Regia: William Friedkin
Origine: USA
Anno: 1980
Durata: 102'
La trama (con parole mie): Steve Burns, giovane detective newyorkese, è chiamato dal suo superiore diretto a compiere una missione sotto copertura che potrebbe essere la chiave di volta di una carriera pronta a decollare. A seguito di una terrificante serie di omicidi perpetrati nel mondo dei locali gay della città, infatti, i capi della polizia hanno dato priorità alla cattura del serial killer che li ha firmati, il cui modus operandi prevede di pescare vittime simili fisicamente a Burns proprio in quell'ambito.
Lasciate dunque la vita di tutti i giorni e la compagna per alloggiare in un appartamento nel cuore dell'area degli omicidi, Burns entrerà un passo alla volta in un mondo a lui sconosciuto, arrivando a dubitare perfino della propria sessualità nel corso della ricerca del sadico assassino: quando, finalmente, il faccia a faccia tra i due diverrà una realtà, la psiche del detective sarà pericolosamente sul filo di una rottura che potrebbe perfino portarlo a scelte folli quanto quelle della sua "preda".
Lasciate dunque la vita di tutti i giorni e la compagna per alloggiare in un appartamento nel cuore dell'area degli omicidi, Burns entrerà un passo alla volta in un mondo a lui sconosciuto, arrivando a dubitare perfino della propria sessualità nel corso della ricerca del sadico assassino: quando, finalmente, il faccia a faccia tra i due diverrà una realtà, la psiche del detective sarà pericolosamente sul filo di una rottura che potrebbe perfino portarlo a scelte folli quanto quelle della sua "preda".
Dai tempi ormai non più recentissimi di Killer Joe, vincitore del Ford Award come miglior film del 2012, mi ero ripromesso di recuperare progressivamente anche le pellicole precedenti mai passate dalle parti del Saloon firmate da quel figlio di buona donna di William Friedkin, uno dei vecchi leoni meno conosciuti e stimati dal grande pubblico più tosti che il Cinema made in USA abbia mai sfornato.
In cima alla lista c'era uno dei più discussi film dell'autore de L'esorcista, questo urbano e scurissimo Cruising, che all'inizio degli anni ottanta scatenò polemiche in ogni dove e le proteste accese della comunità gay a stelle e strisce, pronta ad opporsi non soltanto ad una vicenda torbida e trattata per certi versi da un punto di vista decisamente repubblicano, ma anche ad un antieroe contrastato e negativo che Pacino riuscì soltanto in parte a portare sullo schermo con la forza di cui avrebbe necessitato: personalmente, seppur venuto a contatto con l'indecente versione italiana edulcorata e gentilmente potata dalla censura per quasi venti minuti di durata complessivi, ho trovato il lavoro del vecchio Will sicuramente incompleto e decisamente non all'altezza di cose enormi come Vivere e morire a Los Angeles, eppure disturbante ed intriso dello spirito che animerà, con l'avvento degli anni novanta, pellicole come Se7en, ispirato ed influenzato chiaramente da Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo, che qualche anno prima lanciò Clint Eastwood in uno dei ruoli che lo definì maggiormente come icona della settima arte, ma non dannoso come pare sia stato fatto passare ai tempi della sua uscita.
Onestamente, in un'epoca ancora lontana dalla sensibilizzazione - pur non completa - attuale rispetto alla realtà della comunità gay, perfino un film cattivo e nerissimo come Cruising poteva essere preso come spunto per avvicinarsi ad un argomento allora troppo facilmente accantonato come un residuo dei sessanta e settanta fatti di amore libero e figli dei fiori e macchiato di sangue come fu per la vicenda di Harvey Milk, raccontata qualche anno fa in uno dei film più commerciali - pur se ben realizzato - di Gus Van Sant.
Andando comunque oltre alla cornice e all'atmosfera - peraltro funzionale e molto in linea con lo stile dell'appena successivo I guerrieri della notte, che porterà ben più fortuna a James Remar, futuro padre di Dexter e qui in un ruolo marginale - quello che resta è un film di genere solido e sanguigno, di quelli che non fanno sconti a nessuno e che presentano al pubblico un Cinema cui, di norma, la grande distribuzione non è abituata, completamente privo dell'aura consolatoria che i finali standard hollywoodiani garantiscono quasi per contratto.
Probabilmente i problemi di produzione ed una direzione non ben definita - tradotta con una sceneggiatura che parte alla grande, prendendosi il tempo di definire in tutta calma situazioni e personaggi e che poi perde mordente ed accelera troppo nella seconda parte - finirono per far naufragare un progetto sulla carta ottimo, che comunque ha avuto il merito di seminare il campo dal quale nasceranno i futuri e già citati Vivere e morire a Los Angeles e Killer Joe: film spietati, che non hanno bisogno di guardare in faccia a nessuno, perchè sono pronti a tutto per mostrare anche il lato scomodo che la gabbia dorata della settima arte spesso e volentieri tiene sotto il tappeto come lo zozzo in una casa solo apparentemente pulita.
Ma di pulito non c'è nulla, a prescindere dalla sessualità, dal contesto o dal luogo: soprattutto se quest'ultimo è la mente umana.
