Regia: Jean-Marc Vallee
Origine: USA
Anno: 2014
Durata: 115'
Durata: 115'
La trama (con parole mie): Cheryl Strayed, alle spalle la morte prematura dell'adorata madre e la distruzione del matrimonio e di se stessa, perduta tra droga e storie di sesso occasionale, decide di ricominciare a vivere a partire dall'avventura offerta dalla Pacific Crest Trail, lunghissima tratta da percorrere a piedi in solitaria.
Comincia così un viaggio che porterà la donna a confrontarsi con il passato, il presente ed il futuro che durerà mesi e le permetterà di entrare in contatto con le realtà del viaggio, la Natura, gli altri trekkers in cammino lungo lo stesso percorso e la sensazione che, una volta giunta a destinazione, dovrà pianificare il rientro nella società ed il resto della sua vita.
Riuscirà Cheryl a non mollare e portare a termine il percorso?
E sarà il passato a prendere il sopravvento, o il futuro?
Da grande sostenitore della vita vissuta e dell'esperienza, ho sempre avuto un debole per i road movies di formazione.
Eppure, in parte per pregiudizio ed in parte per la recensione positiva del mio rivale di sempre Cannibal Kid, nutrivo ben più di un dubbio, rispetto a Wild.
Fortunatamente, più che una cosa finta alternativa in stile Into the wild - paragone più utilizzato rispetto a quest'ultimo lavoro di Vallee - ho rivisto in queste quasi due ore di visione la passione e l'energia de I diari della motocicletta, il desiderio di raccontare una storia onesta, di pancia, che costasse una fatica emotiva più che fisica o di resistenza cinematografica - personalmente, non ho patito per nulla il ritmo apparentemente lento del film, che ho trovato al contrario molto dinamico - e riuscisse a narrare il percorso di un essere umano pronto a ricominciare, ripartire, viaggiare, nel senso più profondo ed importante del termine.
Dopo Dallas Buyers Club, pur rimanendo su binari che non lo portano oltre il buon prodotto, Vallee mostra una propensione notevole per la realizzazione di film coinvolgenti, emozionanti e decisamente efficaci tecnicamente - davvero ottimo l'utilizzo del montaggio e dei flashback "schizofrenici" -, in questo caso descrivendo nel modo migliore possibile la sofferenza e l'importanza della stessa all'interno di un percorso - che sia geografico o personale, poco importa -, la varia umanità con la quale si finisce per confrontarsi all'interno dello stesso e l'evoluzione cui conduce.
Cheryl, che nel corso della sua crescita ha subito ed amato come poche volte si ha la possibilità di subire ed amare nella vita, trova nel confronto con se stessa l'unico modo per affrontare il mondo, anche quando lo stesso modo è assolutamente distruttivo: in questo senso la capisco bene, considerato che nei miei anni più wild l'approccio alla vita che tenevo era sostanzialmente lo stesso - pur non avendo mai avuto, di fatto, un vero contatto con le droghe, ho sempre ritenuto il sesso e l'alcool rifugi occasionali come quelli mostrati dalla protagonista di questo film -, e che proprio con il viaggio ho iniziato a porre le basi per quello che sarei stato dopo - anche se non ho certo compiuto un'impresa fisica e mentale come quella di questa giovane donna -.
Eppure, dai tempi di Barcellona in solitaria all'Irlanda, ricordo bene sulla pelle la sensazione e la volontà di ritrovare se stessi, scrivere, conoscere, condividere quasi fosse un mezzo per acquisire maggiore consapevolezza o coraggio per improvvisare rispetto al futuro: perchè il vero viaggio non finisce mai, se non con la morte, e fino a quando non si è davvero pronti, non ha senso pensare a quell'eventualità.
In questo senso, la conclusione dell'impresa di Cheryl è assolutamente perfetta, ed ha rischiato, parlando in termini molto più materialistici e "critici", di portare Wild ad un livello superiore di valutazione: quella riflessione nata sul ponte, in bilico tra passato, presente e futuro, è la testimonianza di quanto perennemente in movimento viviamo, di quanto elastici di fronte al Tempo e all'esperienza stessa siamo, così come quanto, nel bene o nel male, sempre e comunque, risieda la bellezza di intraprendere un percorso.
