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martedì 24 luglio 2018

Sherlock - Stagione 4 (BBC, UK/USA, 2017)






Ai tempi della sua uscita in bluray, fu un ex collega e caro amico a regalarmi la prima stagione di Sherlock, quasi per caso, colpito favorevolmente da una fortuita visione e ben conscio della mia passione per il grande e piccolo schermo: ricordo che quella stessa stagione rimase in attesa mesi - e forse di più - prima di passare sugli schermi del Saloon e dare inizio ad un recupero di quelle che nel frattempo erano diventate tre annate nell'arco di pochissime settimane per uno dei prodotti più sorprendenti, ben recitati e scritti del panorama britannico e non solo.
Era inevitabile, considerata la qualità e la carriera in rampa di lancio dei suoi protagonisti - soprattutto un sempre fenomenale Benedict Cumberbatch - che si cominciasse a pensare ad una sua conclusione, e ci si potesse confrontare con un inevitabile calo nella resa complessiva: questo quarto giro di giostra, in qualche modo, unisce le due cose.
Perchè se da un lato consacra la leggenda di una coppia di personaggi - letterari e cinematografici - indimenticabili, Sherlock Holmes ed il suo fido compagno John Watson, dall'altro mostra per la prima volta il fianco ad una certa stanchezza rappresentata principalmente dall'episodio uno, senza dubbio il peggiore dell'intera saga dedicata a questa versione moderna del detective figlio della penna di Conan Doyle, ed una lentezza che a tratti rende la visione piuttosto ostica, quantomeno se paragonata a quella degli esordi: certo, la penna di Steven Moffat  è quella di un vero asso della sceneggiatura - ne è la prova della splendida seconda puntata -, le performance attoriali di alto livello, il gioco dell'epilogo avvincente, eppure le prime crepe in questa solidissima costruzione cominciavano a notarsi, e da questo punto di vista va fatto sicuramente un plauso alla produzione per aver intuito che, soprattutto quando si parla di serial di qualità, è sempre meglio chiudere in modo da lasciare un bel ricordo nel pubblico piuttosto che sputtanare quanto di buono è stato creato in precedenza, perchè purtroppo alla fine l'audience finirà per ricordare soltanto quello - esempi lampanti, in questo senso, Dexter e True blood -.
Riflessioni sui massimi sistemi del piccolo schermo a parte, però, varrebbe la pena di ricordare questa stagione di chiusura di Sherlock per la lezione che è in tutto e per tutto il già citato episodio centrale, dalla figura inquietante e quasi horror del serial killer "di potere" - simile a molti capi di stato purtroppo vivi e vegeti in tutto il mondo - agli straordinari twists orchestrati da Sherlock Holmes, folle, strafatto e sarcastico come e più del solito: se questa serie è stata celebrata ed amata così profondamente, negli ultimi anni, diventando un piccolo cult, è merito di una dovizia di particolari e di un talento come quelli che hanno generato una "puntata" di quel calibro.
Certo, partire da una base come quella dei residenti di Baker Street può apparire facile, ma non sempre solide fondamenta giustificano grandi costruzioni: mentre questo Sherlock, indubbiamente, lo è stato. E sono grato a tutti i suoi autori, così come alle storie che ha portato sullo schermo, per avermi lasciato un ricordo vivo ed intenso, di quelli che, un giorno o l'altro, mi porteranno ad incrociare di nuovo le strade di questi due incredibili protagonisti.
Proprio a partire da quel bluray.
E sono convinto che sarà semplice amarlo ancora una volta.
Anzi, elementare.



MrFord



 

mercoledì 31 gennaio 2018

Assassinio sull'Orient Express (Kenneth Branagh, USA/UK/Malta/Francia/Canada/Nuova Zelanda, 2017, 114')




