sabato 11 giugno 2016

La città dei ladri

Autore: David Benioff
Origine: USA
Anno: 2008
Editore: Neri Pozza







La trama (con parole mie): Lev ha diciassette anni, e vive sulla pelle l'assedio di San Pietroburgo operato dai tedeschi nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. E' una vedetta che con gli amici più stretti ha il compito di controllare i rischi di bombardamento notte dopo notte dal tetto del condominio in cui vive: quando un paracadutista tedesco giunge a terra poco lontano morto per il freddo e Lev si impadronisce di un coltello appartenuto allo stesso, viene arrestato dalla polizia militare russa ed accusato di tradimento. In cella conosce Kolja, di pochi anni più grande di lui, ciarliero e sbruffone, più alto, bello e biondo, il prototipo del cosacco lontano dai tratti di origine ebraica che, al contrario, definiscono lui.
Convinti di essere destinati alla fucilazione, i due ragazzi verranno incaricati invece da un alto papavero dei corpi speciali di recuperare entro pochi giorni dodici uova per la torta nuziale di sua figlia, che si sposerà in barba all'assedio ed agli stenti dei pochi rimasti in città senza badare a spese o restrizioni: il loro destino, dunque, sarà deciso dalla riuscita in quell'impresa.
La ricerca di quelle uova diverrà non solo un'occasione di crescita e di confronto con la dura realtà della guerra, ma anche la possibilità di costruire un'amicizia destinata a durare per sempre.











Ho letto l'incipit de La città dei ladri il giorno successivo all'abbandono senza ritegno di Infinite Jest.
David Foster Wallace, genio riconosciuto della Letteratura, contro David Benioff, sceneggiatore di indubbia furbizia e talento autore de La 25ma ora - script e romanzo - e Game of thrones ma anche di schifezzone come Troy e Wolverine: le origini.
Salotti radical contro supereroi mutanti.
Cultura enciclopedica e citazioni sterminate contro una versione di Stand by me vissuta durante l'assedio di Leningrado - o Stalingrado, o San Pietroburgo, o Piter - attraverso una mescolanza di ricordi e fiction da scrittore.
E mi sono sentito grato e felice.
Perchè tra le righe scorrevoli e semplici di Benioff ho percepito il desiderio di vivere di chi è mosso dalla voglia di raccontare una storia, ma ancor più di provarla sulla pelle, invece che solo ed esclusivamente in testa.
Ed ancora oggi, non solo penso di aver avuto ragione, ma che il mondo sarebbe un posto migliore, se gli artisti o presunti tali di tutti i campi fossero in grado di trasmettere senzazioni in questo modo, come se fossimo ancora sulle ginocchia del nonno, davanti ad un camino acceso, con gli occhi che brillano per quegli scampoli di vita che assumono i connotati di imprese mitiche ed indimenticabili.
Uno dei più grandi rimpianti che ho, ad esempio, rispetto al mio nonno materno - quello dei Western, del wrestling e delle serate passate davanti ai vecchi film -, è di non aver avuto il tempo di potergli chiedere di raccontarmi dell'esperienza nella Seconda Guerra Mondiale, della quale ho testimonianze solo parziali rispetto al naufragio cui sopravvisse e la prigionia, per comprendere cosa fosse stata, per la sua generazione, l'esperienza diretta della guerra.
Questo è uno dei più grandi pregi di questo piccolo, grande racconto ironico e drammatico ad un tempo: Benioff porta sulla pagina la vita, quella che era, è e potrebbe essere in condizioni come quelle vissute dagli abitanti di San Pietroburgo dal quarantuno al quarantaquattro, nell'assedio che fu simbolo dello stoicismo sovietico e delle prime crepe nell'apparentemente invincibile macchina tedesca.
Ma a prescindere dal contesto storico, La città dei ladri è soprattutto un grande romanzo di amicizia e formazione: le figure di Lev e Kolja, nelle quali è impossibile non identificarsi, divengono assoluti protagonisti di un'avventura tanto inquietante quanto magica ed elettrizzante, vissuta attraverso le paure di Lev, non bello, timido e timoroso e Kolja, prestante, sciupafemmine, dalla lingua lunga ed apparentemente pronto a ridere in faccia alla morte in qualsiasi incarnazione possa la stessa presentarsi.
Un'impresa nata dalla richiesta di un privilegiato dal passato ben lungi dall'esserlo, e destinata ad una sorta di beffa anticamera di una vittoria che significa molto più di qualsiasi carriera o successo archiviato nel corso di una vita: e dalle verità rivelate di una città messa in ginocchio da un assedio ai cruenti dettagli del racconto delle ragazze costrette, in campagna, a prostituirsi con gli ufficiali tedeschi, dall'esilarante passaggio legato alla verità sull'arresto per diserzione di Kolja - non sapete quanto mi ci sia ritrovato, in quella fuga dalle trincee alla ricerca di una ragazza da scopare - all'amara rivelazione legata a quelle dodici uova costate così tanti sacrifici, fatica, sudore e sangue, tutto conduce alla cosa più bella che l'Arte possa regalare al mondo, la sensazione di essere stati noi, a vivere quello che è proposto sulla pagina, sullo schermo, su una tela.
Io non sono mai stato - e posso solo ringraziare, per questo - in guerra, non ho dovuto patire la fame o contare i giorni in cui, per denutrizione, sono stato senza cagare, non ho mai ucciso un uomo o trovato costretto a farlo per sopravvivere io stesso, o per portare a termine una missione impartitami.
Non sono mai stato a San Pietroburgo, o in Russia.
Eppure ho sentito Lev e Kolja sulla pelle come se ogni passo in quella neve l'avessi fatto con loro.
Ogni risata, ogni battuta, ogni sogno, ogni amara realtà.
Sono sopravvissuto all'assedio e sono morto al loro fianco.
A Lev e Kolja ho voluto bene come fossero stati amici miei.
E questa è una cosa che non va mai sottovalutata.
In tempi buoni ed in tempi cattivi.
E David Benioff ha reso loro onore, verità o finzione, nel migliore dei modi.




