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lunedì 18 aprile 2016

Mr. Robot - Stagione 1

Produzione: USA Network
Origine: USA
Anno: 2015
Episodi: 10







La trama (con parole mie): un giovane ingegnere informatico, Elliot Alderson, solitario e disadattato, dipendente dalla morfina e lontano anni luce dal mondo e dalla vita normale dei suoi coetanei, è contattato da Mr. Robot, misterioso leader di una cellula rivoluzionaria che progetta di ribaltare il sistema dominato da banche, gruppi finanziari e multinazionali attraverso le moderne armi dell'hacking e della lotta "virtuale".
Superati i conflitti ed i dubbi iniziali, Elliot decide di entrare a far parte del gruppo e dare sostegno alla lotta di Mr. Robot grazie al suo talento ed al genio che lo contraddistinguono: ma la strada verso un nuovo giorno ed un nuovo mondo è lunga e certo non priva di ostacoli e momenti di difficoltà, siano esse dovute ai disequilibri di Elliot o ai pilastri di una società già saldamente formata proprio da quelli che sono - o sono destinati a diventare - gli antagonisti per eccellenza dell'hacker.











Fin dai tempi dell'apertura del Saloon, è capitato più di una volta di trovarmi di fronte a prodotti non solo ben accolti, ma in alcuni casi addirittura osannati dalle recensioni nella blogosfera e non, giunti su questi schermi spinti da un hype molto alto e rivelatisi delusioni cocenti: da The tree of life a It follows, passando per Innkeepers, alcuni piccoli e grandi cult figli della settima arte non hanno decisamente passato un buon quarto d'ora, dalle parti del sottoscritto, ma a memoria non ricordo una situazione analoga vissuta rispetto alle serie televisive.
Certo, ci sono stati titoli abbandonati senza alcun rimpianto - mi viene in mente lo sciapissimo Person of interest -, o altri finiti solo per dovere come Flashforward, ma a mia memoria non avevo mai provato una delusione ed uno sconvolgimento rispetto al successo riscontrato come per Mr. Robot, con ogni probabilità il serial più sopravvalutato - considerati l'insieme, le potenzialità e le ambizioni del prodotto - delle ultime stagioni: a prescindere dagli argomenti molto nerd e molto finto alternativi da pseudo rivoluzionari intellettualoidi che poco intrigano ed attraggono gli occupanti di casa Ford - non ricordo di una serie pronta a vantare il poco invidiabile record di avermi abbattuto con il sonno nel corso della visione di ognuno dei primi tre episodi tre -, ho trovato in Mr. Robot una mancanza di empatia dei protagonisti con il pubblico - un charachter come Elliot da queste parti si prenderebbe schiaffi in faccia e calci in culo dalla mattina alla sera -, una latitanza pressochè totale di ritmo - tre quarti d'ora che paiono quattro ore e mezza, una noia che mi ha fatto rivalutare in termini di scorrevolezza anche i più pesanti tra i miei cari mattonazzi russi -, un'atmosfera da fuori tempo massimo che grida anni novanta ad ogni piè sospinto ed una perenne sensazione da "vorrei ma non posso e me la meno pure" che ha reso davvero insostenibile la visione anche a fronte di alcune buone idee di fondo o delle sequenze più affascinanti.
Penso che quella di decidere di interrompere il rapporto dei Ford con Mr. Robot sia stata una delle decisioni meno sofferte rispetto al piccolo schermo di sempre, considerati poi i ritardi leggendari accumulati con le nuove proposte da sempre caratteristica del sottoscritto e la curiosità rispetto a prodotti certamente più vicini ai miei gusti di questo polpettone cybernerd incasinato e poco coinvolgente del quale non sentivo davvero la necessità: un peccato per il pur talentuoso Rami Malek - che preferisco ricordare come uno dei protagonisti del videogioco Until dawn, quello sì, davvero un supercult - e per l'idea di considerare la rivoluzione in rete come la nuova frontiera di tutte quelle che, nei decenni scorsi, sono state combattute per la strada o nella giungla, armati di megafoni o di fucili, con le azioni o con le parole.
Ma sinceramente, davvero poca carne al fuoco per permettermi di riconsiderare la decisione definitiva.
Mr. Robot è la delusione non solo dell'anno, ma del decennio, anche e soprattutto considerando il taglio dato alla serie, i premi raccolti - a posteriori, per quanto mi riguarda assolutamente da fantascienza - e l'enorme carico di aspettative dei suoi numerosi fan hardcore e degli autori stessi, che non possono certo negare di aver messo una certa presunzione nella loro creatura mascherandola - neppure troppo bene - da "rivincita dei nerd" assolutamente poco credibile, un pò come quei compagni di scuola pronti a piagnucolare alla fine di ogni compito in classe dandosi per spacciati salvo poi finire per essere sempre e puntualmente tra i quattro o cinque con i voti più alti.
Ora, non so se sia stato un problema di incompatibilità o di un punto di vista diverso da quello di tutti i radical e gli alternativi e i nerd pronti a sbavare drietro al signorino dal flusso di coscienza facile e sballato Elliot, ma sinceramente, avendo passato gli anni della scuola da un pezzo, ho finito per avere una riserva di pazienza molto più scarsa a fronte di chi piagnucola per portarsi a casa, alla fine, la sua brava medaglietta di primo della classe.
Vaffanculo, secchioncelli.
Vaffanculo, Elliot.
Vaffanculo, Mr. Robot.
Il Sistema non mi piace.
Ma non mi piace neppure il tuo sistema.