Lo spirito di Wild, da questo punto di vista, è assolutamente centrato: fermarsi, nel corso della vita, finisce per essere dannoso e controproducente per noi e per chi ci sta intorno, e a volte scegliere di partire è senza dubbio più utile che rimanere fermi ed attendere che qualcuno o qualcosa ci scuota.
Allo stesso modo, eventi che ci hanno definito come persone finiscono per legarsi ad altri che ancora devono venire, e che viviamo a breve distanza, anche quando si tratta di anni - ed epoche - differenti.
Wild fotografa bene momenti come questi.
Momenti che sono il sale di una vita.
E malgrado l'apparenza e la valutazione critica pura e semplice, Vallee dovrebbe esserne fiero.
Perchè Wild è un grande film.
Un grande viaggio.
Un ritratto di vita vissuta che fa respirare a pieni polmoni.
Eppure, in parte per pregiudizio ed in parte per la recensione positiva del mio rivale di sempre Cannibal Kid, nutrivo ben più di un dubbio, rispetto a Wild.
Fortunatamente, più che una cosa finta alternativa in stile Into the wild - paragone più utilizzato rispetto a quest'ultimo lavoro di Vallee - ho rivisto in queste quasi due ore di visione la passione e l'energia de I diari della motocicletta, il desiderio di raccontare una storia onesta, di pancia, che costasse una fatica emotiva più che fisica o di resistenza cinematografica - personalmente, non ho patito per nulla il ritmo apparentemente lento del film, che ho trovato al contrario molto dinamico - e riuscisse a narrare il percorso di un essere umano pronto a ricominciare, ripartire, viaggiare, nel senso più profondo ed importante del termine.
Dopo Dallas Buyers Club, pur rimanendo su binari che non lo portano oltre il buon prodotto, Vallee mostra una propensione notevole per la realizzazione di film coinvolgenti, emozionanti e decisamente efficaci tecnicamente - davvero ottimo l'utilizzo del montaggio e dei flashback "schizofrenici" -, in questo caso descrivendo nel modo migliore possibile la sofferenza e l'importanza della stessa all'interno di un percorso - che sia geografico o personale, poco importa -, la varia umanità con la quale si finisce per confrontarsi all'interno dello stesso e l'evoluzione cui conduce.
Cheryl, che nel corso della sua crescita ha subito ed amato come poche volte si ha la possibilità di subire ed amare nella vita, trova nel confronto con se stessa l'unico modo per affrontare il mondo, anche quando lo stesso modo è assolutamente distruttivo: in questo senso la capisco bene, considerato che nei miei anni più wild l'approccio alla vita che tenevo era sostanzialmente lo stesso - pur non avendo mai avuto, di fatto, un vero contatto con le droghe, ho sempre ritenuto il sesso e l'alcool rifugi occasionali come quelli mostrati dalla protagonista di questo film -, e che proprio con il viaggio ho iniziato a porre le basi per quello che sarei stato dopo - anche se non ho certo compiuto un'impresa fisica e mentale come quella di questa giovane donna -.
Eppure, dai tempi di Barcellona in solitaria all'Irlanda, ricordo bene sulla pelle la sensazione e la volontà di ritrovare se stessi, scrivere, conoscere, condividere quasi fosse un mezzo per acquisire maggiore consapevolezza o coraggio per improvvisare rispetto al futuro: perchè il vero viaggio non finisce mai, se non con la morte, e fino a quando non si è davvero pronti, non ha senso pensare a quell'eventualità.
In questo senso, la conclusione dell'impresa di Cheryl è assolutamente perfetta, ed ha rischiato, parlando in termini molto più materialistici e "critici", di portare Wild ad un livello superiore di valutazione: quella riflessione nata sul ponte, in bilico tra passato, presente e futuro, è la testimonianza di quanto perennemente in movimento viviamo, di quanto elastici di fronte al Tempo e all'esperienza stessa siamo, così come quanto, nel bene o nel male, sempre e comunque, risieda la bellezza di intraprendere un percorso.
Lo spirito di Wild, da questo punto di vista, è assolutamente centrato: fermarsi, nel corso della vita, finisce per essere dannoso e controproducente per noi e per chi ci sta intorno, e a volte scegliere di partire è senza dubbio più utile che rimanere fermi ed attendere che qualcuno o qualcosa ci scuota.
