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giovedì 23 agosto 2018

The Leftovers - Stagione 1 (HBO, USA, 2014)




A prescindere dalle polemiche legate al suo finale, Lost ha inesorabilmente segnato il panorama delle serie televisive e della cultura pop come solo Twin Peaks fece prima, segnando - soprattutto con le prime tre stagioni - indelebilmente la Storia del piccolo schermo: da quel momento moltissime produzioni hanno cercato di percorrerne le orme sfruttando un certo metodo di narrazione, mescolando i generi, portando sullo schermo storie di fantasia basate sulle inquietudini reali e quotidiane di ognuno di noi.
The Leftovers, che ebbe un ottimo successo al suo esordio - e che in casa Ford, perennemente in ritardo, ignorammo -, si può tranquillamente inserire nel novero dei figli dei sopravvissuti più noti della storia della televisione, a partire dal mistero alla base della proposta - la scomparsa di un terzo della popolazione della Terra e le reazioni ed i segni lasciati nei sopravvissuti a tre anni di distanza dall'evento - fino all'utilizzo del passato dei protagonisti per approfondirne caratteri e scelte nel presente di narrazione, passando per il conflitto tra Fede e praticità che fu l'anima proprio di Lost - del resto, uno dei creatori di The Leftovers è Damon Lindelof, tra gli sceneggiatori di punta delle avventure dei naufraghi -: nel corso di questa prima stagione sono molti i momenti da bocca aperta e le sequenze da ricordare, i personaggi dallo spessore importante - Nora su tutti - e le riflessioni scaturite dalle posizioni prese dai protagonisti, siano essi i bianchi e muti fumatori o Kevin, lo sceriffo che cerca a tutti i costi di lottare per rimanere ancorato ad una realtà che pare perdere sempre più senso, confini e significato, o i figli di quest'ultimo.
Del resto, la perdita improvvisa di qualcuno è uno degli eventi più traumatici che potremmo ritrovarci ad affrontare nella vita, e non è detto che le ferite lasciate dallo stesso possano essere gestite sempre e comunque in modo costruttivo e non distruttivo, solido o completamente folle: nessuno di noi, del resto, è totalmente impermeabile, o privo di un punto di rottura, e spesso, quando quel qualcosa che ci portiamo dentro si spezza, trovare la forza e la via per ricostruirlo, o un sentiero per reinventarci diviene così difficile da rendere insostenibile la vita stessa: in questo senso Leftovers descrive decisamente bene - anche quando lo fa attraverso scelte e personaggi discutibili - queste sensazioni, e pur non essendo una tempesta come lo fu Lost colpisce e lascia il segno nello spettatore disposto a lasciarsi andare e farsi domande a proposito di quello che potrebbe essere un mondo diverso, o quelli che diventeremmo noi se ci trovassimo a vivere per le sue strade.
Si prende il suo tempo, a volte abbaia ed altre morde, si accoccola ai nostri piedi o attende una distrazione per un agguato al buio, eppure Leftovers è lì, pronto ad insinuarsi sottopelle come il dubbio che dopo la perdita resti solo il dolore, o sia importante sperare e ricordare per poter continuare a vivere, e trovare la propria strada.
Una battaglia a volte silenziosa, a volte gridata, che è anticamera di una guerra che abbiamo già perso, perchè con la perdita dovremo sempre e comunque fare i conti: di chi amiamo, e di noi stessi.
Lost, del resto.
Pare quasi il Destino.



MrFord



 

sabato 31 agosto 2013

Daylight - Trappola nel tunnel

Regia: Rob Cohen
Origine: USA
Anno: 1996
Durata:
114'




La trama (con parole mie): Kit Latura, ex comandante del servizio di soccorso di New York finito a fare l'autista a seguito di una scelta azzardata che portò alla morte di alcuni membri della sua squadra, si ritrova coinvolto in un pauroso incidente che vede uno dei tunnel che collegano la Grande Mela al Jersey isolato, a rischio di crollo e reso invivibile dai vapori emessi da alcuni rifiuti tossici.
Ignorando ogni autorità e sfruttando solo ed esclusivamente la sua abilità, l'uomo si troverà a lottare per la propria sopravvivenza e la salvezza di uno sparuto gruppo di persone rimaste intrappolate all'interno della pericolante struttura: tra loro il protagonista di un programma tv dedicato all'estremo, un'aspirante drammaturga, uno dei guardiani del tunnel nonchè alcune famiglie ritrovatesi, di colpo, in un vero e proprio inferno.
Non resterà, a quel punto, che affidarsi alla guida di Latura e sperare nel meglio: che, tendenzialmente, quando c'è di mezzo Stallone finisce per arrivare, prima o poi.





