Di norma, tutto si limiterebbe ad un semplice e diretto so long, senza troppi giri di parole.
E sinceramente pensavo che fino al giorno in cui avrei affrontato la morte di Clint, o di Sly, o Schwarzy, non avrei tirato fuori un post vero e proprio in occasioni come questa.
Ma al vecchio Wes Craven sento in qualche modo di doverlo.
Per essere chiari, non parliamo del mio regista preferito, neppure di genere - penso di avergli sempre preferito Carpenter -, ed ammetto che a pellicole assolutamente indimenticabili - il primo Nightmare su tutte - ed altre meno note ma ugualmente sorprendenti - La casa nera e Il serpente e l'arcobaleno - ha anche alternato titoli per il sottoscritto tremendamente sopravvalutati - Scream - ed altri decisamente dimenticabili - Cursed o My soul to take -.
Eppure al vecchio Wes devo davvero un pezzo della mia infanzia, perchè con L'ultima casa a sinistra, Le colline hanno gli occhi ed il già citato Nightmare ha trasformato i pomeriggi e le notti d'estate passate con mio fratello a muovere i primi passi nel mondo del Cinema passando dall'horror in qualcosa di mitico, come è giusto che sia all'età in cui si pensa di essere già piccoli uomini, e non più bambini, anche quando si finisce a tenere le mani davanti agli occhi al suono dell'artiglio di Freddy Krueger che si avvicina alle sue vittime, pronto a togliere loro tutto anche quando, come nei sogni, si pensa sempre di essere al sicuro.
In quei giorni che ricordo magici, Craven è stato uno dei primi grandi maestri in grado di mostrarmi un modo oscuro e diverso di raccontare storie e portarle sul grande schermo, le stesse che fino a quel momento avevo conosciuto solo attraverso film d'animazione prima, per ragazzi poi ed attraverso i Western con mio nonno o gli action con mio padre: e passando attraverso questi ricordi ormai lontani giungo dritto alla prima visione de La casa nera, un piccolo gioiello che deve ancora conoscere la fama che merita, o agli anni della mia formazione da cinefilo quasi radical, in cui cose come Il serpente e l'arcobaleno tennero alta la bandiera di un genere normalmente "basso" come l'horror, fino ad arrivare alla recente maratona dedicata a Freddy Krueger che, seppur in grado di mostrare il fianco degli effetti del Tempo del charachter, ha permesso agli occupanti di casa Ford di apprezzare una volta ancora il gusto macabro e profondamente ironico di questo vecchio leone del Cinema.
Aggirando, dunque, gli schemi consueti e di facciata tipici di queste occasioni, mi verrebbe da augurare a Mr. Craven di aver trovato davvero qualcosa, oltre, ed una via per confrontarsi ancora con gli incubi che era riuscito così intelligentemente a portare sullo schermo, alternando il terrore e l'umorismo nero tipico di chi ha una mente aperta e tagliente, roba cui il mitico artiglio kruegheriano fa davvero un baffo.
Grazie davvero, dunque, Wes.
E che tu abbia ora un'altra possibilità di goderti visioni agghiaccianti e paurosamente divertenti oppure no, sappi che è stato un onore godersi i tuoi film.
Anche quando ho finito per criticarli.
Ed è bello sapere di avere ricordi legati a tutto quello che hai regalato a questo vecchio cowboy e a tutti gli appassionati della settima arte.
So long, Wes.
E se ti capita, falli cagare tutti sotto.
"Barcelona! It was the first time that we met Barcelona! How can I forget the moment that you stepped in the room you took my breath away." The Queen - "Barcelona" -
La trama (con parole mie): dopo aver ospitato il suo corto, mi pareva giusto, da buon gestore del saloon, occuparmi anche di scoprire chi diavolo era Fabio Cento, questo giovane di belle speranze giunto - suo malgrado - al bancone di questo sperduto avamposto della Frontiera. Un'intervista in bilico tra alcool e Cinema - come è giusto che sia, da queste parti - che faccia capire qualcosa in più al pubblico dell'uomo dietro la macchina da presa e della strada che ha percorso fino a giungere a Mud Lounges - Salotti di fango.
