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venerdì 27 dicembre 2019

Ford Awards 2019: del peggio del nostro peggio




Come ogni anno, l'appuntamento con il Ford Award dedicato ai film peggiori passati su questi schermi nel corso degli ultimi dodici mesi diventa un momento utile per riflettere non solo sulle pellicole clamorosamente brutte o malriuscite, ma anche su quelle che, per aspettative o potenzialità, hanno tradito clamorosamente le attese. Quale sarà il vincitore di quest'anno di questa decisamente poco ambita classifica?


MrFord



N°10: US di JORDAN PEELE

Noi Poster

Apre la carrellata proprio una pellicola dal sapore di delusione profonda: Jordan Peele, alle spalle il successo di Get out, porta sullo schermo una riflessione sulla società e le differenze legate ad essa di grande impatto visivo e tecnicamente molto valida. Peccato che compia uno dei passi falsi peggiori che un autore possa compiere: pecca di grandissima presunzione, e proprio quando potrebbe diventare un nuovo cult, finisce per avvitarsi su se stesso perdendo gran parte della potenza accumulata nel corso dei minuti. E quel "noi", all'improvviso, diventa "loro", e Peele appare più parte del Sistema che non della Ribellione.


N°9: TERMINATOR - DESTINO OSCURO di TIM MILLER

Terminator - Destino oscuro Poster

Altra clamorosa delusione - nonchè occasione sprecata - legata ad una pellicola che personalmente attendevo con trepidazione rivelatasi la fotocopia sbiadita del mitico Terminator 2 - Il giorno del giudizio. L'idea di portare sullo schermo il vero e potente sequel dei primi due film di una saga che negli anni ha avuto molti bassi e pochi alti non ha portato ad altro se non ad un'operazione nostalgia nata e finita male. Un vero peccato, soprattutto per i vecchi fan.


N°8: WOUNDS di BABAK ANVARI

Wounds Poster

Altro giro, altra delusione per un titolo della scuderia Netflix finito al Saloon spinto dai commenti positivi di alcuni colleghi bloggers e dalle atmosfere cronenberghiane partito in modo intrigante e finito con il peggiore dei finali finto autoriali/pessimisti/finti incomprensibili.
Un pasticcio che inghiotte un attore sempre interessante costretto, con la cornice di New Orleans, a tenere il peso dell'intero lavoro sulle spalle, fumo negli occhi di quelli che, come a conti fatti è stato, paradossalmente finiscono per stregare, non si sa come, i cinefili più radical.


N°7: X-MEN DARK PHOENIX di SIMON KIMBERG

X-Men: Dark Phoenix Poster

E anche la saga dei nuovi X-Men, iniziata qualche anno fa come prequel della precedente, non sfrutta la spinta dei due ottimi capitoli iniziali e si chiude con una delusione cocente, una pellicola che stravolge le vicende narrate negli albi a fumetti e diventa un baraccone poco emozionante e coinvolgente in grado di far risultare scialbi o mettere in disparte anche personaggi clamorosamente azzeccati come il Quicksilver di Evan Peters.
Un peccato, perchè i mutanti di casa Marvel, in realtà, avrebbero potenzialità perfino più grandi dei loro cinematograficamente più illustri colleghi Avengers. E invece finiscono qui.


N°6: HELLBOY di NEIL MARSHALL

Hellboy Poster

Altro regista amatissimo in casa Ford, altro titolo che portava grandi aspettative, altre clamorosa delusione. Con l'ingrato compito di riproporre un personaggio reso molto bene sul grande schermo qualche anno fa da Del Toro, Neil Marshall toppa in modo sconvolgente regalando, si fa per dire, al pubblico una pellicola pasticciata, dozzinale, troppo pane e salame - e non in senso buono, questa volta - perfino per uno come il sottoscritto, che del pane e salame ha fatto negli anni una bandiera.
Più concentrati sull'idea di dare inizio ad una nuova saga e ad un brand, gli autori perdono la strada presto e male, confezionando un lavoro spento e senz'anima. 


N°5: DOMINO di BRIAN DE PALMA

Domino Poster

Nel corso degli anni anche i grandi registi, purtroppo per me, di tanto in tanto hanno finito per popolare la classifica del peggio, senza sconti quando la delusione era troppo grande o il risultato del loro lavoro decisamente lontano dagli standard che gli stessi avevano negli anni contribuito a settare: a questo giro tocca a Brian De Palma, storico nome del thriller che, sfruttando - spero insieme ai suoi produttori - la scia di notorietà del protagonista legata al ruolo giocato in Game of thrones finisce per compiere uno degli scivoloni più clamorosi della sua carriera, ed invece di una riflessione profonda sul ruolo del terrorismo oggi - specialmente in Europa - finisce imprigionato in una vera e propria fiera del pacchiano e delle banalità da Studio Aperto.


