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venerdì 2 gennaio 2015

2014 in music

La trama (con parole mie): tradizione ormai consolidata del Saloon, il viaggio attraverso quelle che sono state le hit dell'anno appena trascorso mese dopo mese viene riproposta anche con l'avvento del duemilaquindici, mostrando - o meglio, facendo ascoltare - ai viaggiatori che si incontrano a questo vecchio bancone cosa è passato, cosa ha toccato, divertito o fatto ballare - si fa per dire - il vecchio cowboy e la sua famiglia nel corso di questi ultimi dodici mesi.


GENNAIO: ROYALS di LORDE


Prima hit ufficiale a far ballare selvaggiamente - nel senso letterale del termine - il Fordino fresco di camminata è stata il tormentone della giovanissima neozelandese Lorde, proprio per questo motivo passata all'inverosimile su Spotify qui nel salotto di casa Ford arrivando quasi a stancare almeno noi adulti. Il ricordo, però, dei momenti in cui mi perdevo ridendo degli improvvisati passi di danza del più piccolo del clan fordiano è indelebile.

FEBBRAIO: HEART TO HEART di JAMES BLUNT

Secondo mese, e secondo pezzo che mi lega al Fordino: il brano di James Blunt - che adoro anche oggi, a distanza di quasi un anno e dopo decine di ascolti -, seppur legato ad una storia d'amore, mi ha sin dal primo momento fatto pensare a me e AleLeo, al legame istintivo che esiste tra genitori e figli, al fatto che, ovunque lui sarà e qualunque strada prenderà, questo vecchio cowboy sarà sempre pronto ad essere presente e ad allungare la mano per aiutarlo.

MARZO: TOUS LES MEMES di STROMAE


Una delle rivelazioni dell'anno, il giovane artista francofono dalle origini nordafricane è riuscito con un pezzo irresistibile a colpire perfino un rocker tamarro come il sottoscritto, complice un video meraviglioso che ha qualcosa dei vecchi gioielli targati Michael Jackson.
Non propriamente quello che si direbbe fordiano, ma senza dubbio unico.
E da queste parti l'unicità è sempre ben accetta.

APRILE: FURTHER ON UP THE ROAD della BROKEN CIRCLE BLUEGRASS BAND


Trascinata dalla splendida colonna sonora di Alabama Monroe, della quale potrei scegliere ancora oggi qualsiasi brano, Further on up the road ha scandito la passione e la speranza della primavera prima che venisse scossa da uno degli eventi peggiori della mia vita.
E i brividi scorrono sulla pelle e sulle note ancora oggi.

MAGGIO: OUT AMONG THE STARS di JOHNNY CASH


Il disco "perduto" di uno dei pilastri della mia cultura musicale, un gioiello registrato negli anni ottanta - paradossalmente, il periodo meno interessante della carriera del Man in black -, ha traghettato il vecchio cowboy attraverso il sogno di qualcosa di meraviglioso trasformatosi, nella mattinata del ventotto maggio, in un dolore che non credo riuscirò mai a quantificare o qualificare.
E grazie alle note di Cash ho allargato le spalle e vestito il nero, in attesa che un giorno possa giungere il bianco.

GIUGNO: HELLMAN dei MILLENCOLIN


Un mese di grandi difficoltà e soprattutto furiose incazzature al lavoro, di rabbia e rancore, di voglia di lottare a tutti i costi, sempre e comunque: l'energia è stata dunque convogliata alla grande da un ritorno al sound del punk rock, e da un pezzo riscoperto dopo anni, Hellman.
Voglia di correre, gridare, menare le mani e rialzarsi, con la testa sempre più alta, dopo ogni sconfitta.

LUGLIO: JUSTIFIED BLACK EYE dei NO USE FOR A NAME


Altro supercult giunto dal passato e pronto a sostenere il qui presente nella sua lotta contro il "bad karma" di mesi certo non semplici, come sempre spalleggiato da Julez e trascinato, pur inconsapevolmente, dall'energia tutta sole e positività del Fordino.
La ruvidità che piace da queste parti quando c'è bisogno di riscatto come dell'aria.

