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martedì 20 dicembre 2011

La stella del diavolo

Autore: Jo Nesbo
Origine: Norvegia
Editore: Piemme
Anno: 2003 (2009 in Italia)



La trama (con parole mie): oppresso dai sensi di colpa e ossessionato dalla ricerca della verità sul caso che riguarda la sua ex collega Ellen, Harry Hole sprofonda progressivamente nell'alcolismo e nella depressione, in bilico tra il rapporto che va sgretolandosi con l'amata Rakel ed i ricordi d'infanzia legati ad un episodio che lo vide protagonista insieme a sua sorella Sos.
Nel frattempo, nel pieno di un'estate insolitamente torrida per Oslo, un serial killer dallo schema perfetto comincia a colpire lasciando al suo passaggio un diamante rosso dalla forma particolare: starà proprio a Harry, sull'orlo del licenziamento, dargli la caccia fianco a fianco con il suo antagonista di sempre, il glaciale, controllato, perfetto e crudele Tom Waaler.








E' davvero incredibile come, a volte, si incontrino dei personaggi in grado di entrarci dentro e farsi strada dritti al cuore con una facilità irrisoria.
Harry Hole, senza dubbio uno degli "eroi" letterari più straordinari che mi sia capitato di vivere, più che leggere soltanto, fin dalla mia prima esperienza con le sue avventure - che avvenne con Il leopardo, paradossalmente l'ultimo uscito dei romanzi della saga dell'alcolista ispettore della omicidi di Oslo - è andato ad aggiungersi a quella ristretta cerchia di cui fanno parte Hap e Leonard come Max Dembo, Gilliat come i Buendìa, Juan Gallardo come Grinev, il Bufalo come Sean Callan.
Giunto al terzo romanzo - edito in Italia - della serie, posso tranquillamente dichiarare di adorare incondizionatamente Hole, con i suoi errori e le sue debolezze, l'andatura incerta e la determinazione incrollabile, la propensione alla caduta e la straordinaria capacità di resistenza che lo porta a rialzarsi ogni volta, come un pugile mai stanco di farsi prendere a cazzotti.
La stella del diavolo - che, fino ad ora, mi è parso il lavoro più simile al succitato Il leopardo per struttura ed incedere - è l'ennesima conferma delle abilità di narratore ed illusionista del suo autore, in grado di regalare al lettore i consueti ribaltamenti di fronte e giochi di specchi, culminati con una sequenza straordinaria ambientata all'interno di uno studentato, possibile bersaglio del serial killer al centro di quella che potrebbe essere l'ultima indagine come Commissario dell'anticrimine per Harry.
Eppure, nonostante lo stile, la ricerca del suddetto omicida, la scoperta del suo codice, dei come e dei perchè dei delitti, quello che rende davvero grande questo romanzo è un personaggio ben preciso, con un nome ed un cognome: Tom Waaler.
