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sabato 27 febbraio 2016

Chuck - Stagione 5

Produzione: NBC
Origine: USA
Anno: 2012
Episodi: 13








La trama (con parole mie): dopo anni passati - volontariamente o no - non solo come agente della CIA, ma come contenitore dell'Intersect, Chuck si ritrova con una propria agenzia di sicurezza da gestire - come sempre coperta dal Buy More -, sposato con Sarah e soprattutto privo dei "poteri" che lo stesso Intersect gli garantiva. Il suo migliore amico Morgan, nuovo ricettacolo del software, pare dunque farsi travolgere dalle capacità che lo stesso fornisce, almeno fino a quando Chuck, Sarah e Casey non scoprono che, in realtà, dietro questa nuova versione dell'Intersect c'è un vecchio agente rinnegato che intende vendicarsi del gruppo di amici spie a tutti i costi, lottando per portare via al novello sposo tutto quello che ha.
Ci riuscirà? E riuscirà Chuck ad affrontare le nuove minacce che si prospettano all'orizzonte contando solo sulle sue abilità da nerd e sul suo cuore?











Suona davvero strano, salutare un compagno di viaggio di casa Ford come Chuck.
Non è, infatti, certo la prima volta che da queste parti si alza il bicchiere in onore di una serie tv portata a termine, eppure, per la prima volta - fatta eccezione, forse, per True Blood -, non si tratta di un titolo cult, o che sia riuscito a sconvolgere gli occupanti del Saloon grazie ad episodi indimenticabili o qualità eccelsa, bensì di una sana proposta di sano intrattenimento che ha fatto parte della nostra vita nei momenti di pranzi e cene fin dai tempi in cui con Julez  eravamo ai primi mesi di convivenza nel nostro indimenticabile appartamento da quasi artisti in centro a Milano al presente con il Fordino pronto a chiedere "Stasera c'è Chuck?", legandoci inevitabilmente ai suoi protagonisti e lasciando per questo addio il sapore dolceamaro da fine delle vacanze al quale non si può scampare.
Dunque, seppur limitando il tutto al divertimento puro e semplice senza alcuna pretesa alta, è con grande partecipazione ed affetto che abbiamo accompagnato Chuck - maturato enormemente dai suoi esordi da nerd senza speranza -, Morgan - curioso vederlo nelle vesti di quasi bad guy negli episodi che l'hanno visto preda del fascino maligno dell'Intersect -, Sarah, Casey - che resterà il mio favorito assoluto della serie -, Ellie e Fenomeno, e perfino i sempre pessimi Lester e Jeff - che, nella sua versione "sobria", ha vissuto una vera e propria rivitalizzazione del charachter in quest'ultima stagione - alla fine del loro viaggio televisivo, godendoci gli scontri, i nuovi casi, le partecipazioni eccellenti - divertentissime le comparsate di Stan Lee e Bo Derek - ed il crescendo che ha portato ad un nuovo capitolo nelle vite di tutti i personaggi e del protagonista, pronti a salutare una serie che, comunque, già da un paio di stagioni mostrava il fianco e non avrebbe retto altre annate senza risultare ripetitiva.
Dunque ci siamo goduti quest'ultima carrellata insieme alle follie di Jeff e Lester, i grugniti di Casey, l'evoluzione del rapporto tra Chuck e Sarah, le sempre numerose citazioni - da Star Wars a Die Hard, passando per i fumetti e i videogiochi -, pensando a quanto, nel frattempo, siamo cambiati anche noi: nel duemilasette, agli esordi di questo titolo, con Julez eravamo reduci da un anno molto wild per entrambi, non sapevamo cosa sarebbe stato del nostro futuro e, non ancora trentenni, costruivamo le cose giorno per giorno: ora cominciano ad avvicinarsi i quaranta, stiamo per diventare genitori per la seconda volta, tante prospettive sono cambiate ma, di fatto, l'entusiasmo per la vita è rimasto lo stesso.
Anche perchè, Intersect o no, in fondo siamo noi a rendere emozionanti i giorni e le avventure cui andiamo incontro, e speciali i legami che ci porteremo dentro anche quando faranno parte del passato: e Chuck è stato un ottimo esempio di questo tipo di emozioni e di esperienze, pur se veicolato da un piglio da fumettone per adolescenti nerd e più risate che lacrime o grandi scossoni.
Ma il bello, spesso, è proprio questo: guardare qualcosa che ci fa sentire bene, nella nostra zona di confort, come una coperta o un paio di ciabatte comode.
O come Chuck.