AGOSTO: JOSIE dei BLINK 182


Con le vacanze estive ed il tempo passato in famiglia, le ferite della tarda primavera cominciano a rimarginarsi, lasciando spazio ad una ritrovata forza: per questo, e come sempre, devo ringraziare quella che è la mia compagna, migliore amica e migliore sostegno, la mia Josie, che conosce ogni lato di me - anche quelli decisamente meno attraenti ed in grado di mantenere rapporti sociali e legami - e che riesce ugualmente a trovare qualcosa di magico anche in loro. Grazie.
SETTEMBRE: PIANO FIGHTER di WARREN ZEVON


E non passa anno senza che torni ad accompagnare i miei viaggi Warren Zevon, forse il cantautore che ho amato di più nel corso della mia vita da adulto: Piano fighter, pezzo che ho sempre considerato "minore", è tornato prepotentemente alla ribalta nella sua versione live, ennesimo racconto di esperienze, confini, errori e volontà di vivere che erano tipiche del grande Z-Man.
Come lo sono del sottoscritto.

OTTOBRE: COCKY di KID ROCK


Rinnovate energie ed il ritorno a casa - lavorativamente parlando - hanno segnato una riscossa netta e mostrato perfino a me stesso che la voglia di vivere, sempre, e di godersi ogni cosa che si ama e che ci piace, sono la medicina migliore per qualsiasi ferita.
Cocky, altro ripescaggio di un altro fordiano ad honorem, Kid Rock, è il manifesto della fiducia - pur se eccessiva - in se stessi ed il simbolo di una nuova stagione, autunnale nel clima ma non nei suoi giorni.

NOVEMBRE: CHANDELIER di SIA


Sia, che qualche anno fa aveva regalato la magnifica Breathe me che chiuse alla grande Six Feet Under, torna alla ribalta con un pezzo splendido reso ancora più splendido da un video perfetto, che associo però ad una giornata meravigliosa passata con Julez ed il Fordino a cavallo tra speranze, sensazioni che ci hanno ricordato il passato e voglia di guardare al futuro.
Poco importa, poi, che le cose non siano andate come avremmo voluto: abbiamo vissuto momenti così intensi da raccogliere le forze per tentare, come abbiamo sempre fatto e sempre faremo.

DICEMBRE: DANGEROUS di DAVID GUETTA e SAYONARA di MADH


Per chiudere in bellezza, il lato tamarro di un Ford solido come non mai pesca due chicche figlie del grande pubblico, la prima in grado di riportare al sound sopra le righe degli anni ottanta, grande produzione dell'arcinoto David Guetta - che sfodera anche un video di qualità cinematografica e nomi di rilievo -, la seconda giunta a sorpresa dal talent show più interessante della tv, X-Factor, per la prima volta in grado di portare sulla scena ragazzi giovani e dal respiro internazionale. 
Speriamo solo che il futuro di Mahd non significhi finire in pasto agli squali discografici.




MrFord

lunedì 14 gennaio 2013

2012 in music

La trama (con parole mie): approfittando della giornata musicale e dell'insolita versione che il Saloon fornisce oggi di se stesso, mi concedo - altra cosa rara - un giro sulle sette note che possa rivedere i pezzi che hanno regalato qualche emozione in più al duemiladodici appena trascorso del sottoscritto.
Un pezzo - ed un album di riferimento -, più o meno, per ogni mese, che possa simboleggiare un ricordo, un istinto, un'esperienza: non per tutti, ma tutta e a partire da me, ecco la soundtrack quasi ufficiale dell'ultimo anno fordiano.



 Gennaio: Psychosocial – Slipknot


Fin dai tempi della loro ribalta internazionale ho sempre adorato – per look e piglio “forte” – questi ragazzoni di Des Moines e la loro musica arrabbiata e violenta: Psychosocial, tratta dal loro disco “All Hope is gone”, è stata la colonna sonora perfetta dei romanzi di Nesbo, rispondendo colpo su colpo alle botte al cuore che ad ogni occasione è riuscito a darmi Harry Hole.
Quando, poi, devo convogliare in musica la rabbia, pezzi come questo sono perfetti: quasi un sacco da boxe trasformato in note.




