venerdì 31 marzo 2017
Fordina Unchained - Un anno dopo
Credo sia la prima volta, che inizio per tre volte un post, lo cancello e ricomincio.
Di norma, quando scrivo, sono un fiume in piena, non mi preoccupo troppo di quello che esce, se non che esca, ed il giorno prima della pubblicazione rileggo il tutto velocemente giusto per rifinire.
Ma questo, Becca, è un post diverso da tutti gli altri.
Oggi è il giorno del tuo primo compleanno, e come tre anni fa feci per tuo fratello, oggi tocca a te prenderti tutto il Saloon per festeggiare.
Amici e conoscenti me lo dicevano, quasi fosse un monito.
Ad uno che è sempre stato un vero stronzo - per quanto le bastonate in amore le abbia prese anch'io, come è naturale e giusto che sia - una figlia femmina cambia completamente l'esistenza.
E devo ammettere che è proprio vero.
Come quando adesso mi vedi entrare in una stanza, o arrivare al nido per portarti a casa in bicicletta - e quanto ti piace, con le braccia alzate come fossimo sulle montagne russe! - e gattoni a velocità impressionante e poi ti fermi con le mani protese e lo sguardo che pare già di una donna che sa quali corde pizzicare, per avere un uomo ai suoi piedi, per chiedermi - se così si può definire - di prenderti in braccio, ed io sono lì, a tua disposizione, e penso che sarà sempre così, anche quando non avrò più la forza di muovermi e tu e AleLeo, almeno spero, sarete al mio fianco per salutarmi un'ultima volta.
In un certo senso, anche quando alla ventesima sveglia notturna ti farei bere una bella boccia di sambuca per farti dormire dodici ore di seguito e lasciarci riposare, penso che tu sia, e non me ne voglia la mamma, la donna della mia vita: il percorso che proprio lei ha iniziato, con me, lo stai proseguendo tu ora, anche se non te ne rendi conto, anche se non te ne ricorderai, mentre a me resteranno per sempre negli occhi i tuoi balli scatenati, i tuoi riccetti - così diversi dai capelli liscissimi di Ale -, quegli occhi che certi giorni paiono azzurri come il mare ed altri ambrati come le foglie in autunno, quasi fossero un cocktail tra tutti quelli della famiglia, ed altri grigi, quel momento in cui, appena affacciata al mondo, con il cordone stretto intorno al collo apparivi violacea e senza voce, e ho dovuto combattere il terrore di vivere una seconda volta quello che era accaduto per la nostra piccola Agnese, rimanere saldo in attesa che mi gridassi: "Io sono qui".
Ed ora, dodici mesi dopo, posso dire che ci sei, eccome.
Ci sei con le risate fragorose che più di tutti tuo fratello riesce a strapparti, con le dita negli occhi ai tuoi compagni del nido - e non solo a loro -, con la mania per i telecomandi, i dvd dei cartoni animati usati come racchette da neve mentre ti muovi in tutta la casa ed i miei volumetti di Planetes - chissà perchè, poi, proprio quelli, tra tutti quelli che potresti avere a portata di mano -, con la furbizia tipica delle piccole donne, con i momenti in cui ti prendo in braccio, la notte, e piano piano ti abbandoni appoggiata al mio petto, ed io sogno il momento stupendo e dolorosissimo in cui dovrò accompagnarti da un altro uomo che prenderà il mio posto e, chissà, magari ti renderà madre a tua volta.
O a una donna, e non cambierebbe nulla, ai miei occhi.
Ora scherzo spesso e volentieri rispetto al fatto che probabilmente sarò molto geloso di te, quando sarai più grande - ed è curioso, perchè io geloso non lo sono affatto -, e mentre con AleLeo costruisco una complicità maschile quando ti guardo sento crescere qualcosa che va oltre qualsiasi sentimento abbia mai provato per qualsiasi donna, e di nuovo mi perdoni mamma, che ora mi starà mandando qualche maledizione ma che sa bene cosa intendo, quanto abbiamo lottato per averti - ed avervi -, quanto ti abbiamo voluta, quanto è stato magico quella mattina di metà agosto duemilaquindici pedalare da Bellaria a Igea Marina per le beta, sentirsi dire dall'infermiera ai prelievi che secondo lei saremmo stati (ancora) genitori, e andare a ritirare i risultati nel pomeriggio con Ale che, alla nostra domanda "Sì o no?" rispose sicuro "Sì!".
Senza contare, comunque, che tutto questo non ti deve precludere e non ti precluderà la visione di tutti gli action movies del tuo vecchio, dei western, del wrestling e di tutto quello che mi definisce: dovessi diventare una Sly al femminile, non potrei che esserne felice.
Anche se l'importante, alla fine, è che tu possa essere felice per come sarai, qualsiasi cosa deciderai di fare.
E che, alla fine, io ci sarò sempre.
In fondo, per quanto "pop" e banale potrà suonare, tu sei la mia (e nostra) "ragazza magica".
Buon (primo) compleanno, Patatina.
Che anche per te sia l'inizio di un viaggio ben più lungo dei centotre che sogno per me.
MrFord
giovedì 30 marzo 2017
Thursday's child
Nuova settimana di uscite in sala pronta a rinnovare la domanda più ricorrente dell'ultimo periodo: no, non è se la blogosfera tornerà quella di qualche anno fa oppure no, ma se la rivalità sopita tra il sottoscritto e Cannibal Kid tornerà quella dei bei tempi, quando ad ogni post pubblicato si scatenava una vera e propria guerra di parole.