MrFord





"I was always the one behind 
you would run up and keep me in line 
I looked up to you damn this hurts 
all these years of discipline 
just to end up here at the end 
can you tell me what I've learned 
what I've learned."

N.E.R.D. - "Stay together" - 







domenica 22 dicembre 2013

Ford Awards 2013: videogames

La trama (con parole mie): attesi oppure no, tornano su questi schermi i Ford Awards, che come ogni fine anno che si rispetti incoroneranno quelle che sono state le serie, le pellicole migliori e peggiori, i romanzi ed i videogames più amati dalle parti del Saloon. Come da tradizione, si comincia con la parentesi videoludica, settore quest'anno in crisi in casa Ford a causa di casse integrazioni e perdite di lavoro, dunque protagonista di una decina che, tecnicamente, non potrebbe neppure essere considerata tale. Ma poco importa: noi, da queste parti, sappiamo sempre accontentarci e dare il meglio, da veri sopravvissuti. Lara Croft docet.



N°10: WWE 2K14



Impossibile rinunciare, nella classifica di fine anno dei giochi più amati dal sottoscritto, al titolo dedicato alla WWE ed al mio tanto amato wrestling: come se non bastasse il cambio di produzione - ottimo, peraltro -, a questo giro di giostra tra le leggende giocabili fa capolino, per la prima volta ed oserei dire finalmente, Ultimate Warrior, il mio favorito di quando ero bambino.
Sarebbe bastato lui, perchè mi convincessi: se poi ci mettete anche il meglio del meglio dello sport entertainment attuale, la frittata è fatta.




 N°9: MADDEN 13


Sulla scia del wrestling, altro sport a stelle e strisce che amo moltissimo fin dai tempi in cui Friday Night Lights era una realtà ancora lontana: il football.
Giunto in casa Ford come un regalo inaspettato da parte di Electronic Arts, si è rivelato l'ennesima, splendida simulazione dedicata alle star dell'NFL, curato nei minimi dettagli e come di consueto arduo da affrontare per chi non è abituato a calcare i campi di gioco: se non avete timore di smarrirvi tra le regole di una disciplina estremamente fisica eppure clamorosamente tattica, fatevi avanti e dateci dentro.



N°8: TEKKEN TAG TOURNAMENT 2



Ancora molto poco sfruttato in casa Ford, Tekken rappresenta, con Mortal Kombat - in classifica lo scorso anno - l'amore di Julez per il picchiaduro selvaggio, materia usualmente legata al pubblico maschile fortemente sponsorizzata, al contrario, dalla signora Ford.
In questo spin off della saga, dedicato al recupero degli ormai numerosissimi charachters ed alla possibilità di battersi sempre e comunque in tag team - per i non affini al wrestling, gli incontri "di coppia" - tante sane legnate e divertimento assicurato, sia da giocatori singoli che in doppio, dalla stessa parte o come avversari.



N°7: DARKSIDERS 2


Per quanto solo appena accennato rispetto ad altri titoli in questa classifica, non poteva mancare il secondo capitolo della saga di Darksiders, dedicato alla figura di Morte, secondo cavaliere dell'Apocalisse che raccoglie il testimone di Guerra, protagonista dell'esordio di questo brand sulle console più importanti.
L'eredità raccolta alla grande da God of war passa senza dubbio da avventure fiume, violente e sfaccettate come questa.




N°6: DARKSIDERS


Non ci sono sequel che tengano, quando si fa i conti con originali che spaccano i culi. E Darksiders spacca i culi. Antesignano dell'action game che ha reso unici charachters successivi come Kratos, il viaggio di Guerra attraverso la Terra, gli Inferi e chi più ne ha, più ne metta porta il giocatore a sfogarsi su angeli, demoni, mostri, creature di ogni genere sfruttando senza ritegno ogni tipo di arma, liberando la forza di un protagonista tosto come serve in questi casi.
Roba da duri, insomma. Che il Cannibale stia alla larga.


N°5: DEAD SPACE 3


Anche a questo giro, le vicende in equilibrio tra la mitologia di Alien e l'horror estremo di Isaac Clarke trovano spazio ai piani alti della classifica fordiana del meglio dei videogiochi dell'anno: regalando più spazio al protagonista, inserendo intere parti di gameplay sul pianeta d'origine del misterioso Marchio - completamente innevato - ed ovviamente nuovi mostri da affrontare, i ragazzi di Visceral Games centrano il bersaglio per la terza volta consecutiva lasciando l'acquolina in bocca per un eventuale - e speriamo sempre così ben realizzato - quarto capitolo.
L'oscurità non ha mai fine, come gli incubi dello stralunato Isaac.


