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giovedì 16 giugno 2016
Euro 2016: primo round
Come fu per gli ultimi Mondiali ed i precendenti Europei di calcio, il Saloon non poteva mancare all'appello al momento di buttare giù qualche impressione a proposito delle rassegne più importanti legate ad uno sport amatissimo dal sottoscritto, il caro e vecchio pallone.
Quest'anno, complici la crisi della blogosfera, le minacce terroristiche e gli scontri tra facinorosi nascosti tra le tifoserie di diversi paesi e le forze dell'ordine francesi, è stato più difficile del solito decidersi a mettere da parte gli argomenti più pesanti per poter godere dello sport nella sua accezione migliore, eppure, alla fine, eccomi qui, a poche ore dal fischio di chiusura dell'ultima partita della prima tornata dei gironi che vedranno definirsi il tabellone eliminatorio della fase finale del torneo continentale - anche se il post sarà pubblicato con ventiquattro ore di "ritardo" -.
Un torneo che, fino ad ora, ha confermato che il calcio attraversa un periodo molto simile a quello della già citata blogosfera: squadre formate da superstar senza coesione o prive di talento, poche partite davvero interessanti e tante casualità.
Eppure, almeno per quello che si è visto, è stato premiato il carattere, lo stesso che, in mancanza d'altro, toglie le castagne dal fuoco un pò a tutti.
E se la Francia - nazione ospitante - si appresta pur non brillando e non essendo neppure lontanamente insopportabile come quella di Zidane, a primeggiare nel suo girone, la scena la rubano Svizzera ed Albania, con una sfida ricca di errori e ribaltamenti di fronte resa quasi poetica dallo "scontro" dei fratelli Xhaka, divisi dalla doppia nazionalità e tifati entrambi dalla madre pronta ad indossare sugli spalti una maglia divisa tra i colori dei due paesi.
Nel secondo girone sorprende il Galles di Bale, che non solo supera la Slovacchia, ma beffa Inghilterra e Russia bloccate da un pareggio oscurato dagli incidenti di Marsiglia, una vera e propria vergogna per lo sport e per i media pronti ad approfittare come avvoltoi della situazione: personalmente, per ora, considerato che non ho visto cose clamorose sul campo, non mi dispiacerebbe vedere proprio Galles e Slovacchia soprendenre i più blasonati avversari e proseguire nel cammino.
Alla Germania Campione del Mondo è toccato il compito di mantenere le aspettative che la vedevano favorita, e seppur non brillando, così è stato: per i tedeschi, probabilmente, sarà un gioco da ragazzi vincere il girone e confermarsi come una delle realtà più solide quando si tratta di competizioni internazionali. Polonia, Ucraina ed Irlanda del Nord dovranno lottare per le briciole.
Dal canto loro, le altrettanto pericolose per gli avversari Spagna e Croazia si sfideranno per il predominio in un girone che potrebbe essere molto importante per noi abitanti della Terra dei cachi, in termini di accoppiamenti per le eliminatorie: gli iberici, che hanno dominato le scene tra il duemilaotto ed il duemiladodici - e noi lo sappiamo bene -, sono in calo devastante, e forse la minaccia vera arriva da Modric e compagni, che potrebbero essere una delle sorprese dell'Europeo.
Il girone conclusivo, che ha visto l'Ungheria outsider del mitico portiere con il tutone Kiraly superare l'Austria che avrebbe dovuto essere una sorpresa ed il Portogallo fermato sul pareggio dall'Islanda - evidentemente, le "minacce" di Thor Bjornsson alias La Montagna all'indirizzo di Cristiano Ronaldo hanno sortito il loro effetto - mi fa ben sperare rispetto alle consuete squadre impreviste che mi ritrovo sempre a tifare in questi casi.
E veniamo a noi, o quantomeno a quella Nazionale che, radical o pane e salame, criticoni o facili all'esaltazione, alla fine porta ognuno di noi - anche chi tifoso non lo è per nulla - a seguire in qualche modo manifestazioni sportive come questa: personalmente, non ho mai amato Antonio Conte, come giocatore quanto come allenatore.
E ho trovato quest'Italia, almeno sulla carta, una delle peggiori di sempre: una Nazionale che si permette di lasciare a casa Bonaventura, Berardi e Totti ed affida il "dieci" a Thiago Motta la dice lunga sullo stato di salute anche calcistico del Nostro Paese.