Bei tempi, quelli.
"Hey Cannibal, il professor Ford dice che devo girare al largo da tipi come te." |
Cannibal dice: Una
serie cult anime-manga-action-sci-fi che pare una fordianata totale,
che però in questa versione live-action trova come protagonista una
paladina di Pensieri Cannibali: Scarlett Johansson. Un adattamento
rischioso, ma la sua presenza la rende una visione obbligatoria.
Ford dice: il
Ghost in the shell originale fu un vero fulmine a ciel sereno, esempio
di animazione con i controcazzi che prima si era vista, forse, solo con
Akira. Sinceramente ho diversi dubbi rispetto a questa versione live
action con la Johansson che non c'entra una favazza, ma una visione la
tenterò comunque.
Cannibal dice: Teen
movie. Una definizione che basta per far scappare Ford a gambe levate e
per tenere me incollato davanti allo schermo. Io infatti questo film
l'ho già visto e, anche se forse non è del tutto un nuovo cult del
genere, ne consiglio decisamente la visione.
Ford dice: non
ho ancora visto questo film, che penso il mio quasi ex rivale sarà
corso a vedere, ma in una primavera per ora abbastanza tranquilla potrei
anche pensare di recuperarlo. Staremo a vedere.
La verità, vi spiego, sull'amore
"Speriamo che dopo questo servizio esclusivo Cannibal la smetta di stalkerarmi." |
Cannibal dice: Negli
anni '90 avevo una cotta pre-adolescenziale per Ambra. Da quando si è
messa a recitare invece l'ho sempre guardata più con diffidenza. O
meglio non l'ho guardata, dato che non è che abbia visto molti dei suoi
film. Questo credo non farà eccezione.
Ford dice: la verità, vi spiego, è che non vedrò questo film.
Cannibal dice: Secondo
film da regista di Claudio Amendola, che figura pure come co-
protagonista insieme a Luca Argentero. L'impressione è quella di una
versione de 'noantri di un thriller-noir carcerario internazionale. Un
po' come il saloon di Ford, la versione de 'noantri di un vero saloon
western.
Ford dice: sull'onda
di un certo tipo di Cinema e serie all'italiana versione americana come
Suburra, Romanzo Criminale e Gomorra, ecco questo Il permesso, che
spero sinceramente non sia la classica italianata che Cannibal sarà
pronto ad esaltare ed io a massacrare.
Piuttosto, sono disposto ad essere d'accordo.
Classe Z
"Ragazzi, sono il supplente: purtroppo Ford ha picchiato il vostro docente, Marco Goi, che oggi è ricoverato in ospedale." |
Cannibal dice: Film italiano di ambientazione liceale?
Sembrerebbe
una gran cannibalata, e invece la presenza di un cast discutibile che
annovera le presenze di Andrea Pisani, amichetto di Paolo Ruffini, e
della star di YouTube di recente anche discussa giurata al Festival di
Sanremo Greta Menchi, non lascino molto ben sperare. Se non altro di
sicuro c'è qualcuno che potrebbe odiare questo film più di me: James
Ford.
Ford dice: robetta
italiana che non prendo neppure in considerazione, e che penso non sarà
in cima alla lista neppure del mio campanilista compare di rubrica
Cannibal.
La mia famiglia a soqquadro
"Facciamo una bella foto felici, così Ford e Cannibal capiranno una volta per tutte che non possono pensare di mettere su una famiglia alternativa." |
Cannibal dice: La
storia di un bambino che è l'unico della sua classe e non avere i
genitori separati. Che sia per caso il film biopic sul Fordino?
Ford dice: provocherei
volentieri un soqquadro a casa Goi, o all'interno di Pensieri
Cannibali. Ma dato che in questi mesi ci troviamo fin troppo d'accordo,
per questa volta soprassiedo.
La vendetta di un uomo tranquillo
"Se becco quel Goi, lo impallino con il sale!" |
Cannibal dice: Thriller
spagnolo che pare sia stato osannato in patria, ma degli spagnoli non
c'è mai da fidarsi troppo. Come del parere di Ford.
Ford dice: il
Cinema spagnolo, come quello francese ed italiano, neanche fossimo
all'interno di una barzelletta, potrebbe sorprendere come rivelarsi un
buco nell'acqua. Chiederemo il parere definitivo al Cannibale
Formaggino.
Il viaggio (The Journey)
"Ma per quale motivo hanno fatto un film su di noi e non su Ford e Cannibal?" |
Cannibal dice: Pellicola
storica britannica che mi sa di noia incredibile. Non credo mi metterò
mai in viaggio insieme a questo film, o insieme a Ford.
Ford dice: piuttosto
che imbarcarmi in questo viaggio, affronterò un documentario on the
road che testimoni una traversata d'Italia mia e del Cannibale.
Cannibal dice: Film
on the road tedesco. Potrebbe essere la potenziale sorpresa della
settimana, ma nemmeno in questo caso la voglia di mettersi in viaggio è
alta.
Ford dice: potrei citare, fresca fresca, la risposta che trovate poco sopra.
Cannibal dice: Film croato-serbo che sprizza di fordianità pseudo impegnata da tutti i pori. Io vado dall'altra parte.