MrFord





"That's it, sir
you're leaving
the crackle of pigskin
the dust and the screaming
the yuppies networking
the panic, the vomit
the panic, the vomit
god loves his children, god loves his children, yeah!"
Radiohead - "Paranoid android" -





sabato 27 febbraio 2016

Chuck - Stagione 5

Produzione: NBC
Origine: USA
Anno: 2012
Episodi: 13








La trama (con parole mie): dopo anni passati - volontariamente o no - non solo come agente della CIA, ma come contenitore dell'Intersect, Chuck si ritrova con una propria agenzia di sicurezza da gestire - come sempre coperta dal Buy More -, sposato con Sarah e soprattutto privo dei "poteri" che lo stesso Intersect gli garantiva. Il suo migliore amico Morgan, nuovo ricettacolo del software, pare dunque farsi travolgere dalle capacità che lo stesso fornisce, almeno fino a quando Chuck, Sarah e Casey non scoprono che, in realtà, dietro questa nuova versione dell'Intersect c'è un vecchio agente rinnegato che intende vendicarsi del gruppo di amici spie a tutti i costi, lottando per portare via al novello sposo tutto quello che ha.
Ci riuscirà? E riuscirà Chuck ad affrontare le nuove minacce che si prospettano all'orizzonte contando solo sulle sue abilità da nerd e sul suo cuore?