MrFord





"Went to descend to amend for a friend all the channels that have broken down.
now you bring it up, I'm gonna ring it up - just to hear you sing it out.
step from the road to the sea to the sky, and I do believe what we rely on,
when I lay it on, come get to play it on
all my life to sacrifice."
Red Hot Chili Peppers - "Snow (Hey Ho)"-




9 commenti:

  1. È davvero un buon libro, dalla prima all'ultima pagina riesce a portarti nei luoghi di cui parla facendoti sentire esattamente l'incertezza del vivere che doveva caratterizzare quei tempi. Malinconico ma con sprazzi di pura ilarità, un gioiellino davvero.
    Sono curioso di sapere cosa ne pensa Mr Ink che in quanto a libri mi sembra di aver capito essere un'autorità nel campo.
    Contentissimo che ti sia piaciuto anche se, come ti dicevo (pochi minuti fa) ne ero praticamente certo. È sempre un rischio consigliare libri perché a differenza dei film richiedono una maggiore dedizione ma vedo che [gay mode on] tra me e te, quando ci consigliamo qualcosa a vicenda, azzecchiamo sempre. Come se ci conoscessimo da anni <3.

    Ps: 2 birre e 3 grappe è sono subito in modalità dawson creek
    #TeddyDembo

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    1. Che poi oh, ridi e scherza son 6 anni che il Nostro buddy movie va avanti. Son cose

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    2. Fratello, è stato così fin dall'inizio, tra noi.
      E devo dire che sei anni sono volati - in senso positivo, ovviamente -.
      Dovremmo solo cercare di vederci un pò di più, così potremmo aggiungere qualche scena cult al nostro buddy movie. ;)

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  2. Uno dei pochi Beat che mi manca: possibile?
    Ne ho una pila enorme (belli, poi, con i dorsi colorati) ma quesot non ho ancora avuto modo di prenderlo. Era segnato, ma ovviamente segno di non scordarmelo ;)

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    1. Ink, questo recuperalo: secondo me ti piacerà parecchio.

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  3. David Benioff ogni tanto tira fuori qualcosa di interessante, ma questo mi sembra uno di quei mattonazzi fordiani di cui faccio volentieri a meno. Così come della guerra (a meno che non si parli di blog war). :)

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    1. Non è mattonazzo per niente, piacerebbe perfino a te! ;)

      Comunque, mi stai lanciando una sfida per una nuova Blog War? ;)

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  4. Mi sembrava di aver già sentito il (cog)nome di Benioff XD
    Lo metto in lista :)

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    1. Segna, segna: ho come l'impressione che piacerebbe molto anche a te.

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