martedì 27 febbraio 2018

Il filo nascosto - The phantom thread (Paul Thomas Anderson, USA, 2017, 130')




Paul Thomas Anderson è da sempre considerato uno degli autori di punta del Cinema americano, qui al Saloon: fatta eccezione per Sidney, primo film che ancora manca all'appello, il resto delle sue pellicole è passato almeno una volta su questi schermi, e in alcuni casi - Boogie nights, Magnolia, Vizio di forma - il suo lavoro è e sarà considerato fino alla fine dei tempi assolutamente cult.
Personalmente, non avevo grosse aspettative rispetto a questo Il filo nascosto: questioni tecniche a parte, l'idea di portare sullo schermo la vicenda di un complicato e maniacale stilista e sarto nella Londra degli anni cinquanta non era esattamente quello che potevo sperare per alimentare l'hype della vigilia, in barba alle sei nominations agli Oscar ed al favore quasi unanime della critica oltreoceano.
E, devo ammetterlo, per una buona metà della visione ho sentito il tintinnare delle bottigliate scaldarmi le mani e la testa: al contrario dello scorso anno, infatti, quando alla lotta per la statuetta assegnata al miglior film si contendevano i pronostici della vigilia film come Arrival, La la land e Moonlight, questo duemiladiciotto riserva al pubblico prodotti che, per quanto realizzati impeccabilmente, non fanno altro che mostrare la mancanza di registi ed autori della necessità di raccontare davvero una storia, finendo per fare sfoggio di qualità e stile senza riuscire a coinvolgere il pubblico.
In questo senso, The phantom thread soffre per due terzi della sua durata degli stessi difetti di The Post, quasi Anderson avesse voluto rischiare atteggiandosi a Kubrick - le atmosfere mi hanno ricordato moltissimo Lolita, che pure non è uno tra i miei personali preferiti del Maestro - senza riuscire a bucare lo schermo - ma quando si parla di lui, è quasi ovvio - come il vecchio Stanley: fortunatamente, almeno per quanto mi riguarda, Il filo nascosto si rivela essere una di quelle pellicole da degustare con il tempo, che necessitano, con ogni probabilità, di ben più di una visione, e che ha il potere di rinsaldarsi minuto dopo minuto.
La storia di Alma e Woodcock - due personaggi detestabili e dal fascino incredibile -, con la sua evoluzione, regala infatti al film ed al suo regista un crescendo finale davvero notevole, che riscatta tutta la lentezza e la scarsa emotività della prima parte ed offre non solo un'interpretazione da una diversa prospettiva della canonica vicenda amorosa tipica dei film hollywoodiani, ma anche una visione dell'amore che, per quanto insana possa sembrare vista dall'esterno, ha il sapore della totalizzazione e della purezza che molte storie nella realtà possono solo sognare di avere.
Scrivendo in modo più pane e salame, occorre fare un plauso al rigore scenico portato sullo schermo da Anderson, ma anche ammettere che per un'ora abbondante, fino a quando non si comincia a capire dove voglia andare a parare, Il filo nascosto sia un film tremendamente freddo e noioso, poggiato sulle spalle di un Daniel Day Lewis bravissimo quanto lezioso - una specie di Meryl Streep versione maschile -, tanto da solleticare il dubbio che forse, se sforbiciato di qualche minuto o liberato in termini di passionalità molto prima, il lavoro del buon Paul Thomas avrebbe potuto ambire allo status di cult dei titoli che ho citato poco sopra invece di apparire come un tentativo dalle grandi potenzialità finito quasi soffocato dalle stesse, come fu per Il petroliere e, in misura minore, per The Master.
Certo, resta il fatto che si tratta di fare le pulci ad un film ineccepibile in grado di regalare una manciata di sequenze notevoli - la colazione nell'albergo che fa da teatro al primo incontro tra Woodcock e Alma, il delirio con la visione della madre, il finale -, e restare qui a scriverne di fatto quasi male mi fa sentire in un certo senso fuori posto, eppure il Cinema, a prescindere dai mezzi e dalla tecnica, è anche cuore ed emozione: e se devo pensare a quello che mi resterà dentro dei titoli in lizza per l'Oscar del Miglior Film duemiladiciotto, cuore ed emozione, purtroppo, paiono un filo nascosto.
Che, per un tamarro come me, non basta.
Non basta affatto.
Pur se cucito nella fodera di un vestito di prima scelta.