Suona davvero strano, salutare un compagno di viaggio di casa Ford come Chuck.
Non è, infatti, certo la prima volta che da queste parti si alza il bicchiere in onore di una serie tv portata a termine, eppure, per la prima volta - fatta eccezione, forse, per True Blood -, non si tratta di un titolo cult, o che sia riuscito a sconvolgere gli occupanti del Saloon grazie ad episodi indimenticabili o qualità eccelsa, bensì di una sana proposta di sano intrattenimento che ha fatto parte della nostra vita nei momenti di pranzi e cene fin dai tempi in cui con Julez  eravamo ai primi mesi di convivenza nel nostro indimenticabile appartamento da quasi artisti in centro a Milano al presente con il Fordino pronto a chiedere "Stasera c'è Chuck?", legandoci inevitabilmente ai suoi protagonisti e lasciando per questo addio il sapore dolceamaro da fine delle vacanze al quale non si può scampare.
Dunque, seppur limitando il tutto al divertimento puro e semplice senza alcuna pretesa alta, è con grande partecipazione ed affetto che abbiamo accompagnato Chuck - maturato enormemente dai suoi esordi da nerd senza speranza -, Morgan - curioso vederlo nelle vesti di quasi bad guy negli episodi che l'hanno visto preda del fascino maligno dell'Intersect -, Sarah, Casey - che resterà il mio favorito assoluto della serie -, Ellie e Fenomeno, e perfino i sempre pessimi Lester e Jeff - che, nella sua versione "sobria", ha vissuto una vera e propria rivitalizzazione del charachter in quest'ultima stagione - alla fine del loro viaggio televisivo, godendoci gli scontri, i nuovi casi, le partecipazioni eccellenti - divertentissime le comparsate di Stan Lee e Bo Derek - ed il crescendo che ha portato ad un nuovo capitolo nelle vite di tutti i personaggi e del protagonista, pronti a salutare una serie che, comunque, già da un paio di stagioni mostrava il fianco e non avrebbe retto altre annate senza risultare ripetitiva.
Dunque ci siamo goduti quest'ultima carrellata insieme alle follie di Jeff e Lester, i grugniti di Casey, l'evoluzione del rapporto tra Chuck e Sarah, le sempre numerose citazioni - da Star Wars a Die Hard, passando per i fumetti e i videogiochi -, pensando a quanto, nel frattempo, siamo cambiati anche noi: nel duemilasette, agli esordi di questo titolo, con Julez eravamo reduci da un anno molto wild per entrambi, non sapevamo cosa sarebbe stato del nostro futuro e, non ancora trentenni, costruivamo le cose giorno per giorno: ora cominciano ad avvicinarsi i quaranta, stiamo per diventare genitori per la seconda volta, tante prospettive sono cambiate ma, di fatto, l'entusiasmo per la vita è rimasto lo stesso.
Anche perchè, Intersect o no, in fondo siamo noi a rendere emozionanti i giorni e le avventure cui andiamo incontro, e speciali i legami che ci porteremo dentro anche quando faranno parte del passato: e Chuck è stato un ottimo esempio di questo tipo di emozioni e di esperienze, pur se veicolato da un piglio da fumettone per adolescenti nerd e più risate che lacrime o grandi scossoni.
Ma il bello, spesso, è proprio questo: guardare qualcosa che ci fa sentire bene, nella nostra zona di confort, come una coperta o un paio di ciabatte comode.
O come Chuck.





MrFord





"I was always the one behind 
you would run up and keep me in line 
I looked up to you damn this hurts 
all these years of discipline 
just to end up here at the end 
can you tell me what I've learned 
what I've learned."

N.E.R.D. - "Stay together" - 







martedì 16 giugno 2015

Tomorrowland - Il mondo di domani

Regia: Brad Bird
Origine: USA, Spagna
Anno:  2015
Durata:
130'





La trama (con parole mie): Casey Newton, adolescente inquieta dalla curiosità scientifica da esploratrice dell'ignoto, arrestata dopo l'ennesima incursione all'interno di un impianto in disuso per il lancio dei razzi, al rilascio scopre tra i suoi oggetti personali una strana spilla legata all'Esposizione Universale di New York del sessantaquattro, che ad ogni tocco le permette di ritrovarsi proiettata in una realtà sconosciuta.
Sconvolta dalla scoperta, e decisa a tutti i costi a scoprire per quale motivo pare essere l'unica a vivere sulla pelle lo strano fenomeno, Casey viene in contatto con Athena, giovanissima emissaria del mondo che lei stessa sta scoprendo attraverso le visioni provocate dalla spilla, e con Frank Walker, ex bambino prodigio, inventore in isolamento che, negli anni sessanta, come lei fu scelto dalla stessa Athena per passare dall'altra parte ed essere fulcro di un mondo che pare combinare scienza e speranza per un futuro migliore.
Quello che però Casey e Frank scoprono, è che Nix, governatore di Tomorrowland, pare essere deciso a tener fede ad un conto alla rovescia che porterà, a quanto pare, alla fine della Terra.
Riusciranno i due improvvisati alleati ad avere la meglio?