N°4: ALADDIN di GUY RITCHIE

Aladdin Poster

Se qualche anno fa qualcuno mi avesse detto che Guy Ritchie, autore di cose come Lock and stock e The Snatch, sarebbe finito a dirigere l'ennesimo, inutile reboot/remake di un Classico Disney - che peraltro amo moltissimo - giusto per fare cassa, avrei riso, e anche forte.
E invece ecco che l'autore anglosassone finisce schiavo delle manie di protagonismo di Will Smith e di una revisione di Aladdin che mescola parkour e presunta "modernizzazione" ed una povertà di idee che ha del clamoroso: perfino i Fordini, che conoscono il cartone animato a menadito - e forse proprio per quello - hanno attraversato la visione totalmente indifferenti.


N°3: ESCAPE ROOM di ADAM ROBITEL

Escape Room Poster

I teen horror di sopravvivenza sono un vero e proprio campo minato all'interno del quale avventurarsi, cinematograficamente parlando: il rischio di trash senza ritegno e pellicole pronte a "totalizzare zero sul grafico Pritchard" è elevatissimo, e le possibilità di incontrare qualcosa di davvero interessante sempre troppo basse.
Appartiene pienamente al novero Escape Room, filmetto dimenticato in fretta perfetto nell'incarnare la pochezza di questo tipo di Cinema. Che, forse, potrebbe non essere neppure considerato Cinema a tutti gli effetti.


N°2: PEPPERMINT - L'ANGELO DELLA VENDETTA di PIERRE MOREL

Peppermint - L'angelo della vendetta Poster

Firmato dallo stesso autore del tanto detestato - qui al Saloon - primo Taken, Peppermint entra a piedi uniti nel filone del revenge movie di grana grossa, propinando al pubblico una vicenda assolutamente implausibile raccontata con l'arroganza di chi, al contrario, pensa di stare realizzando qualcosa di profondo ed interessante. In realtà, tutto suona come una versione al femminile del suddetto Taken, giusto per arruffianarsi l'opinione pubblica sfruttando tutto quello che è accaduto ed è diventato, purtroppo, una sorta di "moda" nell'ultimo paio d'anni.
Una vera e propria schifezzona che si contrappone alle delusioni d'autore di questa classifica.


N°1: LA LLORONA - LE LACRIME DEL MALE di MICHAEL CHAVES

La Llorona - Le lacrime del male Poster

E a proposito di schifezzone, ecco quella che vince a mani basse il Ford Award per il peggio del duemiladiciannove: un horror totalmente illogico, prevedibile, noioso, realizzato come peggio non si poteva e nato da una costola della più fortunata serie The Conjuring.
Una produzione buona per le peggiori distribuzioni da agosto inoltrato e sale deserte che qui al Saloon abbiamo avuto la sfortuna di incrociare in una di quelle serate di stanca in cui un horror - o un film di genere - potrebbe avere il potere di migliorare l'umore e distrarre come un massaggio rilassante, e che in questo caso ha finito per rivelarsi peggiore di qualsiasi incubo.



I PREMI

Peggior regista: Pierre Morel per Peppermint - L'angelo della vendetta
Peggior attore: Nicolaj Coster Waldau per Domino
Peggior attrice: Jennifer Garner per Peppermint - L'angelo della vendetta
Premio "parrucchino di Nicholas Cage" per il personaggio trash: la Llorona, La Llorona - Le lacrime del male
Effetti "discount": Wounds
Premio "dolcetto o scherzetto" per il costume più agghiacciante: le incarnazioni del Genio in Aladdin, Aladdin
Stile de paura: Linda Hamilton per Terminator - Destino Oscuro
Premio "veline": Mackenzie Davis per Terminator - Destino Oscuro
Peggior scena d'amore: un qualsiasi siparietto sentimentale legato a Jean Grey, X-Men Dark Phoenix
Premio "pizza, spaghetti e mandolino": la trasformazione da moglie modello ad assassina sterminatrice di Jennifer Garner, Peppermint - L'angelo della vendetta

lunedì 8 aprile 2019

White Russian's Bulletin


Per la prima volta da non ricordo neppure più io quanto tempo, nel corso della settimana appena trascorsa - che poi è quella precedente alla trasferta newyorkese - sono riuscito a vedere cinque film in sette giorni: è stato come riscoprire un grande amore, tornare ai tempi in cui la blogosfera era in fermento ed il confronto con i suoi componenti era uno stimolo ulteriore a coltivarlo. 
So bene che non è più così, e che in questo periodo della mia vita la settima arte non è più tra le posizioni più importanti della classifica di priorità, ma lo ammetto: un paio di pellicole tra quelle passate al Saloon in questi giorni sono state in grado di farmi sentire la mancanza dei tempi in cui ogni post era una sorta di viaggio, e scrivere a lungo di un film quasi "normalità".
Il bello dei grandi amori è questo. Riescono a sorprenderti anche quando pare non abbiano più nulla da dire.


