lunedì 11 ottobre 2010

Bright star

John Keats mi riporta alla mente il Ford degli ultimi anni del liceo: chiuso, irrimediabilmente stronzo, in guerra con il mondo, tutto preso a scrivere i racconti di quel primo libro uscito poi all'inizio del 2000 pensando che non avrei mai potuto inventarmi qualcosa di meglio - come dice Guccini "a vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa, a quell'età".
I romantici inglesi erano senza dubbio tra i miei preferiti, ognuno per un motivo differente: Wordsworth per la disciplina, Coleridge per la visionarietà, Byron per la voglia di vivere, Shelley - ancora oggi il mio favorito - per la passione e Keats per il genio che trasudavano i suoi versi.
Keats, il più timido, il più giovane. 
Quello che, più di ogni altro, ebbe la sorte schierata al lato opposto nel grande campo di battaglia della vita.
Eppure, nonostante la scarsità di successo, una capacità lirica unica, dirompente, clamorosa: una sorta di Leopardi inglese.
Jane Campion, a mio avviso la migliore regista donna - non me ne voglia la Bigelow - attualmente in circolazione nel mondo, dopo i più esplosivi Holy smoke e In the cut - sottovalutati entrambi, ed entrambi stupendi - torna all'introspezione ribollente che rese unici Lezioni di piano e Ritratto di signora, raccontando la storia d'amore che vide protagonisti il succitato Keats e la giovane Fanny Brawne, mai realmente consumata ed osteggiata dal Destino per le condizioni sociali del poeta, i dubbi della famiglia della ragazza e l'ingombrante amicizia di Brown, geloso compagno di lettere di Keats stesso.
Sfruttando la soavità di musica ed immagini - mai così "dipinte", se penso alla filmografia della Campion, e addirittura quasi simili a Malick - ed una sceneggiatura ermetica eppure estremamente comunicativa, Bright star si pone da subito come una delle pellicole d'amore più intense e ben narrate delle ultime stagioni cinematografiche, riuscendo a conciliare passioni ed emozioni clamorosamente popolari - l'amore, in fondo, è il motore del mondo e della quasi totalità delle opere d'arte - con una confezione ed uno stile assolutamente autoriali, che nonostante la loro elegantissima messa in scena non risultano mai pesanti o supponenti agli occhi dello spettatore.
La scelta, inoltre, di mantenere Fanny come specchio dell'audience e Keats all'esterno, quasi fossimo tutti le sue innamorate in attesa di un rientro, una lettera, un biglietto, la notizia di un'insperata guarigione risulta da subito vincente, ancor più se legata ad una protagonista che non risulta immediatamente "simpatica" al pubblico, ma che conquista la stima della platea minuto dopo minuto.
Gli stessi comprimari - in particolare la famiglia Brawne - sono descritti con incredibile perizia e sempre grazie a pochi dettagli, visti e non visti, definiti con immagini che si perdono sullo sfondo, ma che eguagliano in potenza i confronti magici tra Fanny e Keats.
Confronti che nascono e si sviluppano seguendo la traccia dirompente di quando si prova un sentimento nuovo ed inarrestabile, che non conosce tempo, spazio o limiti, toglie il respiro, e permette di immaginare anche la morte con sollievo, se accanto alla persona amata.
L'ineluttabile fato di Keats - che morirà a Roma, di tubercolosi, a soli venticinque anni, per una scena resa splendidamente dalla Campion e debitrice, volutamente oppure no, di Barry Lyndon - rende ancora più carica di passione la pellicola, rompendo e ad un tempo mantenendo vivissimo il sentimento di meraviglia che il Cinema - ed ogni opera di fiction - hanno reso e continuano a rendere grande.
Un film che sa di autunno, di caducità, di sogni infranti e strade interrotte, nonostante gli appelli che ogni personaggio, a modo suo, trasmette al cielo e alle sue stelle - la piccola Toots che allontana una foglia caduta cercando di tenere l'estate più vicina possibile -, ma che ugualmente riesce a stupire per leggerezza e gioia, quasi un istante d'amore possa risollevare la sorte avversa di un'intera esistenza.
Quasi quella stella fulgida fosse in grado di cambiare la dimensione di un'esistenza, i colori di una stanza, l'ispirazione per un verso.
Quasi quella stella fulgida fosse l'amore.
Quasi si potesse rimanere in bilico, non da soli, per sempre.


MrFord


"E di notte, e di notte, per non sentirti solo
ricorderai i tuoi giorni felici,
ricorderai tutti quanti i miei baci."
Mina - "Un anno d'amore"- 





9 commenti:

  1. splendida recensione!sono lieta che qualcun altro abbia apprezzato e compreso il valore di questa splendida pellicola...ho lottato tutta l'estate contro chi la definiva legnosa noiosa,addirittura funebre!finalmente qualcuno ha capito...grazie mille

    ps:qui c'è la mia recensione scritta a febbraio:
    http://firstimpressions86.blogspot.com/2010/02/i-almost-wish-we-were-butterflies-and.html

    se non l'hai fatto ti consiglio una visione in lingua è un'esperienza ancora più intensa...

    RispondiElimina
  2. Muchas gracias!
    Andrò a leggere la tua recensione, intanto ti dico che non mi è apparsa per nulla lenta o noiosa, la narrazione è fluidissima, e scorre senza problemi!
    Brava Jane Campion - ma del resto già si sapeva! -!

    RispondiElimina
  3. «Salve cosa vi porto?»
    «A me un White Russian»
    «Un cosa?»

    Mi son sentito svenire.

    RispondiElimina
  4. Caro Pesa,
    purtroppo è accaduto anche a me.
    A Madrid, se non ricordo male.
    Anche io ho avuto un mancamento.

    RispondiElimina
  5. Ora leggo la recensione, ma una cosa è importante da dire:
    JANE CAMPION io la odio.
    Lei e il suo cazzo di merda di Ritratto di Signora e tutte le sue gran seghe.
    FUCK!

    RispondiElimina
  6. holy smoke e in the cut per me sono ok, questo non l'ho ancora visto.
    però sorry ma è sofia coppola la miglior regista donna al mondo!

    RispondiElimina
  7. Julez: secondo me se lo rivedi ti piace. In fondo ti stava piacendo anche questo, no!?
    Cannibale: la Coppola miglior regista donna al mondo è una provocazione o intendi sul serio farmi venire un infarto!?!? Anche la Bigelow ci passeggia a piedi uniti, sopra Sophia!

    RispondiElimina
  8. L'ho trovato lento, non legnoso però. E' quella lentezza che mi sembra di voler leggere un libro parola dopo parola giusto per gustarne il suono.
    Ho voluto dedicare anch'io un post a questo film:
    http://almacattleya.blogspot.com/2010/06/bright-star.html

    RispondiElimina
  9. E' giusto che alcuni film abbiano il ritmo che devono avere.
    Come i libri o la musica.
    C'è un tempo - in tutti i sensi - per tutto.

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...