Ricordo bene quando, nel pieno degli anni ottanta della meraviglia delle pellicole fantasy, sognavo spesso e volentieri di essere protagonista di una qualche avventura mozzafiato per la quale ero stato prescelto a causa di un qualche talento che ancora non avevo scoperto di avere, e come un buon Goonie, grazie all'impegno ed alla presa di coscienza di me stesso, sarei riuscito, dopo mille difficoltà, a compiere la missione per la quale ero stato designato.
Lo stesso spirito mi guidò nella scoperta del Fumetto e nella passione che nutrii per oltre un decennio per le nuvole parlanti, con la predilezione destinata agli eroi outsiders, quelli sui quali non si avrebbe mai puntato, i sognatori: Brad Bird, che nel corso degli anni è riuscito a fare breccia nel cuore del sottoscritto grazie agli splendidi Il gigante di ferro e Gli incredibili, cui ha fatto seguito il discreto Mission impossible: protocollo fantasma, ha fatto ritorno sul grande schermo con una pellicola ispirata nientemeno che da un'attrazione da parco divertimenti sfruttando la stessa per tornare ancora una volta a mostrare tutta la passione che lui stesso deve aver provato per le avventure di formazione, con i loro eroi ed atmosfere.
Tomorrowland - Il mondo di domani, giocattolone in pieno Disney-style con tanto di protagonisti dal grande potere di richiamo per i fan più - Britt Robertson - e meno - George Clooney - giovani, non inventa di fatto nulla di nuovo, ma presenta bene il suo materiale, avvince nonostante una durata forse eccessiva, e condisce il tutto con buoni effetti ed un'evoluzione che rispetta in pieno lo svolgimento telefonato ma coinvolgente di tutte quelle pellicole che, come in un viaggio nel tempo o un'esposizione universale d'altri tempi, portano il pubblico - almeno di una certa età - a sfiorare la sensazione che si prova, di norma, quando si è ancora all'inizio del proprio percorso di crescita.
La sfida tra Casey e Frank, la prima eroina iperattiva e piena di energie, il secondo antieroe disilluso e solitario, e dunque quella tra loro e Nix rinnovano il confronto - e la lotta - tra gioventù ed età adulta, innocenza e maturità, stupidità e saggezza, e lo fanno rispettando appieno quelle che sono da sempre state le regole che un film apparentemente per ragazzi dovrebbe seguire: desiderio di raccontare una storia, di crescita, di confronto, di avventatezza ed in parte di timore.
Perchè se è pur vero che il ruolo dei sognatori - anche nel pieno della realtà in cui viviamo, senza scomodare universi paralleli perfetti e dal fascino vintage della fantascienza classica - è fondamentale, d'altro canto lo stesso è pareggiato dai compromessi che si è costretti a concedere alla vita vissuta, gli stessi che rendono così esaltante ogni fuga come quella rappresentata dalla pellicola di Bird, che trasuda fascino d'altri tempi e voglia di ritrovarsi in un drive-in di quarant'anni - e forse più - or sono, per viaggiare con il cuore e la mente oltre i confini che solo la fantasia può imporre.
Senza dubbio il rischio di apparire come una proposta troppo telefonata è concreto, i richiami a recenti esperimenti non riusciti come Il mondo di Jonas evidente, il fascino della cornice a metà tra il ricordo dei giochi d'infanzia e la malickata molto labile, alcune parti rese macchinose da una sceneggiatura che mette, probabilmente, troppa carne al fuoco, eppure la visione scorre senza colpo ferire, finendo per regalare momenti decisamente interessanti - la fuga attraverso la Tour Eiffel con tanto di spiegazione del reale scopo della stessa, a metà tra i fumetti steampunk e la narrativa in stile Jules Verne - e lasciando una sensazione di discreta soddisfazione al termine della visione, cosa decisamente positiva per un prodotto, di fatto, indirizzato esclusivamente alle famiglie e centro di gravità di un mercato dal target ben preciso e ruffiano - la produzione Disney, in un modo o nell'altro, finisce per concedere tutto il concedibile, finale compreso -.
Dunque, pur senza aspettarvi il miracolo, dovesse capitarvi una serata di tranquillità estiva, mollate tutto, tornate bambini, e lasciate che Brad Bird vi porti ad esplorare un mondo per soli sognatori: quelli che siamo stati tutti, e che forse siamo ancora.




