
Alle spalle - e di molto - le vacanze estive e la consueta esperienza legata a Notte Horror, torna il Bulletin raccontando quelle che sono state le prime visioni al ritorno dal mare, l'accoglienza che Cinema e Televisione hanno preparato per i Ford sperando in un autunno pronto a risvegliare un duemiladiciannove senza dubbio poco memorabile, a prescindere dalla scarsa frequentazione delle sale di questo vecchio cowboy: ci sarà da confidare nel meglio?
MrFord
FAST&FURIOUS - HOBBS&SHAW (David Leitch, USA, 2019, 137')

Non è un mistero che, per quanto mi riguarda, la saga di Fast & Furious abbia inserito un'altra marcia con l'innesto di The Rock nel cast, alimentando la parte fracassona e tamarra nel pieno spirito degli anni ottanta del franchise: alle spalle anche l'ingresso di Jason Statham, questo spin off rappresenta tutto quello che si potrebbe immaginare di eighties al momento.
Un action ignorante, dozzinale, per nulla plausibile, senza filtri, eppure divertente alla follia, con una coppia che funziona alla grandissima tra bromanticismo, battute e botte - incredibile, tra l'altro, quanto la stazza del buon Dwayne Johnson faccia apparire Statham, non proprio quello che si potrebbe pensare uno sfigatino, come un liceale ancora non al pieno dello sviluppo - e un ritmo che fa apparire le più di due ore di visione praticamente una scampagnata di una mezzoretta scarsa.
Tutto, nel suo genere, funziona, dalla coppia di protagonisti alla loro spalla femminile - davvero notevole Vanessa Kirby -, dai cazzotti alle improbabili evoluzioni alla guida: il guilty pleasure dell'estate, senza se e senza ma.
UNA FAMIGLIA AL TAPPETO (Stephen Merchant, UK/USA, 2019, 108')

Da un The Rock protagonista ad un altro sfruttato per lanciare un film che, probabilmente, nessuno al di fuori del giro degli appassionati di wrestling si sarebbe cagato se non per l'intercessione del People's Champion: conoscevo, ovviamente, la storia di Paige, una delle wrestlers responsabili del passaggio dal periodo delle "divas" alle lottatrici che oggi rubano spesso e volentieri la scena anche in incontri decisamente impegnativi e qualitativamente elevati ai loro colleghi uomini purtroppo costretta ad un ritiro molto prematuro a causa di un bruttissimo infortunio al collo.
La pellicola dedicata alla sua vita ed alla sua ascesa nel mondo del wrestling funziona molto bene nel mostrare la fatica di un mondo spesso considerato finto - "it's fixed, not fake", sentenzia la fidanzata del fratello di Paige - ma in realtà legato ad un lavoro massacrante, così come una famiglia borderline risollevatasi proprio grazie al ring, meno nel raccontare l'evoluzione della carriera della protagonista, accelerata bruscamente, almeno per chi come me ne ha seguito il percorso, nella fase finale, che compromette la resa dell'intera pellicola.
Resta un buon esperimento, che spero possa portare nuovi - e nuove - fan allo sport entertainment.
THE RIDER - IL SOGNO DI UN COWBOY (Chloé Zhao, USA, 2017, 104')

Con ogni probabilità, questo è uno dei titoli più fordiani mai usciti in sala.
Una storia vera, il rodeo, la provincia profonda americana, quella in cui non c'è davvero altro che il nulla o l'addio, la filosofia del cowboy portata all'estremo.
Senza dubbio, è un film potente, realizzato alla grande, sincero nel portare sullo schermo una storia vera, e che mette di fronte chiunque abbia mai avuto dei sogni e chiunque, come me, ama vivere, ad un interrogativo importante: quanto vale l'istante?
Otto secondi valgono una vita all'opposto di quella che vorremmo?
Oltre alla filosofia, dietro questo The Rider c'è anche una profonda riflessione sul sacrificio, sulla Famiglia, sull'amicizia, sugli spazi sconfinati che diventano prigioni, se non si sanno, possono o riescono a gestire: forse troppo autoriale per diventare davvero uno dei miei supercult, ma senza dubbio un titolo che colpisce e conquista, e che regala alla settima arte uno spazio ed alcune sequenze che è importante non dimenticare, prima fra tutte quella che chiude la pellicola.
The Rider corre, sente e si fa sentire, vive.
Perchè racconta un pezzo di vita.
GLOW - STAGIONE 3 (Netflix, USA, 2019)

Le ragazze di Glow tornano sul ring e lo fanno con la stagione paradossalmente più lontana dal ring stesso da quando esiste la serie: non per questo, però, non si parla e non si racconta il wrestling. Perchè lo sport entertainment è anche e soprattutto la vita extra-ring, l'organizzazione degli eventi, i rapporti tra gli atleti e la loro vita on the road: in questo senso, a prescindere dal fatto che cose come la versione de "Il canto di Natale" siano riuscite benissimo, la stagione ha una sua dimensione fondamentale proprio in questo, legata alle relazioni che, in questo spettacolo, tendono a costruirsi all'esterno del quadrato.
Si passa dai momenti grotteschi a quelli surreali, dal dramma alla commedia, e la caratterizzazione delle ragazze ed un finale che non lascia presagire niente di buono pongono già basi interessanti per il giro di giostra - o di corde - numero quattro: senza dubbio, pur non eccellendo, Glow mette in scena uno spettacolo solido e convincente, in grado di soddisfare chi sta da una parte o dall'altra delle corde.
JOHN WICK 3 - PARABELLUM (Chad Stahelski, USA, 2019, 131')

John Wick è stato una grande illusione.
Approcciato nel suo primo capitolo senza alcuna aspettativa e rivelatosi come una sorpresa in grado di rinverdire, con altre, i fasti dell'action anni ottanta, e dunque divenuto, a causa delle scellerate scelte dei suoi autori, un prodotto serioso e pretenzioso nel secondo capitolo, al terzo era di fatto al banco di prova: purtroppo, nonostante alcune sequenze interessanti specialmente per i creativi metodi di uccisione ideati dal protagonista, il risultato finisce per essere ancora una volta ben lontano da quanto potessi aspettarmi, appesantito da un continuo reiterarsi delle dinamiche di base della vicenda - che Wick abbia scavalcato le regole è ben presente a tutti e non è necessario ribadirlo ogni cinque minuti - e da una durata che, invece che essere consacrata sull'altare delle botte - e ce ne sono - e della tamarraggine finisce per fare da spalla ad un'inutile ragnatela di intrighi, voltafaccia e cambi di gioco che non servono ad altro se non ad allungare il brodo.
Forse io sono troppo legato all'action ignorante e senza pretese, ma mi pare che questo John Wick e la sua combriccola vogliano alzare il tiro un pò troppo per quella che è la loro reale portata.