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mercoledì 3 aprile 2013

Le strade della paura

Regia: Eric Red
Origine: USA
Anno: 1988
Durata: 86'




La trama (con parole mie): Cohen e Tate sono due sicari a pagamento assoldati dalla mala di Houston per cercare, scovare ed uccidere un testimone importante e sequestrarne il figlio.
La missione, almeno nella sua prima parte, riesce alla perfezione, e i due hanno facilmente la meglio sugli agenti di scorta ed i genitori del bambino, catturato quasi senza fatica: quando, però, si ritrovano da soli con il piccolo sulla lunga strada che dovrebbe riportarli proprio a Houston, i due cominciano a manifestare segni di profondo disaccordo portati ancora più oltre il limite proprio dal loro ostaggio.
A complicare la situazione già delicata, la notizia che il padre - nonchè il bersaglio grosso dell'operazione - pare essere sopravvissuto all'attacco.
Come finirà il viaggio? Riusciranno Cohen e Tate a giungere a destinazione senza rischiare di uccidere il bambino o farsi fuori tra loro?




Praticamente da quando ci siamo conosciuti il mio fratellino Dembo ha colto al volo i miei gusti, che fossero romanzi, serie tv, film o alcool.
Uno degli ultimi recuperi che gli devo è frutto della mitologia dei thriller on the road che tanto fecero per la nostra formazione cinematografica a cavallo degli anni settanta e soprattutto ottanta, a partire da Duel fino a The hitcher, che con l'inquietante performance di Rutger Hauer riusciva, ai tempi, ad inchiodarmi alla poltrona ed inquietarmi come pochi altri film: Le strade della paura è figlio della stessa formazione nonchè della stessa penna, Eric Red, che da sceneggiatore per l'occasione passò dietro la macchina da presa per dirigere questo serratissimo e violento noir a metà tra Cani arrabbiati e l'estetica pulp che sarebbe stata emblema di Tarantino a partire dagli anni novanta, poggiato sulle spalle di un sempre convincente Roy Scheider, spalleggiato per l'occasione da un giovanissimo Adam Baldwin, che in anni più recenti siamo stati abituati a vedere nel serial Chuck.
Prodotto a bassissimo costo e giocato principalmente sulla tensione costituita dall'attesa - dall'incipit ambientato nella casa di campagna assaltata dai due sicari al viaggio in macchina con il giovanissimo ostaggio a fare da ago della bilancia per i rapporti tra i due killer, fino al drammatico e violentissimo finale -, Le strade della paura mostra senza dubbio il fianco al tempo e ad una società ormai abituata a plot decisamente più smaliziati e meno improvvisati e naif di questo, eppure conserva ancora tutto il fascino del cult di genere, complice una massiccia dose di humour nero, esplosioni di sanguinosa ferocia alternate a fasi di sospensione da mozzare il fiato ed un senso di incertezza e quasi impotenza che accompagna lo spettatore dal principio alla conclusione, quasi fosse egli stesso l'ostaggio catturato dai due veri protagonisti della vicenda.
Interessante, in questo senso, scoprire quale potrebbe essere il vostro "favorito" - nel bene o nel male - della coppia di killer: da un lato il pacato e sotto le righe Cohen, veterano della professione, lupo solitario, votato ad una sorta di nichilismo di fondo e pronto al sotterfugio e al dialogo nel momento in cui si presentano opzioni diverse di comportamento rispetto alla bieca aggressione; dall'altro Tate, giovane ed impulsivo, una sorta di bestia da combattimento che non esita a sfogare la sua ira sul piccolo prigioniero così come sugli animali incrociati lungo la lunga cavalcata in autostrada - anche se il grande merito della carica di umorismo macabro passa tutta dalle sue parti -.
Nel complesso, il lavoro di Red risulta secco, asciutto e potente, anche se indubbiamente esposto all'usura del tempo: peccato soltanto che all'epoca dell'uscita fu praticamente snobbato dalla critica illustre finendo per diventare un esponente di quel Cinema di nicchia buono solo per appassionati duri e puri, quando avrebbe potuto segnare decisamente in misura maggiore l'immaginario collettivo e quello di registi allora agli esordi che avrebbero potuto fare tesoro della sua lezione: resta comunque, insieme ai già citati The hitcher e Duel, Punto zero e a Il buio si avvicina di Kathryn Bigelow - anche in questo caso uno script firmato da Red - uno degli esempi più importanti di cult della strada nella versione più dark e violenta.


MrFord


"I am not your rolling wheels
I am the highway
I am not your carpet ride
I am the sky
I am not your blowing wind
I am the lightning
I am not your autumn moon
I am the night, the night."
Audioslave - "I am the highway" -


sabato 1 settembre 2012

Lo squalo

Regia: Steven Spielberg
Origine: Usa
Anno: 1975
Durata: 124'




La trama (con parole mie):  Brody, poliziotto di New York poco avvezzo alla vita di mare trasferitosi da neppure un anno con la famiglia nell'isola di Amity, meta del turismo balneare estivo, inaugura la sua prima stagione come capo delle forze dell'ordine locali con il ritrovamento del corpo dilaniato di una ragazza avventuratasi in acqua per un bagno notturno.
Il responso pare essere quello più terribile: uno squalo solitario divenuto stanziale nella zona è il responsabile del massacro, e non si fermerà fino a quando continuerà ad avere cibo accessibile.
Osteggiato dal sindaco e dagli esercenti del posto in attesa degli importanti introiti dell'alta stagione, l'uomo potrà contare soltanto sull'aiuto dell'oceanografo Hooper e del ruvido cacciatore Quint, che con lui organizzeranno una spedizione che prevede l'uccisione della bestia e la fine delle morti.