MrFord




"I don't know how I'll feel,
tomorrow, tomorrow,
I don't know what to say,
tomorrow, tomorrow
is a different day."
Avril Lavigne - "Tomorrow" -




sabato 21 marzo 2015

La rivincita dei nerds

Regia: Jeff Kanew
Origine: USA
Anno: 1984
Durata: 90'





La trama (con parole mie): Lewis e Gilbert sono due nerd appassionati di informatica e computer pronti ad affrontare la loro nuova vita di studenti di college. Illusi di poter trascorrere gli anni che li attendono in tutta tranquillità nella nuova sistemazione, i due ragazzi si troveranno loro malgrado a guidare un gruppo di emarginati come loro per fare fronte alle angherie degli atleti, idoli delle ragazze e protagonisti assoluti del campus, fino a costituire un'associazione che possa rivaleggiare con quella dei rivali ai giochi che potrebbero ridefinire i ruoli all'interno dell'università.
Riusciranno i due imbranati studenti a mettere in difficoltà gli eroi del football giocando sul loro campo? Il mondo del college si rivelerà troppo duro per un gruppo male assortito di losers come quello che si ritrovano a guidare?







Tornando indietro con la memoria ai gloriosi anni ottanta, ricordo di essermi più volte immaginato come sarebbe stata la mia vita se fossi nato negli States e avessi dovuto affrontare la prova del college oltreoceano, con le sue confraternite, le feste e gli spring break, in un mondo che, allora come oggi, pare decisamente lontano anni luce da quello che offre la Terra dei cachi: onestamente, non ricordo come vivessi questa sorta di sogno allora, e senza dubbio l'essere invecchiato dando libero sfogo ai miei lati più selvatici non aiuta a mettere a fuoco la percezione che avevo di questa visione ai tempi in cui ero come il timido protagonista di Noi siamo infinito, ma la sensazione che mi davano le pellicole uscite a cavallo tra gli anni ottanta e novanta non ha mai lasciato davvero il mio cuore di cinefilo, valide oppure no che fossero.
Forse per questo, nonostante il valore decisamente limitato di questo La rivincita dei nerds, non sono proprio riuscito a voler male ad una pellicola pronta a raccogliere il testimone ed omaggiare cult come Animal house e, di fatto, ispirare prodotti completamente diversi per ambito e decisamente più recenti come Monsters University, intrattenendo in tutta tranquillità per la sua breve durata senza presentare pretese particolari, anzi, al contrario esibendo un dna pane e salame che quasi stona se accostato al fatto che la proposta giunge dal mio antagonista nonchè radical chic per antonomasia Cannibal Kid.
Senza dubbio il lavoro di Jeff Kanew - che ricorderò molto più volentieri per Toccato!, sempre con Anthony Edwards come protagonista - è ben lontano dai veri e propri cult di genere e del decennio in questione, eppure scorre liscio ancora oggi per una serata a neuroni spenti da divano, alcool e patatine, utile a rinverdire i fasti di John Belushi ai fan degli ambienti universitari e considerare che, ai tempi, anche i prodotti più scarsi risultavano piacevoli, al contrario di quanto accade oggi.
Personalmente è stato più interessante ricordare - oltre al già citato Edwards - i ruoli successivi di John Goodman - l'indimenticabile Walter de Il grande Lebowski, ma non credo di dovervelo presentare - e di Donald Gibb, che gli appassionati dei film di botte ricorderanno come spalla di Van Damme nel classico di genere Senza esclusione di colpi.
Archiviate queste curiosità, resta giusto il gusto della rivincita che da il titolo alla pellicola e che rappresenta il tema dell'outsider pronto a reclamare il suo spazio che furoreggiò ai tempi grazie a cult ben più importanti di questo titoletto d'intrattenimento come I Goonies, Voglia di vincere o Karate Kid - ma anche lo stesso e già citato Toccato! - ed un gusto per la risata tipico dei tempi, che i ragazzi oggi difficilmente comprenderanno ma che, di fatto, ha segnato almeno due generazioni di spettatori - in peggio o in meglio, solo il futuro lo dirà -.
Se siete dunque in vena di una serata vintage senza troppe pretese, un titolo come La rivincita dei nerds potrà regalarvi comunque qualche soddisfazione, ed avviare una macchina del tempo pronta a scaricarvi nel bel mezzo di una festa da confraternita che ora pare quasi persa nella memoria: certo, non sarà il toga party da bottiglia di Jack scolata al volo dal più noto e leggendario Belushi, ma a volte possiamo accontentarci anche di qualche innocuo rimpiazzo.