Le bieche e classiche operazioni da botteghino "di lusso", fatte di grandi produzioni e cast all stars, di norma sono un campo minato entro il quale non mi piace affatto mettere piede, considerato che il tempo è poco e se proprio devo rilassare il cervello preferisco qualche bella proposta tamarra e trash per godermela in tranquillità: come se non bastasse, nel caso in questione la forte antipatia per molti degli attori ed attrici presenti ed il fatto di non aver mai letto il romanzo di Agatha Christie o visto il celebre film di Lumet rendeva l'approccio ancora più ostico.
La tempesta di bottigliate che prevedevo alla vigilia, però, non si è abbattuta su Branagh e soci, che portano a casa la pagnotta con un compitino ben confezionato pronto ad avere le spalle ed il culo parati da una storia avvincente ed assolutamente innovativa per i tempi in cui fu scritta, ennesima testimonianza della grandezza di una scrittrice incredibile e stimolo a recuperare - come feci qualche anno fa per Dieci piccoli indiani - la storia nella sua versione cartacea.
Da una grande storia, dunque, è difficile - specie con molti soldi ed un certo mestiere a disposizione - riuscire nell'impresa di portare sullo schermo un brutto film, e Assassinio sull'Orient Express certo non lo è, grazie ad un'affascinante cornice, la giusta tensione ed un paio di immagini - soprattutto nel finale - discretamente potenti: certo, non farà mai la Storia del Cinema e resterà comunque intrappolato nel grande oceano di proposte che lo spettatore finisce per dimenticare con il tempo, eppure rispetto a quanto poco mi aspettassi - o forse proprio per quello - si lascia guardare e, chi l'avrebbe mai detto, finisce per stuzzicare anche la curiosità per il seguito - Assassinio sul Nilo, anche questo legato ad una pellicola decisamente nota - e per l'impostato e piuttosto duro Poirot dello stesso Branagh, che pur non avendo nulla dell'immagine letteraria del detective riesce a renderlo credibile senza apparire ridicolo.
Perfino gente bollita come Depp, forse perchè costretta a recitare più sotto le righe del solito, risulta meno disturbante di quanto non sia, mentre altra come la Cruz scompare dietro una storia di vendetta, moralità, giudizio e morte assolutamente attuale e profonda, che mi ha fatto tornare in mente il triste caso Lindbergh, che lasciò gli Stati Uniti dominati dalla CIA di Hoover sconvolti.
Dunque ci si trova di fronte a qualcosa di sicuramente non memorabile o creativo nella messa in scena, ma comunque pronto a presentarsi bene e a non sprecare l'occasione fornita da una storia che funziona così incredibilmente bene: la Christie, probabilmente, che fosse per una grande intelligenza o per un rapimento alieno - lei stessa dichiarò di avere avuto più volte contatti con gli extraterresti - continua ad essere avanti anni luce rispetto alla maggior parte dei giallisti di maggior successo di questa e di altre epoche, e in questo caso anche a salvare Branagh e soci da un fallimento annunciato.
L'ambientazione d'epoca, il fascino del treno a vapore e del passaggio da Gerusalemme a Istanbul fino al cuore delle Alpi innevate fanno il resto, e trasformano un potenziale film da massacro in un innocuo e piacevole divertissement dal sapore di the delle cinque, perfetto - come è stato - per un pomeriggio da giornata detox in cui riposo anche dalle bevute.
E per una volta, in perfetto stile Poirot, posso mettere anch'io da parte i disequilibri e non giudicare troppo. Piuttosto, prendere il tempo per qualche pensiero in più.



MrFord



 

venerdì 22 gennaio 2016

Sherlock - Stagione 2

Produzione: BBC
Origine: USA, UK
Anno: 2011
Episodi:
3






La trama (con parole mie): archiviata - almeno per il momento - la minaccia di Moriarty, Sherlock Holmes ed il suo sempre più inseparabile socio John Watson si concentrano su nuovi casi che non solo li porteranno alla ribalta mediatica, soprattutto in rete, ma anche a confrontarsi con segreti militari mal gestiti dall'intelligence britannica ed un ritorno della nemesi per eccellenza del detective più geniale che abbia mai calpestato suolo inglese.
Riusciranno i due ad uscire indenni dal confronto con i nemici e loro stessi?
O dovranno cedere il passo alle differenze che li contraddistinguono o, ancor peggio, alle trappole che chi li vorrebbe annientati ha orchestrato per loro?
Solo il futuro, la ragione e, forse, da qualche parte sepolta nel profondo, la passione, potranno dare la risposta a questo quesito più importante delle risoluzioni degli stessi casi affrontati.











