sia per la cura delle inchieste stesse, sia per la conduttrice ed autrice, che al pari di Carlo Lucarelli è riuscita ad entrare nel cuore del sottoscritto e di Julez grazie al suo eccezionale intercalare "Ecco!" ed un piglio deciso e per nulla intimorito neppure dalla presenza di assassini posti di fronte a lei.
Pur non avendo avuto modo di visionare tutti gli episodi andati in onda, ed essendo abituato alla ricorstruzione dei casi più "cinematografica" della già citata Blu notte, sono uscito comunque decisamente soddisfatto da quest'esperienza, e devo ammettere che, superate le prime difficoltà nate da un approccio ed una confezione decisamente televisiva, il coinvolgimento è stato intenso quanto quello che aveva accompagnato, ai tempi, gli omicidi insoluti mostrati dal buon Lucarelli.
L'idea del confronto, inoltre, tra la conduttrice ed i dichiarati colpevoli, risulta vincente oltre che decisamente interessante, e trova i suoi momenti migliori rispetto alle vicende che nel corso degli ultimi decenni hanno avuto una travagliata vita giudiziaria: dall'omicidio di Francesca Alinovi - avvenuto a Bologna nell'ottantatre e trattato anche da Blu notte, che probabilmente se avvenuto ai giorni nostri avrebbe condotto le autorità a soluzioni decisamente differenti - al delirio collettivo di una famiglia di Polistena - forse la più agghiacciante tra le storie passate in questo periodo sugli schermi del Saloon, protagonista un intero nucleo di adulti stretti attorno al legame di parentela e pronti ad uccidere una bimba di cinquanta giorni per scacciare il demonio dalla stessa -, passando attraverso vicende di innamorati, pedofili, killer ed amanti divenuti nemici - casi come quello dell'omicidio di Annarita Curina, uno dei molti che videro coppie pronte ad accusarsi una volta giunte in tribunale -, i brividi che percorrono la schiena dello spettatore sono molti, tutti motivati da quello che è il terrore più grande di tutti, in grado di superare qualsiasi horror o racconto fantastico.
Il terrore della porta accanto, se non della propria.
Ai tempi di Twin Peaks, e del terrore che indusse nel sottoscritto la creatura di David Lynch, una delle caratteristiche che finì per colpirmi maggiormente rispetto a Bob fu proprio il suo aspetto tutto sommato "normale", e l'idea che dietro ad orrori indicibili potessero e possano nascondersi persone che, ad insaputa di ognuno di noi, finiscono per passarci accanto quando prendiamo un mezzo pubblico, facciamo la spesa, chiediamo un'informazione.
Le "storie maledette" sono quelle che escono dalle nostre ombre, e finiscono per divorare chi non se l'aspetta, chi è troppo sicuro - emblematico il caso di Maurizio Gucci - o chi, semplicemente, finisce nel posto sbagliato e nel momento sbagliato, zittito da una crudeltà o da una ferocia troppo grandi: il silenzio degli innocenti, come recita il titolo di un famoso romanzo, e di un film ancora più famoso.
E quando la Legge mescola le carte, a volte è ancora più arduo scoprire quale possa essere stata la via più giusta da percorrere.
MrFord
"Abbiamo gia' rubato abbiamo gia' pagato
ma non sappiamo dire quello che sarebbe stato
ma pace non ne abbiamo nemmeno lo vogliamo
nemmeno il tempo di capire che ci siamo gia'
cos'e' che ancora ci fa vivere le favole
chi sono quelli della foto da tenere."
ma non sappiamo dire quello che sarebbe stato
ma pace non ne abbiamo nemmeno lo vogliamo
nemmeno il tempo di capire che ci siamo gia'
cos'e' che ancora ci fa vivere le favole
chi sono quelli della foto da tenere."
Enrico Ruggeri - "Mistero" -
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omicidi,
serial killer,
Serie tv
lunedì 18 novembre 2013
Amarcord
Regia: Federico Fellini
Origine: Italia
Anno: 1973
Durata: 123'
Durata: 123'
La trama (con parole mie): in una cittadina costiera romagnola nel pieno degli anni trenta assistiamo alle vicende che vedono protagonisti gli abitanti del luogo ed il luogo stesso, teatro di vite, morti, gioie e dolori, speranze e malinconie. Dalle scorribande del giovane Titta e dei suoi compagni di scuola al burbero padre del ragazzo, l'inossidabile antifascista Aurelio, passando dalle gigantesche tette della tabaccaia alle grazie della desideratissima Gradisca, con la scuola, le confessioni in chiesa, zii impazziti sugli alberi e navi enormi pronte a passare al largo della costa, un affresco di esistenze che si snoda nel corso di un anno che porta dalla fine dell'inverno all'inizio della primavera, una dichiarazione d'amore di Federico Fellini alla sua terra e ai ricordi di un tempo che, scivolando tra leggenda e vita vissuta, svanisce sollevato dal vento come i soffioni.