MrFord




"I've paid my dues
time after time.
I've done my sentence
but committed no crime.
And bad mistakes ‒
I've made a few.
I've had my share of sand kicked in my face
but I've come through."
The Queen - "We are the champions" - 




sabato 26 luglio 2014

Chuck - Stagione 4

Produzione: NBC
Origine: USA
Anno: 2011
Episodi: 24





La trama (con parole mie): Chuck, Sara, Casey e Morgan, alle spalle le loro ultime imprese al servizio della CIA, si ritrovano in un Buy More trasformato ufficialmente in una base operativa che possa mettere la loro squadra in condizione di porre la parola fine alla minaccia di Volkoff, criminale e trafficante d'armi sovietico che, oltre a creare un vero e proprio impero, ha finito con il tempo per portare dalla sua parte la temibile agente Frost, nientemeno che la madre di Chuck.
Come se le sorprese non fossero abbastanza, ad attendere al varco i nostri ci saranno la gravidanza di Ellie, il legame tra Morgan e la figlia di Casey, la comparsa della depositaria dell'eredità dello stesso Volkoff e la presenza dell'Agente X, il primo, vero esperimento che il padre di Chuck eseguì nel tentativo di perfezionare l'Intersect che ha reso suo figlio quello che è.







Tra le serie televisive che si sono avvicendate negli anni sugli schermi di casa Ford, Chuck è senza dubbio una di quelle che, sulla carta, aveva minori possibilità di resistere alla prova del tempo senza essere abbandonata come fosse una Once upon a time qualsiasi: troppo fumettosa - perfino per me -, troppo nerd, troppo underdog, troppo comedy.
E invece, stagione dopo stagione, le imprese del buon Bartosky e del suo curioso gruppo di amici e parenti sono riuscite a tenersi stretto il loro posto, ironizzando spesso e volentieri perfino su loro stesse e presentando quella che, di fatto, pare una versione giocosa della splendida Alias firmata da Abrams e soci qualche anno fa: con questa quarta stagione, ricca di cambi di fronte e colpi di scena - per quanto un titolo di questo genere possa garantirne -, si è assistito di fatto ad un rilancio pronto a preparare quella che sarà l'ultima annata, con un cambio di ruoli per i protagonisti, nuove prospettive per ognuno di loro - dal matrimonio di Chuck e Sara al legame tra Morgan e la figlia di Casey, senza contare la bambina di Ellie e Fenomeno o l'introduzione del charachter di mamma Bartosky, una Linda Hamilton uscita da un limbo che pareva essersela inghiottita dai tempi di Terminator 2 -, molte apparizioni eccellenti - Dolph Lundgren, la già citata Linda Hamilton, Timothy Hutton e Ray Wise - ed una serie di cambi di fronte sfruttati per evitare che subentrasse il fenomeno degli episodi riempitivo rispetto ad un totale - ben ventiquattro - che attualmente è mantenuto da pochissimi format.
