lunedì 2 maggio 2016

Zona d'ombra - Una scomoda verità

Regia: Peter Landesman
Origine: USA, UK, Australia
Anno: 2015
Durata: 123'







La trama (con parole mie): a seguito della tragica fine dell'ex leggenda dell'NFL Mike Webster, il patologo di origini nigeriane Bennet Omalu, lontano dal football e dal giro d'affari che alimenta, viene assalito dal dubbio che l'uomo possa aver incontrato la morte a causa dei danni cerebrali causati dai colpi subiti sul campo da gioco.
Convinto dai rilevamenti clinici effettuati e spinto da accadimenti simili che hanno colpito altri giocatori ed ex giocatori, Omalu, affiancato dal suo responsabile Cyril Wecht e dall'ex medico dei Pittsburgh Stealers Julian Bailes, pubblica un saggio di neurologia che è l'inizio di una vera e propria battaglia tra i suoi studi e la sua coscienza di medico e l'opposizione di una sorta di "lobby" costituita da tifosi, medici compiacenti, dirigenti e chiunque tragga un profitto dal football professionistico: Omalu sarà costretto a subire pressioni, ricatti, minacce ed umiliazioni, ma non abbandonerà la sua posizione rispetto alla pericolosità ed alle conseguenze di una carriera da giocatore sui campi NFL.











Per quanto non l'abbia mai seguito da vero appassionato, ho sempre adorato il football americano.
Come bene lo definisce nel corso del film il Julian Bailes di Alec Baldwin, "è uno sport terribile e violento, ma è anche poesia": ed è assolutamente così.
Dalle magie dei quarterback e dei ricevitori alle battaglie delle difese, l'esaltazione che riesce a creare lo spettacolo a stelle e strisce per eccellenza è senza ombra di dubbio qualcosa di unico, che il Cinema ha omaggiato in diverse occasioni: per la prima volta, con questo Concussion - assurdo, come sempre, l'adattamento italiano, considerato il riferimento alle commozioni cerebrali dell'originale - viene mostrato il lato oscuro del palcoscenico più seguito dagli sportivi statunitensi, ovvero le terribili conseguenze fisiche per gli atleti con una carriera ad alti livelli sui campi dell'NFL alle spalle.
Così come per il wrestling - altra grande passione made in USA del sottoscritto -, infatti, nel corso degli anni si è avuta testimonianza eclatante di quanto devastante sia stato l'impatto delle carriere sui loro protagonisti, con una lunga lista di morti purtroppo divorati dallo show business anche una volta spenti tutti i riflettori: ma se per i miei vecchi amici lottatori dello sport entertainment i problemi principali vengono dall'abuso di sostanze dopanti ed antidolorifici, per i protagonisti dello show NFL si tratta, principalmente, di conseguenze devastanti legate ai ripetuti colpi alla testa che, nonostante bardature e caschi, finiscono per logorare il cervello dell'atleta, sballottato nella scatola cranica neanche fosse il contenuto di uno shaker per un cocktail migliaia di volte nel corso di una carriera.
Bennet Omalu, patologo di origini nigeriane trapiantato a Pittsburgh, nei primi anni zero ingaggiò una vera e propria lotta - pur se ideologica - con il colosso NFL a seguito di una serie di studi che, di fatto, confermavano i rischi per i giocatori di football, quasi calcare i campi fosse l'equivalente di essere accaniti fumatori, considerate le probabilità di ritrovarsi ad affrontare la ribattezzata CTE una volta appeso il casco al chiodo - e, in alcuni casi, anche prima -.
Concussion racconta, con il piglio tipico della pellicola anni novanta che capita spesso di rivedere volentieri in televisione, una battaglia civile atipica condotta da un uomo che più di ogni altra cosa sogna di essere americano e di viverne il sogno e che, al contrario, finisce per trovarsi a minare le certezze di uno dei capisaldi di quello stesso sogno, il football professionistico: guidati da un Will Smith insolitamente bravo - in lingua originale, la sua resa del nigeriano trapiantato negli States è ottima -, assistiamo ad una pellicola a metà tra lo sportivo ed il sociale solida e ben costruita, forse non particolarmente originale o ricca di colpi di genio in termini registici o di sceneggiatura, eppure ben calibrata e piacevole da seguire, pronta a raccontare una storia che, considerato come sono andate - e stanno andando - le cose rispetto al grande carrozzone NFL, finisce per porre lo spettatore di fronte ad un dilemma che potremmo definire senza troppi problemi morale: è giusto che tutto prosegua nonostante le ovvie conseguenze - stando alle stime che scorrono prima dei titoli di coda, pare che il ventotto per cento dei giocatori sia concretamente esposto al rischio di CTE - una volta che le stesse sono state rese note - di nuovo, una cosa come quella che accade ai fumatori con le sigarette - o andrebbero attuate delle contromisure per salvaguardare la salute degli atleti?
Il lavoro di Landesman non suggerisce una risposta o prende una posizione, piuttosto segue da vicino la vicenda di un uomo che, come molti in tutto il mondo, vorrebbe essere americano più di ogni altra cosa e si trova a fronteggiare il lato oscuro di un sogno che, comunque, non è e probabilmente non sarà mai disposto ad abbandonare: una cosa senza dubbio già sentita, a tratti retorica, eppure in grado di colpire, e a fondo.
Del resto, gli Stati Uniti sono proprio come il football: sopra le righe, sguaiati e spesso terribili.
Eppure il brivido che danno è qualcosa di unico al mondo.





