La trama (con parole mie): complice un'idea davvero interessante del buon Jean Jacques promossa come Day per bloggers in modo da togliere la ruggine che da mesi pare essersi depositata sulle iniziative di gruppo, si dedica la giornata di oggi ad una carrellata di pellicole negli anni rivalutate, dal sottoscritto, in positivo o in negativo, complici reiterate visioni, il Tempo e l'età, che spesso e volentieri ci fornisce punti di vista differenti rispetto a titoli apparsi la prima volta come delusioni o must assoluti.
AMORES PERROS di Alejandro Gonzales Inarritu
All'epoca dell'uscita - lo vidi in una sala semideserta in solitaria - rimasi stregato dal Pulp fiction messicano che lanciò nell'orbita che conta il doppio premio Oscar Inarritu, che per un breve periodo divenne il mio idolo incontrastato: alla lunga, per quanto ancora ami questo film, ho di molto rivalutato la valutazione complessiva, che deve tantissimo a Tarantino, per l'appunto, e a parte una tecnica pazzesca mostra tanta pancia ma poco controllo.
ROMEO+GIULIETTA di Baz Luhrmann
Ricordo che fui trascinato al Cinema dalla mia fidanzata - se si può definire così una storia di poche settimane a diciassette anni - insieme ad un altra coppia di amici a causa di Di Caprio e passai il secondo tempo a limonare duro e a mettere le mani sotto la maglietta della suddetta sbattendomene di Luhrmann e soci.
Con il tempo, ho rivalutato tantissimo - ed in positivo - lo straordinario lavoro di adattamento alla modernità operato da Luhrmann su uno dei drammi più noti del Bardo.
HEAT - LA SFIDA di Michael Mann
Se torno con la memoria alla prima visione di Heat - La sfida, quasi non ci credo io stesso.
Mi parve verboso, lungo, inconcludente, in completo contrasto con la fama che lo precedeva e le descrizioni di mio fratello: già alla seconda visione, cambiai completamente punto di vista.
Insieme a Vivere e morire a Los Angeles e Point break, infatti, può essere considerato l'action d'autore definitivo made in USA.
ARANCIA MECCANICA di Stanley Kubrick
Altra storia curiosa: vidi per la prima volta Arancia meccanica in sala con mia madre, nel duemilauno, quando fu presentato nella versione rimasterizzata per i trent'anni dall'uscita: ricordo che, per quanto strabiliato, trovai il tutto dannatamente datato, e pensai che, forse, almeno in parte la sua fama poteva essere considerata eccessiva.
Non molto tempo dopo, rivedendolo in VHS, rimasi a bocca aperta di fronte ad una scena in particolare che mi aprì gli occhi non solo a proposito di questo Capolavoro, ma anche dell'opera tutta del genio assoluto Kubrick.
FERRO 3 di Kim Ki-Duk
Nuovo titolo, nuova fidanzata - questa volta una storia davvero seria -, qualche anno dopo Luhrmann: stavo ancora scoprendo Kim Ki-Duk, ed ero abituato alla ruvida, violenta bellezza dei suoi primi lavori, e finii per essere spiazzato dall'eterea spiritualità di Ferro 3.
Ci vollero almeno un altro paio di visioni prima di apprezzare completamente quello che, forse, è uno dei titoli più significativi della carriera del cineasta coreano.
CRANK di Neveldine e Taylor
Nel mio periodo di allontanamento dall'action e dalle tamarrate, preso completamente dal solo Cinema d'autore, Crank mi parve una vera schifezza, un insulto alla settima arte tutta.
Fortunatamente, quel periodo è finito ed il sottoscritto è arrivato al disintossicarsi dalle stronzate da radical finendo per godersi al meglio chicche come questa, e come il suo seguito.
Il discorso varrebbe anche per i miei titoli favoriti del genere action, e perfino per la saga di Rocky, ma ho pensato di sfruttare uno dei film che di norma meno cito e che, ad oggi, mi esalta davvero alla grande.
DISTRICT 9 di Neil Blomkamp
Quando approcciai per la prima volta il lavoro dell'enfant prodige ormai imploso Neil Blomkamp, avevo in testa ancora le parole entusiastiche di mio fratello, ma a parte lo schierarmi con i Gamberoni, non trassi troppo godimento dalla visione: occorsero un paio di altri passaggi per seguire le orme del percorso già fatto anni prima con il succitato Heat - La sfida, e finire per considerare District 9 uno dei grandi classici di fantascienza contemporanei.
