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giovedì 26 dicembre 2019

Ford Awards 2019: i libri






Per la prima volta dopo due anni di assenza, torna - complice la crescita dei Fordini, che cominciano a sviluppare una certa indipendenza ludica - la classifica dedicata ai romanzi passati dal Saloon nel corso degli ultimi dodici mesi: in realtà non è proprio una classifica, considerato che al contrario dei vecchi tempi dei cinque/sei libri al mese si tratta dei soli che sono passati tra le mie mani nell'ultimo anno, ma è decisamente già qualcosa.
Come se non bastasse, poi, con oggi iniziano ufficialmente i Ford Awards 2019.


MrFord


N°8: SLEEPING BEAUTIES di STEPHEN&OWEN KING

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Apre la classifica quella che, ad essere onesti, è stata una delusione. 
Il maestro del brivido, insieme al figlio Owen, porta su pagina quello che pare il copione fatto e finito di una serie televisiva, che nonostante alcune buone intuizioni si rivela poco sentito e a tratti noiosetto. Ne è dimostrazione il fatto che il tempo di lettura è stato decisamente lungo, occupando quasi quanto quello occorso per i restanti sette titoli. Non proprio il miglior titolo uscito dalla penna del buon, vecchio Steve.


N°7: ARMADA di ERNEST CLINE

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Altra posizione, altra delusione.
L'autore del mitico Player One torna al Saloon con un romanzo che ricalca l'attitudine nerd ed i riferimenti cult del precedente, ma lo fa senza lo stesso cuore, senza il trasporto che rese Player One così speciale: leggerlo è stato un pò come trovarsi di fronte la seconda stagione di una serie passata dall'essere una rivelazione ad un grosso punto di domanda, se non peggio.
Un vero peccato, perchè l'immaginario, le tematiche ed il guizzo non mancano al buon Ernest, che finisce, però, per peccare di quella presunzione da rivalsa tipica dei nerd: e questo è un male.


N°6: IL SORRISO DI JACKRABBIT di JOE LANSDALE

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Pare uno scherzo, ma anche il terzo titolo del novero ha finito per essere una mezza delusione.
Tutti i frequentatori del Saloon sanno bene quanto adori Lansdale e le sue due creature più riuscite, Hap e Leonard: i due improvvisati detectives texani hanno popolato l'Olimpo letterario fordiano negli ultimi dieci anni, accompagnando il loro autore ed invecchiando con lui, ed è fantastico leggerli battibeccare, così come sarebbe fantastico leggere una loro storia assolutamente normale, priva di omicidi, casi misteriosi da risolvere, grane da sciogliere. Eppure pare di essere giunti, e torno ai paragoni con le serie televisive, al momento in cui per l'autore è preferibile chiudere in bellezza piuttosto che trascinarsi stancamente. Hap e Leonard non lo meriterebbero.


N°5: L'ULTIMA AVVENTURA DEL PIRATA LONG JOHN SILVER di BJORN LARSSON

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Finalmente entriamo nel vivo di questa piccola classifica, e per me è un piacere farlo con una chicca nata per soddisfare gli appassionati di uno dei miei romanzi preferiti in assoluto, La vera storia del pirata Long John Silver. Larsson, che pare avesse tagliato alcune parti dal romanzo, torna in pieno fan service con una sorta di racconto lungo che riporta sulla pagina il sempre mitico Barbecue alle prese con una disavventura nel suo eremo in Madagascar.
Per chi non ha letto e amato la storia dalla quale è stato estrapolato sarebbe sicuramente una lettura spiazzante, o quantomeno poco centrata, ma per i vecchi pirati del mio stampo è un modo, senza dubbio, di tornare ad incrociare la rotta di un amico, un antagonista, una versione alternativa di se stessi.


N°4: JOHN BARLEYCORN - MEMORIE ALCOLICHE di JACK LONDON

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Giunto al Saloon come prestito da parte del suocero Ford, che ormai ben conosce le escursioni alcoliche del vecchio cowboy, questo diario di memorie firmato da Jack London, uno degli autori di classici d'avventura più noti e famosi di tutti i tempi, è una riflessione a volte entusiasta e spesso più malinconica e triste del legame tra anime e menti e l'alcool, con tutti i suoi alti ed i suoi bassi, i momenti di entusiasmo sfrenato e quelli di buio totale.
Interessante come, a distanza di quasi un secolo, le dinamiche che coinvolgono chiunque sia in un certo modo legato al bere come atto sociale, intimo o di sfogo siano rimaste indicativamente le stesse, e con quanta razionalità - pur lasciandosi andare a ricordi e sentimenti - London riesca a portarle a galla: non viene suggerito o imposto nulla, quanto più che altro mostrato dall'interno.
Un viaggio di grande profondità condotto da un vero viaggiatore.


N°3: IL CONFINE di DON WINSLOW

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Uno degli autori più celebrati in questi anni al Saloon torna con l'ultimo (?) capitolo di una trilogia che ha fatto la Storia della Letteratura crime e Made in USA, iniziata con Il potere del cane e proseguita con Il cartello, entrambi vincitori del Ford Award. La vicenda di Art Keller, poliziotto della DEA che nel corso della sua carriera ha visto morire ed uccidere nel corso di una delle guerre più lunghe e sanguinose della Storia - quella ai cartelli della droga messicani -, giunge al termine tra le pagine di un romanzo più politico e riflessivo dei due precedenti ma non per questo meno potente o sentito: a prescindere dal genere, le vicende narrate - liberamente ispirate ai fatti reali, dalle evasioni del Chapo alla campagna presidenziale di Trump - tra queste pagine, così come quelle che qui hanno portato i lettori, andrebbero considerate una tappa fondamentale per ogni lettore.