In questo senso, la struttura della season prevede una sorta susseguirsi di minisaghe concentrate che, di fatto, pongono le basi per quello che sarà il finale, a partire dalla scoperta di Chuck del ruolo della madre nel corso di tutti gli anni in cui lui ed Ellie l'avevano data per morta fino alla rivelazione della nuova nemesi dell'eroe, lo spietato Volkoff, passando poi alla marcia di avvicinamento al matrimonio dei due protagonisti per tornare in chiusura al confronto con l'erede del succitato criminale e al leit motiv apparente della quinta stagione, la rivalità con la stessa CIA ed il ruolo del nuovo possessore dell'Intersect, prodigiosa invenzione di Bartosky senior che nel corso di questi anni aveva reso possibile per Chuck quello che un qualsiasi nerd del suo calibro poteva solo ed esclusivamente sognare ad occhi aperti.
Come di consueto viene data molta importanza alla Famiglia e al suo concetto "allargato", e al solito il favorito di queste parti resta il ruvido Casey, protagonista di un'umanizzazione sempre maggiore che, comunque, non scalfisce la sua credibilità o l'aria da duro ben rappresentate da un sempre imponente - fisicità e presenza - Adam Baldwin: un prodotto che certo non fa gridare al miracolo e che senza dubbio provocherà scompensi in tutti i radical chic o i pusillanimi del piccolo schermo come il mio rivale Cannibal Kid, ma che continua a sapersi proporre mantenendo un'aura pane e salame senza dubbio apprezzata da queste parti, una volta messe da parte le pretese di una visione che vada oltre il mero ed assoluto intrattenimento "low cost".
E per quanto, negli anni, Chuck abbia di fatto rappresentato le b-series, già so che, al termine dell'annata conclusiva, sentirò la mancanza di questi scombinati, nerdissimi, sentimentali e divertenti agenti segreti, un pò come quando si salutano gli amici di una vita pronti ad avventurarsi in qualche nuova esperienza, che si tratti di una convivenza o di un viaggio.
Nonostante la malinconia o la tristezza, è già chiaro, infatti, che alla prossima ci si ritroverà a ridere e scherzare come se non fosse passato neppure un secondo.



MrFord



"I'm a spy in the house of love
I know the dream, that you're dreamin' of
I know the word that you long to hear
I know your deepest, secret fear
I'm a spy in the house of love."
The Doors - "The spy" - 



mercoledì 22 giugno 2011

Paul

La trama (con parole mie): Graeme e Clive, due nerd appassionati di fumetti e fantascienza, sono in viaggio negli States pronti a schiaffarsi un programma da far invidia a qualsiasi sfigatone appassionato di giochi di ruolo e viaggi interstellari: dalla ComiCon di San Diego - la fiera dedicata al fumetto più importante del mondo - ad un viaggio on the road che attraversa California e Nevada, un vero pellegrinaggio attraverso i luoghi dei più celebri avvistamenti ufo.
Tutto pare filare liscio, fino a quando sulla loro strada i due troveranno Paul, un alieno poco abile nella guida precipitato sulla Terra nel 1947 in fuga da una base militare e pronto a tornare a casa: da quel momento le loro vite non saranno più le stesse. 
E chi ne dubitava!?