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mercoledì 29 marzo 2017
The ring 3 (F. Javier Gutierrez, USA/Canada, 2017, 102')
Faccio una premessa: anni fa - e lo ammetto, dovrei rivederlo - considerai il giapponese Ringu un grande horror, ho apprezzato molto la versione a stelle e strisce firmata da Gore Verbinski, considero Samara uno dei charachter del genere più interessanti del passato recente.
Con queste certezze e nessuna aspettativa se non quella di passare una serata in grande relax condita magari da qualche jump scare, con Julez abbiamo affrontato il terzo capitolo del brand e della vicenda dell'appena citata Samara.
Peccato che, a partire dalla visione di The Ring 3, l'unica cosa che mi sia venuta in mente sia stata quella di raccogliere titoli come questo e creare una nuova rubrica periodica con microrecensioni in stile Bullettin battezzata per l'occasione "Vere merde".
Ora non so se effettivamente darò il via a questo nuovo appuntamento qui al Saloon, ma quello che è indubbio è che The Ring 3 appartenga pienamente alla categoria: scrittura pessima, trama trita e ritrita, inutili "twist", logica non pervenuta - elemento, purtroppo, ricorrente negli horror scadenti -, noia tanta e paura assolutamente inesistente.
A parte, dunque, sperare che Samara esista realmente e si prenda la briga di rendere la vita un inferno a chi ha fatto scempio del suo personaggio, non resta davvero altro da dire per quello che si batterà con armi decisamente d'impatto per il podio del peggio di questo duemiladiciassette.
E come per altri titoli destinati alla stessa lotta, da quest'anno ho deciso di non spendere più energie di quante non ne meritino, o servano per definirli.
In fondo, i primi ad averle risparmiate - soprattutto in fatto di cervello - sono proprio i loro autori.
MrFord
martedì 28 marzo 2017
Elle (Paul Verhoeven, Francia/Germania/Belgio, 2016, 130')
Come più volte mi è capitato di scrivere, da buon appassionato cinefilo che si rispetti e si è "fatto da solo" ho attraversato un periodo fortemente autoriale durato parecchi anni, nel corso dei quali, classici a parte, mi dedicavo esclusivamente a visioni impegnate, senza alcuno svago, e più apparivano impegnate o benviste dalla critica "illustre", meglio era.
E' stato così anche con la Letteratura, o la Musica, del resto.
Approfondire il proprio rapporto con un mezzo artistico prevede spesso e volentieri una sbornia "alta" prima di tornare sulla Terra: in fondo, a meno che non abbiate discreti fondi, quando uscite a bere difficilmente vi sbronzate a suon di Zacapa o Lagavulin, quanto più probabilmente con l'ultimo dei cocktails d'asporto a buon mercato, per la legge secondo me legata a vita ed esperienza che è sempre meglio un bicchiere mezzo pieno che mezzo vuoto, e perchè quell'una - o poche - eccezioni danno un senso a tutte quelle che non lo sono, e viceversa.
O forse, semplicemente, è giusto che nel corso di una vita ci siano alti e bassi, che poi non è mai detto che la pancia sia necessariamente peggio del cervello - Swiss Army Man, e ho detto tutto -.
Dunque, quando è giunto sugli schermi del Saloon uno dei film più celebrati dalla comunità cinefila "alta" dell'anno appena trascorso - in realtà visione e post sono datati novembre duemilasedici -, ho sperato che si trattasse di uno di quei casi in cui l'opera in questione finisce per essere talmente grande da mettere d'accordo perfino questo vecchio cowboy e Cannibal come erano ai bei tempi, tanto per dire.
Purtroppo, Elle non rientra in quel ristrettissimo novero.
Dico purtroppo perchè non parliamo di un film spocchioso, o mal realizzato.
Perchè al timone c'è Paul Verhoeven, uno a cui io voglio parecchio bene.
Perchè a reggere le fila dovrebbe esserci un mostro sacro come Isabelle Huppert, forse il vero volto della delusione - troppo tronfia, sopra le righe, per essere brava come senza dubbio è -.
Eppure, non ho davvero trovato un senso, se non quello di piacere ad un certo tipo di pubblico o di critica, a questo film.
Non è un thriller, non è un'indagine approfondita su qualcosa che possa sconvolgere, non è una critica alla società "borghese", o forse è tutte queste cose messe insieme.
Eppure manca dell'ironia nera del primo Almodovar, della genialità di Bunuel, dell'allucinazione di Lynch.
Elle è un "vorrei ma non posso", è l'essere profondamente stronza della sua protagonista ed il sesso vissuto solo ed esclusivamente attraverso la violenza con "l'antagonista".
Ma, almeno qui al Saloon, non amiamo il fumo negli occhi e le discussioni da analisti.
Io voglio la pancia, "sentire" la pellicola, voglio avere il brivido di Eyes Wide Shut, non osservare o subire una provocazione che, a conti fatti, non mi provoca perchè trasmessa poco o nulla perfino da chi la porta sullo schermo.
E, volendo proprio fare le pulci, non ho trovato granchè scrittura e logica.
Nel corso delle ultime stagioni, ci sono stati film d'autore che ho odiato profondamente - su tutti, Kynodontas - ma che in maniera oggettiva ho sempre considerato straordinari.
Elle, come scrivevo poco sopra, non fa parte del novero.
E non riesce neppure a rientrare nella categoria dei pipponi che fanno incazzare.
