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martedì 22 maggio 2018

Black Sails - Stagione 4 (Starz, Sud Africa/USA, 2017)







E' ormai chiaro a chiunque abbia anche solo di striscio frequentato il Saloon il fascino che i pirati esercitano su questo vecchio cowboy, tanto da essere considerati a tutti gli effetti la mia seconda preferenza assoluta in termini di atmosfera, cornice, ambientazione di una storia: in particolare, i charachters figli della penna di Robert Louis Stevenson come John Silver sono diventati, con il tempo, tra i miei preferiti in assoluto quando si parla di Letteratura.
Certo, i pirati romanzati e resi "romantici" dagli scrittori e dal Cinema in realtà sono sempre stati espressione del peggio della società, criminali e reietti disposti a fare qualsiasi cosa e compiere atti indicibili, eppure al contempo emblema di una rivolta rispetto ad un sistema che, come un destino già scritto, schiaccia tutti quelli che desiderano vivere in modo diverso da quello che lui concepisce, e non prevede alternativa all'adattamento, forzato oppure no che sia.
In questo senso, il mix tra realtà e fiction di Black Sails - che porta sullo schermo personaggi di fantasia come John Silver e Flint accanto a pirati come Anne Bonnie e Rackham, realmente esistiti - mi ha ricordato molto, nel suo crescendo, l'epopea dei gladiatori ribelli di Spartacus, produzione sempre targata Starz: certo, l'epica della rivolta contro il grande impero qui è mitigata dalla naturale inclinazione al crimine, al delitto ed al peccato dei pirati, ma l'idea, in fin dei conti, nasce dalla stessa materia.
I pirati di Nassau raccontati da questa serie, pur coscienti dei loro limiti morali, combattono per un'indipendenza sociale rispetto ad un impero - quello Britannico - che impone regole e dettami in tutto il mondo, ma al quale loro - nonostante la nascita della maggior parte - non sentono di dovere nulla se non le origini: una guerra che non potrà portare che morte e distruzione per chi vi combatte da una parte e dall'altra ma che non scalfirà l'ordine costituito, perchè è quello stesso ordine che non solo ha costruito ed indirizzato il mondo, ma ha anche creato i propri antagonisti, quegli stessi pirati che disprezza e condanna.
Il crescendo di questa quarta e, purtroppo, ultima stagione, amplificato emotivamente dalla guerra esplosa tra Flint e Silver da una parte ed il Governatore Rogers dall'altra, con tradimenti, intrighi, voltafaccia, morti eccellenti e chi più ne ha, più ne metta, ha avuto il grande merito di chiudere al meglio una proposta poco conosciuta eppure potentissima come questa, penalizzata nelle ultime puntate forse proprio dalla decisione di scrivere la parola fine troppo presto al titolo - un'altra stagione ci sarebbe stata tutta, considerata la carne al fuoco - e, dunque, da alcuni passaggi tagliati con l'accetta che costringono lo spettatore ad accelerate brusche in termini di narrazione.
Poco importa, però: la parabola discendente dell'epoca d'oro di questi criminali divenuti loro malgrado eroi romantici e destinata fin dal principio ad una fine raccoglie le storie, vere o inventate, sanguinose o di speranza, di uomini e donne che ebbero, pur vivendo in quello che, in una galassia lontana lontana sarebbe stato ribattezzato "il lato oscuro", il coraggio di affrontare uno status quo che nessuno al mondo, allora, avrebbe avuto il coraggio neppure di osteggiare con il pensiero.
Ad alcuni sarà andata bene, ad altri meno, ci sarà stato chi, graziato dalla morte, ha finito per essere più fortunato di chi è impazzito da vivo, sopravvissuto o istituzionalizzato, e chi, invece, ha cercato di sopravvivere pensando alla propria pelle e ad una felicità lontana da una guerra che non avrebbe portato certo la vittoria.
Una sconfitta onorevole. O un furbo modo per rimanere in mare.
Fingere di aver accettato le regole per sventolare il Jolly Roger appena si è tra le onde con il vento nei capelli.
In fondo, essere pirati significa anche non mollare.
Anche quando, per farlo, occorre vivere sempre con il rischio incombente di un giro di chiglia.