Peccato davvero che, con i film successivi, il buon Neil non sia più stato in grado di raggiungere gli stessi livelli.
THE DEPARTED di Martin Scorsese
Scorsese è un Maestro, e su questo non ci sono dubbi. Complici il cast all star ed una storia tra il noir ed il poliziesco che avevo già apprezzato nella sua versione made in Hong Kong, uscii dalla sala soddisfatto e pronto ad applaudire alla grandiosa messa in scena orchestrata dal vecchio Marty: ad oggi trovo The Departed una delle pellicole più convenzionali di Scorsese, paradossalmente quella che è riuscita a regalare allo stesso il tanto agognato Oscar - un pò com'è accaduto quest'anno per Di Caprio con The Revenant -.
Niente di davvero grave, ma si sa che da un grande ci si aspettano sempre cose grandi.
KUNG FU PANDA di John Stevenson e Mark Osborne
La prima volta che il mio cammino incrociò quello di Po fu con Julez, nei primi mesi della nostra convivenza, quando non avevamo orari, vivevamo in centro a Milano ed avevamo un Cinema praticamente sotto casa.
Tanto mi divertì il film, quanto detestai il finale, in contrasto con la filosofia di accettazione del diverso e di tolleranza espressa fino a dieci minuti dall'epilogo.
La passione del Fordino per il personaggio del paffuto panda passato dall'essere un fan nerd dei Cinque Cicloni a Guerriero dragone esperto di kung fu e le decine di visioni dello stesso hanno finito per smussare gli angoli e trasformare questo film in un vero e proprio cult del Saloon.
SALVATE IL SOLDATO RYAN di Steven Spielberg
Questo film ha una storia curiosa, rispetto al sottoscritto: lo vidi in videocassetta pirata ai tempi dell'uscita in sala, e rimasi emozionato oltre misura dalle storie dei singoli soldati raccontati da Spielberg, in un periodo - quello dell'adolescenza - in cui l'ideale romantico della tragica morte eroica da giovane mi rapiva, e non poco.
Lo rividi nel pieno del mio periodo da radical appassionato di proposte d'autore e, a parte la tecnica indubbia mostrata nella sequenza dello sbarco, trovai il tutto infarcito di una retorica a stelle e strisce eccessiva.
Quando, recuperato in bluray, affrontai una nuova visione per raccontarlo anche qui al Saloon, riscoprii una sorta di via di mezzo tra le due posizioni: epoche diverse per vite che sembrano diverse.
MrFord
Partecipano all'iniziativa con coraggio anche:
http://nonceparagonecinema.blogspot.com/2016/05/film-che-ho-rivalutato-donnie-darko.html
http://directorcult.blogspot.com/2016/05/i-film-che-ho-rivalutato.html
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venerdì 20 maggio 2016
Film rivalutati
Maker's mark:
Alejandro Gonzales Inarritu,
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Mark Neveldine,
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Neil Blomkamp,
Stanley Kubrick,
Steven Spielberg
venerdì 19 febbraio 2016
Il piccolo principe
Regia: Mark Osborne
Origine: Francia
Anno: 2015
Durata: 108'
Origine: Francia
Anno: 2015
Durata: 108'
La trama (con parole mie): una ragazzina appena trasferitasi in una nuova casa con la madre pronta a progettare l'intera vita della piccola a partire dall'ingresso in un prestigioso istituto scolastico, scopre di avere come vicino di casa un vecchio e strambo aviatore, pronto a raccontare favole, immaginare mondi lontani, raccontare di viaggi e far decollare aeroplani in giardino.
Dopo un turbolento primo incontro e nonostante le resistenze della genitrice e dell'ordine costituito, la ragazzina comincia ad essere affascinata dal modo di pensare del vicino, lontano dagli schematismi e dalle regole del mondo in cui lei è cresciuta e pronto a raccontarle la storia del Piccolo Principe, che lasciò il suo asteroide e la rosa che amava per scoprire l'universo e se stesso, fino a conoscere proprio l'aviatore che ne racconta le gesta.
Cosa accadrà, dunque, quando l'esempio dell'aviatore influenzerà il modo di porsi della ragazza rispetto alla società e alla crescita?
