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lunedì 11 giugno 2018

Cobra Kai - Stagione 1 (YouTube Red, USA, 2018)







Chi frequenta il Saloon da un pò di tempo sa quanto potrebbe essere difficile, per me, scrivere un post dedicato alla prima stagione di Cobra Kai: un post che potrebbe uscire fordiano oltre misura, dedicato al Tempo che scorre inesorabilmente neanche fossimo i protagonisti del video de Gli anni degli 883 ai tempi d'oro, al decennio che mi ha visto iniziare a crescere ed amare il Cinema, alle prime vittorie degli outsiders che attraverso Rocky e Karate Kid hanno posto le basi per tanto di quello in cui ho creduto negli anni a venire.
E così come fu di recente per Creed, attraversare i dieci episodi di Cobra Kai è stato come guardare me stesso bambino, e ripercorrere i giorni che hanno trasformato quello che era un Daniel LaRusso in un Johnny Lawrence versione sensei in bilico tra desiderio di riscatto, alcool, voglia di trasmettere il lato positivo di un "cattivo": proprio con l'avvicinarsi del finale di stagione, Daniel - che nel ribaltamento delle parti continuo di questo prodotto assolutamente geniale per timing e riferimenti rimbalza spesso e volentieri da un lato all'altro della barricata in modo totalmente umano, come del resto faceva allora - afferma che la differenza tra lui e Johnny, più simili di quanto loro stessi non potessero sembrare, è stata data dai loro maestri.
Dall'indimenticato ed indimenticabile Miyagi al perfido John Kreese, chiunque di noi, nel corso della vita, avrà avuto modo di provare sulla pelle l'effetto che un buono o cattivo insegnante riesce a trasmettere: l'allievo avrà sempre la responsabilità di imparare al meglio quello che viene trasmesso - in questo senso, bellissimo il lavoro fatto sui personaggi, che hanno tanto del teen movie in senso positivo, di Miguel, Hawk e Robbie -, ma sta e starà al maestro fare in modo che non possano esserci cattive interpretazioni, o strade che possano portare dove nessuno dei due vorrebbe.
Cobra Kai, nel rispetto dell'originale Karate Kid - con qualche riferimento ai due successivi -, del rinnovato interesse per il fascino degli eighties, del prodotto indirizzato al pubblico adolescente, delle tematiche di attualità - interessante il fatto che il Cobra Kai, ai tempi casa dei bulli, sia ora il rifugio degli sfigati in cerca di riscatto e rivincita - racconta in modo semplice, emotivo, divertente e quasi magico un ritorno, una nuova generazione che potrebbe crescere con i miti della precedente, senza dimenticarsi chi, come una vecchia canzone ascoltata accanto ad un vecchio nemico in una vecchia macchina, porta indietro nel tempo.
Perchè il nemico vero resta sempre quello.
Che passa, e per quanto possa regalare nuove possibilità, un colpo alla volta, per dirla come Rocky, finisce per toglierci tutto quello che abbiamo. Inesorabilmente e senza appello.
Cobra Kai è una serie che, al contrario, ci permette di pensare, sperare, sognare di prenderci una rivincita con il bullo più grande di tutti, quello che porta alcuni a "colpire per primi" - nel timore di essere colpiti a loro volta - ed altri a "cercare l'equilibrio": il Tempo.
Quello che, inesorabilmente, si porta via i maestri buoni e cattivi, i colpi ricevuti o assestati, i ricordi, i sogni, quello che siamo stati e quello che saremo, e infine anche noi.
Quello che non ha pietà.
Il bello, però, e Johnny Lawrence lo sa bene quanto me, è sorprenderlo.
Mostrare che la forza non sta nel pugno, come gridava Kreese, ma nella capacità di chi potrebbe sferrarlo di decidere di non farlo, in pieno stile Miyagi.
E in quel modo, affondare un colpo più forte di quanto non si possa immaginare.
Questo Cobra Kai è stato decisamente uno di quei colpi.
Così forte che non me lo sarei aspettato.
Che mi ha divertito, commosso, fatto sorridere, ricordare, e pensare che tutti, prima o poi, passano dall'essere allievi ad essere maestri.
L'importante, in tutto questo, è che si pensi che non si smette davvero mai di imparare.
Di sorprendere e lasciarsi sorprendere.



