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mercoledì 19 aprile 2017

Resident Evil - The final chapter (Paul W.S. Anderson, USA/Germania/Francia/UK/Giappone/Canada/Sud Africa/Australia, 2016, 106')




Fatta eccezione per uno dei suoi capitoli risalenti agli anni novanta - erano ancora i tempi della prima versione della Playstation - del quale ora non ricordo il nome, un survival tesissimo che faceva stringere il culo ad ogni partita e che riuscì a superare soltanto molto tempo dopo la saga di Dead Space in quanto a tensione, non ho mai amato il franchise di Resident Evil.
Questo quando si parlava di console e games, figurarsi in sala.
Eppure,  nel corso di questi anni, che fosse per staccare i neuroni o per dovere di cronaca rispetto al blog, ho finito per passare in rassegna tutti i prodotti legati alla Ombrella Corporation nati ad uso e consumo del grande schermo, finendo per stroncarli senza neppure troppo divertimento uno dopo l'altro.
A questo giro di giostra, considerato anche il titolo, ho finito per cascarci sperando di scrivere finalmente la parola fine al mio rapporto con le gesta dell'eroina ammazza zombies Alice, come di consueto portata sullo schermo con grande atletismo, occorre dirlo, da una delle cagne maledette più maledette del Cinema, Milla Jovovich: peccato che, neanche a dirlo, il titolo - SPOILER - sia assolutamente fuorviante rispetto al futuro del brand, che probabilmente sarà deciso dagli incassi di questo cosiddetto e presunto ultimo capitolo.
Per il resto, nulla di eccezionale da segnalare: prodotti come questo sono tanto innocui quanto inutili, finiscono per apparire lunghissimi nonostante il minutaggio e a presentare un modello perfetto di sceneggiatura tagliata con l'accetta, costruita neanche fossimo, per l'appunto, in un videogioco a livelli che tanto fanno anni ottanta e novanta, condito da un'atmosfera survival figlia di tutti gli horror all'interno dei quali i comprimari muoiono accanto al o alla protagonista come mosche uno dopo l'altro, roba che, se fossi uno di quei personaggi e vedessi arrivare la Jovovich di turno, eviterei accuratamente di imbarcarmi in una missione al suo fianco neanche fossi certo al cento per cento di una riuscita della stessa ed un montaggio così frenetico da far impallidire i videoclip più sfrenati, di norma indice di uno scarso livello di regia - e nel caso del mitico Paul W.S. Anderson, credo il regista con il maggior numero di Ford Awards dedicati al peggio nel palmares, ci sono pochi dubbi -.
Peccato, da fan di Game of Thrones, per il mitico Jorah Mormont, una spanna sopra tutti a livello recitativo - e lo dico contenendomi - e decisamente sprecato in una produzione come questa, se non si considera il giovamento che probabilmente ne avrà tratto il suo conto in banca, ma per il resto, davvero nient'altro da segnalare.
Se siete fan di Resident Evil - benchè faccia gran fatica a comprendere come sarebbe possibile esserlo, soprattutto a livello cinematografico - troverete esattamente quello che cercate e che questa serie ha sempre garantito - e su questo non mi pronuncio troppo -, mentre se al contrario, come me, speravate in una chiusura con o senza botto, mettetevi l'anima in pace.
Questa Alice pare davvero avere la scorza più dura di qualsiasi non morto.




MrFord




 

domenica 20 marzo 2016

Zoolander 2

Regia: Ben Stiller
Origine: USA
Anno: 2016
Durata: 102'






La trama (con parole mie): sono passati più di dieci anni da quando Derek Zoolander ed il suo rivale Hansel si sfidavano a colpi di espressioni memorabili in passerella, e mentre il primo, dopo essere diventato padre, ha visto la tragedia del crollo del suo centro per giovani che vogliono imparare a leggere e la perdita della moglie che ha condotto all'affidamento del figlio, il secondo, rimasto sfigurato nello stesso incidente, si è ritirato per dedicarsi allo yoga ed al sesso libero con il suo entourage.
Quando, però, una misteriosa minaccia legata all'uccisione delle celebrità belle in modo assurdo riporta a galla il terribile Mugatu, la posta in gioco si alza, e chiama in causa anche il giovane Derek Jr: a quel punto, sia Zoolander che Hansel dovranno tornare alla ribalta per poter sistemare le cose.
Sempre che la loro stupidità non rovini tutto.