Nel panorama televisivo degli ultimi anni, che ha visto colmarsi il divario che da sempre correva tra produzioni per il grande e piccolo schermo, di fatto sdoganando nuovi fenomeni e portando registi ed attori abituati ad Oscar e grandi ribalte a reinventarsi proprio in questa rinnovata e fortunatissima realtà, si è purtroppo ormai quasi abituati a notare un progressivo impoverimento di idee ed efficacia con il passare delle stagioni delle produzioni seriali, con eccezioni sempre più rare.
E' più facile, dunque, incontrare titoli partiti a razzo ed andati in calando che non escalation vere e proprie in termini di qualità e resa - su tutte, si veda Breaking Bad -: Sherlock, figlia della BBC affidata alle interpretazioni perfette per i ruoli di Holmes e Watson rispettivamente di Benedict Cumberbatch e Martin Freeman, condotta ottimamente dall'artigiano della regia Paul McGuigan, con questa sua seconda stagione può considerarsi parte del ristretto club delle proposte in grado di stupire il proprio pubblico non solo confermando la qualità della stagione d'esordio, ma migliorandola.
I tre episodi che compongono questa season two, di fatto, mantengono lo spirito manifestato nei precedenti inserendo elementi di tensione più efficaci ispirandosi ed adattando alla grande sia le opere di Conan Doyle - come per la splendida puntata centrale, incentrata su una "riedizione" de Il mastino dei Baskerville - che i moderni thriller ad effetto in stile nolaniano - il season finale, incentrato sulla rivalità tra Holmes e la sua nemesi Moriarty, culminato con una chiusura che lascia l'acquolina in bocca per l'annata numero tre -: un vero successo per quella che, di fatto, resta una proposta di nicchia e per appassionati che si conferma, nonostante i numeri certo non da capogiro, come uno dei titoli più interessanti non solo del panorama televisivo, ma anche rispetto alla figura - mitica - dell'investigatore forse più famoso della Letteratura.
Impresa non semplice, considerato il quantitativo enorme di adattamenti ed incarnazioni di Holmes, dalla versione per ragazzi di Piramide di paura a quella di dipendente dalle droghe di Wilder, fino alla più recente, action e scanzonata di Guy Ritchie: lo Sherlock di Cumberbatch è molto rispettoso della "mitologia" del charachter, eppure l'ottimo interprete inglese - spalleggiato alla grande da Martin Freeman - riesce nell'impresa di svecchiarlo ed adattarlo all'epoca della Rete e delle armi biologiche - ottimo, rispetto all'utilizzo di internet, lo sfruttamento delle specialità di Moriarty, protagonista assoluto di episodio pressochè perfetto sotto tutti i punti di vista - senza perdere la solida e quasi piacevole antipatia che Holmes deve necessariamente portare in dote.
Un prodotto, dunque, consigliato non solo ai nerd filo-britannici o aspiranti romantici, che si inserisce alla grande nel filone crime e garantisce una qualità sempre alta anche per il pubblico non avvezzo ai deerhunter, alle pipe ed ai salotti da the.





MrFord





"We are enemy
opponent of the system
crushing hypocrisy
slaying the philistine."

Arch Enemy - "Nemesis" - 






domenica 9 settembre 2012

Piramide di paura

Regia: Barry Levinson
Origine: Usa
Anno: 1985
Durata: 109'




La trama (con parole mie): John Watson, nuovo allievo di una prestigiosa scuola londinese, si imbatte da subito in quello che sarà il suo compagno di stanza, nonchè futuro ed inseparabile socio ed amico.
Sherlock Holmes, giovane talmente brillante da risultare a tratti odioso e totalmente egoriferito, prende subito in simpatia l'impacciato Watson e ne diviene un compagno d'avventure, o meglio la persona che spingerà John a commettere tutti quegli atti sconsiderati dai quali il ragazzo si è sempre tenuto lontano.
Quando alcune morti sospette fanno vacillare le certezze di Scotland Yard, Holmes trascina Watson ed Elizabeth, innamorata dell'aspirante detective, in un'indagine che li porterà a scoprire l'esistenza di una misteriosa setta che affonda le radici della sua esistenza nell'Antico Egitto, nata per rendere possibile una vendetta inseguita per decenni.





