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martedì 26 febbraio 2013

The sessions

Regia: Ben Lewin
Origine: USA
Anno: 2012
Durata: 95'



La trama (con parole mie): Mark O'Brien, giornalista e scrittore trentottenne colpito dalla polio a sei anni e costretto a vivere con l'ausilio di un polmone d'acciaio, decide di provare per la prima volta l'esperienza del sesso, vissuto fino a quel momento come una punizione ed una colpa a causa della sua profonda fede religiosa, che passa anche attraverso i colloqui con il confessore Padre Brendan.
Per poter affrontare al meglio questa esperienza, Mark si rivolge ad una terapista professionista, Cheryl, che dovrà educarlo come fosse un bambino alla consapevolezza del proprio corpo prima di aiutarlo a scoprire le gioie del sesso: tra i due, sessione dopo sessione, nascerà un legame più profondo di quanto entrambi potessero credere, e che lascerà un segno indelebile nelle loro esistenze.





Diverse volte, ormai, è capitato che parlando di film che affrontano argomenti delicati come la disabilità tornassero a galla i miei ricordi dell'anno - o quasi - del servizio civile, prestato all'inizio del nuovo millennio e ancora oggi l'esperienza lavorativa più intensa e costruttiva che abbia avuto: ricordo che quell'ormai lontano trenta novembre del duemila mi trovai spiazzato all'idea di dover affrontare quotidianamente la gestione di ragazzi più o meno della mia età alle prese con la realtà della disabilità fisica, e che l'ultimo servizio di quel giorno, che consistette nell'andare a prendere al suo pensionato Gloria e portarla a lezione fu assolutamente sconvolgente.
Questa ragazza studiava psicologia, aveva un paio d'anni meno di me, lunghi capelli ricci, occhiali che oggi si definirebbero da hipster ed un sorriso splendido: operata per un tumore al cervello, aveva perso la capacità di camminare correttamente, ed ormai priva del senso dell'equilibrio pareva più una sorta di caricatura del tipico sbronzo del sabato sera, perennemente basculante.
Il tragitto non era lungo, ma ricordo che ebbi paura di perdermela per strada e farla cadere praticamente ad ogni passo: lei mi incoraggiò, e per passare il tempo chiacchierammo di musica, in particolare dei R.E.M., la sua band preferita.
Poi c'era Panzer, uno studente di filosofia che era anche l'unico tra gli assistiti che notavo non avere un trattamento riservato e buonista agli esami e con i voti, o che aveva amici - e amiche - in facoltà proprio perchè risultava intelligente, ironico ed interessante, e non perchè facesse in qualche modo figo e alternativo avere un compagno disabile. Panzer - che ad ogni suo passaggio sfracellava i coglioni a tutti noi obiettori imponendo interminabili giri di colloqui con professori o alla ricerca di testi sconosciuti ai più - aveva perso la vista a undici anni a causa di una malattia genetica.
Ricordo che una volta mi disse, rispetto a sua sorella maggiore che per la stessa malattia si era ritrovata cieca quando di anni ne aveva diciotto: "A me dispiace per lei, perchè considerata l'età che aveva quando è successo non è riuscita ad accettare la cosa con la mia stessa serenità".
Pazzesco, ho pensato. Questo ha due coglioni grossi come quelli di tutti gli Expendables insieme.
Ed eccoci a quello che ho pensato rispetto a The sessions: a questo film mancano quei coglioni.
Perchè se John Hawkes è fenomenale, l'ironia gestita alla grande e la materia trattata con delicatezza ed intelligenza, l'evoluzione dello script sobria e non esageratamente ruffiana - considerato il soggetto -, al termine della visione ho avuto una sensazione di un vuoto che non avevo percepito con Quasi amici e neppure con il da me piuttosto criticato Lo scafandro e la farfalla, tantomeno con un cult totale come E Johnny prese il fucile - ma in questo caso non si parla esplicitamente di disabilità - o con il meraviglioso Million dollar baby: un peccato, da un lato, perchè il personaggio di Mark O'Brien - ispirato al suo corrispettivo reale - è davvero interessante sia per l'approccio quasi alleniano al sesso e basta ed al gentil sesso, e dall'altro perchè l'idea di mostrarlo come se il trauma della malattia l'avesse in qualche modo imprigionato ai tempi del suo essere ancora sano - e dunque bambino - potevano fornire spunti meno patinati e più coraggiosi almeno nella loro rappresentazione.
Certo, da un lato un merito del lavoro di Ben Lewin è stato proprio quello di non esagerare nell'essere paraculo - ed in questi casi una certa percentuale di ruffianeria è da mettere in conto - e di riuscire comunque ad emozionare il pubblico, ma avendo avuto un precedente neppure troppo lontano come quello del già citato lavoro di Toledano e Nakache il risultato risulta comunque edulcorato, quasi ad una sonata da camera si opponesse un brano soul proprio come nella celebre sequenza con protagonista lo straripante Driss nella pellicola francese clamorosamente esclusa dagli Oscar.
Se nel complesso ho avvertito, dunque, una mancanza di attributi per un film che, pur se basato sulla poesia e sul sussurrato, pareva avere un profondo terrore di alzare un pò la voce - ed i toni -, considero riuscitissime tutte le parti dedicate ai comprimari, in particolare l'assistente di Mark, Vera, descritta in punta di piedi eppure a mani basse il charachter più sfaccettato ed interessante dell'intera pellicola.
Meglio rispetto alle aspettative che potevo avere in merito - si prevedevano bottigliate selvagge, così sulla carta - ma decisamente troppo poco per farmi ricredere come è già capitato più di una volta dall'inizio dell'anno.


