E' quasi confortante crogiolarsi in questa sorta di "periodo Eastwood", anche quando non è il vecchio Clint a muoversi dietro la macchina da presa.
Merito, in questo caso, del fatto che a dirigere la baracca ci sia uno dei grandi maestri di Eastwood, quel Don Siegel di cui ho già avuto modo di parlare di recente - La notte brava del soldato Jonathan - che figura nella dedica dell'immenso Gli spietati insieme a Sergio Leone.
Primo di una serie che vedrà realizzati cinque film - questo è indubbiamente il più riuscito -, ispirato alle vicende del killer dello zodiaco che terrorizzò gli Stati Uniti in quel periodo, "Dirty Harry" è divenuto, da subito, un cult del poliziesco, diventando un'icona nella filmografia di Siegel e Eastwood, e nell'immaginario collettivo, che da allora almeno fino alla sua produzione di regista degli ultimi anni, ha continuato a figurare nell'anarchico, reazionario Callaghan - Callahan in originale - la trasposizione su pellicola di Eastwood uomo.
Sicuramente, per un repubblicano come Clint, alcune analogie, soprattutto ai tempi della realizzazione di questo primo capitolo della saga, ci sono, considerato che l'ispettore ha più l'aspetto e il "modus operandi" di un cowboy in stile "Il cavaliere pallido", che non di un tutore dell'ordine che deve sottoporsi ai cavilli della burocrazia quando da la caccia ad un assassino.
E' interessante, potendo osservare la parabola dell'attore e regista nel corso della sua carriera, osservare quanto "Harry la carogna" abbia smussato gli angoli senza perdere carattere nel tempo, lasciando un'eredità unica - e che lo stesso Eastwood ha saputo far crescere, in tutti i sensi, anche democratici - in tutti i Gunny, i Terry McCaleb o i Walt Kowalski a lui seguiti.
Ma prima che mi perda nell'ormai mitologica figura del suo protagonista, è preferibile tornare al film, prima di sminuirne il sicuramente grande valore: pur se datata - soprattutto se confrontata ai polizieschi odierni, che all'adrenalina mescolano la tecnologia - la pellicola risulta serrata e durissima, capace di parlare anche allo spettatore attuale senza apparire anacronistica, e caratterizzata da almeno tre scene assolutamente memorabili.
La rapina sventata nel suo inconfondibile stile da Harry la carogna - con la battuta divenuta poi il suo marchio di fabbrica -, il confronto con Scorpio e la susseguente tortura al centro dello stadio, chiusa con un vertiginoso zoom out di potenza galattica e il confronto decisivo fra l'ispettore e l'assassino, il bus lanciato verso il ponte sul quale svetta Callaghan, come, per l'appunto, uno di quegli eroi solitari e bastardi del più selvaggio West, sono vere e proprie lezioni di un regista vecchio stampo di quelli che non se ne fanno più.
Sicuramente molti dialoghi potranno suonare disturbanti, così come alcune immagini o apprezzamenti dell'ispettore, ma del resto roba come questa è fatta per stomaci forti, e se ancora resiste al tempo senza porgere troppo il fianco un motivo ci sarà.
Oltre al fatto che siamo di fronte ad uno di quei rari casi in cui una pellicola autoriale e da sempre benvoluta dalla critica riscuote successo anche rispetto al grande pubblico.
Che altro devo fare per convincervi a riprenderlo? Sfoderare la .44 magnum!?
"I need a gun to keep myself from harm,
the poor people are burning in the sun."
MrFord
"you've got to ask yourself one question: Do I feel lucky? Well, do ya, punk? " Ahah, mitico. Purtroppo nella traduzione la frase ha perso un po' di fascino.
RispondiEliminaBel film, i vari seguiti però non li ho visti.
Grande film, il migliore della serie.
RispondiEliminaMa ti dirò, fino al terzo tengono bene, si spegne un pò con gli ultimi due.
Ad ogni modo, Dirty Harry è sempre Dirty Harry.
Guardati anche gli altri, un pò di Clint versione "old style" fa sempre bene!
Sì infatti dovrei recuperarli...
RispondiEliminaSe li recuperi, sparateli uno dietro l'altro, rendono bene!
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