Sono davvero dispiaciuto.
Nonostante, infatti, gli anni da radical del Cinema che riuscirono a tenermi lontano perfino dai miei amatissimi action movies, agli inizi degli Anni Zero rimasi conquistato dalla demenziale comicità del primo Zoolander, un vero e proprio spasso che ancora oggi finisco per guardare con grande soddisfazione all'occorrenza: il sospetto, all'uscita di un sequel non richiesto giunto probabilmente fuori tempo massimo, che si potesse trattare solamente di una bieca operazione commerciale, era piuttosto importante, supportato da recensioni certo non lusinghiere su questo lavoro firmato da un Ben Stiller probabilmente a caccia di denaro per un qualche progetto più autoriale e meno supportato dai grandi produttori e distributori, ma devo ammettere di aver coltivato la speranza fino alla fine.
Anzi, di averla portata a braccia fino ai titoli di coda, facendo leva sugli unici momenti davvero divertenti del film - l'utilizzo di Sting e di Kiefer Sutherland, davvero impagabili -.
Peccato che, fatta eccezione per gli stessi involontari protagonisti appena citati, tutto si risolva in una fiera del riciclo di quelle che erano state le battute fulminanti dell'originale pronte solo ed esclusivamente a svilire le figure mitiche di Zoolander, Hansel e Mugatu, divenuti parodie - in negativo - di loro stessi.
Come se non bastasse - e di bene, a Derek e Hansel, in questi anni ne ho voluto parecchio -, le gag finiscono per risultare quasi volgari neanche fossimo precipitati in un film di Seth MacFarlane - una cosa pessima in stile Un milione di modi per morire nel West, per intenderci -, le idee poche e confuse - una commedia sgangherata sulla tematica padri/figli o una sorta di bonaria presa per il culo dei film spionistici in stile 007 o Mission Impossible? -, il mordente ed il ritmo davvero scarsi, nonostante il minutaggio limitato ed una solo apparente freschezza.
Certo, le risate scappano, ma hanno tutto il sapore di un'amara presa di coscienza da parte dei fan della Magnum e del suo mitico ideatore ed esecutore, che pare essere un dinosauro fuori tempo massimo neanche fossimo in un brutto film d'azione privo di ironia: e mi fa davvero male pensare di finire per trattare Zoolander 2 come se fosse un Mortdecai qualsiasi, pronto a portare sullo schermo momenti al limite dell'imbarazzo come il tuffo del nostro Derek ancorato alle tette di Penelope Cruz neanche fossimo in un film di Greggio, ma purtroppo ci sono momenti in cui anche i nostri favoriti vanno bastonati come si deve, nella speranza che possano imparare la lezione e ripagarci in positivo al prossimo giro di bevute.
E, in tutta onestà, dopo Zoolander 2, Ben Stiller, Owen Wilson e soci mi devono davvero una sbronza con i fiocchi.
Anzi, tre: perchè a bere al mio fianco voglio assolutamente Sting e Kiefer Sutherland.




MrFord




"Her friends are so jealous
you know how bad girls get
sometimes it's not so easy
to be the teacher's pet
temptation, frustration
so bad it makes him cry
wet bus stop, she's waiting
his car is warm and dry."
The Police - "Don't stand so close to me" - 







mercoledì 8 luglio 2015

Survivor

Regia: James McTiegue
Origine: USA, UK
Anno: 2015
Durata: 96'





La trama (con parole mie): Kate Abbott, addetta alla sicurezza dell'ambasciata statunitense a Londra, donna tutta d'un pezzo con cicatrici legate alla perdita del suo compagno, che servì in Afghanistan dopo le vicende dell'undici settembre, scopre un intrigo che prevede lo sfruttamento di scienziati provenienti da tutto il mondo smistati proprio nella capitale britannica ed indirizzati a New York per un attentato in programma nel corso dei festeggiamenti per celebrare la fine dell'anno.
Scampata miracolosamente all'eliminazione dell'intera squadra dell'ambasciata che si occupa della concessione dei visti in uscita, la Abbott si ritrova braccata dalle forze dell'ordine inglesi e dal misterioso Orologiaio, un sicario che ha ricevuto l'incarico di spianare la strada agli organizzatori dell'attentato nella Grande Mela.
Riuscirà Kate a sventare il complotto e riabilitarsi agli occhi del mondo e delle organizzazioni di sicurezza che la credono colpevole?