Dopo un turbolento primo incontro e nonostante le resistenze della genitrice e dell'ordine costituito, la ragazzina comincia ad essere affascinata dal modo di pensare del vicino, lontano dagli schematismi e dalle regole del mondo in cui lei è cresciuta e pronto a raccontarle la storia del Piccolo Principe, che lasciò il suo asteroide e la rosa che amava per scoprire l'universo e se stesso, fino a conoscere proprio l'aviatore che ne racconta le gesta.
Cosa accadrà, dunque, quando l'esempio dell'aviatore influenzerà il modo di porsi della ragazza rispetto alla società e alla crescita?
A volte, soprattutto ora che sono genitore, finisco per invidiare - e non poco - l'approccio assolutamente unico e privo di condizionamenti e preconcetti dei bambini, lontani non solo dal modo di pensare, ma anche di agire, di noi adulti: allo stesso modo, la consapevolezza che si acquisisce giorno dopo giorno ed esperienza dopo esperienza riesce, dall'altra parte, a permetterci di proteggere, di fatto, noi stessi e chi amiamo, senza trovarci privi di difese rispetto ad un mondo che non sempre è pronto a regalarci solo sorprese positive.
La chiave della felicità, in questo senso, potrebbe davvero risiedere nella capacità di mantenere una certa ingenua curiosità e voglia di buttarsi a capofitto nelle cose sbattendosene di regole ed imposizioni nonostante la vera o presunta saggezza della maturità: probabilmente, nella Storia della Letteratura non esiste un'opera in grado di tradurre questo concetto meglio de Il piccolo principe, che io lessi - rimanendone conquistato - già adulto quando me lo regalò quella che considero la prima, vera fidanzata importante del sottoscritto oltre le cottarelle tipiche dell'adolescenza pronte a risolversi entro un paio di mesi dalla loro esplosione.
L'approccio di Saint Exupery alla vicenda del Piccolo principe e la storia personale dell'autore - che non solo fu aviatore, ma scomparve in volo quasi avesse deciso di partire per un mondo lontano e sconosciuto - poteva rappresentare un rischio - e neppure da poco - per un lavoro cinematografico, anche perchè, di fatto, quel piccolo libretto dice già tutto quello che si potrebbe dire sull'argomento, nel modo più semplice possibile: Mark Osborne, già regista del primo Kung Fu Panda - dunque, eroe imperituro qui al Saloon se non altro per la gioia del Fordino -, con un budget notevole, un comparto tecnico ottimo ed uno spirito che omaggia e rispecchia quello dell'autore dell'opera originale, riesce nell'impresa di regalare al pubblico grande e piccolo una parentesi commovente e piacevole mescolando cose come Up! - pur non raggiungendone i livelli - allo spirito da "cogli l'attimo" de L'attimo fuggente, sfruttando la storia del Piccolo principe rimodellandola in modo da poterne fornire un'interpretazione ad un tempo rispettosa e moderna, in grado di stuzzicare corde importanti per il pubblico adulto - il ruolo della madre della protagonista, l'anziano aviatore o il Piccolo principe "invecchiato" neanche fosse il Peter Banning di Hook - e quello giovane - la ragazzina, la volpe, lo stesso aviatore -.
La resa estetica è notevole, ottimi i passaggi dalle pagine della favola del Piccolo principe ed il "mondo reale" della protagonista, il ritmo scorrevole, il contrasto tra i colori della fantasia ed il grigiore della realtà efficace nel rendere lo spirito del charachter e del suo autore: ma è, come per il romanzo, l'emotività a fare la parte del leone nel corso della visione, l'elogio del naif tipico dell'infanzia ma anche dell'addomesticarsi che è figlio della crescita ed inevitabilmente doloroso, perchè nonostante l'istinto di sopravvivenza, fondamentalmente, conduce ognuno di noi ad abbassare le proprie difese.
Del resto, come da bambini, è bello ogni tanto sbucciarsi le ginocchia, se è per una causa più grande come un'avventura indimenticabile, un mondo nuovo da esplorare o un amico da scoprire e conoscere.
E di certo, per quanto strano possa suonare, finisce per proteggerci più di quanto non faccia un programma definito nel minimo dettaglio.