N°4: THE LAST OF US 


Al limitare del podio troviamo un titolo che è quasi più un film realizzato dai geniacci di Naughty Dog - gli stessi della splendida serie Uncharted, per intenderci -, probabilmente più in basso di quanto meriterebbe soltanto perchè iniziato una decina di giorni fa dagli occupanti di casa Ford: con ogni probabilità, se le premesse saranno mantenute, lo ritroveremo altrettanto in alto nella classifica del prossimo anno, come capitò nel 2011/2012 a Batman: Arkham City.
Dimostrazione di grande forza di quanto ormai l'industria del videogioco stia giungendo a livelli quasi cinematografici.



N°3: GOD OF WAR ASCENTION


Se esiste un equivalente videoludico, in casa Ford, degli spaccaculi Expendables, è Kratos, protagonista della incredibile, inimitabile, intramontabile saga God of war, protagonista tormentato e terribile, fragile eppure invincibile.
In attesa di poter giocare il quarto capitolo delle sue avventure e per placare il desiderio di poter impersonare ancora lo spartano ribelle del popolo della Playstation, Sony ha confezionato un prequel come di consueto realizzato alla grande, tecnicamente strabiliante e divertentissimo da consumare.
Non troppo longevo, purtroppo, e forse un pò troppo semplice da portare alla conclusione, ma pur sempre l'ennesima conferma di una delle realtà più importanti dell'universo gaming.


N°2: RAYMAN LEGENDS


Per il secondo anno consecutivo le avventure di Pidinnino e Pidinnone - al secolo Rayman e Globox - e dei loro amici arrivano ad un soffio dalla vetta con un sequel divertentissimo e colorato, degno erede di quello che era stato Rayman Origins. Impreziosito dagli stage "musicali" - bellissimo quello con Eye of the tiger in versione mariachi - e da numerosi nuovi charachters, il titolo ideale per tutta la famiglia e per interminabili partite in doppio, neanche fossimo tornati negli anni ottanta.



N°1: TOMB RAIDER


Ed eccola, la vera trionfatrice del 2013 videoludico di casa Ford: Lara Croft.
Personaggio mitico fin dal pieno degli anni novanta, la maggiorata avventuriera torna alla ribalta con un titolo splendido sia graficamente che come gameplay, in pieno stile Uncharted e legato al concetto di reboot che è stato alla base della saga del Batman nolaniano.
Storia avvincente, missioni secondarie, ambientazioni mozzafiato sfruttate per porre i mattoni per quella che sarà la Lara Croft del futuro: una sopravvissuta che ha imparato sulla sua pelle il prezzo della scoperta, del viaggio e della ricerca.



I PREMI

Personaggio dell'anno: Lara Croft, Tomb raider.
Miglior cattivo: Mathias, leader dei Solarii, Tomb raider.
Sequenza cult: la fuga dalla città infestata, apertura di The last of us.
Premio stile: Conrad Roth, mentore di Lara Croft, Tomb raider.
Miglior storia: Tomb raider.
Colpo di scena mozzafiato: il destino di Guerra, Darksiders.
Miglior cornice: Yamatai, Tomb raider.
Arma di culto: lama al plasma, Dead space 3.
Videogioco da provare almeno una volta nella vita: God of war, che sia Ascension o uno qualsiasi della saga di Kratos.
Spaccaculi per eccellenza: Kratos, ma Lara si è difesa davvero alla grande.

MrFord

mercoledì 17 aprile 2013

Oblivion

Regia: Joseph Kosinski
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 126'




La trama (con parole mie): in un prossimo futuro, la Terra è ormai devastata a seguito di una guerra tra gli umani e gli invasori Scavengers nata con la distruzione della Luna e terminata con un olocausto nucleare che ha costretto i primi, vincitori, ad emigrare su Titano, satellite di Saturno.
Seguendo gli ordini del Teth, stazione orbitante che controlla la loro missione, esploratori come Jack e Victoria sovrintendono all'operato di droidi di sorveglianza programmati per proteggere enormi macchine costruite per ricavare da quello che resta degli oceani terrestri energia necessaria alla nuova colonia.
Quando un'astronave rimasta in orbita per sessant'anni precipita sul pianeta e Jack porta in salvo una donna che scopre essere la protagonista dei suoi sogni, però, il castello di certezze che regge la vita dell'uomo comincia a crollare.
Cosa nasconde il Teth? Chi è davvero Jack? E dove risiede la vera minaccia?