MrFord



giovedì 15 febbraio 2018

Black Sails - Stagione 3 (Starz, Sudafrica/USA, 2016)




E' risaputo quanto i pirati siano stati, testimonianze alla mano, tra gli individui più crudeli e spietati della storia del crimine. Eppure, attraverso Letteratura, Cinema, Musica e via discorrendo, è oggettivo quanto ancora riescano ad esercitare un fascino indiscusso sul pubblico.
Sarà per la carica ribelle, o per l'anelito a vivere senza seguire le regole imposte dalla società bensì affidandosi ad un'autoregolamentazione che prevedeva ad un tempo benefici per tutti e sgarri per nessuno, per la cornice o il ruolo, ma ho sempre trovato le loro imprese ed avventure irresistibili, tanto da considerarli secondi soltanto al West della Grande Frontiera.
Black Sails, proposta Starz ispirata alle opere di Stevenson e a personaggi amatissimi dal sottoscritto come il Capitano Flint e John Silver, lontana dalla meraviglia, per l'appunto, de La vera storia del pirata Long John Silver, ma ugualmente potente, giunge alla terza stagione compiendo il salto che attendevo dal primo episodio: ribellione, tensione, morte, tradimenti, amore e sacrificio fanno da base alla romanzata interpretazione della rivolta dei pirati all'ingombrante presenza del governo inglese, all'idealizzazione del sogno di Avery - avventuriero al quale si attribuisce la paternità della pirateria "da romanzo" - di un luogo in cui uomini e donne senza legge, grazie alla loro forza, sono in grado di gestirsi senza alcun bisogno di un governo, di regole o di imposizioni.
La lotta di Flint, Anne Bonnie, Charles Vane, John Silver e compagni per scrollarsi di dosso un passato che li trasforma in mostri divenendo mostri per il mondo "civile" schiavo delle alleanze e delle giustificazioni politiche solletica il lato del sottoscritto pronto a riconoscere che, se fossi nato in condizioni, luoghi e situazioni diverse, sarei appartenuto senza dubbio alla parte senza legge del mondo: e dall'addio ad uno dei pilastri della serie - una scelta che non condivido, ma lungimirante e splendida in termini di scrittura del personaggio - all'escalation che chiude la stagione e completa la costruzione del personaggio di Long John Silver, partito molto in sordina e divenuto una rappresentazione più che degna di quella che è la sua incredibile controparte letteraria, restano dieci episodi da fiato sospeso, pregni di un'umanità rabbiosa e feroce, guidati da una passione senza controllo, fuoco che alimenta l'immaginario di una figura come quella del pirata, protagonista di vite difficili, crudeli, stentate ed allo stesso tempo rese uniche e senza limiti.
Personalmente, più che chiedermi come verranno sciolti i nodi sospesi nella quarta ed ultima stagione, penso a godermi la magia che il concetto di Libertà a tutti i costi espressa sulla carta da grandi scrittori rispetto ai pirati regala al petto quando si gonfia di aria che non si vede l'ora di buttare fuori dopo aver assaporato, di ribellione alle pochezze contro le quali siamo costretti a batterci nella vita di tutti i giorni e nella società, di denaro che si spenderà subito dopo averlo guadagnato, di donne con le quali si condividerà il letto per conservarne solo un ricordo buono per i sogni nelle serate di solitudine, di ingordigia e passione, che sono i motori del mondo e di tutte le vite che vengono vissute senza ipocrisie e mani ritratte dopo aver scagliato il sasso.
Questo, probabilmente, è il vero fascino del pirata nel senso più romanzesco del termine.
Quasi fosse l'antesignano del punk, il pirata è un vaffanculo allo stato sociale nel senso più statico, bigotto ed impostato - o falsamente impostato, anche peggio - che si possa immaginare.
E in questo senso, non posso che schierarmi dalla parte dei Flint, dei Vane, dei Silver.
E sono ben disposto a fare incetta di peccati per trovarmi in loro compagnia.