La chiave della felicità, in questo senso, potrebbe davvero risiedere nella capacità di mantenere una certa ingenua curiosità e voglia di buttarsi a capofitto nelle cose sbattendosene di regole ed imposizioni nonostante la vera o presunta saggezza della maturità: probabilmente, nella Storia della Letteratura non esiste un'opera in grado di tradurre questo concetto meglio de Il piccolo principe, che io lessi - rimanendone conquistato - già adulto quando me lo regalò quella che considero la prima, vera fidanzata importante del sottoscritto oltre le cottarelle tipiche dell'adolescenza pronte a risolversi entro un paio di mesi dalla loro esplosione.
L'approccio di Saint Exupery alla vicenda del Piccolo principe e la storia personale dell'autore - che non solo fu aviatore, ma scomparve in volo quasi avesse deciso di partire per un mondo lontano e sconosciuto - poteva rappresentare un rischio - e neppure da poco - per un lavoro cinematografico, anche perchè, di fatto, quel piccolo libretto dice già tutto quello che si potrebbe dire sull'argomento, nel modo più semplice possibile: Mark Osborne, già regista del primo Kung Fu Panda - dunque, eroe imperituro qui al Saloon se non altro per la gioia del Fordino -, con un budget notevole, un comparto tecnico ottimo ed uno spirito che omaggia e rispecchia quello dell'autore dell'opera originale, riesce nell'impresa di regalare al pubblico grande e piccolo una parentesi commovente e piacevole mescolando cose come Up! - pur non raggiungendone i livelli - allo spirito da "cogli l'attimo" de L'attimo fuggente, sfruttando la storia del Piccolo principe rimodellandola in modo da poterne fornire un'interpretazione ad un tempo rispettosa e moderna, in grado di stuzzicare corde importanti per il pubblico adulto - il ruolo della madre della protagonista, l'anziano aviatore o il Piccolo principe "invecchiato" neanche fosse il Peter Banning di Hook - e quello giovane - la ragazzina, la volpe, lo stesso aviatore -.
La resa estetica è notevole, ottimi i passaggi dalle pagine della favola del Piccolo principe ed il "mondo reale" della protagonista, il ritmo scorrevole, il contrasto tra i colori della fantasia ed il grigiore della realtà efficace nel rendere lo spirito del charachter e del suo autore: ma è, come per il romanzo, l'emotività a fare la parte del leone nel corso della visione, l'elogio del naif tipico dell'infanzia ma anche dell'addomesticarsi che è figlio della crescita ed inevitabilmente doloroso, perchè nonostante l'istinto di sopravvivenza, fondamentalmente, conduce ognuno di noi ad abbassare le proprie difese.
Del resto, come da bambini, è bello ogni tanto sbucciarsi le ginocchia, se è per una causa più grande come un'avventura indimenticabile, un mondo nuovo da esplorare o un amico da scoprire e conoscere.
E di certo, per quanto strano possa suonare, finisce per proteggerci più di quanto non faccia un programma definito nel minimo dettaglio.
MrFord
"Well when I see my parents fight
I don't wanna grow up
they all go out and drinking all night
and I don't wanna grow up
I'd rather stay here in my room
nothin' out there but sad and gloom
I don't wanna live in a big old tomb
on Grand Street."
I don't wanna grow up
they all go out and drinking all night
and I don't wanna grow up
I'd rather stay here in my room
nothin' out there but sad and gloom
I don't wanna live in a big old tomb
on Grand Street."
Tom Waits - "I don't wanna grow up" -
Maker's mark:
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genitori e figli,
Il piccolo principe,
infanzia,
Mark Osborne,
romanzi cult,
stop motion
domenica 9 agosto 2015
Spongebob - Il film
Regia: Stephen Hillenburg, Mark Osborne
Origine: USA
Origine: USA
Anno: 2004
Durata: 87'
La trama (con parole mie): nel cuore dell'oceano, a Bikini Bottom, Mr. Krabs, uomo d'affari responsabile del successo dei Krubby Patty, è in procinto di aprire un secondo fast food interamente dedicato ai suoi irresistibili panini proprio accanto all'originale, suscitando le invidie di Plankton, pronto a ricorrere ad un famigerato "Piano Z" per distruggere il suo rivale in affari.