James Ford Benvenuto nel saloon, Fabio. Prima di iniziare l'intervista vera e propria, dato che in qualche modo devo mantenere la fama di luogo per viaggiatori e bevitori di Whiterussian, rompo il ghiaccio con una domanda che con il Cinema non c'entra una fava: tu bevi - e mi auguro di sì, altrimenti sono bottigliate! -? Quali sono i tuoi drinks preferiti?
Fabio Cento Hola Ford! Grazie per avermi accolto nel tuo Saloon! Ma sì, una buona bevuta ci sta sempre… e con questo confermo, di non essere astemio, ahahah. Devo ammettere che un buon Jack Daniel’s con ghiaccio adesso, non mi dispiacerebbe… ma non rifiuterei certo neppure un bel Mojito.
JF Rotto il ghiaccio con l'ormai di rito domanda alcolica, passiamo alle cose più tradizionali: chi sei, cosa fai, dove vai e soprattutto cosa ti ha portato a girare Mud Lounges.
FC Chi sono? Dunque… sono grafico pubblicitario nella vita di tutti i giorni e un “regista indipendente” nel tempo libero. Da sempre spinto dal grande amore per il cinema, a portare avanti una grandissima passione… la regia e la magia della settima arte. Ovviamente nel mio piccolo, ma cerco sempre di fare del mio meglio! Salotti di fango, questo il titolo tradotto di “Mud Lounges”, nasce circa due anni fa. Spesso la vita e i trascorsi di ognuno sono sovente fonte di ispirazione per la stesura di un nuovo soggetto. Questo film è dedicato alla memoria di mia madre, che ha “combattuto la sua battaglia”, per più di dieci anni, contro il cancro. Vivendo certe situazioni, ci si rende davvero conto del grande valore della vita, e di quanto a volte ci soffermiamo sul lato superficiale e materiale delle cose. Con questa storia ho voluto dare la mi versione di guerra, è stato un pò il pretesto per estremizzare il lato emotivo dei personaggi, che senza alcun atto eroico, e soprattutto senza “vere” armi combattono la loro guerra interiore, con sogni e speranze per il tanto atteso ritorno a casa.
JF Da una tradizione all'altra: come è nato Mud Lounges? Raccontaci in breve il percorso che ha portato alla sua realizzazione, le difficoltà e magari qualche aneddoto sconveniente. FC “Mud” si ispira ad una storia realmente accaduta, a Pasquale Circelli, mio nonno materno, durante la Seconda Guerra Mondiale. Ricordo che quello scorcio di vita raccontatomi mi colpì fin dall’inizio, l’averlo vissuto dava un gran fascino alle sue parole fino colpire dritto al cuore. Volevo che lo spettatore entrasse in maniera introspettiva all’interno delle emozioni del personaggio, un pò come feci io durante il suo racconto. Un viaggio intimo, nelle paure di un giovane soldato artista… che vede la guerra con occhi differenti, con ingenuità e grandi sogni. Fu così che nacque “Mud Lounges” (salotti di fango) il cui titolo vuole essere un riferimento grottesco ai salotti del 900’ dove artisti e letterati si confrontavano in tranquillità sorseggiando un buon caffè. La sceneggiatura, dato il periodo richiedeva chiaramente costumi ben precisi, divise oggetti e scenografie a tema. Non potevamo sbagliare, fu così con l’aiuto della storica Eva Pellissier assieme al Gruppo di rievocazione “J’amis del Quart” cercammo di realizzare riferimenti, abitudini concerni alla situazione. Mi serviva una location esterna, di sola terra per realizzare una sorta di “trincea, dopo svariate ricerche riuscii a trovare un deposito di terra proprio accanto alla statale, il posto era perfetto… fango e terra viva non mancavano! L’unico difetto fu girare a due passi dalla strada, con perfetti “rumori incontestuali” di scooter e macchine di ogni genere… Fu così, che il nostro fonico in presa diretta, Raffaele D’Anello, mi guardò in cagnesco la mattina delle riprese, e non solo anche durante la post produzione. Ma alla fine il risultato dell’insieme, dopo qualche ciak in più e qualche “correzione dell’audio” fu ottimale!