Febbraio: Of monsters and men - Little talk


Scoperto per caso ascoltando la radio nel pieno di una sessione di pulizie casalinghe, questo brano è stato una piccola rivelazione in grado di entrarmi sottopelle fin dal primo ascolto grazie ad un’atmosfera a metà tra la festa e la malinconia, impreziosita da un video che adoro – così come il nome della band – ed un’atmosfera forse un po’ alternativa, ma di quell’alternativo yeah che non posso non amare. Mi fa ancora oggi pensare ad una giornata di inizio primavera in cui la pioggia è appena finita, e si sente il profumo della prima erba bagnata.




Marzo: Canzone del maggio e Nella mia ora di libertà – Fabrizio De Andrè


A seguito di una serata che portò ad una sbronza colossale, in un momento particolarmente ostico di un anno ancora più ostico per il lavoro, ho ripescato Storia di un impiegato, concept album dell’indimenticato Faber legato ai disagi di chi un giorno decide di ribellarsi al sistema esplodendo – letteralmente – tutta la sua rabbia.
I pezzi di apertura e chiusura di quel disco, profondamente legati tra loro, sono due tra i più potenti di tutta la Musica italiana, nonché senza dubbio tra i miei preferiti del mio cantautore del cuore.
“Per quanto voi vi crediate assolti, siete lo stesso coinvolti”. Da brividi.



Aprile: Somebody that I used to know – Gotye


Singolo di traino di un disco che, nel suo complesso, non convince tanto quanto questa hit vorrebbe far credere, ammetto che Somebody that I used to know è stato uno dei titoli passato più volte sul mio Ipod la scorsa primavera, rinverdendo i fasti dello Sting dei tempi d’oro ed accompagnando il sottoscritto verso una nuova stagione che, più che un’esplosione, è stata un crescendo.
Un po’ come la stessa canzone, che parte quasi in sordina e si concretizza in un incrocio di voci da pelle d’oca. 




Maggio: We take care of our own – Bruce Springsteen


Non poteva non essere parte della compilation fordiana targata 2012 il Boss, che torna sulla piazza con un disco che ho amato moltissimo, e che è riuscito a portare la memoria ai tempi di Born in the USA: cuore, stomaco e mani da chi è abituato a lavorare per un album profondamente proletario, lanciato da un pezzo in puro stile Springsteen che, in realtà, è soltanto l’apripista di una manciata di canzoni da urlo.



Giugno: Some nights – Fun


Altra sorpresa del 2012, questo brano a metà tra la marcia e l’inno da stadio è stato il primo tormentone di un’estate che attendeva di esplodere nel segno del Fordino: come il ritorno della bella stagione, questa canzone trasmette la sensazione di rialzarsi e correre dopo troppo tempo passato con il culo per terra.
E considerato che da queste parti, spesso e volentieri, si tengono i cavalli, direi che si ha anche bisogno di sensazioni di questo genere almeno quanto della bevuta quotidiana.



Luglio: Only the horses – Scissors sisters


E parlando di cavalli, non posso non citare quello che è stato l’inno ufficiale del consueto appuntamento con il festeggiamento dell’addio al celibato che da qualche anno a questa parte è diventato un cult dell’estate in casa Ford – o più precisamente, fuori da casa Ford, considerato quello che accadde nel corso della prima, vera, "notte da leoni" del sottoscritto -: un pezzo esaltante, gioioso, carico di energia come solo un certo periodo dell’anno sa essere.


Agosto: Guardian - Alanis Morissette
 
 
All’annuncio ufficiale dell’arrivo del Fordino è seguita di pochissimo l’uscita del pezzo di una delle rocker storiche della mia adolescenza dedicato proprio al figlio, diventando immediatamente un supercult di casa Ford: persa l’aura dei primi album, la vecchia Alanis sfodera comunque una ballad rock di quelle d’impatto assicurato, che è riuscita a rappresentare al meglio il momento di gioia legato alla futura paternità.
The greatest honor of all as your guardian. Parole sante.



