sabato 5 maggio 2012

17 ragazze

Regia: Delphine e Muriel Coulin
Origine: Francia
Anno: 2011
Durata: 90'



La trama (con parole mie): siamo sulla costa della Bretagna, in una cittadina di provincia. Camille, una liceale quasi maggiorenne, rimane incinta dipingendo il suo stato come una sorta di dichiarazione d'indipendenza da opporre al mondo degli adulti, alla scuola, alla famiglia e ai coetanei.
Il carattere della ragazza ed il suo modo di porsi inducono numerose sue compagne ad emularne le gesta, tanto da creare un vero e proprio caso locale quando ad una ad una si arriverà ad avere diciassette - più o meno - adolescenti alle prese con una gravidanza.
L'evento unirà le ragazze in un gruppo e le indurrà a fare progetti di vita a lungo termine: ma come spesso accade, non tutto andrà secondo i piani di Camille e compagne, e la crescita - pur se precoce - finirà per chiedere in cambio i sogni.




Che il Cinema francese goda di ottima salute non è più un mistero: l'exploit di The artist e cose assolutamente pregevoli come Piccole bugie tra amici e Tomboy hanno confermato il grande momento vissuto dalla settima arte transalpina, e come se non bastasse ci si mette anche questo 17 ragazze, un film che, nonostante i suoi limiti, risulta azzeccato che lo si guardi da uno o dall'altro dei due grandi punti di vista portati in scena.
In una condizione non favorevole - come quella del nostro Cinema, tanto per dirne una -, infatti, un'opera come questa finirebbe per gonfiare le tronfie fila delle opere da radical chic spocchiosi pronti a snocciolare citazioni colte come se fossero farina del proprio sacco - in questo caso, Vigo e Truffaut come se piovessero - e tempi morti spacciati per occhiate allusive all'arte - la scelta di mostrare le camere delle ragazzine in attesa, quasi una sorta di Godot in salsa teen, sogni ed idoli del momento alle pareti inclusi -: invece il lavoro di Delphine e Muriel Coulin riesce a dribblare anche queste critiche e portare il pubblico - anche se non sempre con facilità - ad una riflessione che tocca il mondo degli adolescenti e quello degli adulti ad un tempo, senza schierarsi apertamente dall'una o dall'altra parte.
Camille e le sue compagne "di lotta", dal canto loro, sognano attraverso la gravidanza di gruppo un'emancipazione da un mondo che le vede ancora troppo piccole per tutto quello che può apparire davvero interessante, da una scuola noiosa e da adulti che si preoccupano soltanto dell'orario del loro rientro e di letti da rifare.
Dall'altra parte, professori e genitori vedono nell'improvvisa ed insolita moda scoppiata nella scuola delle loro figlie la follia senza alcuna responsabilità che solo gli adolescenti sono capaci di seguire come fosse la più importante delle rivelazioni, finendo per cospirare pur se completamente spiazzati sul modo più sensato attraverso il quale opporsi ad una libertà che è concessa anche legalmente alle ragazze - non è infatti previsto dalla Legge che un genitore possa obbligare una figlia minorenne ad abortire -.
Dunque, cosa resta allo spettatore?
Certamente, una pellicola in grado di far riflettere, nel bene e nel male, sulla scelta di questo gruppo di quasi coetanee neppure troppo amiche - almeno alcune di loro - che applicano alla filosofia della moda e del branco una delle esperienze più importanti che una donna - ma non solo - possa vivere nel corso della sua esistenza: da un lato è interessante scoprire quanto forte sia in loro la volontà di affermarsi per quello che i loro genitori - o insegnanti - non sono riusciti ad essere - o almeno così credono -, dall'altro clamoroso il disinteresse verso la vita che portano in grembo - dalle sigarette agli sforzi, dalle corse alle fughe tipiche della ribellione di un'età assolutamente imprevedibile e delicatissima -.
Dove sta, dunque, la verità? Nei disequilibrati tentativi di arginare il fenomeno dell'istituzione scolastica o delle famiglie - l'unico che pare avvicinarsi ad un'analisi reale è il fratello di Camille, militare non per scelta che accosta la sua condizione a quella della sorella, che combatte con le armi che può una guerra troppo grande per lei - o nel disperato desiderio di liberare se stesse sfruttando di fatto la nascita di un figlio?
Da nessuna parte, mi verrebbe da dire.
Perchè la vita è più furba di quello che l'uomo crede - e chi becca la citazione vince almeno un giro di bevute offerto dal sottoscritto dal buon Umbertone -, e difficilmente guarda in faccia a qualcuno, sognatori o desti che siano.
E Camille e le sue ragazze impareranno sulla pelle il prezzo da pagare per la loro crescita, che più che definire un'indipendenza finisce per mostrare tutti quelli che saranno i confini della vita di tutti i giorni: e le amiche diverranno un ricordo, o un incontro casuale nel parco.
E i genitori, da terrificanti avversari, scoperte continue di sforzi ed errori clamorosamente umani che ci si ritroverà a lottare per non ripetere, per muovere anche solo un passo avanti a loro.
Questo le diciassette - più o meno - ragazze non lo sanno ancora.
Ma in fondo, è giusto così.
Certe rivoluzioni è giusto che nascano, vivano e si concludano. Più o meno rovinosamente.
Ed è giusto che sia sempre la vita a dettare i tempi.