Nonostante ormai qui al saloon siano passati molti dei supercult anni ottanta che da bambino fecero la storia - e le testine del videoregistratore - dell'allora casa Ford, complice un'atmosfera non proprio estiva - stagione perfetta per l'amarcord e la proposta di titoli come questi - e l'assenza - cui presto verrà posto rimedio - dalla considerevole collezione di dvd fordiana, Piramide di paura mancava ancora all'appello del blog più alcolico tra quelli cinematografici - e non solo -.
In realtà questo film - firmato, tra l'altro, da quel  Barry Levinson autore di gran titoli quali Tin Men, Good morning Vietnam, Rain man e Sleepers - fu uno dei più coinvolgenti di quell'ormai lontano periodo, divenendo il prototipo dell'avventura quasi quanto I Goonies o Indiana Jones: la sceneggiatura - alla stesura della quale partecipò anche Chris Columbus -, ispirata ai romanzi di Conan Doyle che già ben conoscevo, delineava i giovani Holmes e Watson in modo che i loro pregi e difetti fossero comprensibili anche ad un pubblico inesperto quanto loro, mentre i prodigiosi - per i tempi - effetti speciali della Industrial Light&Magic di Spielberg resero ancora più affascinante il risultato finale, che poteva contare su una buona dose di atmosfere al limite dell'horror grazie all'impronta misteriosa degli omicidi, apparenti suicidi resi possibili dall'utilizzo di un potente allucinogeno in grado di scatenare nelle vittime visioni terrificanti.
A completare un mix perfetto per i ragazzini dell'epoca assetati di brividi ed avventure, alcune sequenze rimaste impresse nella memoria di un'intera generazione: dalla sfida d'intelligenza e deduzione tra Dudley e Holmes - una corsa contro il tempo all'interno dell'istituto subito dopo l'arrivo del giovane Watson, scelto anche come voce narrante della storia - agli omicidi che danno inizio alla vicenda, senza contare l'incredibile passaggio della prima scoperta dei rituali della setta celata dietro le morti in grado di sconvolgere la città e lasciare senza riferimenti Scotland Yard ed il detective Lestrade.
Ricordo che le prime volte che assistetti al rituale, affascinato dalla colonna sonora e da quello che stava accadendo, rimasi turbato ed impietrito di fronte allo schermo almeno quanto mi accadeva rispetto all'analoga cerimonia di sacrificio pezzo forte di Indiana Jones e il tempio maledetto: di pari passo alla tensione e alla paura si facevano largo le emozioni di chi avrebbe voluto vivere avventure come quelle magiche e mozzafiato mostrate sul grande schermo, e finiva completamente immerso nell'atmosfera del film, ancora oggi affettivamente in grado di suscitare nel sottoscritto grandi emozioni.
Il rapporto, inoltre, tra Holmes ed il professor Rathe, in bilico tra la rivalità e l'equilibrio mentore/allievo, rende l'escalation della vicenda ancora più interessante, oltre a donare spessore alla figura del futuro investigatore qui ancora alle prime armi e non immune alla sconfitta - nel rispetto di quello che sarà anche il personaggio dei libri di Conan Doyle, così interessante forse più per i suoi difetti e fallimenti che non per le vittorie, aspetto reso alla grande dal sottovalutato e splendido La vita segreta di Sherlock Holmes di Billy Wilder, che occorre corriate tutti a recuperare -: Watson, dal canto suo, cresce accanto al compagno d'avventure emancipandosi almeno in parte dalla timidezza che lo contraddistingue, finendo per essere la spalla perfetta e, a tratti, rubando i riflettori al suo partner di scena.
Piramide di paura, dunque, rappresenta ancora oggi un'ottima proposta di Cinema d'intrattenimento per ragazzi e riesce - complice l'ottimo comparto tecnico - a non far sentire gli anni che passano, giocando principalmente su una cosa che non ha tempo e che, rispetto a quell'età ancora legata alla meraviglia, è come un richiamo che non può essere ignorato: il fascino dell'ignoto e della scoperta.
Se, dunque, avete figli, lasciate che gli stessi brividi percorrano le loro schiene.
Se invece volete tornare bambini almeno per un'ora e mezza, lanciatevi senza ritegno in questa montagna russa d'altri tempi.
In entrambi i casi, ne sarà valsa la pena.


MrFord


"Though I've lost quite a lot
I am still in control
they can keep what they've got
but they can't have my soul
and if I don't have this all worked out
still I'm getting closer, getting closer
I still have far to go no doubt
but I'm getting closer, getting closer."
Billy Joel - "Getting closer" -


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