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domenica 16 febbraio 2014

Il vangelo secondo Lebowski

Autore: Oliver Benjamin, Dwayne Eutsey
Origine: USA
Anno: 2013
Editore: Fazi Editore



La trama (con parole mie): come tutti gli avventori del Saloon - e non solo - ben sanno, nel corso degli anni quella meraviglia che è Il grande Lebowski è riuscita a costruire attorno alla sua esistenza un alone leggendario, quasi mistico. Per questa ragione un gruppo di simpatici amici dediti alla pratica del lebowskianesimo è arrivato a fondare una vera e propria "religione" assolutamente non religiosa che esalta le gesta del Drugo e ad esse si ispira per mantere un regime di droghe che possa garantire una mente aperta e per "prenderla come viene" di fronte ad un mondo sempre più ansioso e dominato da miliardari dispotici, nichilisti privi di morale e diversi sacchi di diserbante umani.
Il loro credo è riassunto in una guida simpatica e citazionista che introduce all'universo del Drugo.
Che, inutile dirlo, è un gran bell'universo.






A partire da nome del Saloon, chiunque passi da queste parti dovrebbe sapere quanto importante per il vecchio Ford è stato - ed è tuttora - Il grande Lebowski: la pellicola dei mitici fratelli Coen che, all'epoca della sua uscita, paradossalmente rappresentò uno dei loro più clamorosi insuccessi commerciali, divenuta con il passare del tempo un cult movie di fama planetaria.
Tutto questo senza contare la passione coltivata negli anni per il cocktail preferito del Drugo, il White Russian, uno dei miei "must drink" invernali che ormai padroneggio nella sua versione casalinga - con latte o panna, Borghetti al caffè o Kahlua indifferentemente - neanche fossi un barman navigato.
Perfino Mamma Ford è al corrente di queste due passioni nonostante - purtroppo per lei - non abbia mai visto il film che le ha originate e sia totalmente ed inesorabilmente astemia, dunque in occasione del passato natale, quasi come fosse una sorta di biglietto, la suddetta ha avuto la brillantissima idea di consegnarmi questo divertente saggio scritto da due dei fondatori della cosiddetta Dudeist Church, ispirata ovviamente alla figura e alle imprese del Drugo.
Cogliendo l'occasione al volo - e come potete vedere qui accanto - ho pensato bene di ordinarmi immediatamente Dudeist Priest, con tanto di attestato che riconosce la potenza del White Russian e del prenderla come viene da veri peccatori, giusto in tempo per buttarmi nella lettura.
In questo senso, va premesso che per un non fan della pellicola coeniana - cosa folle di per se, che soltanto il Cannibale può permettersi di continuare a perseguire - la lettura potrebbe risultare quantomeno oscura ed ostica, considerata la quantità enorme di citazioni sparate a ripetizione neanche ci si trovasse al bancone del Saloon con il sottoscritto pronto a recitare tutto il film in preda a qualche White Russian di troppo.
Per essere clamorosamente sinceri, l'impressione che si ha proseguendo nella lettura, complice anche una traduzione non impeccabile, è che il tutto risulti a tratti un pò ridondante anche per un lebowskiano accanito: i riferimenti alla pellicola, per quanto divertenti, finiscono per reiterarsi decisamente troppo.
A regalare elasticità alla mente - cocktails e joint a parte - fortunatamente giungono le riflessioni sui grandi Drughi del passato, la condizione della donna vista dall'interno e dall'esterno del cosiddetto "dudeism" e l'approccio quasi taoista del mitico personaggio interpretato da Jeff Bridges applicato alle dottrine ed ai movimenti politici e religiosi che hanno preso forma nel corso della Storia.
Nel complesso, un'esperienza perfetta per chiunque abbia amato e continui ad amare Il grande Lebowski - che da queste parti continua ad essere visionato ad ogni primo giorno d'estate come un rituale da godersi profondamente e "di pancia", come piacerebbe al Drugo, ma anche allo Straniero -, nonchè un modo per constatare quanto un "semplice" film troppo spesso catalogato come "da fattoni" sia diventato un fenomeno culturale e sociale non solo di massa, ma anche di resistenza ad un mondo decisamente troppo ansioso.
E un vaffanculo Drugo-style, in questi casi, ci sta sempre.
Per noi peccatori armati di tappeti che danno un tono all'ambiente e di White Russian.



MrFord



"The man in me will hide sometimes to keep from being seen
but that's just because he doesn't want to turn into some machine
take a woman like you 
to get through to the man in me."