Dai tempi della visione e dalla stesura del post sono passate un paio di settimane, e proprio come quel filo nascosto che citavo in chiusura del post, questo film è uscito dopo essersi sedimentato in tutta la sua potenza. Non sarà per tutti, dunque, a tratti richiederà uno sforzo nello spettatore, ma nasconde un ricamo davvero da Maestri.



MrFord



 

14 commenti:

  1. PT Anderson fa un cinema magniloquente e classico, omaggiando la Hollywood dei tempi d'oro (quasi tutti i suoi film sono ambientati tra gli anni '50 e gli anni '70) impreziosendolo con uno stile personalissimo. A me ha preso fin dall'inizio, non fosse altro che per l'incredibile forza delle immagini. A livello stilistico è praticamente perfetto. Forse, insieme a "Tre manifesti a Ebbing", il più bel film di questa stagione (per ora ;) )

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    1. Il film è indubbiamente un'opera d'arte, ma essere perfetti non significa necessariamente colpire al cuore. Fortunatamente, almeno per quanto mi riguarda, è uscito alla distanza.

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  2. I film di Pitì non hanno quasi mai un ritmo da film d’azione, concordo con te, visto l’argomento di base, questo ai miei occhi non è tanto “sexy”, ma il film alla fine mi ha tirato dentro al suo gioco, la messa in scena è magnifica, dici bene alla Kubrick, non è tra i miei Pitì preferiti ma me lo sono gustato. Cheers

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    1. Non sarà mai neppure tra i miei suoi preferiti - un pò come Il petroliere - ma è senza dubbio un gran pezzo d'arte.

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  3. Vado a vederlo stasere, e ne temo la freddezza...

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  4. Oh, finalmente siamo del tutto in disaccordo. Il mio parere è del tutto opposto.
    A me è piaciuto per i primi 2/3. Poi la parte finale scade per me nella stronzata più totale. Se qualcosa del genere l'avesse scritta un Ozon sarebbe stata massacrato, e invece l'ha fatto Anderson e quindi tutti a esaltarlo.
    Peccato che, a ben vedere, per quanto diriga sempre benissimo, non scriva una sceneggiatura memorabile dai tempi di Magnolia.

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    1. Beh, per me Vizio di forma era una bomba, ma in quel caso ha fatto molto anche il romanzo.
      Detto questo, potrei ribattere dicendo che se La forma dell'acqua l'avesse girato Spielberg sarebbe stato massacrato, e invece l'ha fatto Del Toro e quindi tutti ad esaltarlo. ;)

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  5. ho avuto anch'io la tua stessa impressione, per quanto riguarda la prima ora...
    poi però al giro di boa devo dire che la storia mi ha preso e mi ha catturato, pur senza essere scoppiettante...
    pure io ero dubbioso quando erano uscite le notizie sulla trama: la storia di un sarto nella Londra degli anni cinquanta... boh??!!
    eppure alla fine il mio giudizio è stato pienamente positivo e il film mi ha sorpreso forse anche proprio perché partivo un po' prevenuto...

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    1. Anch'io partivo prevenuto, e ho fatto davvero fatica ad entrare nello spirito del film: ma quando i nodi cominciano a venire al pettine, tutto assume un'altra e più profonda dimensione.

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  6. Io con questo Anderson ho un rapporto difficile, troppo poco cuore per farmelo amare. Pure qui emozioni non ce ne sono, ma se la storia poco mi ha detto, il lato tecnico ha preso il sopravvento scaldandomi. E per una volta, mi basta.

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    1. Tecnicamente è pazzesco, verissimo.
      E ti capisco anche rispetto alla storia, che però, per quanto mi riguarda, è uscita alla distanza.

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