lunedì 20 dicembre 2010

Romanzo criminale

La prima cosa che mi è venuta in mente è stata Il potere del cane.
Il che è profondamente lusinghiero per il lavoro di De Cataldo, più potente e stratificato del già buon adattamento cinematografico firmato Michele Placido.
Più che un romanzo sull'Italia, o sul crimine, mi è parsa un'analisi profonda sulla natura umana, inserita in un contesto che più tricolore non si potrebbe e tutta imperniata sui concetti terribili di ineluttabilità del destino e sconfitta, filtrati attraverso piccoli e grandi drammi - Ustica, l'attentato a Bologna -, ma anche gioie - il mondiale del 1982, la caduta del muro di Berlino e le sue conseguenze -, della nostra storia recente.
Perchè la banda che il Libanese e il Freddo costituiscono, riunendo per la prima volta i criminali di Roma sotto un'unica bandiera alla fine degli anni settanta, da subito assume la connotazione di un sogno - distorto, violento, terribile, ma pur sempre un sogno - destinato, prima o poi, ad un brusco risveglio, legato a tutte le debolezze umane e bruciato - da chi in un istante, da chi in anni - sull'altare di un'idea, un'illusione, un riscatto o un'affermazione che possa perdurare nel tempo, ponendo le basi di un impero tanto grande quanto ingestibile per chiunque.
E negli anni passano e cadono, inesorabilmente, prima il Libanese, dunque il Freddo, fino al Dandi e al Secco, senza dimenticare il Bufalo, il Pischello, Trentadenari, Scrocchiazeppi, Fierolocchio e via via tutti gli altri. 
E ce n'è anche per il poliziotto tutto d'un pezzo Scialoja, ed il giudice Borgia.
Perfino il Vecchio, che tanto ricorda il divo sorrentiniano, dovrà arrendersi all'umana caducità, al potere che muta, e cambia aspetto, ma non resta, e mai resterà, nelle mani di un'unica persona. Siamo tutti umani, del resto. E come iniziamo, finiamo, senza possibilità di scampo.
Ed è questo il rimando più evidente al monumentale lavoro di Winslow: tutti i personaggi, dai più biechi ai quelli semplicemente malvagi, negli slanci di generosità o nelle esplosioni di violenza, appaiono umani e vivi nelle loro debolezze così come nella loro forza.
E se il Libanese appare come un leader nato, riesce comunque a stupire quando crolla sotto la pressione di un impero che comincia a diventare troppo grande, se il Freddo si scontra con la vita glaciale e deciso, non esita neppure un momento a pensare di ricominciare ed abbandonare tutto per amore, se il Dandi risulta essere pianificatore ed opportunista, trova nella rivalsa verso i ricchi e i padroni della città una sorta di orgoglio popolare che non può non suscitare una qualche simpatia, se il Bufalo è violento ed impulsivo, è anche generoso e fedele ai compagni, e quasi un padre - pur se distorto - per il Pischello. 
E come loro il Nero, il Vecchio, Borgia - equilibrato ma tendente alla remissività - e soprattutto Scialoja, idealista e venduto, provocatore e provocato, volgare ed impulsivo come e più del Dandi e leader quanto il Libanese, una sorta di Art Keller - tanto per citare di nuovo Winslow - ancora più cinico e disincantato.
Proprio la sua appare come la sconfitta peggiore, silenziosa e terribile come un senso di colpa dal quale risulta impossibile liberarsi, perchè è quello legato ad un potere unico e tentacolare, quasi assoluto eppure in grado di trasformare un'esistenza in un bieco gioco di solitudine e ricordi.
Una fitta che non farà mai male come un colpo di pistola sparato a bruciapelo, ma che lasciarsi alle spalle è, in definitiva, l'illusione più grande di tutte.
Quella fitta sottile che è il potere del cane.
Il lato oscuro della nostra umanità.

MrFord

"Quanto sei bella Roma quand'è sera,
quando la luna se specchia dentro ar fontanone."
Antonello Venditti - "Roma capoccia" -

3 commenti:

  1. Secondo il mio modesto parere, uno dei migliori film italiani degli ultimi anni.

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  2. Harmonica e Suara: il film è veramente buono, ma qui ricordatevi che parlo del libro, che è anche meglio! Consigliatissimo per entrambi!

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