E' come una brutta scopata.
Quelle che servono per dare senso a quelle belle.
Ed in questo, quantomeno ha la sua utilità, come un cocktail d'asporto economico per una sbronza.
Curioso che sia un risultato agli antipodi rispetto a quella che doveva essere la volontà dei suoi autori.
MrFord
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lunedì 27 marzo 2017
Victoria (Sebastian Schipper, Germania, 2015, 138')
Se, nel corso della vita, vi siete concessi qualche nottata wild, sarà di sicuro capitato, qualche volta, di trovarsi in situazioni - pur non così estreme, sia chiaro - in pieno stile "Fuori orario" - che non solo è uno dei titoli che preferisco di Scorsese, ma uno dei miei cult assoluti -: personalmente ricordo l'ultimo giorno che passai a Barcellona nel mio viaggio in solitario del luglio duemilasei, nel pieno del mio periodo allo stato brado.
Avevo passato il pomeriggio a tatuarmi - quello che, allora non lo sapevo, sarebbe stato il secondo di una lunga serie - e dopo aver mangiato qualcosa al volo avevo deciso di rivedere l'amica di una tizia con la quale ero uscito a Milano nel corso di giugno che si trovava a nella città catalana per lavoro e che avevo già incontrato un paio di sere prima per andare al Michael Collins, un pub irlandese di fronte alla Sagrada Familia che negli anni è diventato la mia seconda casa ad ogni visita in quello che è uno dei miei posti preferiti al mondo, dove era in programma un concerto acustico di un duo argentino che aveva in scaletta una serie di cover di classici del rock niente male.
Ad una certa ora, l'amica della mia amica decise di prendere un taxi per tornare a casa, e sul punto di rientrare in albergo - in fondo il giorno dopo avevo il volo di ritorno - pensai invece di riprendere posizione al Michael Collins e vedere quantomeno la fine dell'esibizione: quando arrivò, diversi Jameson e Coca dopo, venni fermato da una fanciulla niente male che mi disse "Hola, Working Class Hero!", alludendo alla scritta sulla t-shirt che indossavo.
Venni a sapere che non era spagnola neanche lei, bensì americana, si chiamava Dawn ed insegnava alla scuola americana - per l'appunto - a Barcellona: le cose si fecero quasi subito abbastanza ovvie, ma lei, nel locale con un'amica, mi disse che avremmo dovuto trovare qualcuno anche per la suddetta in modo da poterci divertire come si conveniva senza sensi di colpa da parte sua.
La scelta ricadde su un giovane ben vestito che pareva uscito da Wall Street, inglese, che propose di prendere un taxi a sue spese ed andare a casa sua: ricordo un appartamento esageratamente grande per un single in una città straniera, privo di qualsiasi quadro o immagine alle pareti e di mobili che non fossero la cucina, il divano e i letti delle due camere da letto.
Ci disse di non credere ad altro che al fare soldi, e dunque non gli interessava abbellire casa sua, tanto che televisione e stereo erano bellamente appoggiati sul pavimento: per quello che ne sapevo, poteva essere tranquillamente un serial killer.
Fortunatamente andò bene, sparì in camera sua dicendo che doveva alzarsi presto il giorno seguente, l'amica di Dawn tenne il divano mentre io e lei ci aggiudicammo la camera degli ospiti: la mattina seguente il tizio - non ricordo il suo nome - ci pagò di nuovo il taxi fino alla Sagrada e tanti saluti.
La cosa divertente fu che non sapevo ancora che avrei passato le successive trentasei ore all'aeroporto di Barcellona a causa di uno sciopero del personale di terra, dormendo accanto ad una ragazza olandese conosciuta in coda nell'area del check in sdraiati su scatoloni piegati come senzatetto con i bagagli a mano come cuscini, dimenticando il pin del bancomat e di conseguenza impietosendo la stessa ragazza che finì per offrirmi cena e colazione in aeroporto prima di riuscire entrambi finalmente a ripartire.
Ma tant'è.
Il bello di notti così, è l'improvvisazione totale.
Ed è anche il bello di Victoria, un gioiellino strepitoso girato grazie ad un vertiginoso piano sequenza di quasi due ore e venti che ha tutta l'energia, l'emozione, la paura, la magia di notti come quelle, in cui può andarti bene e regalare aneddoti che racconterai per tutta la vita o male, e portartela via.
Inutile raccontare di più di una vicenda che afferra lo spettatore e non lo lascia neppure al termine della visione, che passa dall'ironia e spontaneità della commedia romantica - quasi fossimo tornati ai tempi di Before sunrise - alla tensione del thriller in cui scappa sempre il morto, dall'intimismo - la parte di scoperta al pianoforte di Victoria e Sonne - all'hard boiled - la rapina e la fuga -, quasi avessero fatto un cocktail con il già citato Fuori orario, Enter the void, Irreversible, L'odio e Linklater, senza sbagliare praticamente nulla.
Sinceramente, se non avete mai avuto, nella vita, qualche nottata totalmente priva del vostro controllo, vi consiglierei di recuperare per evitare di perdervi qualcosa di unico, e se volete sentire quanto il Cinema, a volte, può avvicinarsi alla vita, dovete perdervi dentro un film come questo.
Perchè sarà come il ricordo della gioventù senza freni, il sogno di qualcosa che poi, chissà, forse non si sarà avverata, quella notte che rappresenterà per sempre la notte.
