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martedì 11 febbraio 2014

Hercules - La leggenda ha inizio

Regia: Renny Harlin
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 99'




La trama (con parole mie): Boyka, ormai dominatore incontrastato di tutta la Grecia e non solo, sfida e sconfigge un re dopo l'altro quasi annoiato per le poche difficoltà che gli si presentano. Quando la moglie riceve un'offerta che non può rifiutare da Zeus in persona e concepisce Hercules, che in realtà è un vampiro del clan dei Cullen, il re si infuria e finisce per ostacolare la vita del "suo" secondogenito in favore del sangue del suo sangue, il piuttosto codardo ed infido Ificle.
Mandato Hercules il vampiro a morire in un'imboscata spalla a spalla con Spartacus, Boyka si sente le spalle coperte: peccato che, quando si sottovalutano due eroi per antonomasia come loro, i nodi finiscono per venire presto al pettine, e nel giro di quattro lune l'insolita coppia di ribelli riesce non soltanto a scampare all'agguato letale, ma a fare carriera nel giro gladiatorio, tornare in Grecia ed organizzare un vero e proprio esercito per affrontare il re.





Fin da quando sono fortunatamente riuscito ad uscire dal pericolosissimo tunnel del radicalchicchismo cinematografico che colpisce, di solito, tutti gli aspiranti cinefili alle prime armi, i film clamorosamente trash ed altrettanto clamorosamente tamarri sono diventati uno dei guilty pleasures cui più difficilmente riesco a rinunciare, specie nei giorni in cui la stanchezza prende il sopravvento e la voglia di affrontare visioni impegnate ed impegnative latita.
Ho approcciato questo Hercules - La leggenda ha inizio con più di una perplessità, convinto principalmente da Julez - che pensava si trattasse dell'imminente Hercules: the Thracian Wars con protagonista The Rock, programmato per passare sugli schermi la prossima estate - poi addormentatasi attorno al trentesimo minuto, ed ho finito per godermi selvaggiamente uno dei titoli più terribili ed involontariamente divertenti passati al Saloon dai tempi dell'indimenticabile Sharknado.
Del resto, non avrei dovuto sottovalutare il veterano del trash dietro la macchina da presa Renny Harlin, già autore di chicche assolute come Cliffhanger, Driven, The covenant e Nightmare 4, così come un cast che, tolto l'assolutamente inespressivo Kellan Lutz - che le fan di Twilight ricorderanno piuttosto bene, dato che era l'unico ad apparire umanamente simpatico tra le fila del frigido clan Cullen - vede tra i protagonisti il vero erede di Van Damme - se solo lo sfruttassero un pò di più per qualche sano film di botte - Scott Adkins, il sempre presente, fordiano e mitico Rade Serbedzjia - che è passato da Kubrick a The Snatch, senza dimenticare Io sono Li e robaccia come questa, giusto per mostrare la sua anima vagabonda - nonchè l'indimenticato Spartacus Liam McEntyre, trovatosi anche in questo caso a recitare la parte del ribelle.
E devo ammetterlo: ho voluto bene, in qualche modo, a Hercules - La leggenda ha inizio.
Perchè se è vero che si sta parlando di un'assoluta vergogna cinematografica che pare la versione di serie b di un cocktail che mescola Braveheart, Il gladiatore e 300, che il mito di Eracle appare più semplificato e tagliato con l'accetta che nella serie che vide protagonista Kevin Sorbo all'inizio degli anni novanta, che le scene d'azione - pezzi forti di titoli non particolarmente "alti" come questo - sono girate ad uso e consumo del tanto odiato 3D e che negli States - e non solo - pare sia stato un floppone da record al botteghino - che esclude quasi categoricamente un ipotetico sequel -, il lavoro del buon Renny è onesto e senza davvero alcuna pretesa se non il becero ed ignorantissimo intrattenimento di grana grossa.
Niente a che vedere con Troy, dunque, tanto per citare un film che ho detestato con tutte le forze, pronto a riscrivere l'epica e la mitologia come se fossero robetta al servizio di una discutibile operazione commerciale, quanto più una cosa equiparabile al kebab o al panino con la salamella preso nel pieno della notte per esorcizzare i demoni della sbornia lungo la strada del ritorno a casa: una piacevole scoperta per questo vecchio cowboy, che di tanto in tanto sente davvero il bisogno di lasciare che sia solo la pancia - per non dire altro - a parlare, e che i bisogni primari ed i bassi istinti escano fuori a prendere una sana boccata d'aria.
Del resto, appena svegli o dopo un allenamento, di ritorno dal lavoro o a seguito di una prepotente mangiata, un giro in bagno risulta per essere un piacere che forse in molti giudicheranno più consono tenere sotterraneo - per l'appunto - ma senza dubbio godurioso: Hercules - La leggenda ha inizio è proprio così.
Un'onesta, consistente, rumorosa cagata.
Di quelle, però, capaci di farti tornare nel mondo con un'espressione più felice stampata in volto.