Allo stesso modo, eventi che ci hanno definito come persone finiscono per legarsi ad altri che ancora devono venire, e che viviamo a breve distanza, anche quando si tratta di anni - ed epoche - differenti.
Wild fotografa bene momenti come questi.
Momenti che sono il sale di una vita.
E malgrado l'apparenza e la valutazione critica pura e semplice, Vallee dovrebbe esserne fiero.
Perchè Wild è un grande film.
Un grande viaggio.
Un ritratto di vita vissuta che fa respirare a pieni polmoni.
MrFord
"I've looked at clouds from both sides now,
from up and down, and still somehow
it's cloud illusions I recall.
I really don't know clouds at all."
from up and down, and still somehow
it's cloud illusions I recall.
I really don't know clouds at all."
Joni Mitchell - "Both sides now" -
Ah quel qualcosa di già visto, che però non ti annoia mai...
RispondiEliminaVero, non inventa nulla, ma quello che propone, lo propone molto bene.
Eliminaieri ho dimenticato di farti i complimenti per il nuovo header gommato...questo ce l'ho già pronto, sulla scorta di recensioni positive mi è venuto da recuperarlo...
RispondiEliminaMerito di Julez, è lei l'artista dell'header! :)
EliminaRispetto a Wild non avevo troppa fiducia, e invece mi ha colpito in positivo.
Il road movie mi piace, meno quello... "a piedi". Ci siamo capiti. Non avevo grandi aspettative, perciò, e la protagonista mi sta antipatica troppo, però Wild mi è piaciuto. E lei è brava brava brava. Anche col suo troppo fare cinema e con la sceneggiatura firmata da Hornby che sembra un po' un romanzo di formazione. Solido, con una colonna sonora bellissima che collega i vari ricordi di Cheryl. Una specie di ode alle seconde opportunità, e io nelle seconde opportunità ci credo.
RispondiEliminaConcordo in pieno: anche io partivo da aspettative basse e sono rimasto colpito sia dalla Whiterspoon che dal film. Bravo Vallee.
EliminaMesso nella lista dei prossimi. Sarà che in passato, e spero in futuro, mi sono fermato anche io viaggiando (in bici o a piedi), ma per questa pellicola sento il canto delle sirene. Impossibile resistere. Poi a me, a costo di essere controcorrente, Reese Witherspoon piace. ;)
RispondiEliminaAnche io sono molto legato al viaggio come concetto.
EliminaSecondo me ti piacerà molto, questo film.
Ripasso perché l'ho finalmente recuperato. E confermo! Merita davvero!
EliminaSapevo che ti sarebbe piaciuto. E' un film che per un amante della corsa rappresenta molto lo spirito del "mezzo".
EliminaA me non è riuscito ad emozionare questo film. Anzi mi ha trasmesso poco poco.
RispondiEliminaSarà una questione tipologica: questo genere non mi tocca particolarmente.
A volte capita che un film non ci coinvolga emotivamente e si resti, dunque, a distanza.
EliminaA prescindere da questo, comunque, ho trovato Wild davvero ben fatto.
Non sarà il capolavorone dell'anno, ma si lascia guardare davvero molto bene. Recupera!
RispondiEliminaNon ho avuto modo di vedere Wild e spero di rimediare al più presto visto che tutti ne parlano un gran bene. Vallée si sta rivelando un regista interessante.
RispondiEliminaConcordo. Vallee si sta rivelando un ottimo autore di prodotti solidi ed onesti. Speriamo continui così.
EliminaDovrebbe piacermi tantissimo, questo genere è proprio nelle mie corde e già ho amato il lavoro precedente del regista.
RispondiEliminaAllora speriamo non ti deluda: io l'ho apprezzato anche più di Dallas Buyers Club.
EliminaAnch'io parto con qualche pregiudizio, ma di recensioni positive ne sto leggendo e spero proprio di uscirne sorpresa e affascinata. Urge visione! ;-)
RispondiEliminaA me ha sorpreso davvero in positivo: pensavo si sarebbe rivelato una cannibalata, e invece è stata un'ottima visione.