MrFord



PEPPERMINT - L'ANGELO DELLA VENDETTA (Pierre Morel, Hong Kong/USA, 2018, 101')

Peppermint - L'angelo della vendetta Poster


Ai tempi della sua uscita avevo detestato il primo Taken, serioso revenge movie che avrebbe voluto rinverdire i fasti de Il giustiziere della notte - quello originale, ovviamente - e che invece ebbe solo il "grande onore" di regalare al mondo del Cinema il Liam Neeson versione action man.
Al contrario, avevo molto apprezzato Alias, serial spionistico e fumettoso che lanciò J.J. Abrams e Jennifer Garner, divertente e piacevole proprio perchè assolutamente non credibile.
Peppermint, da buon cocktail di queste due ricette, poteva risultare una figata assoluta o una schifezza devastante o quasi: purtroppo l'esito della visione ha portato la bilancia del Saloon a pendere per la seconda ipotesi, complici una scarsissima originalità - mix del già citato Taken, The Punisher e Il giustiziere della notte, quello pessimo visto non troppo tempo fa -, soluzioni logiche quantomeno forzate ed un'evoluzione assolutamente telefonata.
L'unica a salvarsi è la Garner, che a questo punto vorrei vedere protagonista di un action al femminile scritto e diretto come si deve.




CLIMAX (Gaspar Noè, Francia/Belgio, 2018, 97')

Climax Poster

Affrontare un lavoro di Noè è come uscire con l'amico che già sappiamo essere in grado di farci combinare le cazzate più assurde e pensare di tornare a casa come se niente fosse: il buon Gaspar tecnicamente è pazzesco, e riesce a trasformare quella che potrebbe essere la snobbata da guru del cazzo più radical che si possa pensare in un viaggio allucinante e allucinogeno all'interno della Natura umana. L'aveva già fatto in passato, e continua la sua tradizione con Climax: un film certo non per tutti, per chi lo conosce forse meno originale o d'impatto di quanto ci si potrebbe aspettare, ma comunque una botta dalla quale non si esce così facilmente, e resta addosso come la sensazione di aver combinato un guaio senza ricordarsi quale perchè si era dannatamente troppo fatti.
L'escalation che coinvolge i protagonisti, spinta dai piani sequenza del regista, è una fotografia di quello che potrebbe essere l'umanità una volta lasciata libera dalle convenzioni sociali, o dai limiti che cerchiamo di porci ogni giorno per contenere la bestia che portiamo dentro.
Non il miglior film di questo autore clamoroso, ma un film che non si dimentica.




LORDS OF CHAOS (Jonas Akerlund, UK/Svezia/Norvegia, 2018, 118')

Lords of Chaos Poster

Pur non essendo un fan sfegatato di un certo tipo di metal conoscevo le vicenda che portò all'episodio della morte di Euronymous per mano di Varg Vikernes, più noto come la one man band Burzum, ma fatta eccezione del dovere di cronaca, non ero mai andato oltre approfondendo la storia dei Mayhem, band fondamentale del panorama musicale norvegese tra gli anni ottanta e novanta: Akerlund, regista che fino ad ora avevo sempre considerato un videoclipparo sopravvalutato, gira la versione biopic musicale di Henry pioggia di sangue, in bilico incredibile tra ironia, umorismo nero, critica sociale ad un gruppo di ragazzini inseriti in un contesto di benessere talmente clamoroso da inventarsi una rivolta violenta per potersi davvero vedere - o sperare di farlo - e violenza allo stato puro, realistica e disturbante - l'omicidio di Euronymous è spaventoso per dinamica, tensione e naturalezza -.
Una pellicola a suo modo incredibile, che disegna la crepa che a volte si manifesta, e nel modo peggiore possibile, nella cartina sociale senza macchia di un Paese "perfetto" come la Norvegia, tra i più vivibili ed avanzati al mondo: fondamentale anche quanto l'estremismo di un certo tipo di Musica - che estremo, poi, non è, se vissuto in modo positivo - mostri quanto agli eccessi religiosi, violenti, culturali giungano solo elementi che, in realtà, hanno solo bisogno di scuse per giustificare la pochezza dell'immagine che vedono allo specchio ogni mattina. 
Per ora, uno dei candidati a film dell'anno.




THE HANDMAID'S TALE - STAGIONE 2 (Hulu, USA, 2018)

The Handmaid's Tale Poster

Le seconde stagioni di serie che con il debutto hanno non solo convinto, ma anche folgorato, sono davvero difficili da gestire per i loro autori: in particolare The Handmaid's Tale, pronta a distaccarsi dal romanzo che l'ha generata, che strappò applausi al suo esordio e che si è trovata nella poco invidiabile condizione di battersi contro se stessa.
Ovviamente, come spesso accade, questa season two non è all'altezza della prima, ma forse il problema non sta tanto in chi l'ha costruita, quanto in chi la guarda e l'ha guardata, perchè i paragoni sono il primo dei peccati di ogni lettore, ascoltatore o spettatore: in realtà The Handmaid's Tale è una serie che funziona ancora, coinvolge e finisce per risultare, pur nella distopia, abbastanza in linea, purtroppo, con la realtà ancora sessista che pervade il mondo occidentale e non solo.
Ora, comunque, che abbiamo avuto una stagione potentissima ed un'altra "solo" buona, la terza sarà la cartina tornasole delle potenzialità di un titolo che, senza dubbio, verrà comunque ricordato.