Nesbo, sfruttando una sorta di ideale specchio, costruisce il protagonista attraverso il suo più diretto e grande antagonista, definendo entrambi all'unisono quasi fossero i due lati della stessa medaglia: Harry Hole dimostra molti più anni dei suoi poco più di trentacinque, è biondo, alto quasi due metri, segnato da un'aria malata, schivo, alcolizzato, detestato dalla maggior parte dei colleghi, dall'infanzia tutto sommato felice, assolutamente inaffidabile eppure sempre presente, alla fine, per chi ama.
Tom Waaler è in perfetta forma, scolpito nel corpo dalla palestra e dalle arti marziali, pare addirittura più giovane, sfoggia un sorriso da seduttore, è poco più alto di uno e ottanta, ha i capelli scuri, presta grande attenzione all'alimentazione, i colleghi lo adorano, dimostra una naturale attitudine al comando, lavora ottimamente in squadra, è perfettamente puntuale ed una garanzia per i superiori, non parla facilmente del suo passato, e dietro un'apparenza cortese e controllata nasconde una quasi innata cattiveria.
Sono i due migliori investigatori dell'anticrimine, i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarsene.
Sono loro i maggiori successi, le operazioni più eclatanti, le intuizioni più geniali.
Harry e Tom, Tom e Harry.
L'odio sotterraneo che li separa è così grande da rendere il loro legame unico, profondo, intenso.
E nell'escalation dell'indagine che li porta sulle tracce del killer dei diamanti a forma di pentacolo il loro confronto diviene progressivamente il cardine effettivo del romanzo, passando attraverso la riscoperta di loro stessi - il quasi lugubre e straordinariamente gestito dall'autore racconto del passato di Tom e della sua famiglia -, la loro natura di cacciatori, le sfide sottili - da brividi il confronto al commissariato tra i due, con il piccolo Oleg nel mezzo - e l'esplosione di un momento che, semplicemente, non poteva più essere rimandato.
Forze uguali e contrarie, espressioni di istinti agli antipodi per due personaggi che letteralmente esplodono uno innescato dall'altro, fino all'immagine "allo specchio" che chiude il cerchio dei loro sospesi, in uno dei confronti più potenti del 2011 letterario di casa Ford.
Potrei parafrasare un famoso detto dicendo che dietro un grande protagonista c'è sempre un grande antagonista, ma sarebbe quasi riduttivo per Hole e Waaler.
La loro combinazione è molto, molto di più.
Tanto da riuscire ad eclissare, con la loro caccia a se stessi, quella al killer del pentagramma.
Ma in fondo, poco importa: arriveranno alla soluzione, perchè sono i migliori.
Quello che resterà da capire, è quali conseguenze avrà il loro confronto decisivo.
Perchè nulla sarà più lo stesso.
Perchè guardando negli occhi l'abisso, l'abisso finisce per ricambiare lo sguardo.
Perchè il nostro peggior nemico siamo noi stessi.
E quando una parte di noi è incarnata nel nostro peggior nemico, rischiamo di batterci con qualcosa che vorremmo lasciare sepolto come un ricordo che ci ha segnati per sempre.
A meno che, come Harry, non si abbia nel dolore una sorta di piacevole conforto.