MrFord



"Cause I'm strong enough to live without you
strong enough and I quit crying
long enough, now I'm strong enough
to know you gotta go
there's no more to say
so save your breath and walk away
no matter what I hear you say
I'm strong enough to know you gotta go."
Cher - "Strong enough" - 



venerdì 12 aprile 2013

Io sono Li

Regia: Andrea Segre
Origine: Italia
Anno: 2011
Durata: 92'




La trama (con parole mie): Shun Li, giovane madre cinese giunta in Italia per lavorare nella speranza di portare un giorno con lei il figlio di otto anni, dalla fabbrica tessile di Roma in cui è impiegata da tempo viene trasferita in un bar appena rilevato da alcuni suoi compatrioti a Chioggia, nei pressi di Venezia, in una piccola città di pescatori come quella in cui lei stessa è nata.
Una volta abituatasi al nuovo impiego, la donna viene presa in simpatia da un gruppo di amici del posto tutti in età da pensione: tra loro c'è Bepi, detto il Poeta, che trent'anni prima si trasferì nel piccolo centro lagunare dalla Jugoslavia, e che ora è vedovo e resiste alle richieste del figlio di trasferirsi da lui a Mestre.
Tra i due nasce una sincera amicizia che provoca malumori sia presso i capi di Shun Li che tra gli amici di Bepi, timorosi rispetto al fatto che la ragazza possa volerlo sposare per derubarlo.
Nonostante le brutture della vita, il legame tra i due troverà comunque un modo per conservare il suo significato.






Come tutti noi ben sappiamo la cara, vecchia, Terra dei cachi attraversa un periodo di crisi profonda non solo a livello economico e politico, ma anche cinematografico, mancando da tempo della verve che rese grande la nostra settima arte a cavallo del trentennio che portò dagli anni cinquanta alla fine dei settanta.
Nel corso delle ultime stagioni - se escludiamo le garanzie di Amelio, Bellocchio, Sorrentino e Garrone - l'unico nuovo volto ad aver davvero segnato con il suo passaggio le esperienze dell'audience - e della critica - è stato Giorgio Diritti, che con l'ottimo Il vento fa il suo giro ed il meraviglioso L'uomo che verrà ha regalato due vere e proprie pietre miliari.
Proprio all'eredità di questi due lavori si lega il gioiellino Io sono Li, passato un paio d'anni or sono al Festival di Venezia nelle Giornate degli Autori e pressochè ignorato dalla distribuzione, preoccupata esclusivamente, nell'ambito Italia, di invadere le sale con presunti blockbuster di infima qualità con protagonisti comici presi in prestito dal piccolo schermo: l'opera di Andrea Segre, invece, avrebbe meritato una vetrina decisamente più grande, oltre a riconoscimenti legati alla sua semplicità unita ad un approccio clamorosamente autoriale sia sotto l'aspetto tecnico che di narrazione - meravigliosa la fotografia del veterano Luca Bigazzi, profondo e toccante lo script, degno della grande tradizione del miglior Cinema orientale -.
La vicenda di Li, immigrata cinese che sogna di portare in Italia il figlio di otto anni - rimasto nella sua città natale con il nonno pescatore - ed imprigionata dalle imposizioni dei suoi capi - clamorose le situazioni come quella dei trasferimenti improvvisi, del non sapere quando il proprio debito rispetto a chi ha pagato viaggio e permesso di soggiorno sarà saldato, di non avere giorni liberi se non quando sono i boss a concederli - e dalle voci di una piccola realtà di provincia in cui una straniera più giovane è necessariamente a caccia di un vecchio pronto a cadere nella sua trappola matrimoniale, è portata sullo schermo con rigore e sensibilità, e raccontata concedendo spazio al quotidiano così come a scelte estetiche legate ad un approccio "alto", che ugualmente non pesano in nessun caso sulla visione rendendola in qualche modo radical chic.
Ed il rapporto tra Bepi e Li, nella sua complessa semplicità, è uno dei più commoventi che di recente mi sia capitato di vivere attraverso lo schermo: due "stranieri" che si ritrovano in un Paese che li accetta solo quando stanno al loro posto - ironico e da brividi il dialogo in cui il "Poeta" ricorda alla giovane amica che entrambi "sono stati comunisti" -, il primo incapace di pensare ad un'esistenza che sia lontana dal mare, dal suo casone da pescatore, dai luoghi che lo definiscono e rendono simile al padre della seconda, fedele al culto di un "suo" Poeta - Qu Yuan, una sorta di equivalente del nostro Dante - cui affidare le preghiere e la speranza che, un giorno, il figlio possa raggiungerla in quell'Italia strana e lontana che la riporta, con il paesaggio marino di Chioggia, alle origini da tempo accantonate.
Ed è proprio l'acqua con il suo essere pena e simbolo di libertà l'elemento chiave del lavoro di Segre: l'acqua che porta i sogni galleggianti di Li ed accarezza le reti da pesca di Bepi, cullando le solitudini di entrambi almeno fino al loro incontro.
Una giovane donna che lotta per il proprio bambino ed un vecchio bevitore che combatte per sopravvivere ed affermare il suo diritto di essere dove si trova.
Sono due sopravvissuti, Li e Bepi.
E si sa che il mondo, a quelli come loro, non regala o regalerà mai nulla.
L'unica strada è che quello stesso regalo sia concesso da chi abbiamo di fronte, e sa che si è già oltre gli ordini, le voci, i confini, le imposizioni o le maldicenze.
Il prezzo da pagare sarà sempre alto, ma almeno la pena sarà valsa per qualcosa che pesa quanto un'eredità, un lascito, il senso di un'esistenza che è affondata proprio quando si è trovata lontana dall'acqua che l'ha accompagnata per tutto il suo viaggio.
Ma ci sarà sempre la speranza.
La speranza è lì.
La speranza è Li.
Che illuminerà la laguna di Chioggia con la sua più grande lanterna, dono al suo più grande Poeta.


MrFord


"Ah gimme gimme good water,
ah gimme gimme gimme good water,
ah gimme good water,
please don't refuse me, mister,
I seen your daughter at the oasis
and I'm beginning to blister."
The Who - "Water" -


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