Scrivere di un film di Fellini è una scommessa, un azzardo, il tentativo di gettare una goccia in un oceano, neanche stessimo argomentando su un titolo di Kubrick, o Kurosawa, o Welles, o Murnau. Insomma, parliamo dei migliori.
Perchè non può essere altro, quando il riferimento è il Federico Nazionale, il più grande - a mio parere - regista italiano di tutti i tempi: e in questo caso ci ritroviamo di fronte ad uno dei manifesti dell'arte del Maestro, quell'Amarcord che riportò l'Oscar per il miglior film straniero tra le mani del regista riminese, e che, ai suoi occhi, rappresentò una dichiarazione d'amore per la sua infanzia e la terra d'origine celebrata nella parte iniziale della sua carriera ed accantonata per le sue grandi avventure romane, da La dolce vita a 8 e 1/2.
Amarcord sono le stagioni che avanzano, "gironlanz, gironzolan, gironzalon", portano per le strade delle nostre memorie semi che verranno raccolti da alberi pronti, a loro volta, a vedere altri semi crescere in altre stagioni.
Sono i turbamenti adolescenziali, gli scherzi ai professori, i conflitti con i genitori, le liti in famiglia, i primi sogni erotici nascosti a qualsiasi figura autoritaria.
Sono le piccole rivincite prese in sogno, quel luogo in cui si è piloti o condottieri, protagonisti o improvvisati visitatori di esotici harem.
Sono le imprese dei genitori, che per quanto possano sentirsi lontani dai figli faranno di tutto affinchè gli stessi possano imparare il valore di una vera Resistenza.
E' il luogo in cui si cresce, che giunge ad assumere le dimensioni mitiche di un racconto mano a mano che il tempo lo rapisce, pezzo per pezzo, sfogliando il mosaico della nostra mente.
E' un grido disperato, ironico, giocoso e malinconico, un "voglio una donna" lanciato verso l'orizzonte sempre troppo lontano.
E' la Storia, che con le sue rovine ed i suoi pezzi pone le fondamenta del futuro nato dal quotidiano.
Un sogno popolare, quello della più bella - e desiderata - del borgo e di una nave così grande che pare uscita da un film di quelli che fanno solo in America, così lontano che si riesce soltanto ad immaginare aiutati da un pò di pellicola ed immagini colorate.
Amarcord siamo noi stessi, pronti a rimbalzare nel Tempo come impazziti, cavalcando una macchina che non esiste ma che è proprio lì, di fronte a noi, a difendere i miti creati dal sentimento anche quando gli stessi finiscono per cedere alla quotidianità, a quello che è il naturale percorso che prendono, presto o tardi, le nostre esistenze: è un film profondamente autunnale e mortuario, eppure traboccante primavera, speranza, passione, voglia.
Perchè proprio questo era Federico Fellini: un calderone, come la sua straripante arte fatta di decadenza e magia, sogno e realtà, impeto e sonnecchioso magone.
Nessuno come lui seppe descrivere l'Italia della provincia, e renderla un Paese del mondo, e tutto il Mondo paese.
E non esisterebbero Underground, Gatto nero gatto bianco, Ti ricordi Dolly Bell?, il Benigni migliore, gli spunti validi di Radiofreccia, tutta la mitologia di quella riviera romagnola che ancora oggi è un mito non solo del passato, ma anche del presente e del futuro.
Perchè gli anni passano, trascinati dai soffioni nel vento, pronti a seminare nuove generazioni.
Non esistono Spring breakers, da queste parti.
Nessuno può rompere l'incantesimo, o il sogno.
E viva la madonna, meno male che è così.
Meno male che è esistito, esiste ed esisterà Federico Fellini.
Pronto a ricordarci cosa significa ricordare.