Eppure, il Belgio delle belle speranze, costruito sulle spalle di ragazzi decisamente più giovani e talentuosi dei nostri "mediani", star delle squadre di mezza Europa, si è preso due schiaffi finendo per risultare davvero poca cosa, che sia per demeriti suoi o meriti tricolori: la certezza, per quanto ci riguarda, resta la difesa - da milanista, non posso che ammettere che il blocco juventino, là dietro, sia quello in grado di dare le garanzie migliori, graziato in questo caso da un Bonucci davvero oltre, anche rispetto al suo ruolo -, senza però che gli altri reparti abbiano sfigurato.
L'hobbit Giaccherini e l'espatriato Pellè firmano una vittoria inaspettata ed a suo modo entusiasmante, che non deve esaltare troppo - in fondo, anche agli ultimi Mondiali avevamo esordito vincendo - ma dare la giusta carica per affrontare una competizione che vede gli Azzurri decisamente come outsiders, neanche fossero l'ultima delle squadre "a sorpresa" che grazie alla tenacia e ad una forma fisica invidiabile in questo tipo di kermesse finiscono sempre per mettere in grande difficoltà le favorite.
Quella che ho vissuto durante Italia-Belgio non è la Nazionale strepitosa delle Notti Magiche, o quella del leggendario Baggio negli States, quella dell'Europeo buttato nel cesso nel duemila o del miracolo del duemilasei al Mondiale, e neppure quella di quattro anni fa, quando Balotelli ci illuse demolendo la Germania prima che la Spagna rimettesse le cose a posto con la spocchia dei grandi che mettono a tacere i piccoli.
Personalmente, da questo Europeo non mi aspetto granchè.
Ma non mi dispiacerebbe se l'Italia non fosse messa a tacere.
Piuttosto andarsene a testa alta, con la consapevolezza di aver dato tutto quello che si poteva dare.
E non importa chi ci troveremo di fronte, i calcoli sugli incontri determinati dalle classifiche degli altri gironi, o qualsiasi altra cosa.
Voglio pensare di poter lottare e godermi lo spettacolo dello sport.
Non della politica, delle minacce e della violenza al di fuori.
Di quella ce n'è abbastanza.
Quello che conta, è il brivido di quei novanta minuti all'interno dei quali tutto diventa possibile.
Come se fosse un film.
MrFord
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giovedì 1 maggio 2014
Senna
Regia: Asif Kapadia
Origine: UK, Francia
Anno: 2010
Durata: 106'
Durata: 106'
La trama (con parole mie): il primo maggio millenovecentonovantaquattro moriva tragicamente in pista, a Imola, uno dei più grandi campioni della Storia della Formula 1, Ayrton Senna.
Talentuoso, amatissimo, controverso, noto per la storica rivalità con Alain Prost, che portò il grande circo dei motori dagli anni ottanta ai novanta, e traghettò il pubblico dall'epoca delle drammatiche morti sui circuiti a quella del controllo che sancì l'inizio dell'era di Schumacher.
Le gesta del fuoriclasse brasiliano, dai tempi dei kart ai tre titoli mondiali, raccontate attraverso le immagini delle vittorie e delle sconfitte più importanti della vita di un uomo combattuto tra Fede e Ragione, passione e dedizione, modestia e spirito di competizione. E del segno che lasciò in uno Sport, in un Paese e nel mondo.
Ricordo bene, il primo maggio millenovecentonovantaquattro.
Stavo finendo il primo anno di superiori, e mi portavo ancora dietro e dentro l'eredità di una fanciullezza che avrei pagato cara almeno fino al terzo: i miei compagni di classe piangevano ancora la morte di Kurt Cobain, mentre io mi perdevo dietro una delle più grandi passioni che coltivai per tutta l'infanzia, la Formula Uno.
Da amante degli outsiders, fin dalle elementari e dalle improbabili sveglie in notturna per seguire il Gran Premio del Giappone tifavo con tutto il cuore le Benetton, che con il loro verde ed i piloti di fascia medio bassa mi conquistarono fin da subito: e detestavo i campionissimi come Prost e Senna, sempre in pole position, con le vetture migliori ed il talento pronto a sprizzare da ogni poro.
Mi pareva che tutto fosse troppo facile, per quelli come loro.
Semplice, pensavo da Goonie, essere sempre il primo della classe.
Ma la vita riserva sempre sorprese.
E il Destino è beffardo.
E il Destino è beffardo.
Così quel primo maggio Senna, conquistando la pole position in un weekend di prove maledetto - l'incidente terrificante di Barrichello, quello fatale di Ratzenberger - si impose come il favorito davanti al giovane di belle speranze Michael Schumacher, astro nascente dei motori, proprio al volante di una delle "mie" Benetton, divenute paradossalmente le vetture da battere: alla partenza un altro incidente da paura portò la safety car in pista e la gara su binari che nessuno si sarebbe aspettato - e che sarebbero stati, purtroppo, il preludio di uno dei GP più drammatici di sempre -, come quelli che condussero - in circostanze, purtroppo, mai chiarite completamente - Senna ad uscire alla massima velocità alla curva del Tamburello, giudicata come una delle più semplici da affrontare del circuito per un pilota del suo calibro.