Settembre: Sunrise – Ryan Bingham


A fine 2011, in occasione del mio compleanno, un amico mi regalò Mescalito, disco non più recentissimo del giovane Ryan Bingham, figlio del nuovo country che qui al Saloon è praticamente di casa: risultato fu che ancora oggi continuo a consumare le tracce di quell’album, che si apre con la magnifica Sunrise, un pezzo da Frontiera pura che, nei continui viaggi in treno da pendolare, ha il potere di cambiare il setting che mi accompagna e sostituire la Pianura Padana con la sua nebbia da record schiaffandomi davanti agli occhi il Texas del mio adorato West.


Ottobre: Hell or Halleluja – Kiss


Il 2012 ha segnato il grande ritorno della band che è stata il mio primo, vero, grande amore rock sulle scene a due anni dal già buon Monster: il pezzo d’apertura nonchè primo singolo è una tirata kitch e larger than life nella migliore tradizione Kiss, apripista di un disco che pare uscito dai loro momenti migliori del passato nonostante la formazione non sia più, purtroppo, quella originale.
Per omaggiare questo avvenimento ho approfittato dell’occasione, ed il 18 giugno sarò con mio fratello al Forum di Assago per scuotere un po’ le mie vecchie membra e vedere questi mostri sacri del rock ancora una volta dopo quattordici anni. Hell yeah!



Novembre: Natural disaster e Day that I die – Zac Brown


Scoperto grazie ad una collaborazione con Kid Rock, famosissimo negli States – dove ha fatto incetta di premi fin dal suo esordio – e purtroppo praticamente sconosciuto qui da noi, questo mio quasi coetaneo è il rappresentante più importante del country di questa generazione, portatore sano di quei valori tipici del “Southern Wild” che tanto piacciono a noi vecchi cowboys.
Se la prima tra le due canzoni è una ballad vivace che racconta un gioco di passione e seduzione, la seconda è un brano struggente di quelli che vorrei tanto fossero suonati al mio funerale, o alla festa senza lacrime che ne dovrebbe conseguire – sempre per tornare allo stile di noi “bestie del profondo Sud” -: erano anni che non mi capitava di ascoltare un brano venti o trenta volte di seguito come è successo con questo.




Dicembre: Happy New Year – Kid Rock


Non potevo non chiudere la carrellata senza il mio protetto repubblicano Kid Rock, uscito un po’ in sordina con un nuovo album – Rebel soul – che seppur non in grado di regalare gli acuti di Devil without a cause e Cocky, o la solidità di Born free, si presenta come un prodotto tosto ed onesto, erede della grande tradizione degli States del lavoro duro, delle armi da fuoco, della malinconia di casa e delle feste selvagge tutte alcool e sesso.
Politicamente non c’entra molto con me, ma che volete farci!? Io a Robert James Ritchie voglio proprio bene, e mi godo i suoi dischi almeno quanto una bella bottiglia di Jim Beam, preferito non solo mio e suo, ma anche del sempre mitico Harry Hole.
Mica poca roba, insomma.



sabato 18 febbraio 2012

30 days of White Russian music

La trama (con parole mie): per una volta - dato che si tratta di un esercizio estremamente divertente - ho deciso di seguire anche io la catena che in questi giorni sta impazzando nella blogosfera, legata ai "30 giorni di". Prima che Cinema e serie tv prendano possesso del saloon, ho deciso di dedicare la prima tornata alla musica, in memoria degli anni in cui, neanche fossi finito in Alta fedeltà, una mia ex mi regalò il romanzo di Hornby affermando che io ero proprio come Rob, senza contare che in quel periodo lavoravo al Virgin Megastore. Pareva una cosa fatta apposta.
Dunque, ecco i trenta giorni di musica fordiana: rock on!