N°2: CASINO TOTALE di JEAN CLAUDE IZZO

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Questo è un voto assolutamente sulla fiducia, dato che, nel momento in cui scrivo queste righe e preparo la classifica, sono giunto indicativamente a metà della lettura di questo romanzo caldo e passionale, una storia di ricordi, amicizie, amori e tradimenti che pulsa tra le vie di una Marsiglia assolata e problematica, legata a doppio filo alla natura di melting pot di una città di porto: Ugo, Manu e Fabio, figli di immigrati e cresciuti pescando, ascoltando vecchi dischi e sognando il grande salto, dopo aver passato la prima parte della loro vita percorrendo strade diverse - uno rimasto a fare il piccolo delinquente, uno a perdersi nell'ombra e per il mondo, l'altro finito a fare il poliziotto - si ritrovano nella loro città portando sulla pagina una storia malinconica, pulsante, traboccante di sensazioni forti e vive, come la pelle sudata quando si fa sesso o le risate di cuore ad una cena al tramonto in riva al mare. E' una storia tosta, che con ogni probabilità non finirà bene, ma fa sentire la vita come un bacio profondo o uno schiaffo in piena faccia. E queste storie sono sempre le mie preferite.


N°1: IL COLTELLO di JO NESBO

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Un altro degli idoli letterari indiscussi del Saloon torna in libreria con la sua creatura più nota e riuscita, il detective Harry Hole, alle prese con una vicenda che lo porterà non solo a sprofondare di nuovo sul fondo di una bottiglia di Jim Beam, ma anche al limite della follia, legata a doppio filo alla morte di uno dei personaggi cardine di tutta la sua storia. Accolto da recensioni tiepide, Il coltello è il perfetto gioco di prestigio del Nolan della pagina scritta Nesbo, che dopo aver disposto i pezzi sulla scacchiera ed aver ingannato e fuorviato il lettore almeno quattro o cinque volte rispetto alla verità sull'omicidio alla base di questo romanzo sfodera uno dei suoi colpi di genio con un paio di passaggi da brividi profondi, che parlano di radici, di amore e di futuro anche quando il futuro ci potrebbe sembrare lontano, oscuro e negato.
Il coltello forse non sarà il romanzo "migliore" della saga di Hole, ma batte talmente forte che senza ombra di dubbio dimostra di esserne il cuore. E che questo autore e questo personaggio hanno ancora tanto da dire, da vivere, da raccontare stupendoci.


MrFord


I PREMI
Miglior autore: Jo Nesbo
Miglior personaggio: Fabio Montale, Casino totale
Miglior antagonista: Svenn Finne, Il coltello
Scena cult: la riflessione di Rakel sulle radici, Il coltello
Premio "brutti, sporchi e cattivi": Long John Silver, L'ultima avventura del pirata Long John Silver
Premio stile: Jack London, John Barleycorn - Memorie alcoliche
Miglior personaggio femminile: Katrine Bratt, Il coltello
Miglior non protagonista: Nico, Il confine
Momento action: il viaggio sulla "Bestia", Il confine
Atmosfera magica: Marsiglia, Casino totale

lunedì 11 dicembre 2017

L'uomo di neve (Tomas Alfredson, UK/USA/Svezia, 2017, 119')