EliminaUn grande viaggio, quasi quanto quello di Into the Wild, che giusto un vero alternativo al buon cinema come te può considerare una cosa finto alternativa. uahahah :D
RispondiEliminaInto the wild è il re dei film finto alternativi: possono apprezzarlo giusto i sedicenni e gli aspiranti giovani come te. ;)
EliminaCome ho già scritto un po' ovunque film che è passato dall'annoiarmi un po' al colpirmi nel suo ricordo in fase di scrittura. Certo, quel finale c'aveva già messo del suo...
RispondiEliminaIl finale è davvero ottimo, e il film, che a me non ha annoiato, effettivamente acquista valore alla distanza.
EliminaPure io temevo il paragone con "Into the wild", ma comunque tutti stanno smentendo la cosa. Bene!
RispondiEliminaBenissimo, direi!
EliminaInto the wild era da bottigliate! :)
Finalmente qualcuno che è d'accordo con me a dire che Into the wild era una cagata \m/ \m/
RispondiEliminaIl film mi è piaciuto moltissimo,io ho una passione smodata per i biopic,sopratutto quando si parla di storie di resurrezione/rivalsa/rinascita,ho trovato bellissime regia,sceneggiatura,musiche,citazioni,e anche le ambientazioni che,seppur non molto valorizzate perchè giustamente sullo sfondo rispetto alla storia di Cheryl,secondo me erano comunque molto belle.
Ho amato vedere il suo percorso,le interazioni con le persone,il suo essere se stessa da sola nel mondo,come possiamo essere solo quando abbiamo il coraggio di partire(fisicamente ma non solo)per capire chi siamo,quando smettiamo di essere"la moglie di","la commessa di quel negozio",ma siamo solo e semplicemente noi.Credo che le nostre vite ci portino a cambiare in relazione ai rapporti e le situazioni in cui siamo,e a volte si sente il bisogno di rimettere"la palla al centro",ed un viaggio come questo altrochè,se la rimette.Ammirazione enorme per il coraggio di una persona che ha intrapreso un impresa per cui non era affatto preparata,e nel compimento della quale ha tanto imparato,compreso il fatto che chi siamo oggi,ed in ogni momento,è il risultato di tutto quello che abbiamo fatto prima,scelte sbagliate comprese,e rimpiangere certe esperienze,o errori se vogliamo chiamarli così,è rinnegare un pezzetto di noi stessi.Come dice lei,tutte le cose ci insegnano qualcosa.
E non bisogna dimenticare che,come qualcuno ha detto,dai diamanti non nasce niente,ma dal letame nascono i fiori.
Io non so se sono un fiore,ma una piantina sì,e bella forte.Se sono chi sono adesso lo devo a tutte le burrasche che ho superato,e la storia di una donna che ha perso se stessa sono riuscita a sentirla dentro di me in una maniera che,capisco,non può aver fatto una persona(magari molto più giovane)che non ha avuto grandi scossoni nella vita,che non sa cosa vuol dire essere a terra col sangue alla bocca e gridare alla vita "è tutto quello che sai fare?".
Mi è piaciuta molto la scena in cui è in cucina con la mamma,che canticchia e Cheryl le dice qualcosa tipo "cosa canti,non vedi che non abbiamo niente?"
E invece noi abbiamo molto,anche quando non ce ne rendiamo conto.Ogni giorno in cui mi sveglio io ringrazio per esserci ancora.Ne conosco già troppi che non hanno più questa fortuna.E posso essere felice per mille piccole cose,che non devono essere per forza chissachè,delle coccole,un gelato,una bella canzone,il sole che tramonta,un micio che mi fa le fusa in braccio <3
Per me questo è uno di quei film "della vita",e la Witherspoon,alla faccia di tutti i filmettini leggerini in cui l'avevo sempre vista,è stata meravigliosa.
Ammazza che commento! Praticamente una recensione! :)
EliminaAd ogni modo, i film "di formazione", quando ci toccano e coinvolgono nel profondo, diventano i migliori compagni di viaggio - per l'appunto - possibili.
E quando c'è la vita di mezzo, io sostengo sempre la causa.
Sì scusami,ho scritto una filippica,ma con film come questo non mi so contenere ;)
EliminaMi sono resa conto poi che il paragone con la piantina è oltremodo calzante,visto che di nome faccio Melissa.
Aaaah l'inconscio XD
Effettivamente ci sta proprio tutto. Anche se io di piante non mi intendo neanche per sbaglio! :)
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