mercoledì 12 ottobre 2016

Eye in the sky - Il diritto di uccidere (Gavin Hood, UK/Sud Africa, 2015, 102')



Ricordo bene quando, nel periodo di vacanza al mare, accanto all'intrepida suocera Ford, in una serata in terrazza con il vento che arrivava dalla spiaggia e si pensava che l'estate non potesse finire mai, ci buttammo nella visione di Good Kill, prodotto dallo stesso Andrew Niccol di Lord of war - piccolo cult da queste parti - ed incentrato sulle ombre della guerra filtrata attraverso l'utilizzo dei droni.
Un prodotto non male, centrato per alcune cose, poco a fuoco per altre, che ben si inseriva in un ideale percorso tracciato da prodotti di ben altra caratura come The Hurt Locker, American Sniper o Zero Dark Thirty.
Questo Eye in the sky, uscito piuttosto in sordina dalle nostre parti e snobbato discretamente dal sottoscritto principalmente a causa del suo regista, quel Gavin Hood che non ho mai amato nei suoi tentativi più autoriali - Il suo nome è Tsotsi - così come in quelli prettamente mainstream - Wolverine: Origins -: caldeggiato, però, da un paio di colleghi fidati e recuperato in lingua originale, in un pomeriggio di relax in solitaria - evento raro in casa Ford, e propiziato alle prime esperienze sportive del Fordino -, si è rivelato una vera e propria sorpresa.
Costruito sulle regole del thriller classico più che su quelle del film bellico ed incentrato sul gioco delle parti tra USA, Gran Bretagna e servizi segreti africani rispetto alla cattura - prima - ed all'eliminazione - poi - di alcuni tra i sospettati più pericolosi ricercati dai due colossi occidentali, radunatisi in una comune abitazione per addestrare due potenziali attentatori suicidi, dalle questioni legali alle responsabilità effettive di chi si ritrova, a migliaia di chilometri di distanza, a premere il pulsante che darà la morte ad un numero imprecisato di persone, colpevoli oppure no, Eye in the sky centra il bersaglio, e lo fa alla grande.
Supportato da un cast di prim'ordine - sempre ottima Helen Mirren, bravissimo Alan Rickman, che morì nel corso della post produzione di questo film, alla cui memoria è dedicato - e scandito da un ritmo ad orologeria che tiene inchiodati dall'inizio alla fine nonostante, di fatto, non si parli per nulla di un film "di guerra" in senso letterale del termine e l'azione fisica resti molto ai margini, il lavoro di Gavin Hood ha dalla sua il grande merito di portare a galla questioni etiche e domande che difficilmente abbandoneranno lo spettatore anche al termine della visione, pronte a stimolare confronti ed eventuali discussioni: in questo senso, una frase pronunciata dal charachter del già citato Alan Rickman finisce per far male quanto una ferita aperta, "Non dica mai ad un soldato che non conosce il prezzo della Guerra".
In questo senso, quale posizione prendereste voi?
Stareste con i politici inglesi, pronti a lasciare andare i due potenziali attentatori suicidi perchè in caso di effettiva messa in opera dei propositi degli stessi si vincerebbe la guerra mediatica contro chi li ha armati?
O con quelli statunitensi, che di fronte all'idea di avere sotto tiro tre bersagli importanti non hanno intenzione di guardare in faccia a nessuno, danni collaterali compresi?
O con il generale anglosassone che prima di dare inizio all'operazione passa a comprare le bambole per quelle che potrebbero essere le sue nipoti prima di affrontare la possibilità che una bambina che potrebbe avere la loro età rischia la morte in nome di una causa più grande, quella della guerra della quale "ogni soldato conosce il costo"?
Con chi deve premere il grilletto che farà partire il missile dall'altro capo del mondo e che ha scelto un lavoro in aeronautica perchè gli permetteva di saldare i debiti maturati con il college o con chi deve sottostimare i danni dell'impatto in modo che venga approvata la missione, a prescindere dai propri sensi di colpa, dalle remore morali o dai rischi prettamente professionali?
Con i genitori di una bambina che potrebbe morire, che non favoreggiano gli estremisti ma che, spinti da una tragedia, potrebbero cominciare a prendere in considerazione come unica alternativa ad un invasore straniero che da migliaia di chilometri spazza via i loro figli?
La Guerra, purtoppo, e come la Storia insegna, non ha una ragione o un torto, ma sempre un costo: dall'antichità fino a Churchill, passando per Turing, sono molti gli esempi di sacrifici compiuti in nome di una vittoria - effettiva o no, è tutto da vedere - e spesso il punto di vista ed il lato della barricata cambia la percezione delle cose.
Quello che è certo, è che si tratta di un'espressione del peggio che l'Uomo può fornire alla civiltà ed al pianeta, che si parli di antichi campi di battaglia o di droni dalla tecnologia avanzatissima in grado di fare cose che fino a qualche anno fa pensavamo fossero fantascienza.
Per il resto, è difficile prendere una posizione che, in caso di conflitto, non sia mossa dall'istinto di sopravvivenza.




MrFord




4 commenti:

  1. Noi ovviamente stavamo con gli americani.
    Però è scegliere fra mali diversi,in questi casi è difficilissimo dire cosa sìa meglio.
    La frase che fanno dire a Rickman è bellissima e atroce.

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    1. Verissimo.
      Il bello di questo film è proprio la riflessione su quello che sta dietro le decisioni e la facciata.

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  2. Ah, ma questo sembra la versione di Homeland per la terza età... non avevo dubbi ti sarebbe piaciuto. ;)

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    1. Non saprei, essendo un buon film facilmente ti risulterebbe noioso! ;)

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