MrFord



 

domenica 19 giugno 2016

Il ragazzo dal kimono d'oro 3

Regia: Larry Ludman (Fabrizio De Angelis)
Origine: Italia
Anno: 1991
Durata:
88'






La trama (con parole mie): Anthony Scott, il leggendario ragazzo dal kimono d'oro, si è trasferito in Sud Dakota con la famiglia lasciando gli amici ed i compagni di college, nonchè la sua divisa da battaglia come testimone per chi, in futuro, potrà raccoglierne l'eredità.
Quando, avendo campo libero, Joe Carson ed i suoi sgherri torneranno a terrorizzare il campus arrivando ad appropriarsi del kimono, l'arrivo del giovane Larry Jones cambierà gli equilibri: mosso principalmente dal coraggio, il nuovo studente finirà per accettare, provocato, le sfide di Carson e dei suoi, e trovato un maestro nel ristoratore Masura, quattro volte campione del mondo di arti marziali, per raccogliere il testimone di Anthony sfidando Joe con in palio proprio il kimono d'oro simbolo del percorso che fece il giovane Scott prima di lui.












Lo ammetto: quando, di recente, il mio buddy Steve si è presentato in occasione di Wrestlemania con in regalo i dvd dei primi tre film della saga de Il ragazzo dal kimono d'oro, non ero neppure sicuro di aver visto, ai tempi, questo terzo capitolo.
Soltanto dopo aver dato un'occhiata al menù di partenza del disco ho finito per ricordare, come una sorta di trashissima madeleine, di aver registrato e più volte affrontato con mio fratello ai tempi questo film, ovviamente con lo spirito dell'epoca, ben diverso da quello che, oggi, mi ha permesso di fare ben più di quattro risate affettuose rispetto ad una produzione ancora più televisiva e pessima delle precedenti, che vede non solo attori cambiati, ma anche nomi dei personaggi - il Dick del capitolo precedente pronto a diventare Joe Carson, come sarà fino al sesto ed ultimo film del "franchise" -, testimonianza di quanto, all'epoca, certe cose contassero davvero fin troppo poco - ricorderò per sempre l'adattamento italiano di Voglia di vincere, che nel doppiaggio prevedeva che il protagonista originale Scott diventasse Marty a seguito del successo di Ritorno al futuro, una cosa davvero agghiacciante -.
Ad ogni modo, la parentesi che ho vissuto nel recupero delle tre pellicole - perchè non credo di avere il coraggio di proseguire, considerato che le restanti tre finirono snobbate anche allora - è stata ludica e clamorosamente divertente anche quando si è trattato di prendere in giro l'abbigliamento, la faciloneria, le situazioni campate in aria in termini di script e chi più ne ha, più ne metta: in fondo, questo tipo di proposte di grana grossissima hanno fatto la fortuna e la spensieratezza della mia infanzia, e probabilmente gettato i semi per quello che sarebbe divenuto, decenni dopo, il pane e salame che tanto difendo e sostengo.
A difesa, per l'appunto, di questo numero tre, occorre ammettere che il nuovo protagonista Larry Jones appare quantomeno più simpatico di Anthony Scott/Rossi Stuart, sarà perchè effettivamente preso di mira dopo essere intervenuto in difesa dell'outsider Greg, per il suo background proletario o per il nuovo maestro Masura, decisamente più simile all'ispiratore del genere Miyagi del precedente Kimura, finto asceta davvero poco credibile soprattutto nella versione mostrata nel secondo capitolo.
Per il resto, trama e svolgimento sono quanto di più scontato potrebbe essere ritrovato in questo tipo di proposte: presentazione dell'eroe, presentazione dei suoi avversari, momento di difficoltà, addestramento con il maestro e vittoria finale, solo in una qualità da far pensare ai thriller del sabato sera di Italia Uno come ad una cosa davvero, davvero figa.
Rispetto ai primi due capitoli diminuisce la componente drammatica dei combattimenti - meno violenza e sangue, più richiami ai classici tornei di arti marziali di matrice "olimpica", Colpo del drago escluso, che ancora adesso mi chiedo, essendo un segreto di Kimura, come fosse inserito nel corso intensivo di Masura per diventare degli assi del karate nel giro di due settimane scarse -, mentre resta l'atmosfera universitaria ed in stile College - per richiamare un altro cult trash del periodo - del film precedente: probabilmente, ragionando a mente fredda, si potrebbe addirittura pensare di porre questo capitolo alle spalle del primo, ma in fondo, poco importa.
Si è trattato di un'operazione nostalgia che ho vissuto con grande piacere pur conscio dei suoi enormi, clamorosi e terrificanti limiti, lasciando che mi bastasse l'effetto quasi da droga del mitico kimono d'oro, o del Colpo del drago.
In fondo, non si smette mai di essere bambini.
Ed è bello, a volte, non dimenticarsene.





MrFord





"Now I’m banging on your door
just like four up on the floor
this is happening too soon
why are we battling the moon?
You are my golden, you are my golden, you are my golden."
Kylie Minogue - "Golden Boy" -





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