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martedì 27 settembre 2016

Man in the dark (Fede Alvarez, USA, 2016, 88')



Quando si tratta di film horror, oltre che con i piedi di piombo, ormai approccio sempre con un filo di tristezza nel cuore: ricordo bene le grandi stagioni vissute a cavallo tra la fine degli anni ottanta e l'inizio dei novanta, quando tra Nightmare e Twin Peaks finivo a passare gran serate a cagarmi sotto di brutto dalla paura.
Con il tempo, la vecchiaia, l'esperienza ed una scarsità d'inventiva e di idee degli autori del genere, le cose si sono complicate parecchio, tanto da restringere ad una manciata di titoli i prodotti che, negli ultimi dieci anni, hanno finito per farmi davvero saltare sulla sedia - The Descent, Eden Lake, Lidris cuadrade di tre e Lake Mungo -, mentre tutto il resto passava senza restare nella memoria per più di qualche ora.
Fede Alvarez, che qualche anno fa mi stupì in positivo - pur non strabiliando - con il remake di un supercult del sottoscritto come La casa, con questo Man in the dark - accolto benissimo oltreoceano - tornava in sala con tutti i migliori propositi del caso, alimentando le speranze del sottoscritto di trovare almeno un riferimento "giovane" in grado di dare nuova linfa al Cinema "di paura": il risultato è una via di mezzo convincente solo in parte, senza dubbio girata con perizia e discretamente tesa ma troppo derivativa e poco cattiva per poter sperare di avviare la macchina del tempo e far viaggiare un residuato del mio calibro fino ai bei tempi degli spaventi e delle mani portate davanti agli occhi dal terrore.
Basterebbe tornare con la memoria a La casa nera di Wes Craven per ridimensionare - e non di poco - l'entusiasmo forse eccessivo per il comunque discreto lavoro di Alvarez, che confeziona un survival quantomeno anomalo per i tempi che corrono cedendo solo nella parte finale all'ombra della produzione e della distribuzione su larga scala che, probabilmente, vedono con un occhio migliore epiloghi che siano almeno in parte "consolatori", mentre sarebbe calzato come un guanto al main charachter - e non parlo dei tre ragazzi - una chiusura spietata e cattiva.
Ad ogni modo, Man in the dark riesce a riempire i vuoti lasciati dagli horrorini in salsa teen del nuovo millennio passati da queste parti di recente, e seppur non all'altezza delle aspettative a regalare un intrattenimento solido al servizio di un minutaggio perfetto per questo tipo di pellicole, una buona dose di thrilling ed un incedere senza pause, impreziosito da un paio di ottime trovate e da un "mostro" interessante, anche se a mio parere non sfruttato in tutte le sue potenzialità e poco approfondito.
Mi sarebbe piaciuto, considerate le premesse, scrivere ed emozionarmi molto di più rispetto a questo titolo, ma se da un lato la delusione è stata indiscutibile, dall'altro occorre ammettere che, pur risultando decisamente all'acqua di rose, un horror realizzato da qualcuno che crede negli stessi "valori di genere" del sottoscritto risulti comunque più incisivo di qualsiasi goffo tentativo figlio indiscutibile del Nuovo Millennio.
E questo è senza dubbio già qualcosa.




MrFord




 

giovedì 8 settembre 2011

Conan the barbarian

Regia: Marcus Nispel
Origine: Usa
Anno: 2011
Durata: 113'





La trama (con parole mie): nel pieno dell'era Hyboriana, in un mondo popolato da grandi guerrieri, spietati tiranni e creature magiche, il giovane Conan, scampato al massacro del suo villaggio e cresciuto vivendo di imprese eroiche ed espedienti da strada, torna nel Continente dopo avere esplorato i mari per vendicare la morte del padre, avvenuta per mano dello spietato Khalar Zim, che con la figlia Marique ha intenzione di sacrificare l'ultima discendente di un'antica dinastia per attivare i poteri di una maschera in grado di resuscitare i morti.
Toccherà a Conan difendere la giovane e, al contempo, cercare vendetta e salvare il mondo conosciuto: selvaggio e spietato di certo, ma pur sempre libero dai tiranni come Zim stesso.