Bob Dylan - "The man in me" - 





giovedì 21 giugno 2012

Il grande, grande, grande Lebowski

La trama (con parole mie): oggi è il primo giorno d'estate. Il che significa, molto semplicemente, che sugli schermi di casa Ford si festeggia - o si è festeggiato - con la visione di uno dei film del cuore dell'uomo dietro il bancone del saloon. Un film che non ha bisogno di presentazioni, come il suo impareggiabile protagonista.
Un film che ha cambiato - e continua a cambiare - la mia vita.
Ed ecco a voi il suo volto: Jeffrey Lebowski. 
O, più precisamente, il Drugo.
O Drughetto, Drugantibus, Drughino, se siete di quelli che mettono il diminutivo a tutti i costi.
Godetevelo, perchè fa bene sapere che lui è in giro, per noi peccatori.



Ed eccomi qui.
Di nuovo.
Due anni fa, quando il blog, appena nato, contava si e no quattro o cinque followers, festeggiai come di consueto l'estate con una recensione vera e propria di questo film impossibile da definire in altro modo se non clamoroso.
Dodici mesi or sono, invece, tocco alla trama, seguita da un post che era più una serie di citazioni.
Oggi è arrivato il voto che assegnerei se dovessi fare una recensione seria di quello che è e resta il vertice creativo dei Fratelli Coen, una vera lezione di filosofia urbana impreziosita da una galleria di personaggi come raramente se ne sono visti nel Cinema - americano e non solo -.
Ma in realtà questo pezzo potrebbe anche non esistere: basterebbero le immagini, un paio di citazioni, e sì, anche il fast food In&Out. La fine di tutti i nostri guai. Parola di Walter.



Se ripenso alla mia vita da spettatore, non ricordo di un film che, come questo, riesca a conquistarmi ad ogni visione, e che potrei vedere e rivedere almeno un paio di volte a settimana senza mai stancarmi, come una medicina contro qualsiasi bruttura della vita, una sorta di innocua, meravigliosa, malinconica sbronza che non lascerà mai strascichi, perchè - parola dello Straniero - si tratta di una storia pulita.
Ed è proprio l'enigmatico cowboy appoggiato al bancone del bar del bowling - l'unico al mondo, credo, in cui si serve un white russian - a sussurrare una delle mie citazioni preferite di tutti i tempi, quel "a volte sei tu che mangi l'orso, e a volte è l'orso che mangia te" che pare cucito addosso non solo al Drugo, ma alla stessa grande commedia che interpretiamo ogni giorno, fino a quando qualcuno o qualcosa ci ricorderà che siamo qui solo di passaggio.


Un film che è un simbolo, l'emblema di una partita persa in partenza, la resistenza degli outsiders, il pigro manifesto del campione mondiale dei pigri, dell'investigatore più improbabile mai comparso sullo schermo, di un compagno irresistibile e scombinato, di tutti quelli che viaggiano, fosse anche solo nella vasca da bagno, con uno spinello in bocca ed i suoni delle balene a cullare un qualche trip che si spera non vada male.
Ed il confronto tra il Lebowski miliardario ed il Lebowski pezzente ha tutte le caratteristiche di un'allucinata, naif, meravigliosa lotta di classe che noi alfieri del pane e salame sapremo sempre da che parte combattere.


Giusto se non vi fosse bastato, c'è anche un momento magico di cultura e di "pluralis maiestatis", sempre parlando della suddetta lotta.


E più ci penso, e più sequenze memorabili tornano alla memoria, da Jackie Treehorn allo sceriffo di Malibu, dagli Eagles al supercult Jesus, da Larry Sellers alla denuncia e ritrovamento della macchina.
Dal primo all'ultimo minuto, non esiste nulla che cambierei di questa coperta di Linus cinematografica cui non potrei rinunciare neanche se lo volessi con tutte le mie forze.
Non riesco neppure, ripensandoci, ad essere lucido abbastanza da apparire coerente, composto, guidato da un filo conduttore logico.
Fanculo a tutto. Qui si parla del Drugo.
E di white russians. Tanti.

E di vita. Che è un pò come quel vecchio detto sulla grande ruota che gira.
O era una palla da bowling?
Buona estate, ragazzi.
E non dimenticate mai che il Drugo è lì fuori, da qualche parte, in giro. Probabilmente ubriaco.
O troppo pigro per prepararsene un altro.
E per fortuna che c'è.



MrFord


"Doo, doo, doo, Looking out my back door.
There's a giant doing cartwheels,
a statue wearing high heels.
Look at all the happy creatures dancing on the lawn.
A dinosaur Victrola listening to Buck Owens.
Doo, doo, doo, Looking out my back door."
Creedence Clearwater Revival - "Looking out my back door" -



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