A volte mi chiedo per quale motivo, rispetto a determinate proposte, finisco per non imparare mai, e per dovere di cronaca, bisogno di stacco più che di impegno nelle serate di stanca, speranza puntualmente disillusa di essere sorpreso in positivo, mi ritrovo sul divano di fronte a pellicole che non solo non meriterebbero la fatica soprattutto di scriverne, ma neppure di essere distribuite.
Survivor, action spionistico fuori tempo massimo - avrebbe fatto una figura forse migliore nei primi anni zero, un pò come l'invecchiata malissimo e sempre cagna maledetta Milla Jovovich - firmato da James McTiegue rientra alla perfezione in questa tipologia di schifezze a prova di bomba: imbarazzante nella scrittura e nello svolgimento, improbabile quanto e più delle peggiori puntate delle peggiori serie televisive, sancisce di fatto la fine della carriera da Autore del regista, ex collaboratore dei Wachowski che ai tempi del suo esordio con V per vendetta quasi mi fece gridare al miracolo, passato da una storia coinvolgente tutta incentrata sulla lotta al Sistema ad una che di storia ha poco o nulla e che, al contrario, pare più una costola degli anni del bushismo, che non un bell'action scacciapensieri o una pellicola che, sfruttando pallottole ed inseguimenti, porti a galla riflessioni ben più profonde.
Caratterizzazioni tagliate con l'accetta, tipico incedere di stampo televisivo, svolte narrative al limite del ridicolo involontario, l'antagonista interpretato da Pierce Brosnan imbarazzante - curioso come, senza fare alcuna fatica o scomporsi, riesca a comparire in ogni luogo più o meno nascosto in cui la protagonista si muove, neanche fosse dotato di teletrasporto ed ubiquità -, la situazione da accusata della Abbott e la sua lotta per impedire l'attentato e scagionarsi ridicole, e soprattutto, quello che avrebbe dovuto essere il campanello d'allarme principale della vigilia: Dylan McDermott.
Alle spalle anni di ciofeche galattiche, dovrei andare sul sicuro quando il buon McDermott figura nel cast di un film, almeno quanto quando dietro la macchina da presa si incappa in Paul W. S. Anderson: anche in questo caso, infatti, le attese non vendono disilluse, sorprendendo soltanto per l'inconsuetudine dell'attore di non apparire nel ruolo dello stronzo, bensì di quasi unico sostenitore della protagonista nel corso della sua fuga pronto a passare nell'arco di ventiquattro ore di narrazione dallo status di "ferito gravemente" a "comodamente a casa con il telefono in mano, camicia stirata, un braccio al collo ed un cerottino in fronte".
Quello che, dunque, si prospettava essere il favorito nella corsa per l'ambito Ford Award dedicato al peggio del duemilaquindici, Cinquanta sfumature di grigio, troverà alla fine dell'anno una concorrenza ben più agguerrita di quanto mi potessi aspettare, tanto da cominciare a farmi valutare l'idea di portare da dieci a quantomeno venti i titoli inseriti in questa "prestigiosa" lista: a prescindere, comunque, da quello che sarà, Survivor lotterà come se dovesse, per l'appunto, portare a casa la pelle, per salire sul gradino più alto del podio.
E purtroppo, lo farà dopo essere passato sugli schermi del Saloon.



MrFord



"Have you seen the old girl
who walks the streets of London
dirt in her hair and her clothes in rags?
she's no time for talking,
she just keeps right on walking
carrying her home in two carrier bags."
Blackmore's night - "Streets of London" - 





mercoledì 20 maggio 2015

Wednesday's child


La trama (con parole mie): nuova settimana di uscite consacrata interamente a Paolo Sorrentino, che con Garrone e Moretti rappresenta in questi giorni l'Italia a Cannes, e proprio per Sorrentino anticipata al mercoledì. Pochi titoli, dunque, ma discrete potenzialità, a meno che non si parli del mio sempre scomodo compare di rubrica, Cannibal Kid, con il quale spero di essere in disaccordo ancora una volta, e sempre di più.