THE DIRT (Jeff Tremaine, USA, 2019, 107')

The Dirt Poster

Chi frequenta il Saloon da tempo conosce bene il mio lato tamarro e sopra le righe, legato ad un certo tipo di formazione musicale e non solo tutt'uno con la tamarraggine di una parte degli anni ottanta. Certo, i Motley Crue, per quanto mitici, non sono mai stati tra le mie band preferite di quel periodo, ma gustarmi il biopic by Netflix dedicato a Tommy Lee e soci è stato davvero una bomba, dagli episodi noti ed esilaranti - l'incontro con Ozzy Osbourne - ad altri profondamente drammatici - la morte della figlia di Vince -: non parliamo di qualcosa di rivoluzionario, quanto più che altro di una versione pompata e sopra le righe di Bohemian Rhapsody girata con il gusto ovviamente di nuovo tamarro di Jeff Tremaine, già noto da queste parti per il suo ruolo nella realizzazione del progetto e dei film del brand Jackass. 
A molti non è piaciuto, altri l'hanno adorato, per me è stato decisamente rock: non ha lo spessore e la potenza di The lords of chaos, ma non pretende di averli. In fondo, questo tipo di espressione musicale esalta il casino ed il divertimento, il carpe diem, il "live fast, die young": eppure questi ragazzacci sono ancora qui. Evidentemente, vivere li fa godere molto più che morire.


domenica 24 marzo 2019

Sunday's child


Per rimanere fedele al rito del ritardo che ormai caratterizza l'uscita della rubrica dedicata alle uscite in sala, chiudo in zona Cesarini la settimana anticipando il Bulletin di pochissimo segnalando i titoli ormai "vecchi" distribuiti giovedì, commentati come al solito da me e da quello scellerato di Cannibal Kid, accanto all'ospite Samuele Burroni: meglio tardi che mai, no?

"Ho letto Pensieri Cannibali dal cellulare, e mi sono immediatamente sentito male."

RICORDI?

"L'unico modo che Cannibal ha per farmi vedere un film consigliato da lui è chiudermi in gabbia!"
Samuele: Una volta un vecchio saggio disse “Occhio alle scritte nei trailer !”. Per rimanere in tema io non ricordo chi fosse costui, ma certo i diversi titoli che appaiono nella clip promozionale sembrano lanciati come esche succulente che solitamente lasciano molte deluso il palato e incazzato lo spettatore.
Potrebbe non essere neanche d’aiuto la naftalina che ha accompagnato la macchina da presa di Valerio Mieli, vincitore del David di Donatello con la sua opera prima nel lontano 2010 ma di ritorno solo ora alla regia. Eppure, nonostante tutto e tutti, una speranzuccia continuo ad avvertirla. Sarà qualche richiamo malickiano nelle immagini del trailer, la confusione totale che rimane attorno alla trama oppure, con più probabilità, la presenza nel film del grande Luca Marinelli, unico attore italiano della nuova generazione capace di emozionare anche stando in silenzio.
Insomma, ce ne ricorderemo di questo film? (Lo so, me la sono cercata, potete far partire gli insulti dopo questo ultimo commento!).
Ford: vai tranquillo, Samuele, gli insulti sono tutti per Cannibal. D'accordissimo su Marinelli, con Borghi il miglior giovane attore italiano al momento, mentre per quanto riguarda il film non mi aspetto nulla, e non ho neppure un hype particolare rispetto ad un eventuale recupero. Quello che ricordo davvero, però, sono i bei tempi in cui la blogosfera era affollata e le Blog Wars impazzavano.
Cannibal Kid: Non so se mi ricorderò di questo film. Per quanto meraviglioso possa essere, e io sinceramente ci spero molto, ho una pessima memoria. Non è colpa della vecchiaia come per Ford. È che sono fatto proprio così. Sono così smemorato, che è già tanto se questa pellicola mi ricorderò di vederla.

