giovedì 21 ottobre 2010

Fuga per la vittoria

Stavo parlando proprio ieri dei film "di una volta", quei classiconi che non stancano mai e sono, in genere, portatori dell'atmosfera che identificherei come quella dei nostri nonni, uomini che hanno passato la vita a rimboccarsi le maniche e, tendenzialmente, sono allo stesso tempo dei duri e dei veri signori.
John Huston, padre di Angelica nonchè uno dei più significativi nomi del Cinema americano, si concesse, poco tempo prima della sua morte e del capolavorissimo The dead - Gente di Dublino, di cui prima o poi dovrò assolutamente parlare, un'incursione nel mainstream dirigento un cast d'eccezione per una storia che gli valse - e gli vale ancora oggi - fama presso il pubblico meno avvezzo a cose enormi come Fat City e più ai grandi blockbuster.
Perchè Fuga per la vittoria altro non è che l'ennesimo incontro fra il Cinema d'autore ed il grande pubblico in una delle sue occasioni migliori, di quelle come sono state Le ali della libertà, Il miglio verde o lo stesso Avatar - e qui già ti vedo, Cannibale, a storcere il naso -: lo stile di Huston è inconfondibile - basti pensare alla carrellata laterale che precede la sequenza della fuga che apre la pellicola -, e nel crescendo finale è quasi impossibile evitare l'immedesimazione nei giocatori della selezione dei Paesi alleati contro la squadra della Germania nazista, e poco importa che si sia appassionati di calcio, oppure no.
Certo, la sceneggiatura risulta, nel complesso, abbastanza scolastica, e in molti passaggi la semplicità con la quale gli avvenimenti accadono per favorire il pezzo forte del film - la partita stessa - è disarmante, ma ugualmente riesce a non eccedere in banalità e retorica - almeno non più di quanto il genere non esiga per sua stessa natura -, introducendo anche spunti di riflessione non comuni - Max Von Sydow nel ruolo dell'ufficiale nazista appassionato di calcio ed onorevole, i capi della resistenza completamente ossessionati dal loro ruolo "politico" - e coinvolgendo il pubblico anche quando lo stesso non vorrebbe, soprattutto perchè pur se i più rigidi sostenitori del Cinema di nicchia possono resistere, negare, fare finta di nulla facendo i sostenuti, film come questo fanno respirare quella parte sentimentale che è presente in ognuno di noi e non si può nascondere dietro nessun tipo di cultura, o presunta tale.
La rovesciata di Pelè, i numeri di Ardiles - ancora oggi mi ricordo la prima volta che lo vidi passare l'avversario sollevando la palla con il tacco, magico - il rigore conclusivo che vede opposto lo yankee Stallone poco avvezzo al calcio e molto al football americano al capitano tedesco, sono tutti momenti che difficilmente si dimenticano, e sono in grado di trasformare un film assolutamente popolare in una sorta di versione sportiva di Stalag 17 di Billy Wilder, uno dei capisaldi del Cinema legato ai campi di prigionia, nettamente superiore a pur maggiormente mitiche pellicole come La grande fuga.
Un inno allo sport e al senso dell'onore, dunque, ma anche, più semplicemente, alla libertà che lo sport stesso - e l'agonismo, perchè no - possono dare soprattutto in tempi in cui dimenticare il bello della vita era facile almeno quanto respirare.
Principalmente perchè riuscire a continuare a farlo - respirare, intendo - era la preoccupazione principale, e quotidiana, di tutti quanti.
E i nostri nonni lo sapevano bene.


MrFord


"Loro stanno chiusi ma
cosa importa chi vincerà
perchè in fondo lo squadrone siamo noi,
lo squadrone siamo noi."
883 - "La dura legge del gol" -

4 commenti:

  1. E' la dura legge del gol loro segneranno però che spettacolo quando giochiamo noi, non molliamo mai!

    Neanche noi, vero amore?

    RispondiElimina
  2. se non hai difesa gli altri segnano e poi vincono..post magnifico! son tornato bambino tutto d'un colpo

    RispondiElimina
  3. "Tu dai la palla a me, che poi io faccio così, così, così e così.. goal, semplice"

    RispondiElimina
  4. Julez: mai. Ribellarsi e ribellarsi sempre, come si diceva nel film di stasera.

    Lorant: ti ringrazio. Spero di poter continuare su questa strada. Tornare bambini è sempre una ficata.

    Dembo: non potevi scegliere citazione migliore, amigo. Davvero. Grandissimo.

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...