"Speriamo che Ford non sia in giro alla guida di un'astronave, o siamo davvero nei guai."


Youth - La giovinezza
"Come hai detto che si intitola, questo film?" "La giovinezza." "E chi lo dirige? Ford?!"


Cannibal dice: Fai un film intitolato Youth e parli di due amici sulla soglia degli 80 anni interpretati da Michael Caine e Harvey Keitel?
Ah Sorrentì, la tua concezione della giovinezza sarà mica simile a quella di Mr. Ford, secondo il quale Stallone è ancora la più brillante promessa del cinema mondiale?
Fatto sta che questo film si preannuncia non troppo distante dalle parti de La grande bellezza, film che aveva diviso l'Italia intera, ma che a sorpresa aveva unito nel giudizio positivo sia me che Ford che l'Academy. Il miracolo si ripeterà?
Ford dice: considerato che Paolo Sorrentino - al momento per me forse il miglior regista italiano - ha raccolto bottigliate da queste parti solo in occasione del suo unico - fino ad ora - lavoro internazionale, dovrei avere quasi paura di questo nuovo Youth.
Allo stesso modo, però, c'è da dire che il quasi fresco di Oscar Paolone Nazionale pare non essersi discostato troppo dalle tematiche de La grande bellezza, che aveva compiuto il miracolo non tanto di vincere l'ambita statuetta, ma di mettere d'accordo me e Peppa. Il quesito più grande è se si ripeterà.




Tomorrowland

"E così quello è Cannibal Kid: pensavo fosse un essere mitologico frutto dell'immaginazione di qualche mente malata, e invece esiste davvero!"

Cannibal dice: Tomorrowland esce tomorrow, un giorno dopo il film di Sorrentino. Riuscirà a fargli le scarpe al box office?
Questa disneyata per bambini e per famiglie, quindi al 100% fordiana, potrebbe pure rivelarsi un prodotto di intrattenimento gradevole. Soprattutto per via della presenza di Britt Robertson, giovane attrice che io già da parecchio tempo sto cercando di promuovere come la nuova Jennifer Lawrence e chissà che con questo film non gli riesce finalmente di fare il grande salto nella Hollywood che conta. Io dico che la star del tomorrow è lei. Ford invece è solo una star del passato...
Ho detto star???

Intendevo Brodo Star!
Ford dice: Tomorrowland è uno dei titoli a maggior rischio di bottigliate da blockbuster selvaggio della stagione, eppure non riesco proprio a farmelo stare indigesto.
Tutto grazie a Brad Bird, regista de Gli incredibili e Mission Impossible: Protocollo Fantasma, nonchè del fantastico Il gigante di ferro, che nonostante le ovvie concessioni alla grande distribuzione, potrebbe perfino finire per stupire.
Staremo a vedere.




The Lazarus Effect

"Piuttosto che vedere un altro film consigliato da Peppa Kid la faccio finita."

Cannibal dice: Probabile che si tratti di un horrorino modesto modesto, però il trailer pur rispettando i soliti cliché del trailer horror, mi ha intrigato abbastanza. Sarà che una Olivia Wilde posseduta su di me fa un certo effect positivo. Così come una pellicola promossa da WhiteRussian mi fa subito un effect negativo.
Ford dice: horror da nulla di quelli che potrebbero far paura solo a quel pusillanime di Cannibal Kid. Lo vedrò giusto nel caso in cui sentissi il bisogno di una serata di svago.




Survivor

"E così non sarei un degno action hero, Ford e Cannibal!? Vi faccio fuori entrambi, così chiudiamo il discorso."