Spongebob, giovane spugna, invece, sogna di diventare il manager del nuovo locale aperto da Krabs: quando la delusione per non essere stato scelto lo farà rifugiare nel gelato e la tristezza parrà una condizione senza più ritorno, proprio la lotta tra il suo capo e Plankton tornerà ad alimentare le speranze di riscatto e successo del giallo abitante delle profondità dell'oceano.
Spongebob ed il suo migliore amico Patrick la stella marina, infatti, si offriranno di partire per una missione apparentemente impossibile in modo da scagionare Krabs agli occhi del Re Nettuno, in modo da non essere più considerati ragazzini e trovare il loro posto nella società di Bikini Botton.
Riusciranno a compiere l'impresa?
Alle spalle l'esperienza illuminante del recente Fuori dall'acqua e recuperato quello che dagli appassionati viene considerato il supercult totale dedicato al personaggio, posso affermare di essermi completamente ricreduto: Spongebob è inequivocabilmente, inesorabilmente, incondizionatamente un idolo del Saloon e del sottoscritto.
Un charachter assurdo che avevo sempre giudicato inutile è riuscito, con due pellicole tanto semplici quanto geniali, a cambiare radicalmente il punto di vista storico del sottoscritto rispetto a questa spugna dai molteplici talenti, orchestrata in pieno equilibrio tra metacinema e grottesco in stile Monty Python dai suoi creatori: fin dall'apertura dedicata ai pirati in cerca del biglietto per la proiezione del film l'impressione è quella di avere tra le mani una scheggia impazzita della settima arte - e non solo dell'animazione -, il cui unico limite, forse, è quello di essere talmente oltre da rischiare di spiazzare completamente i non avvezzi e tutti i poco propensi a mantenere la mente elastica neanche ci si trovasse nel pieno di un trip allucinogeno.
In un certo senso, e con il senno di poi, ho trovato questo Spongebob - Il film un equivalente scombinato ed animato del recente e decisamente autoriale Vizio di forma: un'esperienza visiva e sensoriale - nel mio caso, è stato un continuo sghignazzare - neanche si fosse fatta indigestione di Space Cake o funghetti ad Amsterdam, resa ancora più grandiosa da uno dei momenti trash più incredibili dai tempi del primo Sharknado, concretizzatosi con l'apparizione di David Hasselhoff, uno tra i volti più importanti - ed improbabili - del piccolo schermo tra gli anni ottanta e novanta, da Supercar a Baywatch.
Per il resto, la brigata Spongebob - che verrà ulteriormente approfondita nel già citato Fuori dall'acqua - regala momenti di assoluto nonsense e divertimento, e l'intera opera si rivela un intelligente road trip che mescola reminiscenze di Guerre stellari ai Classici Disney, passando per un gusto assolutamente sopra le righe in grado, più che di mostrare un'attitudine finto radical o una critica al sistema gratuita, sprazzi di assoluto talento e grande occhio nell'analizzare Bikini Bottom come se fosse una parte del mondo, e di noi stessi.
In realtà il segreto di un prodotto come questo è quello di viverlo senza ritegno e fino in fondo, accettando qualsiasi sua intemperanza, dagli scambi di battute in stile Apatow di Spongebob e Patrick ai momenti in stile musical - stupefacente la canzone sulla crescita dei baffi, e memorabile la sequenza sulle note di I want to rock nel finale -, passando per una rappresentazione solo ad una prima vista - molto superficiale - nonsense ed assurda, perchè Spongebob - Il film è una chicca degna di essere considerata cult movie, una sfida lanciata non solo all'animazione, ma al Cinema in generale.
In fondo, ci vuole coraggio da vendere di autori e registi, per lanciare sul mercato e consegnare al pubblico un protagonista assolutamente fuori dagli schemi - esteticamente e per approccio - contornato da ambientazioni e comprimari che lo sono altrettanto: e Spongebob, con o senza baffi, è quanto di più irriverente, assurdo e solo apparentemente improvvisato e trash possa capitare in questo senso.
Dai botta e risposta con Patrick al confronto con il mondo dei "grandi" nel corso del loro viaggio, tutto funziona, anche quando il risultato, ad un'occhiata superficiale, parrebbe gridare ferocemente al contrario: la verità è che il film dedicato a Spongebob è una fucina di idee, trovate irriverenti, personaggi destinati a diventare un must assoluto per gli amanti del genere.
