Penso non esista un popolo che ami più degli irlandesi.
Se già gli abitanti dell'Isola di smeraldo mi erano simpatici grazie ad anni di piccoli e grandi cult - The Commitments, tanto per citarne uno -, dopo aver viaggiato per quelle strade con il mio amico Emiliano un posto nel mio cuore per tutti loro ci sarà per sempre: non riesco ad immaginare, infatti, un luogo tra quelli in cui ho viaggiato fino ad ora, in cui mi sono sentito meno "straniero" che in Irlanda, dalle sbronze e situazioni più assurde legate alle stesse - le scene che si vivono per locali nel weekend sono leggendarie, oltre che molto cinematografiche - alla cordialità genuina praticamente di chiunque, in barba alla cultura del sospetto che ha segnato questo Nuovo Millennio.
Anche John Carney un posto d'onore al Saloon l'avrà sempre, non fosse altro che per quel gioiellino di Once, ed ora anche e soprattutto per Sing Street, che non solo è riuscito a riportarmi indietro nel tempo - nonostante dichiaratamente "futurista" - a quando ero anch'io un ragazzino pieno di sogni in cerca della sua strada ed al già citato The Commitments, non solo mi ha fatto pensare che Emiliano avrebbe adorato alla follia questo film, non solo tocca un tema - quello della fratellanza - a me molto caro, e si chiude con una dedica splendida e commovente - "To brothers everywhere" -, ma riesce con freschezza ed energia a raccontare un'epoca non facile per gli irlandesi e per ogni essere umano: l'adolescenza.
La vicenda di Conor, pronto a mettere su una band non fosse altro che per conquistare una misteriosa ragazza - del resto, come era solito ammettere anche il Professor Keating de L'attimo fuggente, la poesia serve "per rimorchiare le donne" - grazie all'aiuto di un gruppetto che pare uscito dritto dritto da I Goonies ed alla presenza del fratello maggiore Brendan, appassionato di musica ormai troppo grande - ma quando, in fondo, lo si è davvero? - per cavalcare l'onda dell'emotività come quella sua piccola ancora di salvezza domestica, è una delle più sincere e travolgenti narrate sul grande schermo di recente, tanto da avermi fatto pentire di essermi perso questo gioiellino in tempi utili per la composizione delle classifiche dei Ford Awards 2016, perchè avrebbe avuto un ruolo senza dubbio di tutto rispetto nella Top 40 dedicata ai film usciti nel corso dell'anno appena trascorso.
Sing Street è un viaggio attraverso un decennio mitico, un flipper di grandi classici - dai Duran Duran di Rio ai Cure, passando attraverso gli A-Ah - e brani composti per l'occasione pronti a conquistare perfino una come Julez, che di norma vive musicalmente agli antipodi di un rocker esterofilo come il sottoscritto, ma soprattutto è una riflessione coinvolgente e magica sulle fragilità della nostra emotività nel percorso di crescita, dall'emancipazione dai genitori al desiderio di mostrarci per quello che siamo, che proviamo, quasi salire sul palco possa essere una metafora del gridare quello che abbiamo dentro, che esistiamo, per quanto ai margini o strambi si possa essere agli occhi degli altri - splendida la "rivolta musicale" contro il rigido prelato direttore della scuola durante il concerto -.
Potrei continuare parlando di brani, leggerezza, divertimento e commozione, scrittura e coinvolgimento, ma penso che il modo migliore per godere di un film come Sing Street sia viverlo dal primo all'ultimo minuto, come un concerto che dall'apertura al bis ci tocca il cuore, fa saltare, venire voglia di sbronzarci e baciare quella ragazza che pare la più bella che abbia mai calpestato questa Terra che salta con lo stesso entusiasmo a qualche metro da noi, e prendersi per mano e partire per un posto in cui non si è mai stati appena usciti, decidendo all'ultimo secondo.
Sing Street fa venire voglia di vivere.
E questa è una magia così grande che forse non potrebbe essere contenuta neppure dalla magica Isola di smeraldo.
MrFord