Non è facile, per un film, riuscire ad essere convincente e potente abbastanza per essere considerato a tutti gli effetti una sorta di definizione "vivente" del significato di cult: senza dubbio, Lo squalo riesce ad essere ancora oggi, a quasi quarant'anni dalla sua realizzazione, uno dei più solidi rappresentanti della categoria.
A memoria, credo che soltanto Hitchcock con Gli uccelli sia riuscito a fare di meglio rispetto ad un'epopea di fiction basata sulla paura di un esponente - seppur, in questo caso, decisamente pericoloso - figlio della Natura e non della fantasia di qualche esperto di creature mostruose ed effetti speciali: Spielberg, ancora fresco del fulminante esordio con Duel, costruisce in tutta la prima parte della pellicola una macchina perfetta di tensione e terrore senza neppure preoccuparsi di mostrare la creatura, destreggiandosi alla perfezione tra le difficoltà di Brody di ottenere un aiuto concreto dal sindaco e dai proprietari di alberghi e spiagge di Amity, la stupidità dei cacciatori improvvisati ed un ritmo soffuso da predatore in attesa, non solo richiamo al già citato stile hitchcockiano ma anche perfetta interpretazione della più classica struttura thrilling che riprenderà pur se con modalità differenti anche nei successivi Incontri ravvicinati del terzo tipo ed E. T., destinati a diventare - come Lo squalo, del resto - pietre miliari del loro genere e non solo.
Ad accontentare, invece, gli assetati di azione e sangue, il regista pensa nella seconda parte, cambiando completamente registro di narrazione virando sulle influenze di Melville e del suo Moby Dick, con la sfida dell'Uomo - questa volta incarnato dai tre protagonisti partiti alla ricerca dello squalo - alla Natura: se, infatti, Brody è costruito per le sue responsabilità da padre di famiglia e rappresentante della legge pronto a tutto per difendere il suo territorio - cosa, peraltro, molto animale -, Hooper incarna la volontà della Scienza di imporsi grazie al raziocinio e a quel pizzico di follia necessario per compiere ogni impresa degna di questo nome mentre Quint, capitano dell'Orca e perfetta scheggia impazzita all'interno del terzetto rispecchia nel migliore dei modi l'ossessione di Achab e la volontà di chi è esploratore per indole di superare sempre e comunque ogni limite fino a rasentare l'ossessione, a partire dai propri.
Il duello con lo squalo, che rimanda alle atmosfere di tutti i film da vecchi lupi di mare da Gli ammutinati del Bounty ai più recenti Master&Commander e La tempesta perfetta, è un concentrato di azione, adrenalina e terrore, ed il predatore, realizzato magnificamente, risulta credibile e spaventoso ancora oggi, mitico almeno quanto il motivo della colonna sonora, divenuto uno dei più celebri della Storia della settima arte.
Ricordo l'incredibile visita agli Universal Studios dell'ottobre 2010 con Julez, e la visita alla replica di Amity con tanto di attrazione legata a questa meraviglia spielberghiana, con la nave che beccheggia e la creatura uscita dalle onde pronta a fare incetta di turisti sprovveduti, e la prima visione di questa meraviglia, quando ancora in tv girava il doppiaggio originale - che molti fan hardcore ancora rimpiangono rispetto alle più recenti riproposizioni in dvd e bluray della pellicola -.
Sono passati anni, a volte decenni, eppure la meraviglia che si prova di fronte a Lo squalo è sempre la stessa: potenza del Cinema, senza dubbio, ma anche di uno dei suoi più grandi interpreti, che nonostante gli scivoloni recenti resta una delle voci più autorevoli che gli States abbiano mai regalato al mondo intero in questo campo.
E la risata quasi folle di Quint che porta al limite la sua barca per sfiancare lo squalo apparentemente invincibile ben conscio di rischiare la propria vita prima di tutto è un pezzo d'antologia per uno dei personaggi più cazzuti e fuori di testa che al Saloon si possano celebrare: questo, signore e signori, è Cinema tutto d'un pezzo, di quelli da non dimenticare mai, e continuare a vedere e rivedere con tutto lo stupore della prima volta.


MrFord


"Hai sentito la novità?
Lo Squalo bianco si estinguerà 
si però lo squalo, quello di Spielberg
mi ha rovinato il piacere del bagno in mare
eh per forza, mangiava motoscafi, barche,
pontili e bomboloni del gas
e con questa dieta, ricca di legname
prima o poi ti si incastra qualcosa nel
gargaroz!"
Elio e Le Storie Tese - "Gargaroz" -


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