Tutti gli avventori del Saloon sanno benissimo quanto ami Jo Nesbo ed il suo personaggio principe, Harry Hole, detective alcolista e tormentato che, sulla pagina, ha girato il mondo e stanato serial killers in Norvegia dalla fine degli anni novanta a oggi, seguendo o quasi per età il suo creatore.
E chi segue questo vecchio cowboy conosce bene anche tutte le riserve che nutrivo a proposito di questa trasposizione cinematografica de L'uomo di neve, romanzo che lanciò il già citato Nesbo nell'Olimpo dei best sellers internazionali, in parte date dal fatto che si trattasse del settimo romanzo della saga e non del primo, in parte legate alle assurde scelte di casting - Fassbender sarà pure bravo e famoso, ma con Hole non c'entra proprio una fava secca, per non parlare della tostissima Bratt trasformata in una specie di bambolina indie -, in parte perchè se di norma il romanzo è superiore al film ispirato dallo stesso la sensazione, in questo caso, era quella di un replay del terrificante - e non in senso buono - Io sono leggenda di qualche anno fa, che da un Capolavoro della Letteratura snaturato portò sullo schermo una merda fumante.
Purtroppo, rispetto a L'uomo di neve, i timori si sono rivelati più che fondati.
Conscio, mi rendo conto, dell'influenza del romanzo, ho finito per considerare non solo assurdo l'adattamento - forzatamente cambiato per la maggior parte delle vicende narrate -, ma anche l'utilizzo dei particolari - tutti i fan di Hole sanno che il suo veleno favorito è il Jim Beam, noto bourbon americano, mentre nella pellicola il detective, che più che un alcolista pare essere vulnerabile alla bevuta facile e poco più, compare solo ed esclusivamente in compagnia di bottiglie di vodka da discount -, senza considerare il ritmo soporifero e l'intensità non pervenuta che ha trasformato Hole da personaggio ferito, tormentato ed in qualche modo romantico nel senso letterario del termine al tipico protagonista da giallo cinematografico scandinavo buono per gli appassionati di thriller da seconda serata nel weekend televisivo.
Un calvario per un appassionato come il sottoscritto che, anche se osservato cercando di rimanere all'esterno dei panni di fan della saga letteraria, finisce per risultare anonimo e privo di personalità, la più classica operazione prettamente commerciale pronta ad approfittare dello spettatore occasionale o del sentito dire senza alcun rispetto o considerazione per l'opera d'ispirazione o per l'intelligenza degli spettatori.
Un peccato mortale considerate le potenzialità di autore, serie e personaggio, che, continuo a ribadirlo, meriterebbero un'attenzione maggiore ed un panorama da piccolo schermo nella sua versione meglio curata - un nome solo: HBO -, piuttosto che trasposizioni così prive di personalità da risultare identiche a qualsiasi altra abbia regalato al pubblico uno dei registi dalla concentrazione di Valium più importante degli ultimi anni, Tomas Alfredson, che pare essere in grado di trasformare anche adrenalina pura in una bella tazza di camomilla.
Come se tutto questo non bastasse viene fornita una spiegazione assolutamente priva di originalità rispetto all'originale delle giustificazioni che muovono l'Uomo di neve, si preferisce un finale "giustizialista" e si finisce per perdere inesorabilmente il rapporto ed il legame che si stabilisce tra main charachter ed antagonista: un fallimento, dunque, su tutta la linea per quanto mi riguarda, e che porta alla delusione di aver visto, più che un film oggettivamente brutto o da incazzatura, una terribile occasione sprecata considerato il materiale dal quale si partiva.




MrFord




giovedì 12 ottobre 2017

Thursday's child



Nuova puntata della rubrica con più ospitate della storia della blogosfera e della rete - forse -, come di consueto incentrata sulle uscite che ci attendono in sala nel weekend imminente, come di consueto pronta ad essere gestita dalle folli mani del sottoscritto e del Cannibale, e per questa settimana pronta ad accogliere Miki Moz.
Come se la sarà cavata il nostro ospite, alle prese con i due arcinemici della blogosfera?


"Lo sapevo che non potevo tenere lo stesso ritmo di Ford, con i White Russian!"



L'uomo di neve

"Questo spumantino farà ubriacare Cannibal e Miki. Datemi un White Russian fordiano, per giove!"

Miki Moz: I thriller ora si spostano tutti a nord, nei paesi dal suicidio facile dove fa buio a mezzogiorno e dove la neve non è piacevole. Ma siccome di neve ne ho avuta anche troppa, quest’anno, salto volentieri la visione.
Questo è il classico film le cui premesse possono far gasare Cannibal, che poi sarà deluso.
Cannibal Kid: Raccomando a Miki Moz, che arriva chiaramente impreparato all'appuntamento con questa rubrica trasformata per l'occasione in una Blog War – Special Edition, di leggere i nostri blog un po' più spesso. Se lo facesse, si renderebbe conto che il fan dei thriller nordici non sono io, ma Ford. L'uomo di neve è infatti tratto da un romanzo di Jo Nesbø, il secondo personaggio di cui si parla più spesso su WhiteRussian, appena dopo Stallone.
Io invece sono incuriosito più che altro per vedere come se la caverà alle prese con un thrillerone commerciale il Michael Fassbenderone, sebbene negli ultimi tempi non ne azzecchi più una. Al cinema. Nel privato invece, mettendosi insieme ad Alicia Vikander, lui sì che ha capito tutto della vita.
Ford: come Cannibal e chiunque segua come si deve il mio blog, Nesbo è uno degli autori che più ho amato negli ultimi anni, autore di una serie fantastica legata ad un personaggio fantastico, il detective alcolista Harry Hole.
Normalmente sarei gasato a mille per una produzione di questo tipo, ma ho due grossi punti interrogativi: il primo è che L'uomo di neve, nonostante il successo commerciale, è ben lontano dall'essere il primo libro della serie, ed iniziare una saga da metà percorso non è mai consigliabile.
Il secondo è Fassbender, che per quanto bravo e cool fisicamente c'entra con Hole più o meno quanto Cannibal con Miki Moz, o almeno spero per Miki Moz.
Staremo a vedere.

40 sono i nuovi 20

"Hey, questo Miki Moz le spara più grosse di Cannibal e Ford!"

Miki Moz: Non ci vuole certo una commediola USA in stile classico (don—ehm, ragazza protagonista, qualche bellimbusto vario ed eventuale) a ricordarci che avere quarant’anni è il nuovo Avere vent’anni.
Ci ho basato il mio blog, su questo concetto. Io ne ho 12, di anni, quindi salto.
Cannibal Kid: Potrebbe sembrare la classica commediola americana senza pretese, ma non lo è. Vorrete mica dare ascolto a un blogger bimbominkia 12enne? Questo è il mio film e potrebbe diventare il mio nuovo manifesto esistenziale. Daje Reese, famme sognà!
Aspettate quindi di vederlo tra i migliori film dell'anno su Pensieri Cannibali e in cima alla classifica dei peggiori su WhiteRussian, dove probabilmente raccoglierà il testimone da Bad Moms, il “trionfatore” dell'anno scorso. Ford comunque è già stato chiamato come protagonista del sequel spin-off: 40 sono i nuovi 80.
Ford: dovrei essere il primo sostenitore di questa dottrina, seguito a ruota da quel fesso di Cannibal, che continua a fingere di avere dodici anni come Miki. Ma prima che possa avere anche la benchè minima esaltazione per vedere l'ennesima commediola ammeregana senza spessore, la strada è molto lunga.