Da un certo punto di vista potrebbe suonare strano e riduttivo il fatto che non tutti possono gradire un prodotto anarchico come questo, ma trovo che, in fondo, sia irrilevante: Spongebob è un salto nel vuoto, un atto di fede, neanche si trattasse di cose enormi come Lost o Twin Peaks.
Credete nella spugna, e lei crederà sempre in voi.
E sempre per voi sarà disposta a viaggiare ben oltre i confini del mondo da lei conosciuto affinchè possiate invecchiare senza il dispiacere di perdervi i fantomatici Krabby Patty.
MrFord
"TURN IT DOWN YOU SAY,
WELL ALL I GOT TO SAY TO YOU IS TIME AND TIME AGAIN I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
TELL ME NOT TO PLAY
WELL, ALL I GOT TO SAY TO YOU WHEN YOU TELL ME NOT TO PLAY,
I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
SO, IF YOU ASK ME WHY I LIKE THE WAY I PLAY IT
THERE'S ONLY ONE THING I CAN SAY TO YOU."
WELL ALL I GOT TO SAY TO YOU IS TIME AND TIME AGAIN I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
TELL ME NOT TO PLAY
WELL, ALL I GOT TO SAY TO YOU WHEN YOU TELL ME NOT TO PLAY,
I SAY, "NO!"
NO! NO, NO, NO, NO, NO!
SO, IF YOU ASK ME WHY I LIKE THE WAY I PLAY IT
THERE'S ONLY ONE THING I CAN SAY TO YOU."
Twisted Sister - "I wanna rock" -
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Stephen Hillenburg
sabato 17 gennaio 2015
Kung Fu Panda
Regia: Mark Osborne, John Stevenson
Origine: USA
Anno: 2008
Durata: 92'
Durata: 92'
La trama (con parole mie): nella Valle della Pace, nel cuore dell'antica Cina, il panda Po, figlio adottivo di un'oca che gestisce un ristorante specializzato in spaghetti, sogna da sempre i Cinque Cicloni, grandi esperti di arti marziali, ed il Kung Fu, sua segreta passione.
Quando la minaccia della fuga dalla prigione del ribelle Tai Lung porta i due sommi maestri Shifu e Oogway a scegliere il Guerriero Dragone, salvatore della Valle e della Cina intera, Po si prodiga in tutti i modi per assistere alla cerimonia: peccato che, oltre a combinare un guaio dietro l'altro, l'impacciato e corpulento panda finisca per essere scelto da Oogway in persona proprio come Guerriero Dragone.
Osteggiato da Shifu e dai Cinque Cicloni, Po dovrà scoprire in quale modo fare proprio il Kung Fu ed il segreto della pergamena che lo renderà il combattente più forte della disciplina, oltre a trovare il modo di sconfiggere Tai Lung, animato come non mai da propositi di vendetta.
Quando la minaccia della fuga dalla prigione del ribelle Tai Lung porta i due sommi maestri Shifu e Oogway a scegliere il Guerriero Dragone, salvatore della Valle e della Cina intera, Po si prodiga in tutti i modi per assistere alla cerimonia: peccato che, oltre a combinare un guaio dietro l'altro, l'impacciato e corpulento panda finisca per essere scelto da Oogway in persona proprio come Guerriero Dragone.
Osteggiato da Shifu e dai Cinque Cicloni, Po dovrà scoprire in quale modo fare proprio il Kung Fu ed il segreto della pergamena che lo renderà il combattente più forte della disciplina, oltre a trovare il modo di sconfiggere Tai Lung, animato come non mai da propositi di vendetta.
Prima di cominciare, volevo dedicare questo post ad Alessandro Leone, che due anni fa, alle ventitre e diciassette del diciassette gennaio, cambiava la vita di tutto il Saloon.
Come ho già detto, e come dice il buon, vecchio Rocky Balboa, "averti avuto è stato come nascere un'altra volta".
Grazie, soldo di cacio.
Ricordo bene il periodo in cui uscì in sala Kung Fu Panda.
Era il pieno del duemilaotto, ed io e Julez, freschissimi di convivenza in un appartamento scombinato ma magico in pieno centro a Milano attraversavamo, forse, il momento migliore delle nostre vite sotto molti punti di vista: certo, se ora ci penso, ho l'impressione che non possa essere comparato neppure per sbaglio con l'arrivo del Fordino, e che sotto molti aspetti sia io che lei siamo molto più fighi ora di quanto non lo fossimo ai tempi, quando, di fatto, credevamo già di esserlo.