A UN METRO DA TE

"Qui è davvero terribile: con la scusa delle cure non mi passano neppure un White Russian!"
Samuele: Prepariamo i fazzoletti, almeno tre pacchetti, e non pensiamoci più. Sarà un lungo viaggio tra lacrime, singhiozzi e “shhh” continui alla fazione annoiata degli spettatori in sala. A un metro da te è infatti la bomba romantica di questo inizio 2019, l’opera che non può mai mancare nella stagione cinematografica, anche se in ritardo di un mese rispetto a San Valentino (e per questo una tirata di orecchie alla distribuzione ci starebbe eccome!).
Fa una certa impressione vedere uno dei due gemelli di Zack e Cody al Grand Hotel (Cole Sprouse) moro, adolescente e innamorato, ma questa immagine non sembra stonare con il viso angelico, dolce e fiabesco della sua controparte Haley Lu Richardson, che mostra già nel trailer di essere interprete ideale e azzeccata della protagonista. Non posso e non voglio mostrare tutta la mia negatività nelle poche righe dedicate a questo film, per cui mi asterrò dal dilungarmi sui ricordi che le prime immagini del film hanno innescato nella mia cinica memoria (su tutti Io prima di te …), e invece voglio ammettere che il trailer mostra un grande potenziale, che non pare solo frutto della storia commovente che cela distrattamente ma soprattutto di una mano e di una penna abili e astute, che difficilmente deluderanno gli appassionati del genere e chissà, forse, conquisteranno anche i più diffidenti.
Ford: questa mi pare la classica baracconata buona per le ragazzine e per i pusillanimi come Peppa Kid, che andrà in brodo di giuggiole come fece per porcate come Colpa delle stelle qualche anno fa. Ovviamente, dovessi vederlo, lo farò con il chiaro intento di massacrarlo a dovere neanche fosse il film preferito del mio rivale.
Cannibal Kid: Questo è il tipico “Malattia Movie” fatto apposta per contagiarmi. Lo adoro già a prescindere e sono pronto a infettare con il mio entusiasmo nei suoi confronti anche i più scettici. Tipo Ford, che alla visione di Io prima di te ha finito per commuoversi più di tutte le ragazzine e dei pusillanimi come me. Al di là del tema strappalacrime, che lo rende già il mio guilty pleasure supremo del 2019, sono curioso di vedere come se la cava Cole Sprouse lontano da Riverdale e Haley Lu Richardson, già notata in Split, 17 anni (e come uscirne vivi) e nello splendido Columbus. Fazzoletti, a me!

PEPPERMINT

"Per sistemare quel pusillanime di Peppa Kid mi paiono troppo perfino i proiettili di gommapiuma!"
Samuel: I muscoli di Jennifer Garner tornano a sfondare lo schermo a distanza di molti anni dalla serie tv Alias e il contesto in cui ciò accade non poteva essere dei migliori. Sulla scia di un filone di forte successo nell’ultimo periodo, il regista di Taken Pierre Morel ripropone il tema della vendetta sotto forma di fuoco e fiamme, proiettili e coltelli volanti, senza apparentemente osare più di quanto non avesse fatto in passato e riempiendo lo stesso trailer di pura adrenalina. Basterà di nuovo questo a vincere la sfida ? Certo la scelta di fondo è comprensibile e non si può biasimare nessuno: il momento storico in cui viviamo si adatta perfettamente ad un eroina che cerca da sola giustizia e che nel sostituirsi alle autorità reca aiuto ai suoi concittadini. E cosa dire della scelta di Jennifer Garner come protagonista, visto che solamente con un po’ di azione e un fucile in mano riesce a far emergere le sue qualità recitative (ebbene sì, Trent’anni in un secondo per me è indecente caro Kid e il suo poster io non lo avrei mai appeso in camera…) . In definitiva se la sorella di John Wick e nipote di Brian Mills finisse per creare una distrazione di un’ora e mezzo ben curata ed efficace nessuno potrebbe sorprendersi dal mio punto di vista, ma la necessità di un altro film di questo tipo è veramente tutta da dimostrare e lascio ad altri fortunati questo compito, mentre io vado a ricercare l’ultima interpretazione decente di Jennifer Garner…
Ford: non ho mai apprezzato particolarmente il franchise di Taken, così come Liam Neeson in versione spaccaculi, ma in passato ho amato moltissimo Alias, e la Garner era riuscita a rendere alla grande. Peppermint, quindi, ha due potenziali strade: da un lato un action serioso e inutile come alcuni di quelli usciti negli ultimi anni, dall'altro una baracconata che intrattiene e diverte ed è tamarra abbastanza da ricordare gli anni ottanta. Spero ovviamente nella seconda.
Cannibal Kid: L'ultima interpretazione decente di Jennifer Garner? Proprio nel da Samuele tanto bistrattato 30 anni in 1 secondo, uno dei guilty pleasure cult della mia generazione e pure di quella di Ariana Grande, che di recente l'ha omaggiato nel video capolavoro di thank u, next. I tempi di quel film, così come quelli di Alias, per lei sembrano però lontani, e il suo triste tentativo di riciclarsi come Liam Neeson al femminile mi sembra fallimentare quanto la scelta di Ford di non scrivere più post “normali”, ma solo striminziti bulletin che somigliano a una lista della spesa.