Anche quando non avremo vinto.
Anche quando saremo solo sopravvissuti.
Perchè sarà comunque la nostra notte.
Una volta e per sempre.
MrFord
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domenica 26 marzo 2017
7 White Russians Up
E così, anche quest'anno, ci siamo arrivati.
Sinceramente, non l'avrei neppure immaginato, quella sera del ventisei marzo duemiladieci.
E neppure lo scorso anno, quando in questo periodo cominciavo a considerare l'idea di mollare, prima di prendermi un'estate più vacanziera e tornare rigenerato in una blogosfera pur - purtroppo - lontana da quella del periodo duemiladodici/tredici.
E invece, eccomi qui.
White Russian compie oggi sette anni fatti di film, serie tv, bevute, incontri, grasse risate e lacrime amare.
La sera in cui mi misi al computer per imboccare questa nuova strada io e Julez eravamo ancora senza figli, non sapevamo se ne avremmo avuti - voluti, quello sempre -, lavoravamo nella stessa azienda - pur se in settori e con competenze diverse - ed avevamo abbandonato Milano da non più di un paio di mesi, Lost doveva ancora giungere al termine, avevamo meno tatuaggi ed ero sicuramente meno grosso di adesso.
Curioso, quanto le cose cambino in un intervallo di tempo relativamente breve - per quanto, e l'esperienza me l'ha provato in più occasioni, a volte in un anno si concentrano così tanti eventi che pare di averne vissuti quattro o cinque -, e quante persone e situazioni entrino a far parte della nostra vita.
Ad ogni modo, per festeggiare questa giornata ho pensato di raccontare qualcosa in più su chi sta da questa parte della tastiera, senza sbrodolare una biografia o uno di quei post tipicamente fordiani bersagliati da Cannibal, quanto, più che altro, buttare nella mischia un pò di "Ford Facts".
Potrebbero essere dieci, come una sorta di classifica.
Dunque, in alto i calici, amici e nemici: al termine di questa bevuta potrete dire di conoscermi un pò di più.
1) Per quanto ora sia un bevitore da competizione, il mio rapporto con l'alcool è nato soltanto attorno ai ventitre/ventiquattro anni, per esplodere definitivamente superati i venticinque.
Da adolescente, quando tutti, tra compagni di scuola, fidanzate ed amici, cercavano di sballarsi in ogni modo, io conducevo una strenua lotta da straight edge, probabilmente, come ogni bravo teenager, per farmi notare.
Tendenzialmente, mi rendeva solo un pò più stronzo.
Di recente, per dare un contegno economico ed un contentino al mio corpo che invecchia, ho deciso di dedicarmi all'astensione per due giorni la settimana, che non sono un problema considerato che, in casa, nelle vetrinette che sono uno degli angoli sacri del sottoscritto, si trova circa un'ottantina di bottiglie, che riescono anche a restare (quasi) piene - ovviamente senza contare la scorta di birre in dispensa -.
2) Un altro angolo sacro di casa Ford è la sezione Cinema, che conta svariate migliaia di dvd e bluray divisi tra Cinema internazionale, Cinema italiano, Horror, Serie tv, Cofanetti e Cinema d'animazione. Tutti i settori sono in rigoroso ordine alfabetico, fatta eccezione ormai per quello dei cartoni, continuamente in subbuglio a causa dei Fordini.
3) Quando non bevo, il mio equivalente a quello che potrebbe essere il whisky è il the, che adoro per colazione ma anche la sera, in particolare se tra le sue sfumature è presente una nota di menta - come nel caso delle miscele arabe, tra le mie preferite -.
4) Se i pomodori - due a pasto, non si scappa - e la carne sono due le colonne sulle quali si basa l'alimentazione del sottoscritto, con il passare degli anni l'elemento dato dal piccante in tutte le sue forme è diventato quasi un rito. Di recente ho acquistato un vasetto di polvere di uno dei peperoncini più tosti al mondo, e quando la uso - molto poca, considerate potenza e costo in proporzione alla quantità - per il sugo della pasta, mi pare di aver bevuto una ventina di Red Bull. Una bomba.
5) Così come per l'alcool, anche la pratica della palestra è una cosa nata con l'avanzare dell'età: pur avendo sempre fatto sport, da ragazzino e più in generale da giovane sono sempre stato lontano dall'idea di mettermi a fare pesi, e sono sempre stato, infatti, una specie di grissino ambulante. Negli ultimi dieci anni, allenandomi costantemente, sono aumentato di più di venti chili.
6) Come molte persone amanti dei tatuaggi e parecchio tatuate, non tengo il conto del numero di volte in cui un ago ha iniettato dell'inchiostro sotto la mia pelle, ma ricordo bene i momenti che hanno portato ad ognuno di quelli che ho. Curioso che, dopo il primo - estate duemiladue - ho atteso quattro anni e la rivelazione che fu Barcellona - estate duemilasei - per capire che senza mi sentirei molto più "nudo". Gli spazi cominciano a ridursi, ma non per questo ho intenzione di fermarmi.