Cannibal dice: Thriller a tematica terroristica che ai tempi d'oro di 24 e Homeland mi avrebbe intrigato, ora invece mi ha stufato. Il cast poi è pieno di attori che non mi piacciono: Pierce Brosnan + Milla Jovovich + Emma Thompson. Nah, non ci siamo proprio. L'unico che mi sta simpatico è Dylan McDermott, ma solo perché è uno degli attori più odiati dal Ford.
Ford dice: la presenza di McDermott nel cast di un film è paragonabile ad una piena promozione del mio rivale in una recensione, e già basterebbe.
Eppure questo thriller di stampo terroristico tenta di fare ancora di più aggiungendo al cocktail un gruppo di attori terrificanti ed una tematica ormai fin troppo abusata.
Diciamo che, a meno di clamorose bocciature del mio rivale, me ne terrò bene alla larga.



mercoledì 10 ottobre 2012

Resident evil: retribution

Regia: Paul W. S. Anderson
Origine: Germania, Canada, UK
Anno: 2012
Durata: 96'




La trama (con parole mie): Alice, dopo gli sfaceli che fecero esplodere l'epidemia del virus diffuso dalla Umbrella Corporation in tutto il mondo e la resero portatrice di poteri sovrumani, si ritrova suo malgrado alleata dell'ex nemico Albert Wesker - l'uomo che la privò di quegli stessi poteri - prigioniera di una struttura che fu dell'ex Unione Sovietica all'interno della quale la corporazione sta sviluppando scenari ipotetici rispetto ad un nuovo propagarsi dell'infezione.
Il ritorno del computer Regina rossa e l'utilizzo di cloni ed infetti affetti da ogni genere di mutazione renderanno la fuga della donna una vera e propria impresa nonostante l'aiuto di una squadra inviata appositamente per darle una solida mano, ed una volta riconquistata la libertà l'incubo non sarà comunque finito: tra gli zombies e gli umani, infatti, pare essere divampata una vera e propria guerra.




Probabilmente Paul W. S. Anderson spera di stabilire un record di presenze fisse nella top ten fordiana dedicata al peggio della stagione per più e più anni di seguito.
Probabilmente Milla Jovovich non è ancora stata messa al corrente di essere la regina delle cagne maledette.
Probabilmente quel "retribution" nel titolo dell'ennesimo capitolo della saga cinematografica tratta dal franchise di videogiochi di Resident evil allude al fatto che chiunque assista a questo spettacolo andrebbe retribuito - e ringraziato - dalla produzione.
Probabilmente tante, tante cose.
E in mezzo a tutte loro, una sola, granitica certezza: l'ultima fatica dell'Anderson peggiore del Cinema è una schifezza di proporzioni bibliche che rischia davvero grosso di entrare prepotentemente sul podio della succitata classifica di fine anno anche a scapito di altre schifezze mortali uscite in sala nel corso degli ultimi dodici mesi.
Considerata l'esperienza "irripetibile" de I tre moschettieri, lo scorso anno, e assodato il fatto di aver trovato pessimi tutti - ma proprio tutti - i capitoli precedenti di questa serie, mi sarei dovuto costringere a risparmiare ad occhi e cervello una visione che neppure una sbronza da record sarebbe in grado di cancellare: regia ridicola, script scriteriato - Julez ha ipotizzato fosse il prodotto di un reality in cui un gruppo di sceneggiatori avrebbe composto una sequenza per ogni membro dello stesso senza curarsi di quello che gli altri avevano prodotto -, effetti speciali che di speciale non hanno nulla se non la pessima qualità, un cast che riuscirebbe a fare brutta figura perfino al cospetto delle "stelle troppo italiane" di Boris.
Eppure, per dovere di recupero delle novità in sala e forse per una discreta dose di masochismo legato alla settimana del rientro dalle ferie, non ho saputo dire di no.
Voi, però, che potete, ascoltate il mio consiglio: se un amico, il fidanzato, il marito, la moglie, l'amante, Gesù Cristo sceso appositamente sulla Terra, gli alieni o chiunque altro dovesse chiedervi di aggregarvi per una visione, fate un bel respiro, afferrate la prima bottiglia che vi capita a tiro e sfracellatela sulla testa del vostro interlocutore. Lui potrebbe anche non capire, ma tendenzialmente direi che potrebbe ringraziarvi una volta ripresosi per averlo salvato da una delle esperienze cinematografiche più imbarazzanti degli ultimi anni.
Dalla trama risibile ai personaggi tratteggiati a colpi d'accetta - non che fosse mai stata una grande attrice, ma Michelle Rodriguez non potrebbe finire più "lost" di così - fino all'incubo di un incombente nuovo capitolo, tutto prosegue come un videogioco a schermi di quelli che fecero impazzire generazioni intere nel corso degli anni ottanta senza per questo riuscire a conservarne minimamente il fascino, affidandosi ad interpreti che paiono le riserve delle riserve di attori di professione - il capo della squadra di supporto ad Alice, sosia sbiadito del Sawyer lostiano cui devo il "nome", pare essere stato ripescato dopo un rifiuto di Josh Holloway di tornare a sfoggiare le sue due espressioni in un altro film di infima categoria dopo il terribile Il respiro del diavolo - e a situazioni al limite del ridicolo.
Neppure la parte sguaiata, tamarra ed action riesce a mettere una pezza almeno ironica su un vero e proprio disastro, e soltanto il minutaggio breve e la totale assenza di ambizioni - uno dei principali difetti che portarono l'orrendo Gamer, altro film ispirato al mondo dei videogiochi, in cima alla classifica del peggio nel 2010 - risparmiano al pubblico la sofferenza del ritmo lento e lo sguardo fisso al contatore sul lettore pregando che i titoli di coda possano arrivare il più presto possibile o di addormentarsi senza ritegno prede della stanchezza.
A me, sfortunatamente, non è accaduto.
Forse avrei dovuto aspettare qualche giorno, con i ritmi di lavoro tornati a premere sulle palpebre la sera.
O forse non avrei proprio dovuto neppure considerare di schiacciare play.
Una cosa, però, voglio dirla: non mi ha fatto incazzare.
Ho solo riso forte pensando che forse Anderson può farcela davvero, a portare a casa il record di presenze tra i worst movies di casa Ford.