Perchè non può essere altro, quando il riferimento è il Federico Nazionale, il più grande - a mio parere - regista italiano di tutti i tempi: e in questo caso ci ritroviamo di fronte ad uno dei manifesti dell'arte del Maestro, quell'Amarcord che riportò l'Oscar per il miglior film straniero tra le mani del regista riminese, e che, ai suoi occhi, rappresentò una dichiarazione d'amore per la sua infanzia e la terra d'origine celebrata nella parte iniziale della sua carriera ed accantonata per le sue grandi avventure romane, da La dolce vita a 8 e 1/2.
Amarcord sono le stagioni che avanzano, "gironlanz, gironzolan, gironzalon", portano per le strade delle nostre memorie semi che verranno raccolti da alberi pronti, a loro volta, a vedere altri semi crescere in altre stagioni.
Sono i turbamenti adolescenziali, gli scherzi ai professori, i conflitti con i genitori, le liti in famiglia, i primi sogni erotici nascosti a qualsiasi figura autoritaria.
Sono le piccole rivincite prese in sogno, quel luogo in cui si è piloti o condottieri, protagonisti o improvvisati visitatori di esotici harem.
Sono le imprese dei genitori, che per quanto possano sentirsi lontani dai figli faranno di tutto affinchè gli stessi possano imparare il valore di una vera Resistenza.
E' il luogo in cui si cresce, che giunge ad assumere le dimensioni mitiche di un racconto mano a mano che il tempo lo rapisce, pezzo per pezzo, sfogliando il mosaico della nostra mente.
E' un grido disperato, ironico, giocoso e malinconico, un "voglio una donna" lanciato verso l'orizzonte sempre troppo lontano.
E' la Storia, che con le sue rovine ed i suoi pezzi pone le fondamenta del futuro nato dal quotidiano.
Un sogno popolare, quello della più bella - e desiderata - del borgo e di una nave così grande che pare uscita da un film di quelli che fanno solo in America, così lontano che si riesce soltanto ad immaginare aiutati da un pò di pellicola ed immagini colorate.
Amarcord siamo noi stessi, pronti a rimbalzare nel Tempo come impazziti, cavalcando una macchina che non esiste ma che è proprio lì, di fronte a noi, a difendere i miti creati dal sentimento anche quando gli stessi finiscono per cedere alla quotidianità, a quello che è il naturale percorso che prendono, presto o tardi, le nostre esistenze: è un film profondamente autunnale e mortuario, eppure traboccante primavera, speranza, passione, voglia.
Perchè proprio questo era Federico Fellini: un calderone, come la sua straripante arte fatta di decadenza e magia, sogno e realtà, impeto e sonnecchioso magone.
Nessuno come lui seppe descrivere l'Italia della provincia, e renderla un Paese del mondo, e tutto il Mondo paese.
E non esisterebbero Underground, Gatto nero gatto bianco, Ti ricordi Dolly Bell?, il Benigni migliore, gli spunti validi di Radiofreccia, tutta la mitologia di quella riviera romagnola che ancora oggi è un mito non solo del passato, ma anche del presente e del futuro.
Perchè gli anni passano, trascinati dai soffioni nel vento, pronti a seminare nuove generazioni.
Non esistono Spring breakers, da queste parti.
Nessuno può rompere l'incantesimo, o il sogno.
E viva la madonna, meno male che è così.
Meno male che è esistito, esiste ed esisterà Federico Fellini.
Pronto a ricordarci cosa significa ricordare.
MrFord
"Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste."
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste."
Francesco De Gregori - "Viva l'Italia" -
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venerdì 14 settembre 2012
Amore 14
Regia: Federico Moccia
Origine: Italia
Anno: 2009
Durata: 95'
La trama (con parole mie): Carolina ha quattordici anni, due amiche inseparabili, una venerazione per il fratello maggiore, le disavventure scolastiche e sentimentali tipiche della sua età e tutti i clichè possibili rispetto alle ragazzine degli anni zero cresciute a pane e reality in tv.
Ma è anche in cerca del primo, grande amore: il ragazzo che possa portarla a compiere il passo definitivo verso l'età adulta e l'essere donna.
Quella persona speciale cui dedicherà la sua prima volta.
Suona agghiacciante, vero?
E questo è niente.
Perchè il film è anche peggio.
Rusty il selvaggio e Il grande Lebowski.