Lego Ninjago – Il film

Maestro Ford pronto a prendere a calci nel deretano i suoi allievi Cannibal e Miki.

Miki Moz: L’azienda del mattoncino ha ormai intrapreso la strada del cinema: dopo i magnifici Lego Movie e Lego Batman è la volta del ninja verde Lloyd (il sosia di un mio amico) e degli altri Ninjago, linea di successo.
Non mi aspetto sviluppi e citazioni colto-nerd come nei precedenti due film, roba che Cannibal e Ford possono riempirci un anno di blog. E poi dalla Lego io aspetto la linea Masters of the Universe.
Cannibal Kid: I magnifici Lego Movie e Lego Batman?
Ma chi ci è capitato questa settimana? L'unico blogger al mondo che ne capisce di cinema meno di Ford? E aspetta pure la linea Masters of the Universe?
Posso rimangiarmi subito l'invito che gli ho fatto a partecipare a questa rubrica?

Quanto ai Ninjago, dico solo che sono tra i preferiti dei miei nipotini di 9 e 6 anni. Quindi una bambinata perfetta per Ford. E non intendo i piccoli di casa.
Ford: i due ultimi film dedicati ai mattoncini Lego, Movie e Batman, mi hanno intrattenuto e divertito parecchio. Ammetto però, per età mia e dei miei figli - ancora troppo piccoli - di non conoscere affatto i Ninjago, ma di essere molto incuriosito. Del resto, se la qualità resta quella dei due film precedenti, direi che siamo a cavallo. E chissà che non impari qualche nuova mossa con la quale stendere Cannibal e lo sventurato che ogni settimana ci farà compagnia per questa rubrica.

Nico, 1988

"Sono qui per acquistare un pò della roba che avete venduto a Miki. Mi pare parecchio buona."

Miki Moz: Nel 1988 l’unico Nico era Steven Seagal, uscito quell’anno con un action da serie A che univa un poliziotto italoamericano alla budinosa e futura Jackie Brown. E so che Mr. Ford è con me.
Ora invece Nico è anche la storia della cantante dei Velvet Underground, tra tour e vita privata.
Da vedere, sicuramente buona musica e buono sfondo storico.
Cannibal Kid: Preferisco dimenticare il d'altra parte dimenticabile Nico con Steven Seagal, uno dei peggiori film e uno dei peggiori attori di tutti i tempi, e concentrarmi su una pellicola premiata all'ultimo Festival di Venezia che racconta gli ultimi mesi di vita negli anni '80 di un'icona degli anni '60. Sono d'accordo che conterrà della buona musica. Per il resto Miki dovrebbe smetterla di drogarsi pesante insieme a Ford.
Ford: il Nico di Seagal resta indimenticabile, oltre ad essere uno dei pochi film decenti interpretati dal più parruccone degli action heroes anni ottanta, ma questo Nico legato alla mitica cantante dei Velvet Underground potrebbe perfino mettere d'accordo il sottoscritto e Cannibal. Che sia l'inizio di una svolta, e dunque di una Blog War tra noi due e Miki?

Il palazzo del viceré

"Da quando Ford è a capo del palazzo, la mattina solo whisky liscio."

Miki Moz: Film storico, quindi probabile mattonata sui coglioni, che ci parla dei rapporti tra India e Pakistan, prima che questi tizi arrivassero ad aprire negozi di cianfrusaglie e telefoni da noi. Cannibal ci sguazzerà dicendo che è da Oscar.
Cannibal Kid: Miki crede davvero che esalterò un film storico?
Ma è una cosa che non si è mai vista nella Storia di Pensieri Cannibali.
Ford: un film che si preannuncia come una mattonata devastante di quelle che Cannibal pensa io esalterò, ma che ormai non avvicino più con la scusa di spararmi l'ennesima revisione di un film con Sly.

L'altra metà della storia

"Non preoccuparti, Jim: non sei vecchio nemmeno la metà di Ford."

Miki Moz: Film inglese come sanno fare gli inglesi. Classico, quindi. La storia di un diario che spunta dal passato e che lega il protagonista a una sua vecchissima fiamma. Amore, perdono, granbretagna. Film per blogger cinefili come Ford & Cannibal, roba per fare gli intenditori british.
Cannibal Kid: Grazie per i cinefili, ma le pellicole classiche British non sono certo una specialità di casa, né dalle mie parti, né da quelle dell'altra metà della storia di questa rubrica, WhiteRussian. Trattandosi di un film con vecchietti, però, potrebbe fare più al caso di Ford che non al mio...
Ford: l'altra metà della storia non pare affar mio, così come queste discussioni da salotto tra Miki e Cannibal, che devono ancora farne di strada per arrivare agli scambi al vetriolo che io e Cannibal portiamo avanti dai tempi delle Blog Wars.

Dove non ho mai abitato

"Te lo prometto, chiederò a Cannibal e Ford di non invitare più quel tipo strano a partecipare alla loro rubrica, ma smetti di piangere, per favore!"