JF Passiamo ora ad una scomoda verità: qual'è la parte che preferisci del tuo lavoro? E quale che, al contrario, preferiresti delegare al peggiore dei tuoi nemici? FC Devo ammettere, che essendo regista “tuttofare” adoro moltissime delle figure del backstage, chiaramente oltre alla figura “chiave” del regista. Avendo seguito per qualche tempo uno make-up artist, non posso fare a meno di seguire anche il lato special make-up fx. In “Mud” abbiamo avuto una truccatrice d’eccezione, Stefani Misserianni, reduce dalla serie “Hatfield And Mccoy” in cui è stata a stretto contatto con Bill Paxton e Kevin Costner. Lei ha seguito il trucco della scena sul campo di battaglia, io invece ho truccato per ultime due scene, oltre a curare scenografia e regia. Mi diverte parecchio fare il coltellino “made in switzerland” è il bello del cinema autoprodotto! La cosa che lascerei al mio peggior nemico? Beh ce ne sarebbe più d’una. Dall’organizzazione logistica, gli accordi “monetari” e perché no… la gestione delle comparse. Direi che può bastare… ahahahah!
JF Dal backstage si nota un'atmosfera distesa e di compagnia: è stato davvero così o avete voluto salvare le apparenze? E quanto tempo avete dedicato alla realizzazione "in loco"?
FC Premetto che ciò che sto per dire è tutto vero! Ho dei testimoni, lo giuro! Scherzo dai non ce n’è bisogno… devo ammettere che il clima sui vari set è stato molto disteso e soprattutto sereno. Sono stato circondato davvero da belle persone, non ho niente da ridire… anzi! Uno staff meraviglioso (non per elogiare), un meccanismo ben oliato… ci siamo davvero diverti, e ci sono stati momenti anche parecchio ironici a cui non sono riuscito a non dare lo stop… uno lo hai citato anche tu, e alcuni ancora mi rimproverano per aver fermato la scena. Sto parlando della “famosa” scena dell’ape! Sul set del campo le riprese sono durate due giorni, sono state quelle che hanno richiesto più energie, per gli allestimenti e il trucco/parrucco, a differenza delle ultime scene abbiamo girato in un solo giorno.
JF Ultimo giro di bevute, legato al Cinema in genere: dal duemila ad oggi, scegli due film italiani da portarsi con una cassa di rum su un'isola deserta, e due di guerra, in questo caso tua materia. E visto che siamo alla fine, ci sta anche che tu vada a pescare all'estero. FC Devo proprio dirlo? Non amo particolarmente il cinema italiano. Amo in maniera particolare, e seguo con grande passione, quello americano a cui cerco spesso di ispirarmi. Ma se devo scegliere due titoli italiani… ti direi “Io non ho paura” di Salvatores e “Baaria” di Tornatore, questi sono film che ho davvero apprezzato. Da buon fan di Steven Spielberg invece, come posso non citarti fra i due war movie al top della mia lista, “Salvate il soldato Ryan” e la bellissima serie di “Band of Brothers”? Magistrale la regia di Spielberg che ammiro da sempre… ma devo ammettere che anche Tom Hanks ha un gran buon occhio! Mi dai torto Ford?
JF Facciamo così, ti passo un altro giro di Jack e faccio finta di non aver sentito. Non vorrei castigare il mio ospite con troppe bottigliate!
Comunque grazie di essere passato di qui, e ricordati: quando avrai voglia di tornare, qui troverai sempre una porta aperta ed un bar ben fornito!