Giorno 1 - La tua canzone preferita: Canzone di notte N°2 di Francesco Guccini
Giorno 2 - La tua seconda canzone preferita: Splendid isolation di Warren Zevon
Giorno 3 - Una canzone che ti rende allegro: El vals del obrero degli Ska-P


Giorno 4 - Una canzone che ti commuove: Hurt di Johnny Cash
Giorno 5 - Una canzone che ti ricorda qualcuno: Giubbe rosse di Franco Battiato, mi ricorda quando da piccolo mio padre la ascoltava in macchina.
Giorno 6 - Una canzone che ti ricorda un posto: Down under dei Men at work, mi ricorda il fantastico viaggio con Julez in Australia.


Giorno 7 - Una canzone che ti ricorda un momento particolare: Frasi da dimenticare di Daniele Silvestri, mi ricorda la prima volta che andai a trovare Julez a Torino, io allo sbando totale e lei la mia migliore amica.
Giorno 8 - Una canzone di cui conosci tutte le parole: Rimmel di Francesco De Gregori, una delle prime che mi misi a strimpellare con la chitarra.
Giorno 9 - Una canzone che ti fa ballare: Enola Gay degli OMD. Mitica.


Giorno 10 - Una canzone che ti aiuta a dormire: se ho sonno, fidatevi, dormo secco. Senza bisogno di canzoni.
Giorno 11 - Una canzone della tua band preferita: Deuce dei Kiss
Giorno 12 - Una canzone della band che odi: La guerra è finita dei Baustelle
Giorno 13 - Una canzone che hai conosciuto da poco: Up patriots to arms, cover del vecchio pezzo di Battiato dei Subsonica. Versione superlativa.


Giorno 14 - Una canzone che nessuno si aspetta possa piacerti: Non ci penso mai dei Moderni, finalisti all'ultima edizione di X-Factor.
Giorno 15 - Una canzone che ti descrive: Born free di Kid Rock.
Giorno 16 - Una canzone che amavi e ora odi: The drugs don't work dei Verve.
Giorno 17 - Una canzone che vorresti dedicare a qualcuno: (I'm gonna be) 500 miles dei Proclaimers, sempre a Julez.


Giorno 18 - Una canzone che vorresti ascoltare alla radio: una qualsiasi di Ryan Bingham, un fenomeno qui da noi quasi sconosciuto.
Giorno 19 - Una canzone del tuo album preferito: Il testamento di Tito da La buona novella di Fabrizio De Andrè.
Giorno 20 - Una canzone che ascolti quando sei arrabbiato: Sic degli Slipknot.


Giorno 21 - Una canzone che ascolti quando sei felice: I don't wanna grow up di Tom Waits.
Giorno 22 - Una canzone che ascolti quando sei triste: Halleluja di Jeff Buckley.
Giorno 23 - Una canzone che vorresti al tuo matrimonio: c'è stata, All I want is you di Barry Louis Polisar.
Giorno 24 - Una canzone che vorresti al tuo funerale: Thrasher di Neil Young.


Giorno 25 - Una canzone che è un piacere peccaminoso: teribbbile traduzione di Guilty pleasure. Potrei dire tutta la discografia degli 883.
Giorno 26 - Una canzone che sai suonare con uno strumento: Anna begins dei Counting crows con la chitarra. O Blitzkrieg bop dei Ramones con il basso.
Giorno 27 - Una canzone che ti piacerebbe suonare: Whole lotta love dei Led Zeppelin per la chitarra, War Pigs dei Black Sabbath per la batteria e Teen town dei Weather Report per il basso.




Giorno 28 - Una canzone che ti fa sentire colpevole: Losing my religion dei R. E. M., vecchie questioni di cuore.
Giorno 29 - Una canzone della tua infanzia: Sleepin' in my car dei Roxette. Allora non avevo ancora idea del concetto di camporella, ma la canzone mi prendeva di brutto.
Giorno 30 - La tua canzone preferita in questo periodo un anno fa: Chicken fried di Zac Brown.


MrFord
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