Miki Moz: Film italiano che sembra avere qualche pretesa di buon cinema; padri e figlie e spiriti santi nella Torino bene, dissapori dal passato e architettura. Ne varrà la pena. Mr. Ford forse sta già vomitando?
Cannibal Kid: Negli ultimi tempi sono diventato, a sorpresa, un acceso sostenitore del nuovo cinema italiano. 'Sta roba che sa di mattonata sui coglioni peggio del film storico British però giusto un fanatico nazionalista come Miki può cercare di vendervelo come una visione da non perdere. Non credetegli.
Quanto a Ford, quello il cinema italiano è un posto dove proprio non ha mai abitato. Così come il cinema in generale.
Ford dice: Torino a parte, non trovo un motivo per recuperare l'ennesimo tentativo presumibilmente fallimentare di presentare un film italiano pseudo autoriale. Un po' come qualsiasi tentativo di Cannibal di apparire competente in ambito cinematografico continuerà ad essere altrettanto fallimentare.

Nove lune e mezza

"Signora, ci sono i suoi dottori: Ford e Cannibal." "No, la prego! Mi porti da Miki Moz!"

Miki Moz: Due sorelle, due compagni. Due sorelle molto diverse tra loro, così come i loro compagni. E, di mezzo, una gravidanza. Dirige Michela Andreozzi, una commedia che probabilmente non dev’essere così male tipo quei film italiani che ora sono relegati alla terza serata di Italia 1.
Cannibal Kid: Continua la crociata di Miki in difesa del cinema italiano. Solo che questa robetta bisogna essere proprio generosi per definirla cinema. Considerando inoltre che la protagonista è Claudia Gerini, che non vedevo in azione dai tempi dei lavori con Carlo Verdone e ho ritrovato in pessima forma recitativa in Suburra – La serie, l'unica commedia al femminile da vedere questa settimana è e resta 40 sono i nuovi 20.
Ford: ennesima porcata italiana che se neppure Cannibal corre a difendere deve essere davvero qualcosa di terribile. A meno che non si tratti del film del secolo.

Made in China Napoletano

"Sai, in Cina abbiamo delle copie tarocche di Ford e Cannibal." "Spero non l'abbiate anche di Miki Moz!"

Miki Moz: Chi tarocca di più tra i napoletani e i cinesi? Devono essersi chiesto questo quando hanno messo su questo film. Una simpatica guerra tra contraffazioni che si preannuncia divertente (anche se in questi casi il rischio di film superficiale è sempre alto, speriamo di no…).
Cannibal Kid: Miki Moz arriverà a sponsorizzare persino questo altro film italiano?
No, dai, è troppo persino per lui...
E invece no. L'ha fatto!
Ok, è ufficiale. Non credevo sarebbe mai successo, ma ho trovato qualcuno con dei gusti cinematografici che mi spaventano più di quelli di Ford. Che puntata di rubrica davvero sorprendente. E terrificante.
Ford: non pensavo che esistesse un blogger pronto a difendere il Cinema italiano al suo peggio ancora più di Cannibal, e invece l'ho trovato. Forse è il caso che la prossima volta, prima di scrivere per questa rubrica, faccia bere due o tre white russian dei miei a Miki.

venerdì 11 agosto 2017

Sete (Jo Nesbo, Norvegia, 2016)