7) Patisco parecchio le altezze e mi sento profondamente a disagio quando qualcuno che, al contrario, non ha questo problema, si sporge dalla cima di un monumento o di qualsiasi luogo in cui ci si trovi in quel momento. Per cercare di vincere questa paura, non mi sono mai risparmiato quando, nel corso di un viaggio, ho avuto occasione di "scalare" qualcosa, dal World Trade Center all'Harbour Bridge di Sidney - in quel caso ero anche il primo della cordata dopo la guida -, senza considerare, sempre in Australia, l'esperienza di parasailing con Julez ed i tuffi da dieci metri durante le giornate di canyoning in compagnia di Julez e di Dembo.
8) Per quanto la nostra classe politica faccia di tutto per ostacolarmi e molti dei miei eroi a stelle e strisce siano o siano stati Repubblicani convinti, non ho mai votato una volta in vita mia la Destra.
9) Nell'estate del duemilaundici ho preso - con consistente ritardo - la patente di guida, più che altro per utilità nel caso in cui dovesse esserci bisogno estremo ed urgente.
In realtà odio guidare, che si tratti di macchina, moto o motorino, e stare al volante è una delle cose che mi provoca più tensione - di norma io sono easy su quasi tutto -: la notte in cui Julez ebbe le prime contrazioni che portarono alla nascita del Fordino, guidai la macchina fino all'Ospedale di Lodi - che sarà a cinque minuti scarsi da casa nostra - per poi scendere e far parcheggiare la signora Ford con il pancione, perchè temevo di sfondare la nostra macchina così come quelle nelle sue immediate vicinanze.
10) Da quando sono nati i Fordini sono diventato decisamente più sensibile a film, musica e romanzi: ora mi capita molto, molto più spesso di commuovermi. E capita anche che accada in stereo con Julez.
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sabato 25 marzo 2017
The grey (Joe Carnahan, USA, 2011, 117')
Liam Neeson non è mai stato tra i miei attori favoriti.
Fin dai tempi di Darkman - a memoria, il primo film in cui lo vidi come protagonista -, l'ho sempre trovato fisicamente brutto, poco adatto al ruolo di protagonista - quantomeno dei film che guardavo allora, in cui anche un antieroe come la creatura di Raimi doveva essere figo -, compagno adatto in termini di aspetto terrificante delle mani di Megan Fox.
Negli anni della mia formazione come cinefilo, però, il buon Liam si riscattò prendendo parte a progetti importanti come Schindler's List o Gangs of New York, scalando almeno in parte le graduatorie del Saloon in quanto garanzia di qualità delle pellicole che rappresentava.
A seguito della morte della compagna - avvenuta nel duemilanove a causa di un incidente sugli sci simile a quello che di fatto ha ucciso, per quanto si possa pensare il contrario, anche Schumacher -, forse per cercare in qualche modo di esorcizzare il dolore, il Liamone ha deciso di cambiare completamente direzione artistica, prendendo parte a progetti principalmente action e principalmente trash appartenenti al grande filone esploso negli ultimi dieci anni dei "nonni alla riscossa", che se nel caso di vecchie glorie del genere come Sly, Schwarzy, Van Damme e soci risulta una piacevole e divertente operazione di amarcord, nel suo risulta decisamente fuori tempo massimo.
Ricordo bene le sonore bottigliate piovute a cascata su tutta la saga di Taken, ma anche un paio di altre cosette che la mia mente ha giustamente fatto di tutto per rimuovere dalla memoria: dunque questo The Grey, datato duemiladodici, era rimasto nonostante alcuni pareri incoraggianti in naftalina senza che avessi mai abbastanza voglia di recuperarlo neppure nelle serate di stanca invernali, dato che la collocazione temporale di un film è per me fondamentale - non potrei mai e poi mai concedere una visione ad un titolo come questo in piena estate, per intenderci -.
Spinto, però, da una serie di casualità - la promozione di un paio di settimane gratuite per Cinema e Serie tv sul box di Now TV, una domenica mattina di fine inverno con i Fordini da intrattenere dopo colazione per concedere un pò di giusto riposo a Julez -, ho deciso di tuffarmi, su suggerimento di AleLeo - che appena ha sentito dei lupi ha dato il suo benestare immediato -, in questa avventura al freddo e al gelo di Neeson, che interpreta - guarda caso - il ruolo del vedovo tormentato e sull'orlo del suicidio al lavoro in Alaska per far fuori i lupi pronti ad avvicinarsi agli impianti di estrazione.
Impostato come fosse un survival horror, con la presenza animale che assume connotazioni quasi mitiche - più volte mi è tornato alla mente Gmork de La storia infinita -, ma raccontato come una sorta di palestra del riscatto nel cuore della Natura più selvaggia e crudele di un gruppo di uomini apparentemente cattivi e che in realtà così cattivi non sono, quanto più esuli e sopravvissuti, non aggiunge sicuramente nulla di nuovo al genere o a livello tecnico - del resto, dietro la macchina da presa troviamo il regista dell'agghiacciante A-Team, uno dei film action peggiori del Nuovo Millennio -, eppure riesce ad assumere una connotazione quasi epica e sopra le righe nel senso positivo del termine, regalando al pubblico l'aspettativa di un'escalation in pieno rispetto delle regole non scritte dell'action e dei suoi eroi trasformandosi poi, minuto dopo minuto, in una sorta di racconto crepuscolare di una sconfitta a testa alta che non ci si aspetterebbe da un prodotto di questo tipo, con tanto di finale da brividi che regala senza dubbio qualcosa di più all'intero film.