Vi starete chiedendo perchè, in apertura del post dedicato ad uno dei film più brutti che abbia mai visto indichi due pellicole più che cult firmate da signori registi come Francis Ford Coppola e Joel ed Ethan Coen.
Semplicemente, perchè le citazioni a loro riservate in questi novanta minuti e spiccioli di immondizia sono l'unica cosa che mi ha permesso di reprimere, anche se a fatica, gli istinti omicidi all'indirizzo di Federico Moccia, che non contento di aver ammorbato praticamente una generazione con libri e produzioni ben oltre il limite della decenza culturale continua a darmi idee non proprio rassicuranti a proposito della sua visione delle adolescenti.
Fatto sta che Amore 14 resta senza dubbio una delle esperienze più agghiaccianti che abbia avuto come spettatore, tanto da farmi rimpiangere, nell'ambito dell'ultima Blog War combattuta a suon di schifezze con il mio antagonista Cannibale perfino Troppo belli, che se confrontato con questa roba pare quasi un film - anche se televisivo -.
Come se non bastassero la qualità inesistente sotto ogni aspetto, l'idea assurda di affidare il ruolo di protagonista ad una sciapa biondina con più difetti di pronuncia di Jovanotti e Silvio Muccino dei tempi d'oro messi insieme, vicende che paiono uscite dal diario dei pensierini di un bambino con qualche ritardo nell'apprendimento, gli inserti con le animazioni riguardanti la classifica dei baci migliori e le risposte alle domande della voce fuori campo neanche fossimo nella più ridicola delle puntate di The Club - che non so se voi ricordate, ma per anni è stato un cult del trash, in casa Ford -, il ritratto di una generazione fornito al pubblico è allarmante sia dal punto di vista della presa di coscienza - saranno davvero così inesorabilmente piatti e senza speranze, questi anni zero? - che di influenza che prodotti di questo tipo possono avere sui ragazzini e le ragazzine che corrono in sala rimpinguando le finanze del già citato Moccia - che, fosse per il sottoscritto, a quest'ora sarebbe già in mezzo ad una strada, o peggio -: una cultura dell'apparenza, del messaggio facile sul cellulare e delle prime storie avute con quelli che sono praticamente quasi uomini - che, peraltro, continuano ad ignorare, da ultraventenni, il fatto che si stiano portando in giro ragazzine delle medie -, figlia di tutto il peggio che la tv abbia propinato al pubblico negli ultimi dieci anni, nessun reality o talent show escluso.
Roba da far apparire Tamarreide o Jersey Shore programmi ad alto contenuto artistico e culturale.
Roba da far apparire Tamarreide o Jersey Shore programmi ad alto contenuto artistico e culturale.
In un altro Paese, forse, roba di questo tipo non troverebbe neppure posto in sala.
In un mondo perfetto, forse, uno come Moccia non troverebbe alcun lavoro.
Ed il Cinema non dovrebbe sopportare insulti come questo: a ben poco serve non aver optato per il consueto finale zuccheroso da fiaba.
Questa roba fa schifo.
Davvero.
E se non fosse stato per l'ennesima battaglia con il mio antagonista per eccellenza, mai e poi mai mi sarei sottoposto ad una sorta di versione allucinata della Cura Ludovico made in Italy.
Statene alla larga, voi che potete.
E soprattutto, tenetene ben lontani i vostri figli.
MrFord
"L'amore non è un gioco
è condividere
è sentire il fuoco
è dare senza chiedere,
l'amore è devozione
è un'attitudine
è in ogni cosa
è la ragione del mio vivere."
Alessandra Amoroso - "L'amore non è un gioco" -
In un mondo perfetto, forse, uno come Moccia non troverebbe alcun lavoro.
Ed il Cinema non dovrebbe sopportare insulti come questo: a ben poco serve non aver optato per il consueto finale zuccheroso da fiaba.
Questa roba fa schifo.
Davvero.
E se non fosse stato per l'ennesima battaglia con il mio antagonista per eccellenza, mai e poi mai mi sarei sottoposto ad una sorta di versione allucinata della Cura Ludovico made in Italy.
Statene alla larga, voi che potete.
E soprattutto, tenetene ben lontani i vostri figli.
MrFord
"L'amore non è un gioco
è condividere
è sentire il fuoco
è dare senza chiedere,
l'amore è devozione
è un'attitudine
è in ogni cosa
è la ragione del mio vivere."
Alessandra Amoroso - "L'amore non è un gioco" -
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