L'arrivo di un nuovo lavoro di Jo Nesbo, uno degli idoli letterari incontrastati degli ultimi anni in casa Ford - e non solo per quanto riguarda il sottoscritto - è sempre un momento quasi magico, con tanto di aspettative altissime e grande attesa - oltre alla solita discussione rispetto a chi, tra me e Julez, dovrà essere il primo a metterci mano -: con gli ultimi lavori - Sangue e neve e Sole di mezzanotte -, però, perfino il poliedrico autore norvegese aveva cominciato a dare qualche segno di stanca, probabilmente legato al successo ed alla necessità di presentare nuovi titoli a ritmo serrato presso i suoi editori in tutto il mondo.
Fortunatamente, a far respirare l'aria dei cari, vecchi tempi torna Harry Hole, il detective alcolista e caotico che ha fatto la fortuna di quest'uomo dai mille talenti, che nel corso della vita è stato calciatore nella Serie A norvegese, analista finanziario, giornalista, musicista e dunque scrittore: con Sete, infatti, riprendiamo le fila della saga del personaggio simbolo di Nesbo a tre anni dalla conclusione del capitolo precedente, Polizia, finalmente sposato con la donna della sua vita, Rakel, e tornato al tranquillo incarico di insegnante all'Accademia di polizia, lontano dall'alcool e dai guai, nonchè, ormai, quasi cinquantenne - altra grande cosa di questo charachter, il tempo che passa sulle pagine come nella realtà, considerato che sono trascorsi quasi vent'anni dalla pubblicazione del primo romanzo dedicato alle sue avventure, almeno in Norvegia -.
E come di consueto, quando entra in gioco Hole, Nesbo riesce sempre, trainato dal suo charachter favorito, a regalare tensione, emozioni, idee geniali e quel tocco da illusionista che, ai miei occhi, l'ha reso da tempo il Nolan del thriller letterario: con Sete, che rimbalza tra le allusioni della propensione alla bottiglia di Harry ed i delitti di un assassino con il quale Hole non ha ancora chiuso i conti, compiuti attraverso un rituale che ricorda i vampiri, Nesbo recupera pienamente il terreno perso con le sue ultime e più scialbe produzioni, tornando su binari solidi ed efficaci, e seppur non consegnando ai lettori il titolo migliore della saga - che, a mio parere, resta sempre La ragazza senza volto - si dimostra uno dei riferimenti per la Letteratura di genere degli anni zero e non solo.
Ancora una volta, infatti, fin dalle prime pagine ci si trova avvinti nella spirale di giochi di specchi, momenti quasi horror, riferimenti musicali e cinematografici e personaggi delineati alla perfezione tipica dei romanzi dedicati all'ispettore Hole, questa volta davvero molto vicini al sottoscritto - dal White Russian de Il grande Lebowski citato apertamente alle descrizioni efficaci e dettagliate dei movimenti di pesistica e della sensazione che porta rincorrere i propri limiti fisici attraverso lo sport - e come sempre perfetti nel delineare non solo le sfumature del protagonista - splendido nei passaggi legati alla malattia di Rakel, o al rapporto con il figlio acquisito Oleg - ma anche vecchie conoscenze come Katrine Bratt - sempre tosta e molto figa - e Truls Bernsten - credo sia un'impresa pazzesca per uno scrittore riuscire a rendere così tridimensionale ed affascinante un personaggio nato come una caricatura negativa -, o i nuovi volti Anders Wyller - che, chissà, potrebbe un giorno raccogliere, con Oleg, il testimone di Hole - e Mona Daa, giornalista d'assalto fulcro di molti giochi di prestigio del geniale Jo nel corso di questo romanzo.
E tra sangue, riferimenti ai social, alla solitudine ed alla crudeltà umana, ci si ritrova, come di consueto, con il fiato corto e la voglia di non arrivare alla conclusione, o quantomeno al momento in cui l'illusionista rivela il suo trucco: perchè le architetture di Nesbo sono così belle da vedere e vivere, che pare quasi un delitto - per l'appunto - sapere che prima o poi verranno rivelate per fare spazio ad una soluzione come di consueto spiazzante.
Resta la sete, quella di vita e di brividi, di questo protagonista imperfetto e magnetico, una sete che tutti gli irrequieti come lui - e come me - non riusciranno a tenere a bada fino alla fine dei propri giorni.
La sete che già mi fa attendere con ansia il prossimo capitolo della storia di Harry Hole.




MrFord



 

lunedì 22 agosto 2016

Saloon's Bullettin #6




La marcia attraverso quest'estate più rilassata - in termini di visioni e di blog - prosegue la sua marcia verso la conclusione, e come ogni estate che si rispetti - anche se l'ambientazione non rispecchia affatto la stagione - qualche horror finisce per fare sempre capolino sugli schermi: Cell, ispirato da un romanzo di Stephen King e massacrato un pò ovunque nella blogosfera e non, è un'accozzaglia di idee mal scritte e confuse che pescano a piene mani dagli zombie movies, i survival, videogiochi e serial televisivi, partite con un principio anche interessante - l'epidemia originata dall'uso smodato dei cellulari - e naufragate in una fiera del già visto banale, diretta malissimo ed interpretata anche peggio da due bollitissimi John Cusack e Samuel Jackson.
Davvero un peccato per la chance sprecata, per il Maestro del brivido e i due protagonisti - cui ho sempre voluto bene -: un film, però, davvero impossibile da salvare anche in minima parte, già candidato ad un posto di rilievo nella decina del peggio dell'anno (un bicchiere).
E' andata decisamente meglio con Race - Il colore della vittoria, biopic senza dubbio patinato ed hollywoodiano eppure funzionale ed emozionante incentrato sulle imprese sportive di Jesse Owens, che fu eroe alle Olimpiadi del trentasei a Berlino vincendo quattro medaglie in barba al nazismo e ad Adolf Hitler: una pellicola solida e piacevole da vedere, che non inventa nulla ma racconta bene, culminata con i passaggi legati all'amicizia nata proprio dalla rivalità sportiva tra lo stesso Owens ed il saltatore tedesco Luz.
Senza dubbio gli amanti del Cinema d'autore storceranno il naso, eppure lo sport e le vicende pane e salame come questa fanno sempre bene al cuore, soprattutto in momenti complicati come quello che stiamo vivendo: il bello dello sport e delle sue icone, del resto, è anche e soprattutto questo (due bicchieri).
A proposito di film d'essai, invece, ho approfittato della curiosità stimolata da alcuni pareri più che buoni raccolti nella blogosfera per affrontare 11 minuti, pellicola di Jerzy Skolimowski sviluppata come un gioco ad incastro, un mosaico di storie pronte a convergere abbracciando proprio un arco di undici minuti: esperimento decisamente interessante legato alla riflessione sul destino e la casualità, impreziosito da un finale pazzesco ed a suo modo mitico, graziato da un minutaggio perfetto e da un ritmo serrato, finisce di contro per risultare un pò troppo "sconnesso" in alcuni passaggi e forzatamente autoriale in altri.
Un peccato, perchè con un paio di aggiustamenti soprattutto sullo script avrebbe potuto rappresentare una delle sorprese più interessanti dell'estate: quello che vi consiglio, però, è di vederlo comunque, senza informarvi troppo sulla trama e la sua evoluzione prima della visione.
Buttatelo giù d'un fiato come lo shot che scatena il tracollo della sbronza.
Non avrà tutto questo gran sapore, ma di sicuro non lo dimenticherete, nel bene o nel male (due bicchieri).
A chiudere la settimana di visioni prima della mia partenza per il mare - scrivo attorno alla metà di luglio - ho voluto festeggiare ferie e stagione con l'ennesima visione di Weekend con il morto, che ancora oggi mi fa sbellicare dalle risate tanto quanto ai tempi, quando con mio fratello riuscivamo a vederlo almeno tre o quattro volte la settimana non appena finivano le scuole: le peripezie dei due protagonisti con il loro defunto capo Bernie Lomax, per quanto assurde e decisamente di bassa lega, mi paiono funzionare ancora oggi, dalla festa del venerdì sera alla scoperta del piano dello stesso Lomax, fino allo scontro decisivo con il sicario Vito, che fin dai tempi era rimasto nel cuore dei fratelli Ford con quel suo "Sambuca con ghiaccio, minchia!", in originale così come nella versione italiana. Intramontabile (un bicchiere e mezzo).
I viaggi in treno per andare a trovare i Fordini già al mare, invece, hanno veicolato anche la lettura dell'ultimo Nesbo, Sole di mezzanotte, altro romanzo slegato dalla creatura più fortunata della penna dell'autore norvegese, Harry Hole: il successo, l'aumento esponenziale della produzione e la mancanza del detective alcolista, però, paiono non fare troppo bene al buon Jo, che come per Sangue e neve incappa in un mezzo passo falso, rimbalzando da una prima parte interessante legata soprattutto alla descrizione dei paesaggi del Finnmark ad una seconda con poco mordente ed anche parzialmente scontata.
Niente di irreparabile, ed un libro comunque piacevole e scorrevole, ma il vero Nesbo sta da un'altra parte.
Forse ad ubriacarsi con Hole. E forse è il caso di fare un pensierino a proposito del ritorno di quest'ultimo (due bicchieri).