Dritto per dritto, un impatto pazzesco contro il muro prima di carambolare di nuovo al lato della pista.
Ero in camera mia, di fronte alla televisione, ai tempi, e da subito intuii che qualcosa di grave era in atto guardando la testa reclinata sul lato sinistro dell'abitacolo dell'asso brasiliano che così fortemente, e per anni, avevo detestato.
Ricordo anche bene i titoli dei giornali il giorno successivo, i processi, le domande, il lavoro sulla sicurezza che da quel giorno venne svolto in modo da evitare che si ripetessero weekend come quello del maledetto Gran Premio di San Marino.
Clint Eastwood, nel suo Capolavoro Million dollar baby, ricorda fin dal principio quanto nell'Uomo sia presente il desiderio di accostarsi alla violenza, al brivido che corre lungo la schiena nel momento in cui l'adrenalina pompa, e le emozioni si moltiplicano: per i piloti che rischiano la vita alla guida di vetture lanciate a trecento all'ora ed il pubblico che, nonostante le apparenze, spera sempre nell'incidente spettacolare e possibilmente mortale pronto a scuotere le coscienze anche dei non appassionati e far sgranare gli occhi.
Il vecchio medico della Federazione amico del campione, Syd Watkins, proprio in occasione della vigilia della gara che sarebbe finita in tragedia, testimonierà di aver chiesto a Senna il perchè della sua voglia di continuare a correre, essendo già stato incoronato campione per tre volte ed avere, di fatto, una vita davanti, magari per dedicarsi alla pesca, e alla tranquillità: alla vigilia della morte, il fuoriclasse risponderà, semplicemente, che non può farlo.
La forza della passione.
Sono passati vent'anni, e mi rendo conto di aver parlato davvero poco del bellissimo documentario firmato da Asif Kapadia, quanto più dei ricordi che io stesso ho accumulato di quell'evento fondamentale per la Formula Uno, che ora come ora seguo molto meno e che spero di tornare a vivere con la stessa intensità di allora, magari accanto al Fordino, che mostra una certa passione per le macchinine: la morte di Senna, infatti, innescò un giro di vite che, se da un lato e per il dispiacere di molti - o tutti? - annullò o quasi i rischi di questa disciplina diminuendone, di fatto, la percentuale di spettacolarità, portò a quella che, ad oggi, è l'ultima morte documentata di un pilota del più importante circo di motori del mondo, con la sua politica, i suoi soldi, e le sue leggi scritte o non scritte.
Se fossi un uomo di Fede, come Senna, potrei quasi affermare che il suo Destino era proprio questo.
Un sacrificio in nome di qualcosa che avrebbe preservato le vite di decine di altri come lui negli anni a venire.
Ma non lo sono.
Sono un uomo di profonde passioni.
E di fronte alle dichiarazioni che chiudono il documentario, e al ricordo di Senna del suo esordio europeo nel mondo dei kart, lontano dai riflettori e dai giochi di potere, dalle rivalità e dalle sponsorizzazioni, o di un intera nazione commossa dalla morte di un simbolo per tutti i suoi figli, ricchi o poveri che fossero, e alla velocità, non posso che porgere omaggio.
Neanche fossi Prost, e non mi sognerei di esserlo neanche per sbaglio.
Io sono solo un Goonie.
Ma non credo che Ayrton, con tutto il suo talento, il denaro ed il successo, potesse affrontare la vita e le sue conseguenze con tanti più mezzi di quanti ne possa avere io, che da qualche mese sono diventato più vecchio di quanto lui sia mai stato, o potrà mai essere.
Spero solo che la sua gara - considerato che avrebbe voluto una vita più lunga della sua carriera da pilota - sia valsa la pena quanto lo è valsa per i milioni di tifosi che ancora oggi invocano quel nome come un'ancora di salvezza.
MrFord
"E ho deciso una notte di maggio
in una terra di sognatori
ho deciso che toccava forse a me
e ho capito che Dio mi aveva dato
il potere di far tornare indietro il mondo
rimbalzando nella curva insieme a me
mi ha detto "chiudi gli occhi e riposa"
e io ho chiuso gli occhi."
in una terra di sognatori
ho deciso che toccava forse a me
e ho capito che Dio mi aveva dato
il potere di far tornare indietro il mondo
rimbalzando nella curva insieme a me
mi ha detto "chiudi gli occhi e riposa"
e io ho chiuso gli occhi."
Lucio Dalla - "Ayrton" -
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