MrFord


"But you see, it's not me, it's not my family
in your head, in your head they are fighting
with their tanks and their bombs
and their bombs and their guns
in your head, in your head, they are crying."
Cranberries - "Zombie" -

venerdì 11 novembre 2011

I tre moschettieri

Regia: Paul W. S. Anderson
Origine: Uk, Germania, Francia
Anno: 2011
Durata: 110'



La trama (con parole mie): mentre il giovane guascone D'Artagnan parte per Parigi con la benedizione del padre in cerca di avventure e fortuna cacciandosi inesorabilmente nei guai, i tre moschettieri del re Athos, Porthos e Aramis lottano - con frequenti intervalli dedicati a cibo, vino e donne - per tenere a bada il Cardinale Richelieu ed i suoi intrighi, che passano dalla doppiogiochista Milady al nobile inglese Buckingham, e sfruttano il braccio armato di Rochefort e delle sue guardie.
Dopo un primo incontro piuttosto rocambolesco, D'Artagnan e i moschettieri dovranno unire le forze per sventare un inganno che potrebbe costare una guerra con l'Inghilterra.
Che, forse, arriverà comunque.



Evidentemente il titolo di film più brutto dell'anno è più ambito di quanto non potessi credere, e con l'avvicinarsi della fine del 2011 registi e produttori cominciano a rimboccarsi seriamente le maniche affinchè io possa essere sempre più in difficoltà rispetto alla scelta che porterà al controclassificone delle peggiori pellicole uscite in sala negli ultimi dodici mesi.
Anderson, già noto per alcune perle del trash come Mortal Kombat, Alien vs. Predator e tutta l'agghiacciante saga di Resident evil, decide di mettere da parte la componente horror del suo Cinema - anche se pare proprio una parola grossa, da associare al lavoro del buon Paul W. S., e intendo Cinema, non horror, che invece lì accanto starebbe da dio - per concentrarsi su un'ambientazione che ricorda più il gigionismo de I pirati dei Caraibi che tanta fortuna - e soldi - ha portato nelle casse di mamma Disney: peccato che il risultato, oltre a risultare televisivo e raffazzonato, non riesce minimamente nell'impresa di eguagliare le imprese - peraltro da tempo in netto declino qualitativo - di Jack Sparrow e soci, e addirittura risulta così estremamente buonista da far apparire il più buonista dei film prodotti dalla suddetta Disney Vivere e morire a Los Angeles.
Niente - o quasi - pare funzionare, dall'utilizzo della computer graphic - in uno stile che vorrebbe richiamare la splendida sigla di Game of thrones - al cast - troppo sopra le righe i moschettieri, pessima Milla Jovovich nel ruolo dell'intrigante Milady, Christoph Waltz ridotto alla caricatura di se stesso neanche fosse il DeNiro degli ultimi anni, Mads Mikkelsen nel ruolo della versione da parodia del mitico One eye di Valhalla rising -, dalla sceneggiatura troppo facile e bambinesca al "facciamo un circo di casino ed esplosioni ma cerchiamo di evitare di essere anche soltanto col pensiero politicamente scorretti, non si sa mai cosa potrebbe pensare il pubblico: in particolare, rispetto a quest'ultima nota dolente - come giustamente notato da Julez nel corso della visione -, è agghiacciante sottolineare quanti sforzi vengano fatti per evitare di far passare qualcuno come un vero bastardo, tanto da far uscire come dei quasi santarellini anche due stronzi da competizione come dovrebbero essere Milady e Richelieu. 
