domenica 25 settembre 2016

Il sale della Terra (Wim Wenders&Juliano Ribeiro Salgado, Francia/Brasile/Italia, 2014, 110')




La fotografia, fin dai tempi dei miei primi viaggi da solo o in compagnia che segnarono il distacco dalle classiche vacanze con i genitori, ha sempre esercitato un fascino notevole, sul sottoscritto: la scoperta, poi, negli anni, di veri e propri artisti dell'obiettivo come Robert Capa - ancora oggi, forse, il mio preferito in assoluto, per quanto relativamente poco possa conoscere di questo mondo - aprì le porte a visioni di scatti talmente potenti da rendere un'immagine non solo una riproduzione, o un'opera, quanto più che altro una sorta di metafora del tempo che, di colpo e per quell'istante, pare smettere di scorrere o schiacciare il pedale dell'acceleratore puntando dritto all'infinito.
Sebastiao Salgado, da molti considerato forse il miglior fotografo di sempre, nel corso della sua incredibile carriera ha compiuto un vero e proprio viaggio attraverso l'Uomo e la Natura, un viaggio così importante e clamoroso da aver attirato l'attenzione non solo del pubblico e della critica, ma anche, in questo caso, di un regista importante ed affermato come Wim Wenders, legato al fotografo brasiliano da ammirazione ed amicizia da decenni, pronto ad accompagnare l'audience in questo film realizzato anche grazie all'apporto del primogenito di Salgado, che proprio con Wenders ha scritto e co-diretto il progetto, che illustra la vita e le opere del padre di quest'ultimo dai primi tentativi con una macchina fotografica ai progetti legati alla rivitalizzazione del pianeta a partire dai terreni che furono di proprietà della famiglia, nel cuore del Brasile rurale.
Con ogni probabilità, per un aspirante fotografo un titolo come Il sale della Terra potrebbe rappresentare un riferimento almeno quanto l'opera di questo incredibile artista, che più che essere ridotto semplicemente ad un uomo dietro un obiettivo, finisce per apparire come un avventuriero, un umanista, un innovatore, un profondo amante del nostro pianeta e delle sue meraviglie, anche quando le stesse finiscono per essere oscurate dalla malvagità umana: i suoi reportage legati ai viaggi in Africa, tra il Rwanda e la Somalia, o quelli nell'ex-Jugoslavia devastata dalla guerra, sono qualcosa di così potente da mettere i brividi e far pensare a quanto possa essere costato all'autore di quelle fotografie che paiono ferite a cuore aperto essere presente a testimoniare quello che stava accadendo: nel corso di quest'epopea delineata da Wenders nel modo più semplice possibile, ovvero sfruttando le immagini catturate da Salgado nel corso della sua carriera, corredate da estratti di video delle sue spedizioni ed i primi piani del fotografo pronto a raccontare a favore di macchina la sua incredibile vita.
In particolare, a prescindere dall'indubbia magia che trasuda dagli scatti del vecchio Sebastiao, la cosa più incredibile di questo film, di questo percorso, è la capacità di trasmettere una passione senza confini per la vita ed il nostro mondo da parte di quest'uomo, che ha viaggiato dal polo alle foreste inesplorate, sfiorato la guerra ed assistito a massacri e morti davanti ai suoi occhi, e passando dall'Inferno dell'Uomo è riuscito a trovare la forza per rinascere attraverso una sempre più intensa comunione con la Natura, vera e propria protagonista della seconda metà della sua carriera.
Ascoltare Salgado spiegare il brivido di poter fotografare una tartaruga delle Galapagos che poteva essere già adulta quando Darwin studiò quei luoghi, o quasi commuoversi pensando che un piccolo albero di qualche mese piantato per risanare i terreni in cui è cresciuto potrebbe arrivare a raggiungere i quattrocento anni è qualcosa in grado di superare i confini del Cinema e dell'Arte, ed aprire al contrario le porte alla vita.
Del resto, anche una fotografia, in qualche modo, sfida il Tempo e l'Eternità.
E' un istante che tende all'infinito, anche quando le creature da una parte e dall'altra dell'obiettivo hanno finito per diventare parte di questo miracolo che troppo spesso diamo per scontato: come spesso mi è capitato di scrivere, io sono un ateo miscredente, ma se devo credere a qualcosa, credo nella passione e nella vita che Salgado trasmette con la sua macchina tra le mani o, semplicemente, quando è seduto ed ascolta il respiro del pianeta.
Perchè il bello di essere così piccoli, a volte, è rendersi conto della grandezza che abbiamo di fronte.




MrFord




 

18 commenti:

  1. A me mi ha veramente impressionato questo film, sia in negativo che in positivo, perché se le foto sono incredibili, i soggetti, 'noi poveri umani', siamo delle bestie...in ogni caso fotografo davvero eccezionale Salgado ;)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Umano è la parola che, secondo me, definisce meglio questo lavoro straordinario e l'opera di Salgado.

      Elimina
  2. Sembra strano, per un documentario, per una fotografia, ma io ho pianto al cinema di fronte a questo film. E ancora adesso ho un tuffo al cuore ogni volta che se ne parla... soprattutto se se ne parla così bene :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un film davvero straordinario, che commuove e colpisce al cuore con una semplicità disarmante.
      Bellissimo.

      Elimina
  3. Hai fatto bene a recuperarlo; mi ricordo che avevi commentato nel mio post. Mi ha commosso ed estasiato. Uno dei migliori film del 2014.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un film straordinario davvero. Sono stato felicissimo, pur se in ritardo clamoroso, di recuperarlo.

      Elimina
  4. bellissimo, visto al cinema tempo fa... anche a me piace molto la fotografia, tra le mie preferite ci sono quelle di Vivian Maier, anche lì ne hanno tirato fuori un documentario...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se il documentario sulla Maier è di questa portata, lo recupero al volo! :)

      Elimina
  5. Mamma mia, Ford, ma quanto sei radical-chic a esaltare un film del genere? :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahahah meno male che non si tratta di un film radical dei tuoi, ma di vero Cinema d'autore fordiano! :)

      Elimina
  6. Amo moltissimo la fotografia,ma non vado pazza per il tipo di soggetti che fanno lui o McCurry,altro realizzatore di immagini potentissime ma su posti e tipi di umanità che non mi interessano.
    Nutro una venerazione per la Leibovitz,ma mi piacciono molto anche,fra i vecchi,Doisneau,Cartier-Bresson e Capa(ne parlavo già in questo post
    Mi associo al radical-chicchismo di cui parla sopra il Kid XD

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dopo tutta questa spataffiata di grossi nomi della fotografia, associarti al radicalchicchismo mi pare quasi una bestemmia! ;)

      Elimina
    2. Intendevo che anch'io penso,come lui,che da parte tua è molto radical-chic parlare bene di questo film XD
      Ah parlando di fotografia di tutt'altro genere,mi piacciono anche le cose pompatissime e tamarre di Peter Lik ;) e gli scatti disturbanti di Dianne Arbus

      Elimina
    3. Ahahahah e perchè mai!? Non è per niente un film radical chic!

      Elimina
    4. Non lo so,forse mi regolo dietro a tutti quelli che lo comprano da me in negozio...;)

      Elimina
    5. Su questo non ti posso certo dare torto! ;)

      Elimina
  7. Mi hai convinto a darci un'occhiata... Solo il titolo è evocativo!

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...