L'ultima uscita in sala dei residenti del Saloon risaliva ormai ad almeno un mese prima dell'arrivo del Fordino, e se la memoria non mi tradisce parliamo di qualcosa targato ancora duemiladodici.
Approfittando dell'appoggio della come di consueto inossidabile e disponibile suocera, il vecchio Ford e Julez sono tornati dunque all'arrembaggio del grande schermo attratti dagli aspetti più autoriali della settima arte: effettoni, suono sparato al massimo volume nel cervello, una combo selvaggia multisala/McDonald's, serata free e Tom Cruise, che con tutta la sua scientologyca follia continua ad essere uno dei preferiti di queste parti.
Il tutto considerando che il regista Joseph Kosinski era l'uomo dietro il piccolo miracolo che fu Tron Legacy, sorpresa di un paio d'anni fa che riuscì nel non facile compito di eguagliare quello che era stato un cult totale della fantascienza anni ottanta.
Il risultato della visione può essere definito senza dubbio soddisfacente, nel pieno rispetto di una serata di intrattenimento totale e privo di aspettative "alte", figlio di un'ispirazione che pesca a piene mani dalla mitologia sci-fi che ha regalato al grande schermo Capolavori come 2001 o Blade runner, fenomeni mediatici come Matrix e lo stesso - già citato in qualche modo - Tron e piccoli cult come Moon e Predator: senza dubbio Oblivion finisce per rivelarsi soltanto un'abile collage di questi e di altri titoli, incapace di affermarsi come nome di riferimento per il genere e per l'annata cinematografica in corso, eppure nel suo essere un grande, irresistibile giocattolone e nella sempre presente (auto)ironia del suo protagonista - che, giunto ai cinquanta, pare aver trovato il modo di fermare il tempo, tale è il suo stato di forma - funziona dall'inizio alla fine, trascinando il pubblico mantenendosi in equilibrio tra scivoloni clamorosi o situazioni mal gestite - la rivelazione telefonata a proposito della vera natura degli Scavengers, la questione dei cloni - e momenti assolutamente ben confezionati - lo scontro finale con "Dio", la moto rubata, gli scenari, la prima parte della pellicola - senza mai troppo pretendere, caratteristica fondamentale per non incorrere in tempeste di bottigliate.
Il risultato, dunque, ha reso in qualche modo onore alle due ore suonate della sua durata stimolando battute divertite quanto sobbalzi di esaltazione in noi occupanti delle poltrone dall'altra parte dello schermo, mantenendo un ritmo decisamente invidiabile - onestamente, il tempo è volato - ed affidandosi a scenari d'impatto, rimembranze tamarre in pieno stile Independence day e l'impressione di trovarsi di fronte ad uno di quei film come se ne facevano una volta, senza pretese e con l'unico scopo di portare l'audience in qualche luogo e tempo lontani in modo da evadere da quella che è la quotidianità della vita reale.
In questo senso, l'operazione mi è parsa, nel genere, molto simile a quella che è ha fornito un'ossatura di entertainment solido ed efficace ad un altro lavoro recente del nostro buon Tom, Jack Reacher: opere senza particolari mire, funzionali e ben realizzate, perfette per mettere d'accordo il pubblico occasionale così come gli appassionati veri e propri in cerca di quei necessari break di cui tutti - perfino i più duri e puri - necessitano, all'interno dei quali non è mai una colpa osservare un Morgan Freeman nei panni di una sorta di Morpheus versione on the road fuori tempo massimo o - e questo soprattutto per quanto riguarda il pubblico femminile - pensare che il Nikolaj Coster-Waldau di Game of thrones possa essere sempre un'alternativa più che valida al protagonista per la Kurylenko, attrazione fatale, invece, per gran parte degli spettatori di sesso maschile.
Nel complesso, dunque, non mi pento di promuovere Oblivion a visione necessaria per disintossicarsi dallo stress quotidiano e anche da mesi, ormai, di uscite poco interessanti, pessime o incapaci di stimolare non soltanto una visione, ma anche una riflessione che possa essere degna del riempimento di uno spazio di dialogo e confronto come quello all'interno del quale ci muoviamo ogni giorno, su questo ruvido bancone o in spazi decisamente più sofisticati - o radical chic, che dir si voglia: vero, Cannibal? -.
Se cercate, dunque, esplosioni, robot a metà tra Wall-E e dei Pac-Man cattivi, grana grossa e un pò di sana retorica nel pieno stile ammeregano che tanto rende più leggera la vita, troverete pane per i vostri denti: altrimenti, vi conviene girare al largo almeno quanto gli alieni invasori da qualsiasi pianeta capitanato da un eroe positivo dal cuore puro.
Finireste solo per perdere tempo e prendere un sacco di calci nel culo.