L'inverno, e non posso che esserne felice, dato che io vivo per la bella stagione dodici mesi all'anno, è ormai alle spalle, ma se dovesse capitarvi, ai primi freddi o per festeggiare la neve, di aver voglia di un prodotto di genere solido e fracassone il giusto, crudo e tosto, una sorta di versione povera di Revenant, allora per una volta fidatevi del Liam action man e buttatevi in questo confronto terribile con Madre Natura ed i suoi lati più oscuri.
In fondo, non fa male ricordarsi chi è che davvero comanda, sulla Terra.
MrFord
venerdì 24 marzo 2017
On the job (Erik Matti, Filippine, 2013, 118')
Fin dai primi passi mossi nell'incredibile mondo del Cinema d'Oriente, compiutid a suon di pallottole grazie a Kitano e To, sono sempre stato affascinato dal modo di raccontare il dramma e lo struggimento del crimine e di una realtà senza uscite dei nostri cugini ad Est: probabilmente liberi dai condizionamenti religiosi e culturali presenti da queste parti, infatti, ho sempre trovato gli autori asiatici ben più capaci di quelli occidentali di rappresentare senza nascondere la mano dopo aver lanciato il sasso la crudeltà di un certo tipo di storie e di mondi, così come la semplicità, l'emozione e, a tratti, l'ironia macabra delle stesse - una sequenza come quella del confronto tra Kitano ed il pedofilo in L'estate di Kikujiro, probabilmente, qui avrebbe provocato uno scandalo -.
Dunque, quando si tratta di crime violento proveniente da Oriente, da queste parti si sfonda una porta aperta: doveva ben saperlo il mio fratellino Dembo quando, nel corso di un pomeriggio a casa sua con i bimbi scatenati, il Fordino in fremente attesa di vedere ancora una volta il pappagallo Elvis ed i consueti scambi "tra genitori", ha gentilmente offerto al sottoscritto questo On the job, teso crime filippino di qualche anno fa inspiegabilmente uscito sul mercato home video anche in Italia e ben recensito in rete.
Il risultato è stato, oltre ad un viaggio nel tempo fino all'epoca in cui il già citato Kitano e John Woo erano i miei mostri sacri, una vera, interessante scoperta: a prescindere dal fatto che sia ispirato a fatti realmente accaduti - e non mi stupisco, Manila è una delle metropoli con il più alto tasso di corruzione e criminalità di tutta l'Asia -, On the job rappresenta il tipico racconto senza speranze manifesto dell'hard boiled, in cui tutti perdono, specie se sono "buoni" o animati da intenzioni "giuste", il Potere vince sulla Giustizia, il sangue sulla speranza e chi più ne ha, più ne metta.
Da entrambi i lati della barricata, che si tratti di poliziotti o criminali, la bassa manovalanza finisce fagocitata dai meccanismi dei grandi burattinai di entrambe, spesso soffocata nel sangue: in questo senso, occorre ammettere una perizia notevole - nonostante un montaggio a mio parere non sempre all'altezza - nel rappresentare con un realismo sconvolgente le fasi più concitate e violente di inseguimenti ed uccisioni, così come l'ottima scrittura che permette allo spettatore di trovare spunti di coinvolgimento che si parli dei poliziotti in caccia, dei criminali pronti a tutto - anche a fare da sicari per il Governo - pur di toccare con mano una speranza tradotta in termini economici o di promesse di libertà, e delle vittime.
Come di consueto, eminenza grigia ed avversario di tutti - nonchè mio, da spettatore e da uomo - il Potere costituito manovrato dalle dittature silenziose, che si esprimono per bocca di personaggi come il generale Pacheco e tutti quelli come lui, "guardiani" silenziosi di democrazie che celano imperi, monarchie pronte a spacciarsi per repubbliche: e non nascondo che, per indole ed inclinazione, se non ci fosse stata l'azione a stemperare il mio lato ribelle e politico, mi sarei indignato di fronte all'ennesima dimostrazione di come vanno le cose, a prescindere dalla parte del mondo in cui ci si trova.
Per poter quantomeno accantonare il pensiero, mi sono rifugiato, neanche fossi tornato ai tempi di The Killer, al rapporto ed allo struggente finale dello stesso tra i due sicari: umanità, sangue e lacrime.
Qualcosa di vissuto, nel bene o nel male.
Qualcosa che il potere non potrà mai comprendere.
Perchè quello si mangia tutto, senza badare al sapore.
MrFord
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giovedì 23 marzo 2017
Thursday's child
Passata la sbornia degli Oscar e lo sconvolgimento per questo duemiladiciassette che pare dominato da una tregua fin troppo prolungata tra questo vecchio cowboy ed il suo ormai quasi ex antagonista numero uno Cannibal Kid, ecco una settimana di visioni più tranquilla, che non pare promettere botti particolari ma che, almeno in parte, alimenta la speranza dei due rivali per antonomasia della blogosfera di tornare a combattere come si deve. Speriamo sia davvero così.
"Mi hanno chiamato questo taxi. Spero solo che al volante non ci sia Ford."
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Life – Non oltrepassare il limite
"Nessun segno di vita cannibale. Meno male." |
Cannibal dice: Un film con Jake Gyllenhaal lo si guarda a prescindere. L'ambientazione claustrofobica su una stazione spaziale e la possibilità di trovarsi di fronte a un potenziale nuovo Gravity invece mi preoccupano un po' e mi sanno di solita fordianata a livelli stellari, però prevale comunque la fiducia in Jake.