MrFord

mercoledì 23 dicembre 2015

Ford Awards 2015: i libri

La trama (con parole mie): come ogni anno, con l'avvicinarsi del giro di boa giunge anche uno degli appuntamenti più attesi del sottoscritto, ovvero i Ford Awards, le classifiche che, di fatto, tirano le somme di un'intera stagione di letture e visioni.
Per la prima volta dall'apertura del Saloon non figurano i Videogames, ridotti ormai agli scampoli di giornate di stanca o particolarmente libere che, chissà, Fordina permettendo, potrebbero tornare a fare capolino da queste parti tra dodici mesi.
Nel frattempo, do fuoco alle polveri con la top ten dei romanzi letti nel corso di questo duemilaquindici, che, lo ammetto, fatta eccezione per un paio di delusioni, è stato davvero soddisfacente, ed accolgo i Gallagher come simbolo di questa edizione dei Ford Awards.
Nel frattempo, quale titolo raccoglierà l'eredità di Cujo?


N°10: SCARAFAGGI di JO NESBO



L'appuntamento con i Ford Awards letterari non può far mancare il suo interprete più celebrato al Saloon, Jo Nesbo. Per il secondo anno consecutivo, pur non occupando le posizioni più alte della graduatoria, il buon Jo piazza in classifica il secondo romanzo in termini cronologici dedicato alle avventure del suo charachter più riuscito, Harry Hole, per la prima volta pubblicato in Italia. 
Ancora acerbo, come il precedente Il pipistrello, ma già mitico.


N°9: AMERICAN SNIPER di CHRIS KYLE, JIM DEFELICE, SCOTT MCEWAN



Da una figura controversa come quella di Chris Kyle, il cecchino più letale della Storia dell'Esercito statunitense al centro di un altrettanto controverso e splendido film firmato da Clint Eastwood, una biografia in grado di colpire per sincerità, passione e forza anche quando gli ideali espressi sono diametralmente opposti a quelli di chi li legge.
Un modo costruttivo ed interessante di scoprire quello che c'è dall'altra parte della barricata, e che potrebbe essere profondamente diverso da noi, almeno fino ad un certo punto: perchè, in fondo, siamo tutti umani guidati dalle stesse passioni.


N°8: IL CONFESSORE di JO NESBO



Secondo gettone raccolto dall'autore più premiato a livello letterario di questi anni al Saloon, che piazza un romanzo notevole ed un protagonista che non si dimentica, pur non riuscendo, di fatto, ad eguagliare le vette offerte dal detective Hole.
Il confessore, comunque, resta un one shot potente e come sempre perfetto nel descrivere le ombre dell'anima ed uno dei concetti più cari allo scrittore norvegese: quello della dipendenza.
Un romanzo sul peccato e sui peccatori, che da peccatore non ho potuto non amare.


N°7: TOKYO VICE di JAKE ADELSTEIN



Una delle sorprese più gradite di quest'anno: giunto al Saloon su suggerimento di un collega, a scatola chiusa, si è rivelato una lettura appassionante ed uno spaccato strepitoso legato alla cultura metropolitana nipponica, dalla Yakuza alle differenze lavorative tra uomini e donne, passando per il cibo e le usanze. 
Jake Adelstein, reporter d'assalto, affronta la vita in un altro Paese facendola propria, imparando dalla novità a costruire una propria tradizione.

