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venerdì 15 aprile 2016

Peaky blinders - Stagione 1

Produzione: BBC
Origine: UK
Anno: 2013
Episodi: 6








La trama (con parole mie): nella Birmingham del millenovecentodiciannove Thomas Shelby, reduce della Prima Guerra Mondiale decorato, guida la propria famiglia attraverso il mondo del crimine con la speranza, un giorno o l'altro, di portarla completamente alla legalità attraverso il riconoscimento del ruolo di allibratori legali.
Quando, a seguito della sparizione di un carico di armi d'interesse primario per il governo, il detective Campbell, già noto per aver operato in Irlanda contro l'IRA, viene assegnato alle strade dominate dei Peaky Blinders - questo il nome della gang degli Shelby -, le cose si complicano: l'utilizzo di un'infiltrata tra le loro fila ed il confronto tra Thomas ed i leader della criminalità organizzata locali costretti a fare i conti con una nuova realtà pronta ad imporsi per le strade finiranno non solo per mescolare le carte, ma per esporre ogni giocatore pronto a conquistare la città a rischi oltre ogni misura.












E' curioso, a volte, quanto titoli per genere e spirito affini restino colpevolmente nel dimenticatoio per stagioni e stagioni - specialmente per quanto riguarda il piccolo schermo - senza trovare spazio nella propria programmazione: è il caso di Peaky Blinders, proposta gangster made in UK da tempo consigliatami da più parti per qualità di interpretazioni e regia - del resto, la sua "anima nera" è lo Steven Knight di Locke - e per qualche oscuro motivo passata su questi schermi con un ritardo clamoroso rispetto alla programmazione originale.
Ambientata nella Birmingham del primo dopoguerra, cruda e tosta, spietata quanto basta ed altrettanto intensa in termini emotivi - del resto, si parla di Famiglia, lotta e sacrificio, tematiche popolari e sempre molto care al sottoscritto -, Peaky Blinders rappresenta la risposta anglosassone a Boardwalk Empire - altro titolo ancora colpevolmente snobbato dal vecchio Ford qui presente -, un prodotto tosto di quelli da approcciare senza paura di sporcarsi mani ed anime, forse non abbastanza clamoroso - almeno per ora - per far gridare al miracolo ma ugualmente potente ed in grado di lasciare il segno e lo stimolo a proseguire il cammino accanto agli Shelby guidati dal determinato Thomas - un ottimo Cillian Murphy - e dall'eminenza grigia Polly - uno dei personaggi femminili più interessanti della Storia recente del piccolo schermo, almeno da queste parti -, contrapposti ai rivali sul campo così come ad una nemesi nel corpo di polizia di quelle destinate ad un antagonismo alla morte - un Sam Neill carogna quanto basta per ricordare i "cattivi" da antologia -.
La cornice, inoltre, della periferia industriale inglese anni venti rende il tutto molto più crudo ed oscuro, come se non bastassero vendette, violenze, lotte senza quartiere pronte a portare l'orrore della guerra per le strade delle città anche una volta lasciato alle spalle il conflitto - anche perchè, specie in casi come quello della Prima Guerra Mondiale, i sopravvissuti non riuscirono mai davvero a tornare, e lasciarono almeno una parte di loro nel fango delle trincee -: perfino l'amore, non dimenticato come in ogni opera drammatica che si rispetti, pare non essere sufficiente a fare fronte alla cruda realtà ed al destino amaro che personaggi come Thomas, per scelta o natura, si ritagliano - o meglio, cuciono - sulla pelle.
Il fatto, poi, di finire, in un modo o nell'altro, a prendere le parti degli Shelby nonostante la loro natura di criminali un pò come si fosse nei panni della giovane Grace, è indicativo rispetto al grande lavoro svolto dagli autori e della natura umana, che muove i sentimenti e l'istinto prima del senso comune o dell'etica - senza contare che, personalmente, preferirei avere Thomas Shelby a coprirmi le spalle, rispetto al detective Campbell -: altro titolo, dunque, promosso e destinato, probabilmente, ad avere un'escalation nella resa, che non ha nulla da invidiare ad altri più noti e celebrati soprattutto dall'altra parte dell'Atlantico e riesce con grande partecipazione e passione a raccontare i lati oscuri di noi animali sociali, i predatori più pericolosi e gli animi più nobili ed inquieti che possano esistere.