Ford dice: Gyllenhaal è uno dei pochissimi attori a trovare grande sostegno su Pensieri Cannibali così come su White Russian. Questo film, però, non pare ispirare granchè nessuno dei due ormai spenti rivali numeri uno della blogosfera. Si rivelerà una sorpresa, o la conferma di una schifezzina inutile?
La cura del benessere
Cannibal dice: Ritorno all'horror per Gore Verbinski, il regista del primo terrificante (dico in senso positivo) The Ring a stelle e strisce, poi passato alla noiosa saga dei Pirati Fordiani dei Caraibi. La speranza di un lavoro che possa curare dal malessere del cinema dell'orrore degli ultimi tempi c'è.
Ford dice: Verbinski non mi dispiace, l'ho sempre sostenuto sia nella sua versione horror che family-friendly, ho adorato Rango e anche The Lone Ranger. Questo ritorno alle origini sarà convincente e spaventoso abbastanza per me? La risposta spero presto, nel frattempo correrò a comprare dei pannolini per il Cucciolo Eroico, notoriamente un cagasotto quando si tratta di film di paura.
Elle
Cannibal dice: Un'ottima Isabelle Huppert in un film francese molto radical-chic che quindi ho apprezzato parecchio. A Ford invece credo abbia fatto storcere di più il naso, ma d'altra parte si sa che in realtà tra noi due quello davvero con la puzza sotto il naso sempre pronto a criticare è lui.
Ford dice: ho visto Elle, incensato dalla critica in lungo e in largo, ormai lo scorso novembre, ed ho tenuto in serbo il post per quando sarebbe uscito - forse - in Italia. Ora ci siamo, e finalmente posso sperare in uno dei titoli che potrebbe ridare linfa alla mia rivalità con Cannibal. Almeno spero.
Victoria
Cannibal dice: Esce finalmente nei cinema italiani questo strepitoso film tedesco ambientato tutto in una notte e tutto girato con un unico piano sequenza. Qui (http://www.pensiericannibali. com/2016/01/victoria-che- bello.html) potete recuperare il mio post su questo gioiello, che Ford colpevolmente (e prevedibilmente) penso si sia perso.
Ford dice: mentre su Elle ho giocato d'anticipo, con Victoria sono clamorosamente in ritardo. Questo titolo che ha colpito molti dei miei colleghi della blogosfera, infatti, giace nell'hard disk del Saloon da almeno un anno, in attesa di tempi migliori.
Direi che quei tempi sono arrivati.
Non è un paese per giovani
Cannibal dice: Che l'Italia non sia un paese per giovani non è certo una novità. Basta solo dire che Ford e Cannibal sono ancora considerati dei giovani blogger in erba... Oddio, forse Ford no.
La pellicola comunque è teen abbastanza per piacermi e per tenere alla larga il mio blogger rivale.
Ford dice: di questa pellicola ho visto il trailer per caso in tv qualche giorno fa, e mi sono detto “ecco qui la classica cannibalata italiana”. Inutile dire che non correrò alla ricerca di una sala che lo inserisca in programmazione.
Slam – Tutto per una ragazza
Cannibal dice: Un film italiano tratto da un libro di Nick Hornby. Può suonare come una cosa strana, ma in realtà era già successa con È nata una star? con Luciana Littizzetto. Oltre all'ispirazione hornbyiana, in questo caso ci troviamo pure di fronte a una pellicola adolescenziale, quindi il sapore di cannibalata è molto forte. Si prega ai gentili Ford di girare al largo.
Ford dice: seconda cannibalata italiana della settimana. Che sia l'inizio di un nuovo, proficuo periodo di insulti e colpi bassi all'indirizzo del mio rivale e dei suoi gusti?
In viaggio con Jacqueline
Cannibal dice: Ambientazione campagnola per una di quelle pellicole francesi che non sanno tanto di radical-chicchismo cannibale, quanto piuttosto di roba indigesta pane & salame buona giusto per gli stomaci più fordiani. Io in questo viaggio con Jacqueline e con Ford non ci parto.
Ford dice: e dopo due cannibalate italiani, eccone servita una francese. Quasi quasi rimpiango perfino la delusione cocente di John Wick 2.
Moda mia
"Ford, non ho più intenzione di essere in disaccordo con te!" "Cannibal, non ci provare neanche, o te ne arriva uno!" |
Cannibal dice: La storia di un ragazzino sardo che vuole diventare uno stilista e nel cast c'è pure Melissa Satta! Si tratta di un piccolo film italiano in cui il cannibalismo fashion incontra il panesalamesimo fordiano, o solo di una boiata?
Ford dice: non mi sono mai preoccupato della moda, da buon tamarro. Lascio volentieri il campo a quel fighetto senza quartiere di Cannibal, che si potrà sbizzarrire a sfilare in passerella come un novello Zoolander.
Sfashion
"Dove stiamo andando?" "Hanno messo dentro Cannibal. Ford ha richiesto i migliori avvocati per tirarlo fuori, o non avrà neppure un finto rivale." |
Cannibal dice: Altra pellicola italiana in uscita questa settimana a tematica fashion, o meglio sfashion. Adesso basta!
Ford dice: comincio a pensare che questa sia una settimana horror allo stato puro. Speriamo in un ritorno del caro, vecchio, sano panesalamismo fordiano la prossima settimana.
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