MrFord


"All the times that I cried, keeping all the things I knew inside,
it's hard, but it's harder to ignore it.
If they were right, I'd agree, but it's them they know not me.
Now there's a way and I know that I have to go away.
I know I have to go."
Cat Stevens - "Father and son" -



 

10 commenti:

  1. D'altronde non poteva che finire in un modo, la vera rivoluzione, sarà la vita e l'esperienza che condividono, che non sarà un modo per trasgredire, ma un modo in cui loro che credevano di fare qualcosa di grandioso, ha modificato radicalmente la loro vita, e saranno le vite che portano in grembo a insegnare loro questo, e come hai detto tu è giusto così, mettere al mondo un figlio ti cambia la vita, e questo è la natura che lo stabilisce, un bambino non può essere una trasgressione o una ribellione, chissà quanto avranno scoperto di essere uguali alle loro madri...

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    1. La crescita e la vita, in effetti, non rispecchiano mai quelli che pensavamo fossero i sogni di ribellione e rivoluzione di un periodo sconvolto e sconvolgente come quello dell'adolescenza.
      Ma è giusto così. Costruirsi l'esperienza significa anche questo. E spero l'abbiano imparato anche loro. :)

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  2. questa pellicola permette allo spettatore di mettersi nei panni sia di questo gruppo di ragazze che crede che rimanendo incinta e facendo questa "rivoluzione" possano emanciparsi ma anche nei panni del mondo degli adulti che credano che quello che stanno facendo le ragazze sia un "colpo di testa" e che in futuro se ne potrebbero pentire. la verità, ovviamente, sta nel mezzo.

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    1. La verità, in fondo, sta nel fatto che è la vita ad avere sempre l'ultima parola.
      L'importante, per noi, giovani o adulti, è cercare di partecipare il più possibile alla stessa.

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  3. certo che ci voleva proprio uno stato di forma eccezionale del cinema francese per farti vedere un film in cui i protagonisti non fossero 17 omaccioni che si picchiano tra loro ahahah :D

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    1. Infatti mi sono dovuto rifare subito dopo guardando il pay per view di wrestling del mese! :)

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  4. Se non sbaglio questo è un film tratto da una storia vera accaduta in America. Dal mio posso dire che diventare genitori è l'unico modo per capire i propri, per comprenderne gli atteggiamenti e per ritrovarci a fare, nostro malgrado, molte delle cose che a loro abbiamo sempre condannato ed osteggiato. Ma nel delirio di onnipotenza di una diciassettenne e delle sue compagne questa consapevolezza non può esserci.

    Sul mio blog c'è un premio per te! Se ti va, passa a trovarmi!
    Ciao :)

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    1. Il delirio di onnipotenza che regala l'adolescenza è una delle cose più destabilizzanti del mondo. :)
      La consapevolezza, invece, è una conquista che ci si fa - e che resta fragilissima - passando attraverso un paio di milioni di fatiche.
      In questo il film rende bene.

      Passato e ritirato! :)

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  5. Non ho ancora visto questo film, spero di recuperarlo in dvd.

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  6. Antonella, sicuramente merita almeno una visione.

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