MrFord






"Hey man, you know
you're never coming back
past the square, past the bridge,
past the mills, past the stacks."
Nick Cave & The Bad Seeds - "Red right hand" - 






lunedì 6 agosto 2012

La memoria del cuore

Regia: Michael Sucsy
Origine: Usa
Anno: 2012
Durata: 104'




La trama (con parole mie): Paige è una ragazza altolocata fuggita da genitori troppo opprimenti ed una storia che rischiava di diventare altrettanto triste, reinventatasi artista una volta rinunciato alla facoltà di legge e convolata a nozze con Leo, primo ed unico grande amore della sua vita.
A seguito di un incidente d'auto, Paige perde parzialmente la memoria, rimuovendo i cinque anni che la portarono alla rottura con i suoi e all'incontro con il marito.
Leo si ritrova così costretto a dover combattere per non perdere quella che era sua moglie e cercare di riconquistarla da zero, sperando che il ritorno al passato di Paige non sia troppo per un giovane proprietario di uno studio di registrazione che vive di sogni ed ironia tutti pane e salame.




So che cosa state pensando: quanto diavolo deve aver bevuto il vecchio Ford per propinare un voto tutto sommato discreto ad un film romantico che pare fatto apposta per qualche casalinga disperata o per il Cucciolo Eroico?
La prima risposta è: sempre troppo poco, purtroppo.
L'hangover è una brutta bestia, ed il lavoro e gli allenamenti mattutini del giorno dopo sempre incombenti.
La seconda è: The vow - bel titolo come di consueto snaturato dall'adattamento made in Terra dei cachi - non è così male come potrebbe sembrare.
Ispirato a fatti realmente accaduti e nonostante la presenza di uno dei più inespressivi tra i protetti fordiani - quel Channing Tatum dell'ancora indimenticato Guida per riconoscere i tuoi santi -, La memoria del cuore è la tipica - ma solida - commedia romantica perfetta per una serata di coppia dal giusto equilibrio tra le normalmente più sentimentali richieste femminili a quelle di spessore decisamente più ridotto maschili, un sapiente - e furbo - mix tra dramma e amore in grado di accontentare tutti pur non rischiando - ed osando - quasi nulla.
In questo senso, scomodando paragoni qui al Saloon importantissimi ed altri meno significativi - ma ugualmente piacevoli -, il lavoro di Michael Sucsy è riuscito almeno in parte a riportarmi alla mente due pellicole già cult per il genere come Zack&Miri e Amici di letto, scorrendo via piacevolmente senza mai apparire eccessivo e smielato come temevo sarebbe stato.
Certo, non siamo di fronte ad un film tanto convincente da considerarsi una pietra miliare - neppure nell'ambito delle commedie romantiche -, ma l'idea di fondo ed ispirazione della pellicola funziona ed è sfruttata senza particolari sbavature, riuscendo anche a stimolare riflessioni profonde nel caso in cui ci si trovi a guardarlo con la propria metà - e parlo di storie serie, non valgono quelle o quelli cui mostrerete questo film solo per portaveli a letto una volta! -: in fondo, dover ricominciare da zero con la persona amata - che poi potrebbe essere anche quella che conoscete più a fondo - senza che lei vi riconosca o abbia la memoria di uno qualsiasi dei ricordi che hanno costruito il vostro legame è senza dubbio una delle sfide emotivamente più difficili da affrontare sul terreno già abbastanza minato delle relazioni di coppia, e pellicole che hanno fatto la storia recente della settima arte - Se mi lasci ti cancello su tutte - hanno ricavato da scenari di questo tipo alcuni momenti assolutamente magici che dallo schermo finiscono dritti al cuore dello spettatore.
Le ambizioni di Sucsy non sono certamente le stesse di Gondry, eppure l'intera vicenda è narrata con semplicità ed appare priva di quella ruffianeria da film di San Valentino tipica di prodotti di questo tipo in grado, normalmente, di stuzzicare le mie bottigliate quasi quanto i presunti filmoni da bravi fighetti radical chic: anzi, l'intero lavoro pare molto simile nel suo approccio a quello di Leo, un tipo pane e salame di quelli che tanto funzionano qui al saloon e che saranno sempre benvoluti per ogni cazzotto ben assestato a qualche ex fidanzato uscito dritto dritto dalla versione yuppie di Wall Street.



MrFord



"I've been looking so long at these pictures of you
and I almost believe that they're real
I've been living so long with my pictures of you
that I almost believe that the pictures are
all I can feel."
The Cure - "Pictures of you" -


 
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