MrFord



mercoledì 15 novembre 2017

Black Sails - Stagione 2 (Starz, Sud Africa/USA, 2015)




Il mondo dei pirati è da sempre una calamita per l'attenzione di questo vecchio cowboy, che pone galeoni, rum ed arrembaggi appena dietro le cavalcate nelle grandi pianure: da L'isola del tesoro a La vera storia del pirata Long John Silver, alcuni dei miei romanzi preferiti di sempre sono legati a questo tipo di cornice, ed anche su grande schermo le avventure marinare hanno sempre esercitato un fascino irresistibile.
Quando, anni fa, conobbi grazie al mio fratellino Dembo questa produzione Starz, incentrata proprio sui personaggi di John Silver e del suo capitano, Flint, non seppi resistere, incontrando una prima stagione molto interessante che, forse, venne penalizzata e non poco proprio dalla mia fresca lettura del già citato La vera storia del pirata Long John Silver, che si era rivelata troppo grande per non seppellire al confronto qualsiasi altra vicenda avesse come protagonista il mitico John.
Lasciate dunque calmare le acque, ho finito per tornare al timone e rimettermi sulle tracce di questi personaggi ad un tempo romantici e crudeli, attaccati alla vita e pronti ad aggredire ed aggredirla, e dal primo episodio di questa seconda stagione mi sono ritrovato immerso quanto e decisamente più rispetto alla season d'esordio, finendo travolto da un'escalation che non solo ha portato al racconto nella versione Black sails della perdita della gamba di John Silver - tratto distintivo del pirata nel già citato L'isola del tesoro -, ma anche ad una serie di colpi di scena dalla forza e dalle potenzialità per le due annate successive davvero enormi, in grado di mostrare senza eccessiva spettacolarizzazione le contraddizioni di questi uomini e donne che vissero ai margini e ben oltre della Legge e della Società per come veniva intesa allora - ed ancor di più oggi - ma che tra loro regolamentavano il tutto attraverso regole ancora più precise, per inseguire il miraggio di una società perfetta costruita sull'equilibrio di persone slegate da qualsiasi codice o regola per l'appunto sociale.
Una sconfitta in partenza che mantiene ed esercita un'attrazione difficilmente gestibile da persone inclini al caos come il sottoscritto, che nel modo di approcciare qualsiasi situazione in modo da trovare la soluzione migliore per sopravvivere ed avere il vantaggio migliore in pieno stile Ulisse di John Silver, nella determinazione furiosa di Flint, nella passionalità selvaggia di Charles Vane - il suo discorso di fronte alla gente della Carolina nel corso del processo a lui e Flint mi ha fatto quasi saltare in piedi sul divano -, trova un modo per assaporare la pelle d'oca scuotere fin nell'anima.
Segno, questo, pronto a dimostrare che proprio come Silver, in quel contesto avrei cercato di evitare con tutte le forze un'esistenza rischiosa e spesso grama come quella dei pirati ma mi ci sarei trovato dentro per indole, inclinazioni ed attitudine.
La proposta Starz, dunque, porta sullo schermo tutto lo sporco della vita dei predoni del mare dei tempi, la lotta per la sopravvivenza - anche se renderebbe decisamente meglio, in questo caso, l'inglese struggle -, il rispetto di alcune regole ed al contempo di nessuna, i richiami dell'ignoto, di sogni folli, di sbronze senza ritorno e sesso senza limiti, e lo fa con perizia nella realizzazione, ottime caratterizzazioni da parte dei protagonisti, scrittura molto interessante ed un'atmosfera che non cerca facili conquiste, ma punta i cannoni dritta al bersaglio grosso.
Una volta a bordo con gentaglia di questa risma, fidatevi, sarà davvero difficile pensare a fare vela verso la terraferma.
A meno che loro non vogliano offrirvi un viaggio senza ritorno nelle profondità dei mari.
O dei loro cuori.




MrFord




 

domenica 17 maggio 2015

Black Sails - Stagione 1

 Produzione: Starz
Origine: USA, Sudafrica
Anno: 2014
Episodi: 8



La trama (con parole mie): a Nassau, nel cuore dei Caraibi, si trova uno dei crocevia più importanti legati al mondo dei pirati ed alle navi dedite agli arrembaggi ed alle razzie in tutti i mari, coordinato dalla giovane Eleanor Guthrie. Quando il capitano Flint recupera, insieme al sopravvissuto ed opportunista John Silver, la mappa che potrebbe condurlo alla rotta della leggendaria nave Urca, portatrice d'oro, le trame attorno al centro nevralgico del mondo piratesco si infittiscono: insieme ai Guthrie ed alla ciurma del capitano Vane, infatti, elementi di spicco del mondo criminale e di quello ufficiale delle marine britannica e spagnola si contenderanno il dominio non solo della zona caraibica, ma degli oceani.