IL PROFESSORE E IL PAZZO

"Lasciate subito in custodia Marco Goi a me, agenti. Ho il compito di scortarlo a Fordlandia."
Samuele: Dietro grandi imprese si nascondono spesso storie straordinarie e fondamentali, esattamente come quella da cui prende spunto Il professore e il pazzo, film di Farhad Safinia interpretato da due grandi nomi quali Mel Gibson e Sean Penn. Si sa che il fascino dei dizionari incanta tutti prima o poi, per non dire della storia di come questi sono stati redatti, eppure quest’opera possiede qualcosa di davvero attraente, che già attraverso le poche immagini del trailer riesce a venir fuori e a colpire. Sarà forse l’insolita coppia di “vecchietti” Gibson-Penn o le loro perfette barbe ottocentesche, oppure gli occhi sempre più profondi di Natalie Dormer. Resta il fatto che questo film ha il sapore della rivincita, non solo per due attori caduti in sordina ma anche per quegli spettatori che erano rassegnati a destinare tutto il loro tempo libero della settimana al solo Netflix.
Bisogna crederci a volte, andare oltre l’apparenza di un soggetto abbastanza spiccio, come può essere la storia del dizionario inglese, e seguire l’istinto. Se poi il vostro istinto è solo quello di detestare tutto ciò che porta il nome di Gibson e ancora portate le cicatrici dell’aramaico de La passione di Cristo allora siete in buona compagnia, vero Ford?
Ford: Ford: a dire la verità, nonostante ancora soffra per la visione de La passione di Cristo, ho sempre sostenuto il fordinanissimo Mel Gibson, sopra le righe senza controllo come piace a me. Purtroppo questo film mi ispira decisamente poco, complice anche il terrificante titolo: sarei lieto di essere smentito, ma l'impressione che ho è quella del polpettone/mattonazzo. Staremo a vedere.
Cannibal Kid: Tra me e Ford, direi che il Professore so-tutto-io è lui e il pazzo sono io. Considerando però la sua passione per Mel Gibson, pessimo sia come attore che come regista che come essere umano, qualche dubbio sulla sua sanità mentale mi viene. Quanto al film, che purtroppo coinvolge anche uno dei miei idoli, Sean Penn, sembra una pazzia il solo pensiero di guardarlo.

INSTANT FAMILY

"Mettiti in posa: voglio fare concorrenza a Ford e alle sue foto da instadad!"
Samuele: Il buon umore è contagioso e allora facciamoci un’abbuffata con la coppia Mark Wahlberg - Rose Byrne, che interpretano una coppia alle prese con l’adozione di tre ragazzini molto vivaci e poco docili, che insegneranno loro cosa vuol dire essere genitori a caro prezzo.
L’idea della commedia non pare molto originale e neanche invoglia chissà quanto a mio parere, eppure dopo aver visto il trailer il mio sommo giudizio si è ribaltato e mi sono scoperto desideroso di mettere su famiglia e di adottare tre pesti come queste. A parte gli scherzi, il film sembra avere davvero tutte le carte in regola per rientrare nella classica commedia americana, leggera e piacevole, sempre più rara e sempre più spesso dilagante nel genere demenziale. Magari sarà solo un abbaglio il mio e Wahlberg attore comico si rivelerà nuovamente un grande fallimento, ma se doveste decidere di farvi due risate al cinema questa settimana punterei gli ormai cari dieci euro su questo film.
Ford: Wahlberg è un altro fordiano per eccellenza in stile Mel Gibson che da queste parti godrà sempre di un giro gratis al bancone, eppure questa volta mi pare sia incastrato in una di quelle commediole americane senza arte ne parte che non spingono troppo in modo da risultare il più "per famiglie" possibili: per il momento passo, attenderò poi di scoprire come ne scriverà Cannibal, e nel caso in cui dovesse scontrarlo allora correrò a vederlo.
Cannibal Kid: Peccato per la presenza di Mark Wahlberg, attore inespressivo come tutti i fordiani per eccellenza. Per il resto questa pare essere una commediola di quelle che si guardano con piacere e che qualche sana risata la sanno tirare fuori. Persino ai musoni come Ford che, considerata la tematica famigliare e l'amore per i muscolacci di Wahlberg, in gran segreto ha già affittato una sala per vederselo in santa pace con la sua numerosissima instant family.

LA CONSEGUENZA

"Benvenuta a Casale Monferrato, Keira." "Non c'è troppo da stare allegri: questo è un posto dimenticato da dio."
Samuele: I postumi della seconda guerra mondiale sulla Germania post nazismo sono sempre stati tra gli argomenti meno dibattuti nel cinema europeo moderno e contemporaneo, per via del senso di colpa di sponda alleata che spesso abbiamo visto invece scalzato dai molti racconti di liberazione ed eroismo. Oggi James Kent decide di ambientare il suo film nell’Amburgo del 1946, devastata dai bombardamenti, e concentra la sua attenzione proprio su un uomo rimasto vedovo per gli attacchi alleati.
Keira Knigthley e Alexander Skargard sono i protagonisti di melo’ denso e impegnativo, spinto alla ricerca di un pubblico impegnato e sensibile che già dalle prime immagini del trailer può cogliere molto delle atmosfere che troverà in quest’opera. Certo non si tratta di un film adatto a tutti, ma le premesse per un buon lavoro ci sono tutte e in una settimana cinematografica giocata molto sulla risata si potrebbe dedicare anche un po’ di tempo al romanticismo. Chissà che non se ne rimanga piacevolmente sorpresi.
Ford: Samuele, lavori per la produzione di questo film? Perché mi pare che questo commento sappia di promozione neanche fossi il Cucciolo Eroico che cerca di propinare qualcuna delle sue boiate teen agli sfortunati lettori di Pensieri Cannibali! L'idea di base potrebbe anche essere interessante, ma la primavera è ufficialmente iniziata e non voglio rischiare, vista anche la mia facilità crescente al sonno da divano, di affrontare polpettoni di questo genere.
Cannibal Kid: Come dice il buon Samuele, il tema della Germania post nazista è stato spesso trascurato. Negli ultimi tempi è però stato finalmente affrontato in un film interessante come Il labirinto del silenzio e quindi ho un po' di curiosità pure per questo. Sebbene mi preoccupino un po' la presenza della imprevedibile Keira Knightley, capace di alternare interpretazioni buone ad altre agghiaccianti, e il pesante rischio noia.