Prosegue, con grande goduria per gli occupanti di casa Ford, il recupero progressivo di tutte le pellicole con protagonista il mitico Sly che ancora mancavano di una visione del sottoscritto a seguito della promessa fatta con il Sylvester Stallone Day di ormai quasi due mesi or sono.
Daylight - Trappola nel tunnel, pellicola ad altissimo tasso di tamarraggine che tentò di rinverdire i fasti di cult come Die Hard o Speed trasportandoli nel pieno degli anni novanta - il periodo storicamente più sfortunato per gli action heroes del decennio precedente -, è stata una scoperta assolutamente piacevole, nonchè un esempio perfetto di Stallone d'annata che, seppur lontano dai livelli cult di cose come Over the top, Sorvegliato speciale o Cliffhanger, è riuscito a regalare al sottoscritto - per l'occasione in compagnia del Fordino - quasi due ore di divertimento senza ritegno, nel pieno rispetto di quelli che erano i tempi in cui si consumavano i nastri di vhs come questa godendosela senza fare troppe domande o prestando attenzione alla logica della vicenda, più simile a quella di un cartone animato che di un film adulto.
Un giocattolone, insomma, che fin dal principio ogni spettatore ben sa come andrà a finire e dove andrà a parare, ma che riesce ugualmente a regalare emozioni grazie ad una serie di imprese ovviamente ben oltre l'impossibile del nostro Stallone Italiano per una volta accompagnate da una non completa infallibilità dello stesso - del resto, era già accaduto con il già citato Cliffhanger di osservare la parte umana ed imperfetta dell'eroe Sly -, in grado di riportare alla luce la maggior parte dei superstiti dell'incidente dovendo accettare il fatto di perderne qualcuno, sfruttando di conseguenza anche l'elemento emozionale e strappalacrime - si fa per dire - esercitato sul pubblico.
Detto questo non resta molto da sottolineare se non di accettare Daylight così com'è, gustandoselo come un giro sull'ottovolante o su una di quelle giostre in stile Universal Studios - personalmente mi ha ricordato l'attrazione dedicata a Twister - concedendosi qualche riflessione giusto rispetto al cast, che vede affiancati a Stallone volti più o meno noti del grande e piccolo schermo come la protagonista Amy Brenneman - che i più conosceranno come volto de Il giudice Amy -, il caratterista Dan Hedaya - storico nome del sottobosco di genere soprattutto anni ottanta -, Viggo Mortensen - qui ancora ben lontano dai fasti de Il signore degli anelli o A history of violence - e soprattutto Sage Stallone, accanto a suo padre dopo Rocky V in una delle ultime apparizioni degne di nota - se così si può dire - prima della prematura scomparsa.
Analizzate quelle che potrebbero essere le "questioni tecniche", posso affermare senza alcuna remora di essermi divertito e non poco nell'affrontare un titolo lontano dal decennio favorito dell'action tamarra eppure nello spirito completamente fedele allo stesso, sguaiato nella regia ed implausibile nello script eppure perfetto per qualsiasi stagione: in fondo, questo tipo di pellicole non chiede nulla in cambio se non di lasciarsi tutto alle spalle e partecipare alla festa senza fare troppe domande o questioni sulla qualità degli alcolici che vengono serviti.
Ci si riempie il bicchiere e ci si butta nell'occhio del ciclone: ed è così che nascono gli eroi.
Soprattutto quelli action.


MrFord


"I got that tunnel vision, for you
I got that tunnel vision, for you
I got that tunnel vision, for you
I got that tunnel vision, I only see you."
Justin Timberlake - "Tunnel vision" - 


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