Occorre fare una premessa, a proposito di Paul.
Le aspettative del sottoscritto, considerata la regia di Mottola - un piccolo feticcio di casa Ford dopo il mitico SuXbad - e la presenza di Simon Pegg e Nick Frost - praticamente degli insostituibili compagni di risate dai tempi di Shaun of the dead -, erano indecentemente alte.
Forse troppo, per quello che è, a tutti gli effetti, questo film: una simpatica, affettuosa, casinara operazione di amarcord per chi, come il sottoscritto, è cresciuto nel pieno dell'epoca degli E. T., dei Goonies e degli Incontri ravvicinati del terzo tipo. 
L'epoca in cui i film d'avventura erano davvero film d'avventura, gli effetti speciali una meraviglia da rimanere a bocca aperta, le storie un continuo "io sono questo" o "quanto mi piacerebbe potermi ritrovare in quella situazione".
Forse stiamo cominciando ad invecchiare, o forse, certe cose si sono perse per strada.
Perchè sono anni che non trovo lo stesso spirito nei blockbusteroni da sala che un tempo radunavano intere generazioni di spettatori - forse l'ultimo grande fenomeno di questo tipo è stato Il signore degli anelli -, e lo stesso Spielberg è passato dalla meraviglia di un film girato ad altezza bambino - il suddetto E. T. - a quella porcata stellare vista dall'alto - esageratamente dall'alto, direi - de La guerra dei mondi.
Dunque Paul non sarà certo il film dell'anno, o il lavoro più importante dei suoi protagonisti, eppure è stato un ottimo compagno di un pomeriggio da siesta, divano, sole, patatine e birra - mi sono ridotto a quella a causa di una mancanza clamorosa di Coca Cola in casa Ford -, e tra una citazione e l'altra, l'atmosfera agghiacciante da raduno di fumettari sfigatissimi, qualche sberleffo alla chiesa, la squadra impagabile di Men in black - su tutti, Bill Hader, classificato ormai come mito dopo Hot Rod - e lo sboccato Paul - molto meglio in versione originale doppiato da Seth Rogen, piuttosto che nella versione nostrana, affidata alla voce di Elio, che da queste parti si ama tantissimo, ma occorre che faccia il musicista, e non il doppiatore, per l'appunto - ci si è trastullati felicemente viaggiando accanto ai protagonisti senza troppe pretese, arrivando a sfiorare, col pensiero, lo stesso desiderio di allora, "vorrei potermi ritrovare in quella situazione".
Un film leggero leggero, dunque, che pare fin da subito abbandonare ogni velleità di essere una sorta di nuovo Hot fuzz - fortunatamente - e si concentra sul mettere a proprio agio lo spettatore così come sono parsi nel realizzarlo attori e regista: certamente, il rischio è che il pubblico più giovane possa non apprezzarlo come dovrebbe, aspettandosi chissà quale divertentissima epopea di finta fantascienza, così come la critica "classica" potrebbe averlo già bollato pellicola di apparente inutilità come la più sterile delle operazioni nostalgiche dei mai dimenticati eighties, eppure credo che Paul, con il suo script estremamente lineare e semplice, le battute dell'irriverente protagonista, le risate - anche quelle telefonate - non pretenda nulla, dal pubblico, se non di lasciar perdere ogni pretesa e gustarsi tutto il pacchetto come quando, da bambini, si andava al Cinema con il pensiero che ci si sarebbe divertiti comunque, e tutto, dal viaggio in metropolitana alle patatine di Burghy, diventava parte di una mitologia che avrebbe costruito tutta la dolce malinconia che proviamo oggi, guardandoci indietro.
Insomma, Paul è come un bel ricordo. Va assaporato per quello che è, e poi lasciato andare.
Come un viaggio che finisce, ma che resterà sempre una tappa di qualcosa di più grande.


MrFord


"Your from a whole other world
a different dimension
you open my eyes
and I'm ready to go
lead me into the light."
Katy Perry feat. Kanye West - "E. T." -

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