giovedì 3 giugno 2010

Soul kitchen


Non è da tutti riuscire a cambiare registro senza perdere in qualità e potenza, ed è anche da meno riuscire a colpire sempre lo stomaco e il cuore senza risultare retorici, o troppo scontati.
Fatih Akin è uno di questi pochi. 
Si aggiunga poi che il suddetto è uno dei registi europei miei personali protetti, di quelli che hanno, sostanzialmente, meno probabilità di bruciare il grande talento che possiedono e divenire certezze di un futuro neanche troppo lontano: del resto, se dopo La sposa turca mi uccidi con una cosa enorme come Ai confini del paradiso, e poi decidi di divertirti e stupire con Soul kitchen, proprio l'ultimo degli arrivati non devi essere.
Come nei suoi precedenti lavori, Akin riesce in un lavoro di profondità straordinario sui personaggi, che trova in Zinos il protagonista ideale: perchè a parte la colonna sonora al fulmicotone, il ritmo serrato, l'ironia assolutamente da contagio e un'ottima sceneggiatura, la forza di Soul kitchen pesa tutta sulla schiena del suo "eroe".
Un paladino quasi "alla Voltaire", che convoglia tutte le energie che gli passano attorno - la ricca fidanzata ansiosa di carriera alternativa, il ristorante in bilico, il fratello con il vizio del gioco, il vecchio inquilino burbero, l'ex compagno di scuola trafficone, lo chef dal temperamento esplosivo - in un ottimismo fisico, da spalle larghe e schiena provata, quasi fosse un antico titano capace di portare il peso del suo mondo sulle spalle, anche a forza di alcool e antidolorifici.
E proprio grazie a questo spirito di pacifica indomabilità, Zinos troverà il bandolo della matassa, sia essa legale o d'amore, che porterà il suo ristorante ad essere davvero, e senza dubbio alcuno, il luogo dove si prepara "cibo per l'anima".
Un posto che sa di casa, e che riporta alla mente l'altrettanto succulento Cous cous che, nella Venezia dell'anno precedente, come Soul kitchen ebbe un premio speciale per evitare alla giuria la figuraccia di non avergli consegnato il Leone d'oro, che sarebbe stato più che meritato in entrambi i casi.
Se non ci credete, invece di fare gli snob, mollate forchette e pose e mangiate di sano gusto con le mani, tuffandovi nelle sbronze notturne di una Amburgo dal fascino inquieto, nella danza tra fratelli - prima o poi me ne dovrò concedere una così anche io, brotha! - e la capacità tutta umana di un protagonista vero più per cuore e stomaco, che per valore cinematografico.
Perchè il segreto di Soul kitchen - e del cinema di Akin, a ben guardare - è tutto qui.
Dacci dentro, sembra il motto.
"Head on", del resto, era il titolo originale de La sposa turca.
Avanti a testa bassa, e con la schiena pronta al contraccolpo.
Il cuore e lo stomaco possono sopportare più di quello che può sembrare.
E se no, ci siamo sempre noi.
Quelli che li tengono dentro.
Alla grande, Fatih.


"Let me sleep all night in your soul kitchen,
warm my mind near your gentle stove."
MrFord

1 commento:

  1. Rosalina Rosalina
    tutto il giorno in bicicletta
    ma quando è sera è sera
    ti ammazzi con un bignè
    OLE'!

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