In cima alla lista c'era uno dei più discussi film dell'autore de L'esorcista, questo urbano e scurissimo Cruising, che all'inizio degli anni ottanta scatenò polemiche in ogni dove e le proteste accese della comunità gay a stelle e strisce, pronta ad opporsi non soltanto ad una vicenda torbida e trattata per certi versi da un punto di vista decisamente repubblicano, ma anche ad un antieroe contrastato e negativo che Pacino riuscì soltanto in parte a portare sullo schermo con la forza di cui avrebbe necessitato: personalmente, seppur venuto a contatto con l'indecente versione italiana edulcorata e gentilmente potata dalla censura per quasi venti minuti di durata complessivi, ho trovato il lavoro del vecchio Will sicuramente incompleto e decisamente non all'altezza di cose enormi come Vivere e morire a Los Angeles, eppure disturbante ed intriso dello spirito che animerà, con l'avvento degli anni novanta, pellicole come Se7en, ispirato ed influenzato chiaramente da Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo, che qualche anno prima lanciò Clint Eastwood in uno dei ruoli che lo definì maggiormente come icona della settima arte, ma non dannoso come pare sia stato fatto passare ai tempi della sua uscita.
Onestamente, in un'epoca ancora lontana dalla sensibilizzazione - pur non completa - attuale rispetto alla realtà della comunità gay, perfino un film cattivo e nerissimo come Cruising poteva essere preso come spunto per avvicinarsi ad un argomento allora troppo facilmente accantonato come un residuo dei sessanta e settanta fatti di amore libero e figli dei fiori e macchiato di sangue come fu per la vicenda di Harvey Milk, raccontata qualche anno fa in uno dei film più commerciali - pur se ben realizzato - di Gus Van Sant.
Andando comunque oltre alla cornice e all'atmosfera - peraltro funzionale e molto in linea con lo stile dell'appena successivo I guerrieri della notte, che porterà ben più fortuna a James Remar, futuro padre di Dexter e qui in un ruolo marginale - quello che resta è un film di genere solido e sanguigno, di quelli che non fanno sconti a nessuno e che presentano al pubblico un Cinema cui, di norma, la grande distribuzione non è abituata, completamente privo dell'aura consolatoria che i finali standard hollywoodiani garantiscono quasi per contratto.
Probabilmente i problemi di produzione ed una direzione non ben definita - tradotta con una sceneggiatura che parte alla grande, prendendosi il tempo di definire in tutta calma situazioni e personaggi e che poi perde mordente ed accelera troppo nella seconda parte - finirono per far naufragare un progetto sulla carta ottimo, che comunque ha avuto il merito di seminare il campo dal quale nasceranno i futuri e già citati Vivere e morire a Los Angeles e Killer Joe: film spietati, che non hanno bisogno di guardare in faccia a nessuno, perchè sono pronti a tutto per mostrare anche il lato scomodo che la gabbia dorata della settima arte spesso e volentieri tiene sotto il tappeto come lo zozzo in una casa solo apparentemente pulita.
Ma di pulito non c'è nulla, a prescindere dalla sessualità, dal contesto o dal luogo: soprattutto se quest'ultimo è la mente umana.
MrFord
"I want the lion's share,
gather up the broken chairs,
feed my mind unholy tests,
do me in,
I need to rest."
gather up the broken chairs,
feed my mind unholy tests,
do me in,
I need to rest."
The Germs - "Lions share" -
probabilmente il fatto che abbia scatenato così tante polemiche è per il fatto che come al solito Friedkin non fa sconti a nessuno e non è politically correct!
RispondiEliminaQuesto é certo, anche se in questo caso l'impresa gli è riuscita solo in parte.
Eliminaal pacino nella locandina di questo film somiglia a stallone.
RispondiEliminae non è un complimento ahahah :D
Somigliare a Stallone è sempre un complimento.
EliminaMa cosa vuoi capirne tu!? ;)
Grande Piccolo Film...l'ho visto che ero agli arbori della scoperta della mia sessualità e non sapevo nemmeno cosa significasse cruising...posso dire le atmosfere, i colori, il dark sporco che il film trasuda è assolutamente realistico...può essere una qualsiasi metropoli occidentale con i suoi parchi, i suoi locali borderline, i suoi distributori di sesso (meglio se Londra, Berlino o Amburgo). Credo che oggi però ce ne sono sempre meno di cruising all'aperto così ruspanti e più locali patinati...ah bei vecchi andati...ed ora i benpensanti penseranno: ma che cazzo di posti ha frequentato questo?
RispondiEliminaConcordo in pieno sulle atmosfere e l'utilizzo del concetto di cruising, sfruttato alla grande da un regista che non ha nulla in comune con questo tipo di background.
EliminaE per il resto, tranquillo: qui al Saloon benpensanti zero. ;)
Potresti recuperare (ma naturalmente non sei obbligato) "Interior, leather bar", di Travis Matthews e James Franco, che decidono di girare i 40 minuti di scene che lo stesso Friedkin tagliò dalla versione definitiva della pellicola.
RispondiEliminaNon un capolavoro, ma interessante.
Vedrò di recuperarlo appena rientro, mi pare una cosa interessante davvero. :)
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