Ma questa è soltanto la cornice: ricordo che sfruttammo una delle allora numerose uscite serali per goderci questo film in sala a pochi passi da casa, in Piazza Cinque Giornate, e che, tutto sommato, ci divertimmo non poco a seguire il racconto zen di Po, corpulento ed impacciato panda ritrovatosi quasi per caso - che poi, per dirla come il Maestro Oogway, non esiste - nel ruolo di Guerriero Dragone a difendere la Valle in cui è cresciuto riscoprendosi, di fatto, talento assoluto nel Kung Fu, per quanto la via percorsa fosse a suo modo unica.
Almeno fino all'epilogo: la scelta, infatti, degli autori, di puntare sull'eliminazione definitiva del cattivo della pellicola, il ribelle Tai Lung - charachter, tra l'altro, molto profondo e sfaccettato, decisamente superiore a quelli, tagliati con l'accetta, dei Cinque Cicloni -, scatenò una furia di bottigliate sia in me che nella signora Ford, sconcertati da una svolta che, di fatto, contraddiceva quello che era lo spirito dell'intera pellicola.
Anni dopo, con aspettative bassissime dovute proprio a quello scellerato finale, approcciammo il secondo capitolo rimanendo, al contrario, colpiti in positivo dal cambio di regia e registro.
Ma questa è un'altra storia, che comunque non esclude la domanda che probabilmente qualcuno di voi si sarà fatto: se questo film fu una sorta di delusione, perchè dunque tornare a recensirlo a distanza di così tanto tempo?
Dovessi rispondere a livello di marketing, potrei scrivere che tutto è parte di una complessa operazione di sfruttamento dell'uscita del terzo capitolo delle avventure di Po - prevista per la seconda parte di questo duemilaquindici -, ma penso che neppure io ci crederei, se lo leggessi.
La realtà è che Po è uno dei personaggi preferiti del Fordino, che negli ultimi mesi, cominciando a crescere, ha finito per scoprire, oltre alla collezione di dvd e bluray del suo vecchio, il piacere dei cartoni animati, finendo per propinarci a rotazione proprio i due Kung Fu Panda, i tre Madagascar e Monsters and Co e University: dunque, avendo modo di rivedere per quel centinaio di volte questo film, è giunta inevitabile la voglia, se non altro per rivivere anche così il rapporto con mio figlio, di dedicare un post al lavoro di Osborne e Stevenson, doppiato non proprio degnamente dal pur simpatico - almeno per il sottoscritto - Fabio Volo - e non solo: i cartoni animati della serie trasmessi in tv sono curati sotto questo punto di vista decisamente meglio, Shifu in primis - ed in grado ancora oggi di fare la sua degnissima figura dal punto di vista dell'animazione e dell'ironia -.
Certo, il finale e lo scontro tra Po e Tai Lung ancora finiscono per starmi profondamente sul cazzo - ci sarebbe stata alla perfezione una chiusura in stile Karate Kid II, per intenderci -, eppure ho finito per rivalutare una pellicola che senza dubbio si pone tra le migliori della scuderia Dreamworks, complice un main charachter irresistibile, dalla sequenza splendida del pesco al progressivo approfondimento del rapporto con il suo Maestro, da principio conflittuale e dunque quasi simbiotico.
Certo, forse il mio rinnovato legame con questo film è in qualche modo viziato dall'entusiasmo che manifesta il Fordino ogni volta in cui finiamo per dargli il permesso di vederlo, dalle mosse che fa per imitare Po, come identifichi ogni panda, dai libri ai giocattoli, con lui, o la paura ed il rifugio che cerca tra le nostre braccia nel momento dell'evasione dalla prigione di Tai Lung.
Ma poco importa.
Come Oogway ricorda a Po, "Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono: per questo si chiama presente".
E non potrei essere più d'accordo con lui.
Era il pieno del duemilaotto, ed io e Julez, freschissimi di convivenza in un appartamento scombinato ma magico in pieno centro a Milano attraversavamo, forse, il momento migliore delle nostre vite sotto molti punti di vista: certo, se ora ci penso, ho l'impressione che non possa essere comparato neppure per sbaglio con l'arrivo del Fordino, e che sotto molti aspetti sia io che lei siamo molto più fighi ora di quanto non lo fossimo ai tempi, quando, di fatto, credevamo già di esserlo.