MrFord


"We skipped the light Fandango 
turned cartwheels 'cross the floor 
I was feeling kind of seasick 
but the crowd called out for more 
the room was humming harder 
as the ceiling flew away 
when we called out for another drink
the waiter brought a tray."
Procol Harum - "A whiter shade of pale" -



domenica 17 luglio 2011

Lie to me Stagione 3

La trama (con parole mie): Cal Lightman torna alla ribalta pronto a smascherare nuovi bugiardi e ad esplorare i più remoti recessi della psiche umana una volta slegata la sua agenzia dal giogo dell'Fbi, divenuto troppo pesante per l'irrequieto, scorbutico e poco ligio alle regole protagonista. 
Chiusa senza troppi rimpianti la svolta action della stagione precedente, un ritorno ai casi singoli che umanizza Lightman ma toglie qualcosa alla costruzione dello script così come al lavoro sui personaggi.

Devo ammettere di aver sempre avuto un debole per i finti cattivi, anche quando il mio rapporto con gli stessi è dovuto passare attraverso un lento lavoro ai fianchi prima di arrivare alla folgorazione: dal mio "omonimo" Sawyer passando per Alex Karev ed Eric Northman, per non dimenticare il recente mito del digitale terrestre Gordon Ramsay, non sono mai riuscito a resistere al provocatorio fascino di questi all'apparenza poco avvicinabili personaggi.
Cal Lightman - come giustamente sottolinea Dembo, una sorta di versione sociologo di House - è entrato fin da subito nel novero grazie alla faccia di merda che il buon Tim Roth mette - a mio parere autobiograficamente - al servizio del suo protagonista: dopo una prima stagione folgorante, la serie pareva aver ceduto il passo ad atmosfere decisamente troppo action nella seconda annata, capace di dipingere un Lightman praticamente trasformato in una sorta di agente segreto supercazzuto alla Bourne e poco in linea con le aspettative che in casa Ford si avevano rispetto al personaggio, decisamente imperfetto nonostante i numerosi talenti.
In questa terza serie gli autori propongono una sorta di marcia indietro tornando ad un numero di episodi ridimensionato e all'eliminazione della parte che legava l'agenzia del protagonista all'Fbi con conseguente pacchetto di missioni ad alto rischio ed intrighi internazionali di vario genere: se, dunque, da un lato la dimensione decisamente più a misura d'uomo riporta il fascino indubbio che questo prodotto aveva risvegliato negli spettatori nel corso della prima stagione, dall'altro pare essersi perso l'approfondimento dei personaggi principali, resi più esili nello spessore neanche fossimo in una qualsiasi annata del pur discreto Cold case.
La storia tra Torres e Locker caduta nel dimenticatoio così come la figura dell'agente Reynolds, il sospeso tra lo stesso Lightman e la collega/socia Foster rimasto tale e quale dalla prima all'ultima puntata, la voglia di emancipazione manifestata fin dai tempi della prima stagione dallo stesso Locker parcheggiata come fosse un tratto da sfruttare soltanto per solleticare le continue punzecchiature ad opera dell'incontenibile Cal: un vero peccato, considerata la potenzialità dei personaggi, che si spera gli autori vogliano recuperare con la prossima stagione e tornare ad analizzare almeno quanto i protagonisti fanno rispetto ai casi che di volta in volta si presentano.
Ben gestito - pur se in qualche modo reiterato - il legame tra il dottore a caccia di menzogne e la figlia Emily, una delle parti più divertenti e ben costruite dell'intera stagione: insieme all'inserimento di un possibile nuovo membro della squadra, se ben studiata questa potrebbe diventare senza troppa fatica una delle linee guida più interessanti della prossima serie, proponendo in questo senso una sorta di specchio e confronto del protagonista con se stesso attraverso gli occhi ed il cuore della ragazza.
Il tutto, comunque, senza dubitare neppure un istante, pur rimanendo nell'ambito dell'intrattenimento, che questo insolente specialista della bugia possa essere in grado di stupirci di nuovo.

MrFord

"White lies for dark times and I don't need your crutch
I'm kicking out stained glass windows and I'm
Tender to the touch."

Ben Harper and Relentless 7 - "Shimmer and shine" -

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