lunedì 4 giugno 2012

Silent souls

Regia: Aleksei Fedorchenko
Origine: Russia
Anno: 2010
Durata: 78'




La trama (con parole mie):  Miron, proprietario di una cartiera in una zona di confine della Russia attuale, discendente dall'antica cultura dei Merja, chiede al dipendente ed amico Aist di assisterlo nella sepoltura secondo le tradizioni dell'amata moglie Tanya, scomparsa soltanto il giorno prima.
I due, con il cadavere della donna preparato a dovere in macchina, iniziano così un viaggio che li porterà lungo uno dei fiumi che furono simbolo del passato Merja in modo da completare il rituale che possa liberare l'anima della sposa dello stesso Miron: i ricordi ed il futuro si mescoleranno ai paesaggi desolati e maestosi di un mondo al confine, lasciando scorrere riflessioni legate alla vita e alla morte, alla fisicità profonda e alla levità delle anime, rappresentata da due zigoli che Aist porta con loro perchè possano dare un senso ancora più sacro al loro pellegrinaggio.




Probabilmente, se avessi visto questo film qualche anno fa, nel pieno del mio periodo da "duro e puro" del Cinema, avrei gridato al miracolo, sponsorizzandolo come una delle cose più intense, interessanti e magiche della stagione.
Fortunatamente - soprattutto per me e la mia capacità di amare e godere della settima arte a trecentosessanta gradi - i tempi sono cambiati, ed ora mi ritrovo a ridimensionare spesso e volentieri opere come quella di Fedorchenko, regista di indubbio talento che dal primo all'ultimo minuto di questo Silent souls gioca con il fuoco delle bottigliate neanche gli fosse venuto in mente di sfidarmi in prima persona.
A salvarlo dal destino di molti suoi colleghi decisi a confezionare opere da cinefili di razza e pomeriggi d'essai è lo spirito che guida, dietro l'apparenza di sola ed esclusiva autorialità, questo lavoro: l'impressione che ho avuto, infatti, nel corso della visione, è stata la stessa che muove l'Uomo quando decide di iniziare un percorso, o di buttarsi in un viaggio che lo porti alla scoperta di culture e realtà anche diametralmente opposte alla sua, in modo da arricchire il bagaglio delle esperienze con qualcosa di nuovo, unico ed irripetibile.
Non sono ancora stato in Russia, e se non fosse per lo scalo a Singapore nel corso del viaggio verso l'Australia l'Oriente sarebbe ancora praticamente uno sconosciuto, per il sottoscritto: eppure l'impressione avuta nel seguire le vicende di Miron ed Aist è stata quella di approcciare per la prima volta quei luoghi silenziosi e terribili, freddi e malinconici, capaci di liberare la nostra natura più selvaggia così come i sentimenti più caldi possibili.
La sequenza del bagno di Tanya, in quella camera spoglia con il freddo ad incombere fuori dalla finestra, è senza dubbio potente almeno quanto quella della preparazione della pira funeraria e del ritorno al fiume della donna secondo le credenze dell'antica cultura Merja, che prevede la conquista dell'immortalità grazie all'acqua: pur senza la stessa dirompente forza emozionale, le immagini hanno rievocato ai miei occhi uno dei film che più hanno scavato in fondo al vecchio Ford in questi anni, Departures, l'ultima pellicola che ricordo sia riuscita a portarmi inesorabilmente alle lacrime.
Lo stile di Fedorchenko, più legato ai Maestri del Cinema giapponese, come a dare un'ulteriore dimostrazione a quanto appena scritto, che non a quello russo, si gioca tutto su lunghi piani sequenza dalla macchina da presa fissa, quasi come se il Teatro entrasse prepotentemente a fare parte di una sensibilità legata alla Natura, come se il palcoscenico fosse il mondo dimenticato e da non dimenticare dei Merja, legato a quella filosofia da esploratori che possa permettere allo spettatore di portare dentro di sè almeno una parte di un punto di vista lontano e non sempre di immediata comprensione.
Certo, un approccio di questo genere è in grado di rendere la visione ostica e a tratti decisamente troppo costruita anche per chi, come il sottoscritto, vorrebbe approcciare Silent souls nel migliore e meno bottigliatorio modo possibile, rendendo passaggi come quello del concerto per il compleanno di Miron o dell'incontro con il poliziotto decisamente artificiosi, eppure lo spirito a suo modo puro e la volontà di raccontare una storia, un luogo e le sue tradizioni del regista riescono nell'intento di portare a casa un risultato interessante, seppur ben lontano dalla meraviglia che, probabilmente, si era progettata inizialmente, o ancora alberga nei sogni dello stesso cineasta.
Fortunatamente anche di fronte alle parti meno convincenti resta un animo "di strada" dietro questo lavoro, lo stesso che guida il padre di Aist, artista disperato e sconnesso che lascia al fiume le parti più importanti della sua vita prima di morire di tristezza e raggiungere l'adorata moglie: un pò come Miron, un pò come chi si sente fuori posto, fuori tempo, oltre i confini.
Un pò come i Merja.
Scomparsi, ma incapaci di farsi dimenticare.
Come questo film.
Non perfetto, non un Capolavoro, non una geniale opera artistica.
Ma un viaggio che resta dentro, che non potremo più scrollarci di dosso.
Come succede con i grandi amori.


MrFord


"(Go West) Life is peaceful there
(Go West) In the open air
(Go West) Where the skies are blue
(Go West) This is what we're gonna do."
Pet Shop Boys - "Go West" -



6 commenti:

  1. solito film russo fordiano da cui girare al largo.
    molto al largo! :)

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    1. Secondo me, invece, potrebbe addirittura piacerti. Anche perchè se dovessi parlarne male non mi stuzzicheresti come al solito! ;)

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  2. Con la tua recensione mi hai confusa non poco :S
    Se mi capita lo guarderò per cercare di capire meglio! :DDD

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    1. Melinda, sicuramente si tratta di un ottimo prodotto.
      Che poi possa non piacere, è assolutamente vero.
      Fammi sapere, in caso.

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  3. Questi film che restano dentro anche quando non perfetti, secondo me sono i migliori, perché in fondo anche noi siamo così: ci portiamo dentro noi stessi per tutta la vita, anche se non siamo perfetti. E poi qualcuno che non ci scorda, anche se non sa perché non dovrebbe dimenticarci, c'è sempre.
    Lo vorrei vedere, quello russo è un cinema che circola poco, mi pare..

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    1. Elle, concordo in pieno con la tua analisi.
      Il Cinema russo, purtroppo, effettivamente circola molto meno di quello che meriterebbe.
      Se ti capita, comunque, recuperalo: non sarà Il ritorno, ma resta un buonissimo film.

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