Ma questa è soltanto la cornice: ricordo che sfruttammo una delle allora numerose uscite serali per goderci questo film in sala a pochi passi da casa, in Piazza Cinque Giornate, e che, tutto sommato, ci divertimmo non poco a seguire il racconto zen di Po, corpulento ed impacciato panda ritrovatosi quasi per caso - che poi, per dirla come il Maestro Oogway, non esiste - nel ruolo di Guerriero Dragone a difendere la Valle in cui è cresciuto riscoprendosi, di fatto, talento assoluto nel Kung Fu, per quanto la via percorsa fosse a suo modo unica.
Almeno fino all'epilogo: la scelta, infatti, degli autori, di puntare sull'eliminazione definitiva del cattivo della pellicola, il ribelle Tai Lung - charachter, tra l'altro, molto profondo e sfaccettato, decisamente superiore a quelli, tagliati con l'accetta, dei Cinque Cicloni -, scatenò una furia di bottigliate sia in me che nella signora Ford, sconcertati da una svolta che, di fatto, contraddiceva quello che era lo spirito dell'intera pellicola.
Anni dopo, con aspettative bassissime dovute proprio a quello scellerato finale, approcciammo il secondo capitolo rimanendo, al contrario, colpiti in positivo dal cambio di regia e registro.
Ma questa è un'altra storia, che comunque non esclude la domanda che probabilmente qualcuno di voi si sarà fatto: se questo film fu una sorta di delusione, perchè dunque tornare a recensirlo a distanza di così tanto tempo?
Dovessi rispondere a livello di marketing, potrei scrivere che tutto è parte di una complessa operazione di sfruttamento dell'uscita del terzo capitolo delle avventure di Po - prevista per la seconda parte di questo duemilaquindici -, ma penso che neppure io ci crederei, se lo leggessi.
La realtà è che Po è uno dei personaggi preferiti del Fordino, che negli ultimi mesi, cominciando a crescere, ha finito per scoprire, oltre alla collezione di dvd e bluray del suo vecchio, il piacere dei cartoni animati, finendo per propinarci a rotazione proprio i due Kung Fu Panda, i tre Madagascar e Monsters and Co e University: dunque, avendo modo di rivedere per quel centinaio di volte questo film, è giunta inevitabile la voglia, se non altro per rivivere anche così il rapporto con mio figlio, di dedicare un post al lavoro di Osborne e Stevenson, doppiato non proprio degnamente dal pur simpatico - almeno per il sottoscritto - Fabio Volo - e non solo: i cartoni animati della serie trasmessi in tv sono curati sotto questo punto di vista decisamente meglio, Shifu in primis - ed in grado ancora oggi di fare la sua degnissima figura dal punto di vista dell'animazione e dell'ironia -.
Certo, il finale e lo scontro tra Po e Tai Lung ancora finiscono per starmi profondamente sul cazzo - ci sarebbe stata alla perfezione una chiusura in stile Karate Kid II, per intenderci -, eppure ho finito per rivalutare una pellicola che senza dubbio si pone tra le migliori della scuderia Dreamworks, complice un main charachter irresistibile, dalla sequenza splendida del pesco al progressivo approfondimento del rapporto con il suo Maestro, da principio conflittuale e dunque quasi simbiotico.
Certo, forse il mio rinnovato legame con questo film è in qualche modo viziato dall'entusiasmo che manifesta il Fordino ogni volta in cui finiamo per dargli il permesso di vederlo, dalle mosse che fa per imitare Po, come identifichi ogni panda, dai libri ai giocattoli, con lui, o la paura ed il rifugio che cerca tra le nostre braccia nel momento dell'evasione dalla prigione di Tai Lung.
Ma poco importa.
Come Oogway ricorda a Po, "Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono: per questo si chiama presente".
E non potrei essere più d'accordo con lui.
MrFord
"Everybody was Kung Fu Fighting
those kicks were fast as lightning
in fact, it was a little bit frightening
but they fought with expert timing."
those kicks were fast as lightning
in fact, it was a little bit frightening
but they fought with expert timing."
Carl Douglas - "Kung Fu fighting" -
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