Quando il mio fratellino Dembo è giunto dalle parti di casa Ford portando in dono l'intera prima stagione di Black Sails, firmata in parte da Neil Marshall ed ambientata in una cornice che ha sempre esercitato un fascino unico sul sottoscritto, pensavo avrei assistito ad uno dei miracoli del piccolo schermo più clamorosi dell'anno.
In fondo, dai tempi di Monkey Island l'ambientazione piratesca e caraibica è sempre stata una delle mie favorite insieme a quella western - come questa, wild and dirty -, e l'idea di un prodotto violento e tosto che mi ricordasse l'ottimo e sottovalutato Master and Commander - che solcherà i mari da queste parti domani, per continuare su questa rotta - mi stuzzicava non poco: il risultato finale, però, a prima stagione archiviata, è stato almeno in parte al di sotto delle pur alte aspettative, complici un cast privo del carisma che mi sarei aspettato - da John Silver alla ciurma di Charles Vane - e la mancanza di quella scintilla in grado, nel caso di alcune serie, di mettere addosso la quasi esigenza di correre a vedere l'episodio successivo appena terminato quello che si sta guardando.
Nulla da dire sul comparto tecnico o la ricostruzione d'epoca, la violenza o il sesso - che, comunque, potrebbero essere spinti ancora di oltre -, ed al prodotto in generale: semplicemente, almeno per il momento, a Black Sails è mancato quel "barbarico YAWP" in grado di far compiere al prodotto di Michael Bay il salto di qualità in grado di farlo diventare una serie irrinunciabile dall'hype che cresce stagione dopo stagione.
Le potenzialità restano, e sono convinto che, se aggredito con un piglio più deciso in fase di scrittura, già con la seconda stagione charachters come Eleanor Guthrie e Charles Vane - che ricorderanno, completamente diverso nell'approccio e nello stile, i fan di Shameless - potrebbero spiccare il volo di fatto portando ad un altro livello l'intera produzione: a salvarsi dal mezzo scivolone, invece, è l'ottimo Flint di Toby Stephens, protagonista disequilibrato e completamente schiavo delle sue passioni e decisioni, in grado di slanci da grande leader e follie da psicopatico senza se e senza ma.
A proposito di Flint, considerata la chiusura di stagione e la speranza di rivedere il dato per morto Bones, le premesse della costruzione di una storyline da brividi ci sono tutte, anche considerando l'etica profondamente criminale e piratesca dell'uomo a fronte di un passato ed una formazione decisamente istituzionali e molto "british".
Del resto, in un'epoca ed al centro di una società parallela al mondo "comune" come quelle mostrate da Black Sails solo i più duri ed i sopravvissuti, probabilmente, finivano per avere qualche possibilità di farcela, quasi la Legge della giungla fosse stata trasportata in mare, regolata da parole d'onore spesso e volentieri tradite da violenza e menzogne via via sempre più grandi, condite da botte, sangue e sesso.
Nonostante questo, e la differenza rispetto allo stile di vita continentale dei tempi, l'approccio dei pirati e degli esploratori del mare è senza dubbio e profondamente umano: inseguire una chimera, una nave, un tesoro o chissà quale scoperta rappresenta, in un certo senso, quello che Moby Dick è per Achab, o Godot per Beckett.
O un qualsiasi sogno per uno qualsiasi di noi.
Come prodotto molto umano, dunque, i margini di miglioramento ed i difetti sono decisamente marcati, ma ho fiducia che, con il sudore e la fatica, questa rotta porterà in futuro a qualcosa di più grande di quanto non si sia visto fino ad ora.




MrFord




"When the going gets tough
and the stomachg acids flow
the cold wind of conformity
is nipping at your nose
when some trendy new atrocity
has brought you to your knees
come with us we'll sail the
seas of cheese."
Primus - "Seas of cheese" -



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