domenica 5 febbraio 2012

Falstaff

Regia: Orson Welles
Origine: Usa
Anno: 1965
Durata: 113'


La trama (con parole mie): Falstaff, Sir dedito alla vita e a tutte le sue dissolutezze, vaga nell'Inghilterra del primo quattrocento sempre accanto al rampollo reale, che più che al padre, austero sovrano, pare essere legato alle burle, alle beffe e alle sfide al sistema del corpulento frequentatore di osterie che è il suo più fedele compagno.
Quando scoppia la guerra ed il giovane principe è costretto a ravvedersi prendendo ogni responsabilità del suo ruolo, Falstaff si vedrà spinto alla deriva, lontano dalla corte e sempre più vicino ai margini della società, luoghi che hanno visto i suoi anni migliori ma non paiono avere una medicina per la vecchiaia incombente.
Nel momento dell'inconorazione del nuovo re Enrico V, al vecchio imbroglione non resterà altro che la magra consolazione di un cuore spezzato.





Mi sento quasi intimorito, a parlare per la prima volta di un mostro sacro come Orson Welles qui al saloon.
Ricordo quando, anni fa, cominciai - da appassionato di Cinema alle prime armi - a recuperare i suoi film, da Quarto potere in avanti, rimanendo folgorato per l'inventiva, il coraggio, l'abilità tecnica ed il talento di uno dei più grandi Maestri che la settima arte abbia mai regalato al suo pubblico: curioso anche quanto Welles sia stato uno dei più grandi sconfitti dalla stessa, costretto per gran parte della sua vita a lavorare con mezzi di fortuna e cercare finanziamenti e produzioni sudandosi ogni centesimo speso per la realizzazione dei suoi lavori.
Nonostante tutto, e nonostante questo, anche opere come Falstaff o Macbeth - altro magico Capolavoro costruito dal nulla -, palesemente influenzate da limiti tecnici e produttivi enormi, riescono ancora oggi ad abbagliare il pubblico grazie alla magia infusa in loro da uno dei più grandi - se non il più grande - tra gli illusionisti del Cinema: come se non bastasse, il percorso attoriale - ed autoriale - del regista trova una sorta di quasi ideale conclusione proprio nell'interpretazione del personaggio di Falstaff, cucito addosso al vecchio, esiliato - perlomeno dalla geografia hollywoodiana - Orson, un padre artistico per generazioni di spettatori ed autori ripudiato dalla stessa industria dello spettacolo che, in un modo o nell'altro, aveva contribuito a creare dai tempi de La guerra dei mondi, celebre sceneggiato radiofonico e prima grande rivelazione del talento da bugiardo di Welles.
La malinconia di un personaggio guascone ed eccessivo eppure estremamente struggente pervade anche i momenti in tutto e per tutto comici legati al protagonista - il racconto della rapina ai pellegrini, la preparazione alla guerra -, e funge da protezione sia per le sequenze inficiate dalla scarsità di mezzi sia per quelle di potenza incredibile - la battaglia è una delle più violente e ben costruite mai realizzate sul grande schermo, e resta ancora oggi in grado di rivaleggiare per intensità con le più imponenti costruite grazie ad effetti e mezzi tecnologici allora sconosciuti -, nonchè da inesorabile traghettatrice verso un epilogo amarissimo, attraverso il quale Welles trova ugualmente l'energia per quella che pare un'arringa in difesa dell'illusionismo e della settima arte, che giustifica ogni inganno perchè lo perpetra quasi a fin di bene, pronta a meravigliare il suo pubblico grazie alle storie raccontate da cantori eccezionali come lui, capaci delle più dispersive e volgari burle tutte umane ma anche del tocco che soltanto un'illuminazione pura può dare all'arte.
Mescolando nientemeno che le opere di un certo Shakespeare sfruttandolo come fosse un suo sceneggiatore - soltanto Kurosawa è riuscito ad utilizzare il lavoro del Bardo a questi livelli, a parte il qui presente regista del già citato Quarto potere - e la componente più teatrale ed espressionista del suo repertorio, Welles confeziona un'epopea forse non d'immediata comprensione per il pubblico attuale, eppure clamorosamente in grado di toccare temi che ancora oggi sono fondamentali dentro e fuori da una sala, giocando con la giovinezza e l'essere liberi di spirito contrapponendoli all'umanità più selvaggia, mostrando il peggio di sè affinchè si sia liberi di apprezzarne il meglio - come fu per il clamorosamente grande L'infernale Quinlan -, e soprattutto, pur segnato da una tristezza incurabile che traduce sul corpulento personaggio il segno inesorabile del tempo, dichiarando un amore incondizionato per la vita e per il Cinema come sua ingannevole trasposizione.
L'esilio di Falstaff ed il suo declino hanno il sapore di un trionfo rispetto all'esistenza da sovrano retto e perfetto di Enrico V, la vittoria di un perdente di infinito talento che non mi stupirebbe apprendere in grado di ingannare la morte stessa, finendo a caracollare mezzo sbronzo ed in preda alla menzogna di fronte ai mulini a vento della realtà, ridendo di quanto ci si ritrovi costretti a lasciare alle spalle per firmare un compromesso con la vita e dedicarsi a storie che, al contrario, possano giurare sia l'opposto.
Anche quando, chiaramente - e per lui per primo - non è mai stato così.
Ma è questo il potere dell'illusione.
E del Cinema.
Questo è il potere di Orson Welles.
E, mi sa tanto, anche di Shakespeare.
Dunque silenzio in platea compagni di blogosfera, aspiranti voci di un nuovo panorama, amici.
Prestategli orecchio.
Questo è Welles.
Questa è l'illusione.
Questo è il Cinema.


MrFord


"But this isn't truth this isn't right
this isn't love this isn't life this isn't real
this is a lie."
The Cure - "This is a lie" -

12 commenti:

  1. "Ricordo quando, anni fa, cominciai - da appassionato di Cinema alle prime armi -"

    significa per caso che adesso lei è un Espertone di Cinema, prof. Ford?
    ma mi faccia il piacere... ahahaha :D

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    1. Ovviamente sì! E tu, Cannibal"Teen allievo" Kid, vai dietro la lavagna! Ahahahahahah!

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  2. Grande Orson, questo mi amnca però!

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  3. Ho adorato Citizen Kane e quindi il tocco magico di Wells, ma questo film mi mancava. Thanks Ford :)

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    1. Welles andrebbe recuperato tutto, è stato davvero un mago del Cinema!

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  4. anche se non rientra tra i miei preferiti di welles, resta pur sempre un film di welles ;)

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    1. Frank, concordo. Anche io preferisco Quarto potere o Quinlan, ma parliamo sempre di filmoni incredibili.

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  5. la leggenda! non tra i miei preferiti ma ovviamente merita alla stragrande perchè Welles è Welles

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    1. Lorant, concordo in pieno. Welles è leggenda, come il suo Cinema.

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  6. Shakespear al cinema è Orson Welles, poche palle !! Vedere Otello per conferma: film strepitoso!!!!

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