Negli ultimi anni, complici alcuni rilanci fortunati ed una certamente presente crisi di idee, il Cinema americano ha spesso e volentieri ripescato dalle pellicole di culto dei decenni passati nella speranza di bissarne il successo, spesso e volentieri incappando in clamorosi flop non soltanto di critica - in questi casi c'è sempre da aspettarselo -, quanto anche al botteghino.
Dunque abbiamo visto passare sui nostri schermi roba davvero di poco conto come Predators e Nightmare, trasformati da veri e propri miti degli anni ottanta a sbiaditissime brutte copie di se stessi.
Immaginate il sacro terrore che mi attanagliò quando venni a sapere che il nome successivo sulla lista era quello di Conan, uno dei cult assoluti della mia infanzia nonchè simbolo di quello che, ai tempi, fu il "superomismo" secondo Schwarzenegger, che allora fu protagonista di due film - il primo, di ottima fattura, praticamente una sorta di action epico d'autore; il secondo, una divertente baracconata che cavalcò il successo del personaggio - e divenne, a tutti gli effetti, uno dei riferimenti di un'intera generazione di spettatori.
Dunque, cosa è rimasto del granitico eroe interpretato dall'ex Governatore della California in questa pellicola costruita per l'audience del nuovo millennio?
Onestamente, poco o nulla, soprattutto pensando al primo dei due film allora dedicati al nostro cimmero preferito: la sceneggiatura di John Milius e Oliver Stone, che esplorava territori di epica ed avventura, ma costruiva attorno al personaggio l'aura del solitario barbaro in cerca di libertà che aveva in Tulsa Doom il nemico peggiore ma anche, in qualche modo, una sorta di distorta figura paterna, è sostituita da una più leggera macchina per lo spettacolo sfrenato che strizza l'occhio ai Pirati dei Caraibi e a Prince of Persia, dimenticando la quasi totalità della violenza di allora e concentrandosi sull'aspetto più cialtronesco anche dello stesso Conan, più simile a quello visto in Conan il distruttore, che non nell'originale Conan il barbaro.
Eppure, al contrario di schifezze inseribili nello stesso contesto come Scontro tra titani, questa nuova versione del personaggio che portò alla ribalta Schwarzy risulta tutto sommato godibile nei suoi limiti, fornendo l'intrattenimento necessario per un paio d'ore scarse di videogiocone senza troppe domande da godersi con birrozza, patatine e rutto libero, sentendosi un pò bambini e un pò barbari, e considerata la discreta autoironia dell'intera opera, senza dispiacersi troppo di questo potenzialmente rischiosissimo reboot.
Da par suo, Jason Momoa cerca in tutti i modi di fornire la sua versione dell'eroe hyboriano, lasciandosi alle spalle l'inespressività rocciosa dell'originale per buttarsi su un charachter rude ma più simile al Dastan del già citato Prince of Persia, risultando certamente più elastico e meno statuario del vecchio Arnold eppure, in qualche modo, più feroce e "sporco": certo, dopo aver visto il giovane attore e modello dare volto e corpo al dirompente Khal Drogo in Game of thrones la curiosità di osservarlo di nuovo in quelle vesti in un ruolo da protagonista assoluto era molta, ma tutto sommato si può dire che, data l'entità del confronto cui era chiamato, Momoa non abbia affatto sfigurato, peccando forse addirittura in eccessiva espressività.
Per quanto riguarda il resto del cast troviamo, nel ruolo di Khalar Zim, il sempre cattivissimo Stephen Lang - ormai noto per il suo ruolo in Avatar - affiancato dalla convincente Rose McGowan nel ruolo di Marique, mentre dall'altra parte della barricata il vecchio leone Ron Perlman si gioca il ruolo del padre di Conan, l'insipida Rachel Nichols quello di Tamara - l'ultima purosangue che Zim insegue per riattivare il potere della maschera - e Nonso Anozie quello di Artus, alleato del cimmero.
Curioso che proprio quest'ultimo sarà il nuovo alleato di Daenerys Targaryen nella seconda stagione della succitata Game of thrones, raccogliendo di fatto il testimone di Drogo/Momoa.
Dunque, per i fan hardcore del personaggio creato da Robert E. Howard, il mio consiglio è quello di prendere questa sua nuova incarnazione come un gioco, senza troppi (pre)giudizi a pesare sulla già non troppo resistente ossatura di questo lavoro di Marcus Nispel: da buoni barbari, preparate semplicemente un bel pò di arrosticini e un paio di panozzi come si deve, affogateli nell'idromele - o in un qualsiasi suo sostituto - e non pensate troppo.
In fondo, non è certo quella la specialità di Conan.

MrFord

"Stand and fight
live by your heart
always one more try
I'm not afraid to die
stand and fight
say what you feel
born with a heart of steel."
Manowar - "Heart of steel" -
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