MrFord




"As soon as I'm left alone
the devil wanders into my soul
and I pretend to myself
and I pretend to myself."
PJ Harvey - "The devil" -

domenica 11 dicembre 2011

Shibumi - Il ritorno delle gru

Autore: Trevanian
Origine: Uk
Editore: Bompiani
Anno: 1979 (in Italia 2011)



La trama (con parole mie): Nikolaj Hel, appassionato giocatore di go e speleologo, uomo dalle molteplici culture ma privo di nazionalità, ha ormai superato la cinquantina, e vive la sua pensione dopo anni di servizio come sicario isolato in un magnifico castello nei Paesi Baschi.
Quando una giovane militante di un gruppo di patrioti israeliani che vorrebbe vendicare la strage di Monaco, nipote di un suo vecchio amico, si trova coinvolta in un complotto che tocca la Cia, gli interessi petroliferi arabi e la Casa Madre - organismo che sovrintende le gestioni dell'energia e dei servizi segreti in gran parte del mondo - guidato dal fratello della vecchia nemesi di Hel, Diamond, l'uomo si ritroverà, suo malgrado, al centro di una sarabanda di eventi che lo costringeranno a riprendere il suo vecchio mestiere.






Prima di iniziare, occorre che io ringrazi una volta ancora Don Winslow ed il suo Satori, uno dei romanzi più belli passati dalle parti di casa Ford quest'anno nonchè prequel di quello che è stato un cult del romanzo d'azione sul finire degli anni settanta: Shibumi.
Devo ringraziare Winslow perchè, colpevolmente, fino al suo ripescaggio di un personaggio da urlo come Hel non conoscevo Trevanian, ed ora mi ritrovo sbigottito dalla grandissima abilità di questo romanziere qui da noi praticamente sconosciuto: terminato il suddetto Satori e venuto a conoscenza della pubblicazione del libro che l'aveva ispirato, non ho potuto fare a meno di buttarmi nella lettura di quello che è considerato il Capolavoro dello stesso Trevanian, un'opera inconsueta per la sua natura complessa e poliedrica - simile a quella del suo protagonista - e decisamente unica nel suo genere.
Per quanto, infatti, Nikolaj Hel non rappresenti affatto il mio ideale di "eroe" - ruolo che, al contrario, ricoprono alla grandissima Hap&Leonard o Harry Hole - con il suo essere impeccabile, glaciale, riflessivo, a tratti ascetico - un perfetto giocatore di Go -, la vicenda che lo vede fulcro dell'azione ha il grande merito di catturare l'attenzione alla perfezione, coinvolgendo il lettore e rendendo a sua volta ancora più grande il lavoro compiuto da Winslow nella sua opera di ripescaggio ambientata nella parentesi non mostrata in questo Shibumi della gioventù di Hel.
La cosa che colpisce, nell'incedere delle pagine, è la grandissima capacità dell'autore di cambiare registro quasi si fosse catapultati all'interno di un insieme di romanzi, e non di uno soltanto: dall'ambientazione orwelliana della prima parte - concentrata sul ruolo della Casa Madre e le implicazioni politiche dell'attentato che da origine alla vicenda - al lungo racconto legato all'infanzia e alla gioventù di Nikolaj - quello più legato alle atmosfere di Satori -, che ha tutto il sapore del romanzo di formazione, dalla descrizione minuziosa dell'attività speleologica di Hel e dell'impareggiabile Le Cagot all'escalation drammatica ed intensa del finale, oltre alle similitudini e alle ispirazioni al gioco del Go e alle parentesi grottesche come quella che vede Hel tornare al suo vecchio lavoro di sicario per eliminare gli uomini di Settembre Nero, generi e registri si alternano quasi fossero più autori a comporre la sinfonia di Hel, con la stessa naturalezza del susseguirsi delle stagioni.
Si potrebbe definire Shibumi, anche e soprattutto per questo, un romanzo incentrato sul concetto di attesa, sulla pazienza di preparare il corpo e la mente al colpo decisivo, che ha in Nikolaj l'interprete perfetto, dalle danze erotiche con la sua concubina Hana - bellissimo il duello continuo tra i due, prolungato ad ogni rapporto, giocato sul filo e legato alla penitenza, sempre piacevole, che spetterà al primo che raggiungerà l'orgasmo - alle partite con il padre putativo Kishikawa, dal confronto con la nemesi Diamond all'amicizia con Le Cagot, dalla speleologia all'utilizzo dell'arte marziale che prevede l'uccisione dei bersagli con qualsiasi oggetto.
Hel attende.
Il momento giusto, l'orgasmo, l'amicizia, l'amore, la morte.
O nessuno di essi.
Perchè il buon Nikko è un cercatore, e andando oltre la vita e tutte le sue sfumature, vede solo lo Shibumi.
Lo Shibumi che, più che un concetto o una realtà, è uno stato mentale: la magia dell'astrazione che tocca soltanto alcuni, e solo quando l'innocenza della gioventù ancora li avvolge.
Un luogo placido oltre un mondo fatto di inganni e morte, in cui tutto è in pace con tutto, e la dignità di chi lo vive è così grande da divenire invisibile e quasi magica.
Un silenzio che è un concerto di sensazioni, che passa attraverso i misteri di una grotta da esplorare e di una donna che si potrà amare.
Un silenzio che passa attraverso gli occhi verdi profondi e limpidi di un uomo senza nazionalità, che ha fatto della conquista una progressiva privazione, per adattare il proprio bisogno ad una dimensione sempre più lontana da quella che la comune realtà ci insegna.
Un silenzio che anela alla vita, ma è in grado di scatenare la morte.
Nikolaj Hel è un cercatore.
E per quanto il suo ideale Shibumi potrà restare tale, lui continuerà a coltivarlo: come un amore che ha già una fine, un giardino distrutto cui basta la visione di un racconto per rinascere.