MrFord





"I ain't got a fever got a permanent disease
it'll take more than a doctor to prescribe a remedy
I got lots of money but it isn't what I need
gonna take more than a shot to get this poison out of me
and I got all the symptoms count 'em 1, 2, 3."
Bon Jovi - "Bad medicine" - 





11 commenti:

  1. Davvero bravo Will in originale,noi adoriamo gli states,e le pellocole intrise di stellestriscismo XD,le storie vere e le sceneggiature che hanno a che fare con gli sport americani!
    Mi è piaciuto molto quando fa il paragone coi soldati,dicendo qualcosa tipo "se sei un soldato,sai che vai in battaglia e puoi morire.Devono saperlo anche loro.(i giocatori di football)"
    O come i fumatori,adesso dei danni del fumo,si sa.Se uno vuole farsi fuori i polmoni a suon di cicche,si accomodi.

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    1. Anch'io adoro gli States, ed ho trovato Smith davvero ottimo.
      Il film non è originalissimo, ma il tema è davvero interessante.

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  2. si l'ho visto anch'io, e mi è piaciucchiato, will smith qui è davvero bravo :)

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    1. Concordo: film non esaltante, bravo il buon Will! :)

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  3. Un film non brutto, ma talmente banale e già visto che non sono manco riuscito ancora a scriverne.

    Azzeccato comunque il paragone tra football americano e wrestling: in entrambi i casi si tratta di baracconate che con lo sport vero hanno ben poco a che fare e in entrambi i casi i protagonisti sono persone con ben poco sale in zucca. Concussioni o meno. :)

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    1. Ah, ah! Ma lo sai che anche a me è successa la stessa cosa? Così scontato e piatto che mi sono annoiato anche al pensiero di scrivere la recensione (che infatti non ho scritto! :D )

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    2. Caro Peppa, essendo tu un pusillanime non potrai certo capire la fatica e l'impegno degli atleti di questi sport, ma ormai non mi stupisco più di nulla.
      Sul film siamo piuttosto d'accordo, anche se le tematiche secondo me un post lo valgono. ;)

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  4. Il film in sè non sarebbe nemmeno brutto, e tratta di un argomento serio che varrebbe la pena approfondire. Peccato che la sceneggiatura è talmente piatta e così piena di retorica americana da farti cadere subito l'hype... il solito uomo buono (e anche nero, il top del politically correct) solo contro tutti che porta avanti pervicacemente la sua battaglia. Gradevole, ma scontatissimo.

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    1. Piuttosto piatto, è vero, ma del resto la storia è questa: Omalu ed il suo percorso sono stati parecchio rispettati, troppi americanismi o no. ;)

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  5. Non mi ispira tantissimo, non lo metterei in cima alla lista dei recuperi.

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    1. Eppure qualche spunto, anche se non travolgente, ce l'ha. Tienilo come jolly. ;)

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