PETERLOO

"E doveva essere solo un'innocua Blog War!"
Samuele: La curiosità per questo film nasce già dal titolo, che richiama la storia vera di una manifestazione pacifica nella Manchester del 1819, finita in una giornata di sangue che ricordò a quel tempo la strage della battaglia di Waterloo. Mike Leigh continua a insegnare storia alle nuove generazioni attraverso le sue opere, dimostrando ancora fiducia in un’epoca dove molti suoi coetanei hanno invece ormai abbandonato la nave e si sono dedicati alle sole memorie del passato. Purtroppo gli eventi narrati sono stati tutt’altro che unici nella storia moderna e la lezione ancora non è stata evidentemente imparata. Nonostante questo però c’è chi ancora ci prova e che avanti per la sua strada, senza badare alle mille dimostrazioni di incoscienza che la vita di oggi, politica e non, ci getta in faccia.
Magari neanche questo suo ultimo film terrà lo spettatore incollato alla sedia, anzi qualche sbadiglio o momento di ripensamento si faranno vivi tra molti di noi, eppure, come è accaduto con Turner (2016), la possibilità di uscire dalla sala più ricchi di prima dovrebbe incoraggiarci tutti. Certo, lo so che ci sarà qualcuno che storce il naso di fronte ai costumi dell’Ottocento e alle acconciature delle parrucche, ma credo che pure Kid possa essere d’accordo sul fatto che il cinema non possa essere solo Marvel e superpoteri, e finché Captain America e i suoi simili continueranno a tenere vivi gli studios perché non alternare i kolossal ai film d’autore?
Cos’è un film d’autore? Beh, chiedetelo a chi ci capisce, vero Kid?! …
Ford: Mike Leigh è uno che ci sa fare, e una decina d'anni fa sarei corso a recuperare questo film. Purtroppo le energie mentali che al momento mi restano a fine giornata sono troppo poche per poter affrontare il Cinema d'autore nel vero senso della parola, dunque credo mi segnerò nella lunga lista Peterloo pronto ad affrontarlo quando sarò in vacanza, o verrò da un weekend in cui avrò dormito il maggior numero di ore possibile.
Cannibal Kid: Secondo me molto confondono i film impegnati con i film d'autore. Non sempre i primi coincidono con i secondi, e viceversa. Mike Leigh io personalmente lo preferisco quando è più leggero e comedy, come in Another Year e soprattutto nello stupendo La felicità porta fortuna - Happy-Go-Lucky. Questa lezione gratuita (almeno se si guarda il film in streaming) di Storia la lascio volentieri a quel professorino sapientino di Ford. Anche perché ancora sbadiglio al pensiero del film-lezione di Storia dell'arte Turner, una delle visioni più noiose degli ultimi anni.

SCAPPO A CASA

Samuele: Una lacrima mi scorre giù lungo la guancia e non posso fermarla. Un misto di nostalgia e rabbia si abbatte su di me, e non credo di poter essere il solo, quando noto l’assenza degli altri due.
Questo è quanto accaduto qualche mese fa, quando ho scoperto che Aldo sarebbe stato senza Giovanni e Giacomo in Scappo a casa, la commedia di Enrico Lando in uscita questa settimana.
In parte ne sono ancora scosso perché sì, lo devo ammettere, conosco a memoria tutte le battute di Tre uomini e una gamba e nonostante gli anni che passano e la vecchiaia che si avvicina sono un romantico nostalgico che si illude che alcune cose restino per sempre intatte. Potete capire allora che sono rimasto molto sorpreso quando ho finito di vedere il trailer e ho scoperto di essermi fatto qualche risata durante la visione. Addirittura ho pensato che potesse esserci anche qualcosa di sostanzioso alla base del film e che il tema dell’immigrazione potesse essere stato trattato in maniera non così inadeguata come potevo aspettarmi.
Forse anche tutte queste considerazioni si riveleranno solo un’altra illusione, ma se Aldo ha voluto credere in questa seconda possibilità chi siamo noi per non fare altrettanto ? E poi, chissà, potrebbe pure spuntare un inatteso cameo, o meglio due …
Nostalgia canaglia!
Ford: sono rimasto molto sorpreso nello scoprire il tentativo di Aldo di buttarsi in un'avventura lontano dai suoi due compagni storici, Giovanni e Giacomo. I tre, ai tempi della mia adolescenza, hanno rappresentato qualcosa di fresco e nuovo nel panorama comico italiano, prima di perdersi inevitabilmente ed inesorabilmente nelle riprese sbiadite di loro stessi. Che questo titolo sia l'inizio di una ripresa? O l'inevitabile conferma di un'inesorabile decadenza?
Cannibal Kid: Sono contento che Aldo abbia deciso di uscire dalla sua comfort zone e fare un film solista che sa un po' di “checcozalonata”. E lo dico in senso buono. Potrei inoltre prendere ispirazione da lui e da buon egotomane realizzare questa rubrica da solo invece che in trio, lasciando perdere gli ospiti settimanali e soprattutto la fastidiosa presenza di Mr. James Ford.