MrFord


"And in the naked light I saw
ten thousand people, maybe more.
People talking without speaking,
people hearing without listening,
people writing songs that voices never share
and no one dared
disturb the sound of silence."
Simon and Garfunkel - "The sound of silence" -


domenica 17 luglio 2011

Lie to me Stagione 3

La trama (con parole mie): Cal Lightman torna alla ribalta pronto a smascherare nuovi bugiardi e ad esplorare i più remoti recessi della psiche umana una volta slegata la sua agenzia dal giogo dell'Fbi, divenuto troppo pesante per l'irrequieto, scorbutico e poco ligio alle regole protagonista. 
Chiusa senza troppi rimpianti la svolta action della stagione precedente, un ritorno ai casi singoli che umanizza Lightman ma toglie qualcosa alla costruzione dello script così come al lavoro sui personaggi.

Devo ammettere di aver sempre avuto un debole per i finti cattivi, anche quando il mio rapporto con gli stessi è dovuto passare attraverso un lento lavoro ai fianchi prima di arrivare alla folgorazione: dal mio "omonimo" Sawyer passando per Alex Karev ed Eric Northman, per non dimenticare il recente mito del digitale terrestre Gordon Ramsay, non sono mai riuscito a resistere al provocatorio fascino di questi all'apparenza poco avvicinabili personaggi.
Cal Lightman - come giustamente sottolinea Dembo, una sorta di versione sociologo di House - è entrato fin da subito nel novero grazie alla faccia di merda che il buon Tim Roth mette - a mio parere autobiograficamente - al servizio del suo protagonista: dopo una prima stagione folgorante, la serie pareva aver ceduto il passo ad atmosfere decisamente troppo action nella seconda annata, capace di dipingere un Lightman praticamente trasformato in una sorta di agente segreto supercazzuto alla Bourne e poco in linea con le aspettative che in casa Ford si avevano rispetto al personaggio, decisamente imperfetto nonostante i numerosi talenti.
In questa terza serie gli autori propongono una sorta di marcia indietro tornando ad un numero di episodi ridimensionato e all'eliminazione della parte che legava l'agenzia del protagonista all'Fbi con conseguente pacchetto di missioni ad alto rischio ed intrighi internazionali di vario genere: se, dunque, da un lato la dimensione decisamente più a misura d'uomo riporta il fascino indubbio che questo prodotto aveva risvegliato negli spettatori nel corso della prima stagione, dall'altro pare essersi perso l'approfondimento dei personaggi principali, resi più esili nello spessore neanche fossimo in una qualsiasi annata del pur discreto Cold case.
La storia tra Torres e Locker caduta nel dimenticatoio così come la figura dell'agente Reynolds, il sospeso tra lo stesso Lightman e la collega/socia Foster rimasto tale e quale dalla prima all'ultima puntata, la voglia di emancipazione manifestata fin dai tempi della prima stagione dallo stesso Locker parcheggiata come fosse un tratto da sfruttare soltanto per solleticare le continue punzecchiature ad opera dell'incontenibile Cal: un vero peccato, considerata la potenzialità dei personaggi, che si spera gli autori vogliano recuperare con la prossima stagione e tornare ad analizzare almeno quanto i protagonisti fanno rispetto ai casi che di volta in volta si presentano.
Ben gestito - pur se in qualche modo reiterato - il legame tra il dottore a caccia di menzogne e la figlia Emily, una delle parti più divertenti e ben costruite dell'intera stagione: insieme all'inserimento di un possibile nuovo membro della squadra, se ben studiata questa potrebbe diventare senza troppa fatica una delle linee guida più interessanti della prossima serie, proponendo in questo senso una sorta di specchio e confronto del protagonista con se stesso attraverso gli occhi ed il cuore della ragazza.
Il tutto, comunque, senza dubitare neppure un istante, pur rimanendo nell'ambito dell'intrattenimento, che questo insolente specialista della bugia possa essere in grado di stupirci di nuovo.

MrFord

"White lies for dark times and I don't need your crutch
I'm kicking out stained glass windows and I'm
Tender to the touch."

Ben Harper and Relentless 7 - "Shimmer and shine" -

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