N°6: SHOTGUN LOVESONGS di NICKOLAS BUTLER



L'amicizia, la Grande Frontiera made in USA raccontata come in una ballad strappacuore di Springsteen, i dolori e le gioie della crescita, vicende ordinarie che diventano straordinarie grazie alla semplicità della vita e della passione: tutto questo e molto altro in un romanzo certo non perfetto, ma tra i più sentiti che ricordi del passato recente.
Uno Stand by me versione adulta che tocca tutte le corde del cuore di chi sta attraversando quell'età in cui si è ancora nel mezzo, formati ma ancora all'inizio del proprio percorso "da grandi".


N°5: MISSING - NEW YORK di DON WINSLOW



Alle spalle una serie di romanzi non tra i suoi migliori, uno dei favoriti del Saloon, Don Winslow, torna alla ribalta con un crime movie dal ritmo tesissimo e decisamente pane e salame, reso ancora più tosto da un protagonista tra i migliori degli ultimi anni, Frank Decker, degno erede della grande tradizione di Hole e della coppia formata da Hap&Leonard.
Un road movie in salsa thriller che colpisce al cuore i padri, ma che ha il potere ed il grande respiro che solo il vecchio Don sa dare alle pagine.


N°4: COMPAGNO DI SBRONZE di CHARLES BUKOWSKI



Il vecchio Hank Bukowski non poteva mancare ai piani alti della classifica delle letture dell'anno, grazie ad uno dei titoli della sua bibliografia più importanti che ancora mancava al sottoscritto, e che ha assunto un significato ancora maggiore perchè giunto da queste parti nell'anno della fine di Californication - che deve un sacco al buon Buck - e della morte del mio amico Emiliano, che come il sottoscritto e mio fratello ha amato alla follia questo vecchio ubriacone che di tanto in tanto amava tenere la penna in mano.
Data l'anarchia di Buckowski, non tutti i racconti valgono davvero, ma quelli che lo fanno, sono lampi di genio assoluto.
Bagnati di sesso, alcool e vita. Come piace a me.

N°3: HONKY TONK SAMURAI di JOE R. LANSDALE



Un altro dei grandi protetti del Saloon dal punto di vista letterario è Joe Lansdale, che non ringrazierò mai abbastanza per aver creato Hap e Leonard, tra i miei personaggi preferiti sulla pagina scritta di sempre. Il nuovo capitolo della loro saga, giunto a cinque anni di distanza dal precedente, non delude le attese, pur non assestandosi tra i miei preferiti. 
O almeno questo è quello che ho creduto, considerando qualche posizione in meno in questa classifica, fino ad una quarantina di pagine dalla conclusione: poi il vecchio Joe sfodera uno dei finali più belli ed emozionanti che si potessero immaginare, ed apre una breccia grande quanto la Frontiera nel cuore del sottoscritto e di tutti i suoi fan. Lacrime, sangue ed emozione. Tutto in salsa Hap&Leonard.


N°2: L'ISOLA DEL TESORO di ROBERT LOUIS STEVENSON



Un Classico senza tempo che, all'epoca della scuola, ho sempre evitato per partito preso rispetto alle letture imposte, e che ho riscoperto proprio come un tesoro ora, che del periodo degli studi ho solo un vago ricordo: un romanzo di formazione ed avventura che è il capostipite di un genere, una meraviglia per gli occhi, l'immaginazione ed il cuore, che spero davvero che i miei figli potranno leggere ed amare come ho amato io dalla prima all'ultima riga.
Stevenson, con la sua visione da esploratore e pioniere, ha consegnato ai lettori di qualsiasi epoca un'epopea che è impossibile dimenticare. E non amare.





Raramente, nel corso della mia vita, ho trovato riscontro di me stesso in un personaggio come nel Long John Silver tratteggiato da Bjorn Larsson.
Pensandoci bene, solo Barry Lyndon aveva avuto lo stesso potere, su di me.
Questo, senza troppi fronzoli, è uno dei romanzi della mia vita.
Long John Silver, compagnone e spietato, egoista e generoso, esplosivo e sfuggente, con il suo amore incondizionato per la vita, è quanto di più simile esista al sottoscritto che si possa immaginare: un pirata per volontà che sfugge al ruolo di Capitano perchè l'unico ad avere il potere di deporlo deve rimanere lui stesso, un figlio della Libertà in grado di legarsi indissolubilmente a qualcuno o compiere le bassezze più atroci per vendicarsi di qualcun'altro.
Long John Silver è il Capitano della sua anima.
Ed io della mia.
La nave migliore con la quale possiamo partire alla volta del mondo.



I PREMI

Miglior autore: Bjorn Larsson
Miglior personaggio: Long John Silver, La vera storia del pirata Long John Silver
Miglior antagonista: Jim Hawkins, L'isola del tesoro
Scena cult: il momento in cui Long John Silver diventa "Barbecue", La vera storia del pirata Long John Silver, ed il finale di Honky Tonk Samurai
Premio "brutti, sporchi e cattivi": i Distruttori, Honky Tonk Samurai
Premio stile: Jake Adelstein, Tokyo Vice
Miglior personaggio femminile: Vanilla Ride, Honky Tonk Samurai
Miglior non protagonista: Henry, Shotgun Lovesongs
Momento action: il tentativo di autopompino, Compagno di sbronze
Atmosfera magica: la festa danzante di paese, Shotgun Lovesongs



MrFord
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