A mia memoria, perfino il cartone animato passato in tv nel pieno degli anni ottanta appariva più tosto di questa robetta firmata Anderson, che oltretutto riesce a rendere ridicole alcune caratteristiche dei personaggi - oltre allo stesso Richelieu, anche del Re e di Buckingham con i loro agghiaccianti riferimenti alla moda e ai colori, per non parlare del "religioso" Aramis - che, al contrario, avrebbero potuto trasformare la vicenda tratta dagli scritti di Dumas in un nuovo e decisamente più interessante capitolo del Cinema d'avventura.
Il tutto, senza neppure menzionare le ridicole navi volanti in stile Wild wild West, la "caduta" ed il "ripescaggio" di Milady - uno dei momenti più bassi della pellicola -, le sequenze neanche fossimo in Mission impossible ed il terrificante finale aperto, che lascia presagire - e speriamo che il box office ce ne scampi - addirittura un sequel.
L'unico a fare davvero le spese dell'evolversi della vicenda - e a fare da carne da cannone neanche fosse l'ultima delle sue guardie - è Rochefort, reso peggio dei peggiori bar di Caracas grazie ad un'aura da cattivo slavato da cartoon - e di nuovo, il Maschera di ferro della serie animata citata poco fa aveva tutt'altro spessore - che viene definito il "miglior spadaccino del continente" eppure non duella mai, se non con se stesso o in tenzoni non leali, alla spada preferisce la pistola e, straordinariamente rispetto all'aura perbenista della pellicola, riesce anche a morire al termine di un'agghiacciante sfida tra le guglie di Notre Dame.
Dovessi trovare un solo pregio a quello che potrebbe essere tranquillamente essere definito il peggiore adattamento cinematografico de I tre moschettieri mai realizzato, direi che, tutto sommato, l'intera operazione non risulta minimamente spocchiosa, quasi la sensazione dell'effettivo valore della stessa fosse ben chiaro a Anderson e a chi ha avuto l'ardire di buttare montagne di soldi in questa roba.
Inoltre - e sono due! - posso anche ammettere che il tutto sia assolutamente innocuo, talmente "centrista" da non riuscire neppure a farmi incazzare abbastanza da tirare fuori le bottiglie pronto a scatenare una tempesta di colpi.
Certo, mi ha anche ricordato un collega che, qualche elezione fa, una sera dichiarò candido: "Io sono rimasto al centro."
Risposta: "In che senso, scusa?"
E di nuovo: "Beh, i miei hanno votato Casini, così l'ho votato anche io."
A fronte di un'affermazione come questa, neanche due calci rotanti valgono più.
Chi sta al centro, deve restarci. Ed essere dimenticato nel suo essere insignificante.
Un pò come questo I tre moschettieri.

MrFord

"Oh, oh, oh - Is there anybody home?
Who will believe me, won't deceive me, who'll try to teach me?
Ah, ah, ah - Is there anybody home?
Who wants to have me, just to love me?
Stuck in the middle."
Mika - "Stuck in the middle" -


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