lunedì 3 febbraio 2014

Dallas buyers club

Regia: Jean Marc Valleè
Origine: USA
Anno: 2013
Durata: 117'




La trama (con parole mie): Ron Woodroof, elettricista e giocatore d'azzardo dedito ad alcool, eccessi e donne, si ritrova, nel pieno degli anni ottanta, positivo all'HIV. Superato il trauma della presa di coscienza della propria condizione ed abbandonati gli amici di un tempo, l'uomo si dedica ad una personale ricerca di potenziali cure per la malattia, ingaggiando una vera e propria crociata a favore dei malati contro le multinazionali farmaceutiche intente a promuovere l'AZT.
I suoi trenta giorni di vita previsti alla prima visita divengono così anni di battaglie legali e non contro lo status quo che poneva i malati di AIDS ai margini della società, nonchè vere e proprie cavie per i colossi dell'industria farmaceutica.






La fama di alcune pellicole gioca molte delle sue carte sul passaparola: Dallas buyers club, salito alla ribalta della cronaca grazie ai Globes vinti da Matthew McConaughey e Jared Leto - entrambi meritatissimi -, divenuto il caso cinematografico made in USA di questo inizio anno, deve molta della sua fortuna proprio a questo fenomeno.
Mossi dalle incredibili performances attoriali dei protagonisti, pubblico e critica hanno finito per spingere il lavoro di Jean Marc Valleè oltre ogni più rosea aspettativa, portando Dallas buyers club a diventare, di fatto, un blockbuster d'autore pronto a battersi con i più grandi favoriti nella notte degli Oscar: visione alle spalle, posso dire che senza ombra di dubbio siamo di fronte ad un gran bel prodotto, confezionato alla perfezione e costruito per colpire ed emozionare pur sfruttando un main charachter certamente non empatico o "positivo" come il Ron Woodroof di McConaughey, seppur lontano dal Capolavoro che vorrebbe essere venduto.
Onestamente, penso ci si trovi più dalle parti dei solidi Milk o Erin Brockovich - titoli che riguardo sempre volentieri, impegnati e non banali - che non da quelle degli imprescindibili, nonostante la pellicola avvinca e renda il pubblico più giovane edotto rispetto ad una delle grandi battaglie degli emarginati nel corso degli anni ottanta e quello più stagionato sensibile ad un periodo decisamente particolare della Storia recente: tratto da una vicenda realmente accaduta - la battaglia legale e non del già citato Ron Woodroof, elettricista devoto all'alcool, agli eccessi, al gioco ed al sesso lontano dal mondo omosessuale che ai tempi si credeva unico a dover fare i conti con l'HIV - e profondamente legato alle lotte che resero possibile una maggiore attenzione da parte dell'opinione pubblica a proposito dello sfruttamento dei malati da parte delle multinazionali farmaceutiche, Dallas buyers club rappresenta il tipico e coinvolgente film di grande impegno sociale, con alcuni spunti splendidi - la scena finale, il rapporto sessuale tra Woodroof e la ragazza malata, liberatorio come solo il sesso libero e non protetto può essere, sicuri di non infettare altri - ed alcuni passaggi appena sotto il livello di pericolo di retorica.
Una pellicola solida e di cuore ma comunque ben distante dalle vere e proprie pietre miliari, che mi sono goduto una volta presa coscienza dei suoi limiti principalmente grazie allo stimolo regalato dal protagonista, un redneck fatto e finito che, di fronte alla prospettiva della morte, finisce per attaccarsi alla vita con una determinazione incrollabile che io stesso ben comprendo, considerato che è mia ferma intenzione quella di attaccarmi a questo mondo con le unghie e con i denti almeno fino ai centotre anni.
E dico almeno.
L'esempio dato da personaggi in grado di affrontare l'avvicinarsi dell'ultimo viaggio con la stessa contagiosa voglia di sperimentare e lottare di chi, al contario, ha la possibilità di godersi ogni giorno senza avere l'impressione di stare affrontando un conto alla rovescia è senza dubbio stimolante, anche quando si tratta di dover convivere con qualcosa che, presto o tardi, finirà per vincere la guerra anche a fronte di qualche sconfitta di poco conto.
In un certo senso, è la stessa cosa anche per noi, con la differenza che, di norma, non prestiamo troppa attenzione alla sabbia che scivola nella clessidra togliendo ogni giorno qualcosa dal tavolo della nostra mensa.
A scanso di equivoci, io ho intenzione di mangiare e gustarmi quanto più possibile ogni momento. Come in un rodeo che potrebbe finire da un istante all'altro.



MrFord



"Are you my main man
are you now are you now
are you my Main Man
are you now are you now
are you now."
T-Rex - "Main man" - 



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