MrFord


"Now, I'm gonna love you
till the heavens stop the rain
I'm gonna love you
till the stars fall from the sky for you and I." 
The Doors - "Touch me" -


martedì 13 marzo 2012

Quasi amici

Regia: Olivier Nakache, Eric Toledano
Origine: Francia
Anno: 2011
Durata: 112'



La trama (con parole mie): Philippe è un milionario parigino tetraplegico alla costante ricerca di un assistente che possa reggere la sua pressione ed i suoi ritmi.
Quando Driss, un giovane proveniente dai quartieri più problematici della città, ex detenuto ed in cerca soltanto di una firma su un documento per il sussidio di disoccupazione, porta il suo temperamento indisciplinato e solare all'interno della residenza dell'uomo, Philippe decide di assumerlo, conquistato dal modo di fare del ragazzo, che ha il grande pregio di trattarlo da pari a pari.
Il rapporto tra i due, iniziato non senza difficoltà, diverrà un'amicizia strettissima che permetterà ad entrambi di crescere ed osare, cambiando in meglio le proprie vite: il tutto senza dimenticare di portare un pò di rivoluzione anche nella quotidianità dei collaboratori di Philippe.



Il 30 novembre del 2000 fu il mio primo giorno di servizio civile.
Prima di quella data non mi era mai capitato di avere un contatto diretto con una persona disabile, e sinceramente l'idea mi spaventava non poco: il fatto di dovermi confrontare con ragazzi della mia età la cui esistenza era segnata inesorabilmente da una sedia a rotelle o dalla cecità mi faceva tremare di fronte alle infinite possibilità di fare figure di merda a raffica parlando con loro, sbagliare in qualcosa nell'imboccarli o portarli in giro, per non parlare dell'assoluto terrore di finire a pulire il culo a qualcuno - paura che, fortunatamente, non ebbi modo di testare -.
Il mio debutto in solitaria come accompagnatore avvenne proprio il pomeriggio di quello stesso giorno: Gloria, una studentessa di psicologia che a seguito della rimozione di un tumore al cervello aveva perso il senso dell'equilibrio, parte dell'abilità motoria e la normale velocità nel parlare, doveva essere accompagnata a lezione. Un viaggio relativamente breve, dalla metropolitana all'aula dell'università.
Fu come riportare a casa un ubriaco camminando su un pavimento di cristalleria, sperando di non sfondarlo finendo con il culo per terra e tagliuzzato per bene.
Ora, a distanza di più di dieci anni, quando penso a Gloria non mi viene in mente nulla che riguardi la sua disabilità, quanto la sua passione per i R.E.M. ed il suo sorriso.
Non l'ho mai vista un giorno - neanche nei peggiori - senza quel sorriso.
Un bel sorriso, peraltro.
Ma perchè sto sviolinando un racconto sul mio passato da obiettore?
Certamente non per menarmela come un radical chic qualsiasi o farvi pensare a quando questo vecchio Ford sia un bravo ragazzo - cosa non vera, peraltro -: l'esperienza con i disabili è tosta, e uno dei passaggi più importanti è capire che non ci sono differenze, in un rapporto con una persona che abbia un qualche tipo di handicap.
Ho avuto "assistiti" con due palle d'acciaio e altri capaci di fare leva sul sentimento di pietà delle persone, ragazzi solari ed ottimisti ed altri profondamente incattiviti. Alcuni dei veri e propri stronzi.
Ed è proprio questo il bello dell'ottimo film di Nakache e Toledano.
E' tutto e senza ritegno genuino, sentito ed onesto.
Non ci sono cazzi, da una parte e dall'altra: dalla volontà - e dalla paura - di Philippe di essere visto e trattato come un uomo, a prescindere dal suo stato, alla pura gioia di vivere di Driss, con i suoi Earth wind and fire, la voglia di portarsi a letto la segretaria Magalie ed il terrore di finire a pulire il culo del suo capo - fidatevi, la sensazione di disagio alla sola idea è terrificante -.
Quasi amici è un film perfetto così com'è.
Certo, non tutto funziona, e a volte si percepisce un certo gigionismo, eppure, andando indietro con la memoria ad altre visioni decisamente retoriche e pesanti legate all'argomento - i soporiferi Mare dentro e Lo scafandro e la farfalla -, mi sento abbastanza tranquillo nell'affermare di essere di fronte ad una delle migliori pellicole legate alla disabilità della storia recente, e ancora prima - cosa importantissima - alla storia di un'amicizia costruita pezzo per pezzo neanche ci trovassimo nel più bromantico dei buddy movies.
Tutto funziona, dall'ironia al ritmo, e i due protagonisti sfoderano il meglio regalando interpretazioni sentite ed emotivamente coinvolgenti, dall'inseguimento in macchina che apre la pellicola all'ottima chiusura, primo vero segnale di una maturazione che segnerà - in positivo - l'esistenza di entrambi.
Stemperando la retorica ed alleggerendo i toni - perfette le gag della prima doccia e dell'ultima rasatura - il cocktail preparato dai registi risulta essere uno dei più sorprendenti di questo inizio anno, ennesima conferma di un 2012 cinematografico partito davvero nel più confortante dei modi: e nel rapporto di Driss con il fratellastro e la zia si riesce anche a trovare spazio per una riflessione sociale che vede il confronto tra due mondi e la loro distanza ridursi grazie a gesti apparentemente sorprendenti - l'incontro dello stesso Driss con il vicino dedito al parcheggio in sosta vietata - eppure espressione di una genuina normalità.
La stessa che rende grande questo film.


MrFord


"Wanna thank you,
wanna thank you
freedom in stride, love, peace of mind
we just wanna give Gratitude."
Earth, wind and fire - "Gratitude" -


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